26/03/11

Leghe

«Umberto, hai la patta dei pantaloni aperta!”». E lui? «Mi ha risposto: “Vaffanculo!”, ed è uscito dalla stanza. Dopo tre secondi è rientrato, e ha detto: “È aperta perché è sempre pronto”». Rosanna Sapori snocciola aneddoti sui suoi giorni verdi parlando da dietro il bancone di una tabaccheria a Zanica, provincia di Bergamo. Poco più che 50enne, ex giornalista di Radio Padania, ha tagliato i ponti con la Lega Nord nel 2004 quando, dopo vari contratti co.co.co, è stata “accompagnata alla porta”. Rompeva le scatole riguardo ai conti del Carroccio, ed era troppo in confidenza con Umberto Bossi. «Alla nomenclatura non andava bene il rapporto che avevo con lui», racconta. Eravate amici? «Lo conoscevo molto bene, ma non così tanto da diventare parlamentare. Capito mi hai?» Messaggio recepito, eccome.

Eppure, si intuisce, Bossi – “il Capo”, come lo chiamano da sempre i militanti padani della prima ora – le manca. Il Bossi che si affacciava negli studi di Radio Padania urlando: «Chi è Moretti?» (risposte dei presenti: «Un parlamentare della Lega?», «Quello della birra?»; risposta di Rosanna: «Il capo delle Brigate Rosse». Conclusione di Bossi: «Esatto! Tu lo sai perché sei una comunista di merda!»). Ricordan-dolo nel suo abbigliamento classico, Rosanna quasi si commuove: «Pantaloni grigio topo, scarpe stringate marroni, uno spolverino verde della Padania, canottiera bianca e in mano due sacchetti di plastica con dentro i sigari. Una volta gli ho detto: “Ma come sei ridotto?”. E lui: “Non ho dormito tutta la notte, non mi rompere i coglioni”».

Ma, al di là del folclore, i coperchi sollevati da Rosanna sono piuttosto interessanti. Interessanti al punto da chiedersi com’è che nessuno abbia mai fatto un grinza tutte le volte che lei ha parlato (l’ultima in ordine di tempo: lo scorso agosto al Riformista). Ad esempio: riguardo ad antiche relazioni economiche tra Silvio Berlusconi e la Lega. Alle voci secondo cui nel 2000 i due avrebbero (condizionale d’obbligo) stipulato un accordo per cui il primo avrebbe ripianato i debiti del secondo, congelando querele e rinnovando fideussioni, in cambio di cieca fedeltà. «Non ho prove», ammette Rosanna, «la mia è una supposizione. Ma se ripercorriamo la storia di quegli anni, quel che vediamo è una Lega sull'orlo della bancarotta: le rotative del giornale sotto sequestro, la disastrosa impresa della banca Credi-EuroNord...». E quindi? Quindi un patto che ha del mefistofelico: la cessione del simbolo. L'Alberto da Giussano e relativo brand leghista (s)venduti al Cavaliere in cambio di una pietra sopra le denunce nei confronti de La Padania per i titoli contro il Berluskaiser mafioso e piduista, e di sostanziosi aiuti alle casse del Carroccio fatte a pezzi da debiti.

Di un ipotetico contratto tra Berlusconi e Bossi i giornali in realtà già scrissero nel 2007, nel bel mezzo dello scandalo Telecom, parlando di una somma intorno ai 70 miliardi delle vecchie lire: «Che siano uno, 20, 70 o 100 non ha importanza», dice Rosanna. «Erano i soldi necessari per evitare il fallimento della Lega». Ma il lato più interessante (e inedito) è ovviamente quello che riguarda il simbolo. Da un’indagine di RS presso l'Ufficio Italiano Brevetti e Marchi risulta che, a nome di Umberto Bossi o di gente del suo entourage, non è registrato alcun logo raffigurante Alberto Da Giussano. L'unico marchio “Lega Nord/Lega Lombarda” depositato appartiene a una ditta di Sesto San Giovanni che produce medaglie e distintivi: da noi sentito, il proprietario spiega di aver registrato il simbolo con spadone e dicitura Lega Lombarda/Lega Nord nel 1992, dunque nel periodo di espansione del movimento padano, e di aver fornito al partito 5.000 medagliette per un evento a Monza nei primi ’90. Il Sole delle Alpi, invece, risulta sì di proprietà della società cooperativa Editoriale Nord, così come altri marchi leghisti (ad esempio, Mister Padania), ma il simbolo del partito no...

