Visualizzazione post con etichetta Fantascienza. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Fantascienza. Mostra tutti i post

13/03/16

Bolaji Badejo: Il gigante nigeriano che interpretò 'Alien'

ALIEN è uno dei "nostri" film, sempre in cima alle nostre preferenze. In questo capolavoro di Ridley Scott uscito nel 1979 e ormai un classico dello sci/fi horror, l'alieno dello spazio era letteralmente la stella della pellicola e, mentre tutti noi appassionati sappiamo molto del cast del film - con la sua eroina Ripley, interpretata da Sigourney Weaver, e lo sfortunato equipaggio della nave spaziale Nostromo - poco sappiamo dell'uomo che diede vita alla terrificante creatura, una figura quasi inafferrabile come il suo duraturo personaggio sullo schermo. "Alien" fu pubblicizzato con lo slogan "Nello spazio nessuno può sentirti urlare." Opportunamente Bolaiji Badejo, restò in gran parte in silenzio nella sua parte, in uno dei film più celebri del 20 ° secolo. Bolaiji Badejo era un ragazzone nigeriano che studiava arti grafiche a Londra quando Peter Aardram, direttore del casting del film lo vide in un pub: "non appena ho messo piede nel suo ufficio, Ridley Scott capì subito di aver trovato la persona giusta", dichiarò Badejo in una rara intervista per la rivista cinematografica francese, Cinefantastique, nel 1979.

Nick Allder (supervisore per gli effetti speciali, che aveva lavorato a "Incontri ravvicinati del terzo tipo") ancora ride ricordando il suo primo incontro con Badejo.."Ridley entrò con questo ragazzo. Ho pensato che stavo guardando una giraffa ... rimase sulla soglia, si poteva vedere il suo corpo, ma la sua testa era al di sopra della struttura." Il regista Ridley Scott e il produttore associato Ivor Powell erano stati a lungo a grattarsi la testa su chi poteva impersonare Alien, un mostro dalle misure non trascurabili. Inizialmente avevano pensato a Peter Mayhew (che aveva interpretato Chewbacca in "Guerre Stellari") ma n e lui e altri che furono visionati era abbastanza giusto per l' essere ultraterrena creato dall' artista svizzero surrealista HR Giger. "Avevamo avuto questa visione di una mantide religiosa", ricorda Powell. "Avevamo bisogno di qualcuno incredibilmente alto, con le gambe molto lunghe, in modo che quando si sarebbe accovacciato doveva dare l'impressione di un insetto." Alla fine, la creatura di Giger emerse - da un pub di Soho, a Londra. Nato a Lagos, in Nigeria, nel 1953, Bolaji Badejo era il figlio del direttore generale della Nigerian Broadcasting Corporation. Continuò a studiare in Etiopia e poi negli Stati Uniti, prima di trasferirsi a Londra per studiare arti grafiche. Non aveva mai recitato prima o fatto qualcosa di simile. Il nigeriano, per la sua struttura fisica, dai lunghi arti, era l' ideale per il ruolo, ma trasformarlo nella visione di Giger era un'impresa da non poco. Scivolando nella parte Badejo aveva preparatori atletici per aumentare la massa muscolare in alcune zone del suo corpo, ricorda Allder, e prese lezioni di mimo, per imparare a muoversi secondo i desideri di Scott. "L'idea", dichiarò Badejo a Cinefantastique, "era che la creatura doveva essere aggraziata e viziosa, e richiedeva movimenti lenti e deliberati." Ciò fu reso difficile dalla pesantezza della testa dell' alieno, che aveva quasi un metro di lunghezza. All'inizio del filmato di prova all'interno del Nostromo, vediamo Badejo furtivo intorno alla nave che porta una testa aliena rudimentale, per abituarsi alla deprivazione sensoriale inevitabile.Nel costume finale, progettato da Giger e completato con l'esperienza di Carlo Rambald, vero mago e artista degli effetti speciali , l'attore poteva respirare e vedere un po ', ma non poteva fare molto altro. "Riuscivo a malapena a vedere cosa stava succedendo intorno a me, ad eccezione di quando ero in una posizione stazionaria, mentre si effettuavano le riprese. Poi fecero un paio di buchi nel costume e ho potuto guardare attraverso ... Era terribilmente caldo ... Potevo stare nei panni di Alien solo per circa 15 o 20 minuti alla volta. Quando uscivo, ero tutto inzuppato di sudore. "

La tuta di gomma era coperta con KY Jelly, per l'aspetto acido, "Abbiamo dovuto trovare una melma, qualcosa che non inficiasse il costume", dice Allder. "Abbiamo provato pasta di carta da parati, di tutti i tipi, ma il KY Jelly fu l'unico mareriale con cui potemmo lavorare .... Chiamavamo a turno ogni ospedale e farmacie aperte nella zona, chiedendo di poter comprare tutta la gelatina che avrebbero potuto farci avere." Quella tuta deve essere stata piuttosto scomoda e difficile per lui. Tuttavia Badejo non si lamentò mai per le sofferenze patite, "Essere sul set di un film doveva essere molto strano per lui. E anche essere stato sempre l'attrazione principale ... fu un pò uno shock." "Mi chiedo se Bolaji sapesse quanto sia stato importante il suo ruolo ... Forse lo ha capito molto dopo". Badejo non fu l'unico: quando Sigourney Weaver firmò il contratto, pensava che "Alien" fosse un "piccolo film indipendente sconnesso, e a basso budget. Nessuno sapeva che il film avrebbe incassato oltre $ 100 milioni al box office, con soli $ 11 milioni investiti per girarlo, o che Allder, Giger e la loro squadra avrebbero vinto un Academy Award per i migliori effetti speciali visivi. Badejo torò in Nigeria nel 1980, e nel 1983 aprì una galleria d'arte. Morì nel 1992, a soli 39 anni, per un anemia falciforme, lasciando la moglie e due bambini. Uno dei più grandi cattivi di Hollywood e attore improbabile, era invece una persona "bella, dolce e pacifica", e a sua insaputa, è entrato nella storia del cinema.







26/01/16

Quando la solitudine diventa reato: The Lobster

Quello che ormai governa la nostra società non è più certamente la politica ma bensì l’economia. Il potere è saldamente nelle mani delle grandi corporazioni che, potendo gestire grandi quantità di denaro, possono a loro piacimento imporre candidati e presidenti, deputati e governatori. Hanno il potere saldamente nelle loro mani. E al potere delle multinazionali non piace la solitudine. Non piacciono i single. Perché non è conveniente. Dove non c’è famiglia c’è poca spesa. Non si consuma abbastanza. E poi, al potere ha dato sempre fastidio le persone che pensano. Che riflettono. E a star da soli c’è più tempo per pensare.

In una società del futura il potere odia e punisce la solitudine amorosa. Se ti ritrovi single per un qualsiasi motivo, vieni spedito in un albergo / prigione, costretto con altri solitari a trovare una compagna/o in base ad affinità di gusti e personalità. Si ha tempo 45 giorni, scaduti i quali si viene trasformati in un animale, almeno questo viene stabilito su propria scelta. Nell’albergo / prigione, durante il soggiorno, vi sono regole e manifestazioni allucinanti, come ad esempio una caccia all’uomo per allungare i giorni di detenzione e avere più tempo e chance di trovare l’anima gemella, provare a vivere con un braccio solo e dove è vietato anche masturbarsi, il tutto per dimostrare quanto sia malvagio e frustrante vivere da soli. E’ questo quel che succede al nostro Colin Farrell in The Lobster, piccolo gioiello cinematografico del greco Yorgos Lanthimos.
Tornando per un attimo alla trama, chi non è disposto a subire questa follia imposta dall’alto non ha altra scelta se non il suicidio o quello di rifugiarsi nei boschi, alla macchia, dove operano un gruppo di resistenti, di rivoluzionari dalle regole dispotiche e feroci: sono banditi matrimoni, fidanzamenti, persino il corteggiamento. La coppia è considerata il male assoluto. Un universo antagonista in cui è bandito l’amore, i sentimenti nelle sue molteplici forme, clandestini sottomessi ad un potere dispotico che tramite la disciplina intende governare la vita collettiva e individuale. Senza eccezione alcuna. Quindi un rimedio peggiore del male che vorrebbe combattere, con norme talmente assurde e insensate da essere non meno selvaggio e totalitario del potere che si vuole combattere. The Lobster è un film tutto da guardare, anche se alcuni media hanno riportato che in alcune proiezioni qualcuno del pubblico abbia esternato il proprio sdegno, uscendo poi dalla sala. In termini politici, mi è sembrato di cocente attualità e consono alla situazione del nostro paese, in cui la forza che si autodefinisce come unica opposizione al potere corrente, si sta rivelando per quello che è, cioè una struttura gerarchica totalmente prona, e che fa riferimento ad una società che ha come suo obiettivo principale il profitto. Con le sue regole assurde e crudeli (pensiamo al sistema delle espulsioni ad ogni deragliamento dalla linea del capo) non diverse da quelle che ci vengono imposte da chi ci governa, sarebbe una follia sostituire una stortura con un'altra, non meno folle.

The Lobster è una denuncia profonda anche della deriva a cui la nostra società sta andando incontro, in termini di controllo della nostra vita privata. Un sistema che attraverso le nuove tecnologie tutto vuole sapere e disciplinare, che odia l’individualismo bonario e costruttivo. E uno sberleffo a tutti quei rapporti costruiti e perpetrati sulla paura della solitudine, costruiti e sostenuti sulla finzione, sulla menzogna e l’ipocrisia. Anche se è un film che ha avuto un effetto potentissimo su di me, tanto da poter essere benissimo un mio biglietto da visita.. culturale, The Lobster ci riguarda tutti da vicino, da molto vicino. E’ surreale, scorretto, geniale, pieno di ironia verve comica e alla fine ci lascia con una sfilza di domande su temi quali il rapporto con la solitudine, la sessualità, i compromessi, l’ipocrisia dei rapporti umani.