Stando al racconto della Sapori, (ripreso anche da Leonardo Facco nel libro Umberto Magno. La vera storia dell'imperatore della Padania, Aliberti 2010), Silvio Berlusconi durante una cena a Milano in compagnia di alcuni onorevoli avrebbe detto: “Non preoccupatevi di Bossi, lui non tradirà più. Lo spadone è mio”. Correva l'anno 2000 e insieme al Cavaliere – sempre secondo la Sapori – ci sarebbero stati Gianfranco Fini e l’onorevole (attualmente Alleanza per l’Italia) Bruno Tabacci. Quest'ultimo, presunto testimone della dichiarazione di Berlusconi, smentisce però a RS l’episodio, aggiungendo di non essere mai stato a cena con l'attuale premier.
Di certo, riprende Rossana, una siffatta configurazione spiegherebbe perfettamente perché: «...in tutti questi anni la dirigenza leghista abbia digerito certe cose». In effetti... «Sono convinta», conclude, «che dal 2001 quello della Lega sia un partito tenuto in mano da una persona». E questa persona non sarebbe Bossi, «tuttora amatissimo dalla base» e tuttora ricordato, quantomeno con affetto, da Rosanna. Dopo il famoso ictus della notte tra il 10 e l'11 marzo del 2004, «venuto a mancare lui, tutti quelli che gli giravano intorno sono stati fatti fuori». Sapori compresa, che ha smesso di fare la giornalista e ha aperto, appunto, una tabaccheria. Ci accomiatiamo con una sua ultima tagliente battuta: «Continuo comunque a vendere fumo, no?».

Quel che si intuisce quasi subito, bazzicando l’universo della Lega, è che al di là del suo peso politico nelle ultime legislature (non indifferente, soprattutto in quella in corso), al di là della manifesta capacità del partito di muoversi sul territorio e parlare alla famosa “base”, il mito delle origini padano (e bossiano) ha dei passaggi poco chiari. Leonardo Facco, autore del già citato pamphlet Umberto Magno, ex militante leghista e giornalista a La Padania dal 1997 al 2003, ha le idee molto chiare al riguardo, idee che spesso esprime in maniera assai colorita. «Ero a Pontida nel 1990», racconta. «Ero tra quelli che dicevano: “Per fortuna abbiamo il Bossi”. Credevo avrebbe scardinato il sistema, invece non ha fatto che incrementarlo». Una delusione... «Sì, ma lui è così. Era così anche da giovanissimo: diceva di essere laureato, usciva di casa in giacca e cravatta sostenendo di andare a lavorare in ospedale quando invece si arrabattava in mille lavoretti casuali». Ma fin qui sarebbe ancora roba leggera. Sulla famosa questione del federalismo, invece, Facco suggerisce di fare mente locale alla storia recente del nostro continente. «Durante la guerra in Serbia, è risaputo che Bossi si è schierato al fianco di Milosevic, contro l'indipendenza del Kosovo».

E ancora. Franco Rocchetta: classe 1947, già padre della Liga Veneta. Con Bossi, uno dei fondatori della Lega Nord. Lo sento al telefono. Lui mi richiama da un call center (per paura di intercettazioni...). Gli chiedo di ricordare la riunione da cui è nato tutto: quella da lui organizzata all'hotel Due Torri di Verona il 7 aprile 1979, e in cui confluirono tutti i movimenti autonomisti, etnici e federalisti. «C'erano sardi, siciliani, albanesi...». E ovviamente c'era anche Bruno Salvadori, leader dell'Union Valdotaine che – proprio nel '79 – fulminò Bossi sulla via per Pontida. «Io allora ero al corrente di gruppi in Veneto, Liguria, Emilia Romagna... ma dalla Lombardia non mi risultava nulla. Salvadori non mi ha mai parlato di Bossi, allora. Io stesso l’ho incontrato per la prima volta solo nell'81». Secondo punto: al famoso meeting di Verona venne respinta la partecipazione della Lista per Trieste, «perché erano iper-nazionalisti, cripto-fascisti, anti-sloveni». La stessa Lista per Trieste che nel 1983 presentò a Varese proprio Bossi, ora paladino del Federalismo, «candidato per un partito anti-federalista».

Nel 1989 Rocchetta fonda con Bossi la Lega Nord. Ne viene quindi espulso, nel 1994, “per aver cercato di creare una scorciatoia verso un partito unico di berlusconiana origine” (pensa te). Questioni di leadership, in realtà, e di conflitti tra lombardi e veneti. A questi ultimi non è mai andata giù la centralità di via Bellerio (sede milanese del partito). «Ma soprattutto», conclude Rocchetta, «i 12 punti del programma politico della Lega non li ha inventati Bossi, sono copiati dai nostri». Nostri della Liga Veneta...

Rolling Stone Magazine

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