Colin Farrell panciuto è clamoroso, ben coadiuvato da una Rachel Weiz sempre splendida, anche senza trucco. Le sonate di Beethoven ben si sposano con le atmosfere surreali del film, insieme a Nick Cave. E a proposito di musica e di ironia, c’è un dialogo in cui il capo dei resistenti, Léa Seydoux, bellissima, anche lei quì senza ombra di trucco, in una perfetta versione di donna leader, spiega le regole al nuovo arrivato Farrell e in relazione alle patetiche serate da ballo organizzate nell’albergo /prigione allo scopo di far socializzare i solitari.. :<<Qui non sono ammessi balli in coppia, qui si balla da soli ed è per questo che noi ascoltiamo solo musica elettronica!..>>

Quì in Streaming e Download, in lingua originale (consigliato)



27/11/15

Potere e alienazione, empatia e identità: Sotto la pelle di Michel Faber (Incipit bruciante)

Nella classifica dei 20 libri più venduti in Italia, evento decisamente raro per un romanzo di fantascienza. Lasciate perdere il film che ne è stato tratto nel 2013, Under the Skin, con una pur splendida Scarlet Johansonn, perchè non centra assolutamente niente. D'altronde SOTTO LA PELLE di Michel Faber non è riconoscibile come tale, cioè un romanzo sci/fi, senza averlo letto, visto che né il risvolto di copertina, né l'illustrazione, né alcun altro segnale danno il benché minimo indizio al riguardo. Si dice che ci siano voluti vent'anni prima di arrivare alla stesura definitiva del libro, un'allegoria crudele e spietata della nostra società e delle regole che ne stanno alla base. Una società in cui lo sfruttamento domina e l'alienazione dal proprio essere e dal proprio corpo è l'unica forma di sopravvivenza. Politica, tematiche ambientali, industrie e multinazionali,  identità sessuale, e soprattutto empatia e potere, con cui ci misuriamo quotidianamente. Tante le riflessioni in un libro bellissimo, letto con colpevole ritardo..


<<Quando avvistava un autostoppista per la prima volta Isserley non si fermava mai, si concedeva un po’ di tempo per prendergli le misure. Quel che cercava erano i muscoli: un pezzo d’uomo ben piantato sulle gambe. Di esemplari gracili, pelle e ossa, non se ne faceva nulla. A un primo sguardo, tuttavia, era incredibile quanto poteva risultare difficile notare la differenza. Si potrebbe pensare che un autostoppista solitario, fermo al bordo di una strada di campagna, sia visibile per almeno un chilometro, come un monumento lontano, o un silos per le granaglie: si potrebbe pensare di riuscire a esaminarlo con calma mentre si guida, di spogliarlo e rigirarselo nella mente con anticipo, ma lsserley aveva scoperto che non era cosi. Guidare attraverso le Highland scozzesi era di per sé impegnativo; accadeva sempre qualcosa in più rispetto a quel che ci si immagina guardando i paesaggi delle cartoline. Perfino nel silenzio madreperlaceo di un’alba invernale, con le nebhie ancora addormentate nei campi ai lati della strada, non si poteva
sperare che la A9 restasse vuota a lungo. Le carcasse di pelliccia appartenenti a creature della foresta non identificabili ingombravano l’asfalto, sempre fresche ogni mattina, e ciascuna di esse non era che un istante congelato nel tempo, quando un
essere vivente aveva scamhiato la strada per il suo habitat naturale.

Anche lsserley, spesso, si avventurava per strada a ore pietrificate in un’immobilità preistorica, al punto che il suo veicolo poteva essere il primo della storia. Era come se fosse stata calata in un mondo appena creato, cosi nuovo che le montagne avrebbero potuto ancora assestarsi e le valli coperte di boschi trasformarsi in mari.
Ciò nonostante, una volta lanciata l’auto lungo la strada deserta, velata da una nebbia leggera, sapeva che era questione di pochi minuti, e dietro di lei avrebbe cominciato a scorrere il traffico diretto verso Sud. E quel traffico non le avrebbe neppure lasciato fare da battistrada, come una fila di pecore lungo un sentiero stretto; avrebbe dovuto correre piu in fretta, o l’avrebbero cacciata dalla corsia a forza di clacson.

lnoltre si trattava di un’arteria principale, e doveva stare attenta a tutte le strade secondarie che vi confluivano. Solo una parte di quegli snodi erano segnalati chiaramente, quasi fosse stato il risultato di una selezione naturale; gli altri erano nascosti dagli alberi. Non tenere conto degli incroci era una pessima idea, anche se Isserley aveva la precedenza: da una qualunque di quelle strade poteva spuntare un trattore borbottante e impaziente, che in caso di collisione non avrebbe subito molte conseguenze, mentre lei si sarebbe spiaccicata sull’asfalto. Quel che la distraeva di più, tuttavia, non era la minaccia di un pericolo imminente ma l’incanto di ciò che la circondava. Un luminoso fossato colmo d’acqua piovana, uno stormo di gabbiani gettati all’inseguimento di una seminatrice in un campo fertile, l’apparizione fugace della pioggia due o tre monti più avanti, o anche il volo di un ostricaio solitario: una sola di queste immagini poteva far quasi dimenticare a lsserley il motivo per cui era li, per strada. ll levarsi del sole tingeva d’oro le fattorie distanti e lei era ancora al volante, quando un oggetto assai piu vicino, poco piu di u'omhra nerastra, abbandonava all’improvviso le sembianze di un ramo d’albero o di un cumulo di macerie per assumere quelle di un bipede con il braccio teso.
Allora si ricordava, ma a volte succedeva quando ormai lo aveva superato mancando di un soffio la mano tesa, quasi che le dita, come rametti, avrebbero potuto spezzarsi, se solo fossero cresciute di qualche centimetro in piu.

Premere sul freno era fuori questione. Al contrario, lasciava tranquillamente il piede sull’acceleratore, restava in fila dietro le altre auto, limitandosi a scattargli di passaggio una rapida fotografia mentale. A volte, mentre riesaminava quell’immagine lsserley si rendeva conto che l’autostoppista era in realta una femmina. A lei le femmine non interessavano, almeno non in quel senso. Che le caricasse qualcun altro.
Se l’autostoppista era maschio di solito tornava indietro per un secondo sopralluogo, a meno che non si trattasse chiaramente di un tipo mingherlino. Nel caso in cui il soggetto in questione fosse per lo meno interessante, appena possibile faceva un’inversione a U - ben lontana da lui -, non voleva che si accorgesse di nulla. Poi, guidando nella direzione opposta più lentamente che poteva, cercava di squadrarlo ancora una volta. Capitava raramente che non riuscisse a ritrovarlo: di solito perché nel fratternpo un altro autista, meno pignolo o meno cauto di lei, si era fermato e l’aveva tirato sù. Da una veloce sbirciata si rendeva conto che nel punto in cui pensava di averlo visto non c’era più nulla, solo un vuoto bordo di ghiaia. Spingeva lo sguardo oltre il ciglio della strada, verso i campi o l’inizio del bosco, nel caso si fosse nascosto da qualche parte per orinare. (Una delle loro abitudini). Dopo cosi poco tempo, per lei era inconcepibile non ritrovarlo più; aveva un corpo cosi bello - cosi eccellente - cosi perfetto - perché si era lasciata scappare quella chance? Perché non l’aveva caricato subito?

Talvolta la perdita era cosi dura da accettare che poi continuava a guidare per chilometri e chilometri, sperando che chi l’aveva caricato l’avesse di nuovo fatto scendere. Le mucche la guardavano con aria innocente mentre lei accelerava in una nuvola di gas di scarico. Di solito, però, l’autostoppista rimaneva esattamente dove l’aveva sorpassato la prima volta, il braccio meno rigido, gli abiti (se pioveva) un poco più fradici. Venendo dalla direzione opposta lsserley gli dava un’occhiata veloce alle natiche, alle cosce, o anche alle spalle, per vedere quanto erano muscolose. Perfino nella postura c’era qualcosa che permetteva di riconoscere a prima vista l’arrogante fiducia in se stessi dei maschi di prima qualità. Passandogli accanto lo guardava ancora una volta, per mettere alla prova la prima impressione, per essere sicura che la sua immaginazione non l’avesse gonfiato troppo. Se riusciva a superare l’esame fermava l’auto e lo faceva salire. lsserley era andata avanti cosi per anni. Non passava mai più di un giorno senza che si mettesse alla guida della sua malandata Toyota Corolla rossa in direzione A9 per cominciare il giro di perlustrazione. Perfino nei periodi pid fitti di incontri riusciti, al massimo della propria autostima, si preoccupava del fatto che l’ultimo autostoppista caricato potesse rivelarsi, col senno di poi, la sua ultima conquista davvero soddisfacente: che il futuro non le riservasse più nessuno all’altezza.
(....)
La giornata di oggi non era cominciata bene.
Costeggiando il comatoso villaggio di Fearn, sul ponte sopra la ferrovia prima di raggiungere l’autostrada, si rese conto di una specie di rantolo proveniente dalla ruota sotto il lato passeggeri. Lo ascoltò attentamente, trattendendo il respiro, cercando di capire che cosa le stesse cornunicando in quel bizzarro idioma straniero. Era una supplica d’aiuto? Un borbottio momentaneo destinato a svanire? Un avvertimento amichevole? Ascolto ancora un poco, provando a immaginare i diversi modi in cui un’automobile poteva farsi comprendere. La Corolla rossa non era certamente l’auto migliore che avesse avuto; l’auto per cui aveva più nostalgia era la Nissan grigia su cui aveva imparato a guidare. Si lasciava manovrare con dolcezza e delicatezza, non faceva quasi nessun rumore e aveva molto spazio nel bagagliaio - abbastanza da metterci un letto.

Ma fu costretta a sbarazzarsene dopo appena un anno. Da allora ne aveva possedute altre due, ma erano pili piccole, e i pezzi di ricambio trapiantati dalla Nissan le davano parecchi problemi. La Corolla rossa era un po’ rigida e qualche volta capricciosa. Senza dubbio voleva essere un’auto come si deve, ma aveva le sue difficolta.
Qualche centinaio di metri prima della confluenza con l’autostrada c’era un ragazzo con i capelli lunghi che ciondolava sul ciglio della Strada, il pollice all’insù. Accelerò e lo superò. Lui sollevò pigramente il braccio, aggiungendo al suo gesticolare altre due dita. Conosceva più o meno la faccia di Isserley, e lsserley conosceva più o meno la sua. Erano entrambi del posto, anche se non si erano mai incontrati se non in situagioni del genere. La strategia di Isserley era di stare alla larga dalla gente del posto. Mentre si immetteva nella A9 a Kildary, diede un’occhiata all’orologio sul cruscotto. Le giornate si stavano allungando rapidamente: 8 e 24 del mattino e il sole aveva gia lasciato la linea dell’orizzonte. Il cielo era blu livido e rosa carne, dietro a una fascia di nubi bianchissime, preludio della gelida trasparenza che avrebbe segnato l’aria di quella giornata. Non avrebbe nevicato, ma il ghiaccio avrebbe continuato a scintillare per parecchie ore, e prima che la temperatura potesse salire sarebbe scesa la notte.
Quanto agli scopi di lsserley, un giorno freddo e luminoso come questo era ideale per la guida sicura, un po’ meno per valutare gli autostoppisti. Solo certi esemplari straordinariamente vigorosi avrebbero indossato una maglietta a maniche corte
mostrando cosi la propria muscolatura, ma la maggior parte sarebbe rimasta infagottata sotto cumuli di giacconi e strati di lana, tanto per renderle il lavoro complicato...>>



16/04/15

Ufo sulla centrale elettrica

Le persone sono ingannate, s'illudono, e sono soggette a allucinazioni, in modo abbastanza sorprendente. La gente vuole credere in qualcosa, e a volte ci convinciamo che stiamo vedendo qualcosa che non c'è, e così proiettiamo le nostre ansie verso il cielo. In quei momenti, crediamo alle nostre bugie. Un bel libro di Philip J. Klass ci illumina circa gli errori che possiamo fare quando cerchiamo di dare un nome alle nostre paure.
Gli UFO sono letteralmente oggetti volanti non identificati, quindi questa descrizione è quasi neutra: questo non sembra essere cattiva scienza o falsa scienza, sembra essere solo una descrizione di qualcosa che a cui ancora non sappiamo dare una spiegazione. Sì, ci sono, naturalmente, molti UFO (nel senso di oggetti volanti non identificati) e questo è indiscutibile. Ciò che è discutibile è l'affermazione che quello che vediamo, in alcuni casi, sono visitatori provenienti da altri mondi. Molte persone lo credono. Alcuni credono che sono stati rapiti da visitatori alieni. Il libro di
Philip J. Klass UFOs: The Public Deceived di Philip J. Klass è stato pubblicato nella metà degli anni 1980, ed è una rete a strascico attraverso alcune delle grandi pretese dell' ufologia, come il caso Delphos, il caso di Travis Walton, e i casi dei piloti di linea che hanno riferito di aver visto cose straordinarie nei nostri cieli. Klass sembra molto attento alle prove, e, in molti casi, sfata con successo l'idea che ciò che è stato osservato fosse una sorta di disco volante o di un veicolo proveniente da un altro mondo. Ci piace soprattutto una storia che coinvolge una centrale nucleare. Nel 1967, era in costruzione una centrale elettrica . Le guardie di sicurezza riferirono di aver visto una luce intensa per diverse notti. La polizia confermò la presenza della luce.  Anche il vice sceriffo della Contea disse di aver visto 'un grande oggetto illuminato'. Un ufficiale di polizia ausiliaria dichiarò di aver visto 'cinque oggetti, sembravano essere in fiamme, un aereo sfrecciò mentre stava osservando:  sembravano essere 20 volte più grandi della dimensione dell'aereo. Il Magistrato di Wake County  video 'un oggetto rettangolare che sembrava fosse in fiamme'. A tutti sembrava che avesse le dimensioni di un campo di calcio, e che fosse molto luminoso. Giornalisti indagarono, poi tentarono di avvicinarsi con le loro auto, ma alla loro vista, l'oggetto subito si allontanò. Un fotografo  esaminò l'oggetto attraverso un obiettivo molto potente: 'Sì, alla fine..questo è il pianeta Venere '. Era davvero il pianeta Venere. Ognuno di quelle persone aveva appena visto il pianeta Venere. Sembra incredibile che queste cose possano succedere. Questo è un caso dove ci sono agenti di polizia, un magistrato,  testimoni oculari. E c'erano anche prove concrete sotto forma di un blip identificato sullo schermo locale di un radar di controllo del traffico aereo. Tutto questo potrebbe confermare oltre ogni dubbio che davvero ci fosse un oggetto misterioso che incombeva su quella centrale nucleare. Ma il fatto è che non c'era, nonostante questi numerosi testimoni oculari, questa attestazione multipla. Gli osservatori erano bloccati, con la testa all'insù. il ​​collo fuori. Erano abbastanza coraggiosi da fare affermazioni audaci, così pensavano che stavano osservando qualcosa di straordinario, e che c'era anche qualche prova sicura (il blip radar) Tuttavia,  si è rivelato essere tutto una coincidenza. Noi amiamo la fantascienza, crediamo di non essere i soli nell'immensità del cosmo, non siamo così stupidi e presuntuosi. Ma questo caso, come molti altri, dimostra che si dovrebbe aspettare, nonostante alcuni sostengono fatti e accadimenti notevoli, e nonostante non ci sia alcuna prova veritiera per accertare la verità.  Le persone sono ingannate e s'ingannano, sono soggette ad allucinazioni in modo abbastanza sorprendente. Il semplice fatto che avvenimenti come questo vengano riportati ogni giorno ne è una buona prova... 
 
 

23/03/15

R.A.C.H.E, il gioiello cyberpunk italiano

Che cos'è R.A.C.H.E. ? Esattamente 10 anni fa, Mariano Equizzi realizzava questo progetto cinematografico basato sui romanzi di Valerio Evangelisti, e l'originalità dell'operazione sta proprio nel fatto di offrire le sensazioni che scaturiscono dalla lettura dei libri di Evangelisti; RACHE è un opera radicale, e se non si conosce l’opera di Evangelisti, i riferimenti continui soprattutto alla saga di Eymerich, in particolare al racconto "O Gorica tu sei maledetta" e a una delle storie intermedie de "Le catene di Eymerich", magari non è semplice seguirne un filo. Molti i riferimenti anche a PK Dick.

Un'organizzazione terroristica internazionale nata dalle ceneri del Reich; un conglomerato bancario-corporativo con loschi interessi economici nelle regioni depresse ai margini del mercato occidentale; una chiesa eretica la cui missione nasconde oscuri fini di evangelizzazione... Questi sono i tre volti della R.A.C.H.E, una storia fatta di esperimenti genetici, ossessioni naziste e follia pura.
La storia ha radici negli esperimenti genetici di epoca nazista, e da quell'orribile esperienza prende vita un'organizzazione segreta chiamata R.A.C.H.E., destinata a impadronirsi di una larga porzione dell'Europa orientale; ma nel corso della battaglia per il possesso della spettrale città di Gorica, i soldati mostruosi di cui la R.A.C.H.E. si serve, i poliploidi sfuggono al controllo: è solo un preludio per un'apocalisse di orrore e distruzione. Evangelisti's RACHE è un affresco cospirativo sull'origine e le conseguenze della genetica sperimentale nazista. Alcuni dei personaggi indicati sono reali: Jakob Graf ha davvero scritto il testo fondamentale del sistema razziale nazista.

Piccolo gioiello italiano del cyberpunk, il film arriva solo oggi sul web, dopo aver riscosso numerosi premi e importanti riconoscimenti internazionali (incluso un premio presso un festival giapponese) sarà un lungometraggio vero e proprio, prodotto da una collaborazione internazionale e destinato al circuito delle sale, e avrà per titolo definitivo RACHE. - La Genesi: finalmente un opera di Valerio Evangelisti, uno scrittore che amiamo particolarmente e a cui abbiamo dedicato più di un post, tradotta sul grande schermo, dopo la riduzione di alcuni romanzi per la radio, la trasposizione a fumetti fino alla produzione di un videogioco. Mariano Equizzi ha spiegato che il ritardo con cui RACHE arriva al grande pubblico è dovuto alle sue tematiche, molto in anticipo sui tempi. Poi, l’ISIS, l’Ucraina, Ebola: a distanza di decenni, è davvero difficile non fare un collegamento con i video dei terroristi, le notizie crude, cruente e spettacolarizzate, con l'orrore degli attentati che stiamo vivendo in questi giorni. C'è da dire che la letteratura di Valerio Evangelisti non è molto amata dal mainstream italiano, per la sua radicalità e per la collocazione le scelte politiche di fondo chiare che Valerio non ha mai nascosto. Ben supportato da una colonna sonora industrial e dalle musiche di Paolo Bigazzi

Evangelisti’s RACHE, dura solo 37 minuti, è stato girato interamente a Trieste, tecnicamente con la stessa tecnologia usata in 28 Giorni Dopo. Siamo convinti che sia un film da vedere più volte, e che valga la pena di farlo conoscere, pubblicizzarlo, diffonderlo in questo deserto culturale e cinematografico in cui versa in nostro paese, grazie a decenni di.. "brizzi martani parenti muccini zaloni, zelig.."

Dal sito www.rache.company è possibile vedere il trailer e acquistare, per soli 99 centesimi, la visione in streaming del film. 2 Euro per il download e averlo nella propria videoteca.





11/02/15

Volpi spaziali, vampiri, e alieni bizzarri: la grafica Sci-Fi

Kilian Eng  è un illustratore, animatore, graphic designer svedese. Siamo grandi fan del suo lavoro, opere e illustrazioni di scienza, sci-fi, fantasy spaziale. (Qui l'archivio tumblr dell'artista) Ispirato dall'archittettura, ha un tratto elegante e punteggiato, sempre con colori elettrizzanti e il suo gusto retrò, futuristico e surreale ha influenzato e canalizzano illustratori iconici, come il maestro francese Moebius. Lo stile di Eng ci riporta a opere, illustrazioni e disegni di fantascienza di grandi artisti che amiamo. Sotto un nostro piccolo best..
 

Giger
La comunità di fantascienza ha da poco detto addio a una leggenda quando HR Giger se n'è andato, il 12 maggio 2014, a Zurigo, in Svizzer. Il suo stile biomeccanico era terribile e talvolta sexy, con contorsioni di corpi femminili alieni e creature surreali. La maggior parte degli spettatori lo ricordano per il suo contributo di design per Alien di Ridley Scott (la creatura stessa, la "Space Jockey," e altro), ma Giger è manche famoso per il suo lavoro nella musica, creando copertine per decine di artisti, dagl'Emerson, Lake & Palmer ai Blondie. Di Giger i disegni per Dune, prima affidato a Alejandro Jodorowsky, poi ripreso da David Linch e quelli per Sil, la donna metà aliena e metà umana della serie Spices. H.R. Giger è stato inserito nella Hall of Fame Science Fiction. Si unisce a maestri come Harlan Ellison, Sir Arthur C. Clarke, Ray Bradbury, e George Lucas.

Moebius
Il documentario Dune di Jodorowsky, di cui disegnò i costumi, la popolarità del cinema sci-fi e apocalittico, e l'espansione della cultura pop di ispirazione hanno contribuito a portare nuovo pubblico al lavoro dell' artista francese Jean Giraud, alias Moebius. L'influente illustratore ha lavorato con registi di culto come Jodorowsky e contribuito con vere gemme di disegni in film di fantascienza: tra questi Tron, Alien, The Abyss e Il quinto elemento. E' stato uno dei fondatori di Metal Urlant, legendaria rivista parigina che raccoglieva il meglio della produzione fantastica e fantascientifica a fumetti. e creato l'amata serie a fumetti Incal. Con lo scrittore Jean-Michel Charlier ha dato vita a Blueberry, pistolero antieroe occidentale, rivoluzionario e inusuale per l'epoca. (1962), . "E 'un talento unico dotato di una straordinaria fantasia visionaria che è costantemente rinnovata e mai volgare. Moebius disturba e consola. Ha la capacità di trasportarci in mondi sconosciuti dove incontriamo personaggi inquietanti. La mia ammirazione per lui è totale. Lo considero un grande artista, grande come Picasso e Matisse. " (Federico Fellini..)

Bob Pepper
Bob Pepper è riconoscibile nel suo lavoro con le copertine create nei tardi anni Sessanta, e le illustrazioni per la celebre serie di ristampe di fantasy a cura di Lin Carter per i libri Ballantine. Grafico dal 1962, nel corso degli anni '70 e '80 era ben noto il suo pensiero di artista, con approcci ai soggetti stilizzati e decorativi, e la ricerca e l'unione di diverse parti a formare un disegno, insieme coerente. Tanta Fantasy / Fantascienza, libri tascabili e con importanti editori. Uno dei migliori lavori è stata la serie di 6 libri di Philip K Dick. In pensione con sferzanti critiche alla grafica moderna, ormai seppellita dal computer e la sua influenza sullo stile.
 
Richard M. Powers
Se Picasso, Yves Tanguy, e Arshile Gorky sono stati posseduti dallo spirito della fantascienza, è stato grazie alle opere di C. Jerry Kutner. Nei primi anni '50, le copertine sci-fi consistevano seccamente nella rappresentazione letterale di astronavi e altro hardware (la scuola "tecno-realista" ), altrimenti, alieni tentacolari, eroi dello spazio hard-bodied e le loro compagne dalle curve prosperose (la scuola "pulp" ). Le copertine innovative di Richard Powers sottolineano l'atmosfera e l'umore, utilizzando le tecniche del surrealismo, dell'astrazione, e del collage per esplorare il paesaggio interiore dell'immaginazione umana. Psichedelico prima del tempo e sorprendente nella sua varietà, è stato attraverso il lavoro visionario di Powers ', secondo l' Enciclopedia di Science Fiction, che "l'imballaggio di SF può dire di aver raggiunto la maggiore età.

Wally Wood
Una grande influenza sulla fantascienza metropolitana, Wally Wood è forse più noto per il suo controverso poster orgiastico dei personaggi Disney impegnati in sesso, droga, e cattivo comportamento, pubblicato sulla rivista di controcultura iconica The Realist (curata e pubblicata da Paul Krassner ). E 'diventata una delle opere più piratate nella storia della cultura pop, anche se Wood è dovuto scappare e difendersi più volte dagli avvocati della Disney. Il pionieristico vignettista è anche ricordato per i suoi fumetti CE, le copertine e le opere d'arte degli anni '50, eroi, volpi spaziali, vampiri, e alieni bizzarri..



 

27/11/14

Sci - Fi dell'Avvenire

Questa non è una lista della migliore Fantascienza. Bensì è la politica a farla da padrone. Una lista di libri di genere che ogni buon socialista dovrebbe leggere: titoli di fantascienza che affrontano la possibile realizzazione dell’utopia socialista/comunista con tutte le sue sfaccettature. La lista originale è di China Miéville, noi ne abbiamo scelti alcuni che riteniamo più interessanti


Iain M. Banks - La guerra di Zakalwe (Use of Weapons, 1990)
Considerato da molti critici e lettori l'autore più importante emerso negli anni ottanta nella fantascienza britannica, socialista, i suoi romanzi ruotano intorno all'universo futuro del ciclo della Cultura, in cui narra in termini politici di una società in cui molti degli elementi che garantivano una vita agiata sono quasi in estinsione: in pratica di una società post petrolio.

Edward Bellamy - Looking Backward, 2000 1887 (1888; trans Guardando indietro 1957/82) Un utopia, egualitario / comunista. Ambientato a Boston nel 2000, descrive gli Stati Uniti nel quadro di un sistema socialista ideale che ha come caratteristiche la cooperazione, la fratellanza, l'uguaglianza e un'industria orientata ai bisogni umani. Il protagonista, sofferente d'insonnia, si fa curare con l'ipnosi e rimane addormentato per 113 anni, risvegliandosi in un mondo moderno che non ha contribuito a creare. Il romanzo, che ha venduto più di 1.000.000 di copie, fece appello ad un pubblico ancora sofferente per gli effetti della grande depressione del 1883 e con ancora nella mente gli scontri nelle fabbriche del Riot Haymarket a Chicago (1886). Bellamy diventò un propagandista attivo,era per la nazionalizzazione dei servizi pubblici, e le sue idee contribuirono alla fondazione di molti gruppi politici. Le opere di Bellamy furono pubblicate anche in Europa con un buon seguito.

Alexander Bogdanov - The Red Star: A Utopia (1908; trans La Stella Rossa 1984)
Pseudonimo di Aleksandr Malinovskij (Tula, 10 agosto 1873 – Mosca, 7 aprile 1928), rivoluzionario Bolscevico, medico, ricercatore (precursore di quella che oggi chiamiamo Cibernetica e delle Scienze Organizzative, e fondatore della prima istituzione al mondo interamente dedicata al campo della trasfusione di sangue) e autore Sci Fi pre rivoluzione. Su Marte, il pianeta rosso, una tecnocrazia utopica socialista ha posto fine praticamente a tutti i problemi della vita. Efficienze meccaniche hanno eliminato la necessità dello sfruttamento dell'uomo sull'uomo, i marziani passano il loro tempo libero dedicandosi all'arte visitando musei d'arte, il lavoro è svolto sobriamente, contemplando la loro unità strutturale ritrovata. E hanno anche tutto il tempo per uccidere, in quanto le trasfusioni di sangue tra i giovane e i vecchi hanno gloriosamente prolungato la loro durata di vita. Il libro fu accusato di proto-stalinismo, ma Red Star è stato una delle ispirazioni per Red Mars, pluripremiato romanzo di fantascienza di Kim Stanley Robinson.


31/05/14

62 Best Sci-Fi Film








Questo video, realizzato dal blog 60fotogramas, raccoglie le migliori scene di 62 film di fantascienza dal 1902 a oggi. Il discorso d’introduzione è tratto dallo sceneggiato radiofonico La guerra dei mondi di Orson Welles.
Ecco i film citati, in ordine di apparizione:

Viaggio nella Luna (1902)Metropolis (1927)
Una donna sulla Luna (1929)
Frankenstein (1931)
L’uomo invisibile (1933)
La bambola del diavolo (1936)
Ultimatum alla Terra (1951)
La guerra dei mondi (1953)
Il pianeta proibito (1956)
L’invasione degli ultracorpi (1956)
Radiazioni BX: distruzione uomo (1957)
The time machine (1960)
Il villaggio dei dannati (1960)
Fahrenheit 451 (1966)
2001: odissea nello spazio (1968)
Il pianeta delle scimmie (1968)
Arancia meccanica (1971)
Solaris (1972)
Il pianeta selvaggio (1973)
2022: i sopravvissuti (1974)
Incontri ravvicinati del terzo tipo (1977)
Star wars: episodio IV (1977)
Alien (1979)
Stalker (1979)
Star wars: episodio V (1980)
Blade runner (1982)
E.T. (1982)
La cosa (1982)
Tron (1982)
Terminator (1984)
Ritorno al futuro (1985)
Brazil (1985)
La mosca (1986)
Predator (1987)
Robocop (1987)
Ritorno al futuro 2 (1989)
Atto di forza (1990)
Terminator 2 (1991)
Jurassic park (1993)
Ghost in the shell (1995)
L’esercito delle 12 scimmie (1995)
Apri gli occhi (1997)
Cube – Il cubo (1997)
Gattaca (1997)
Il quinto elemento (1997)
Matrix (1999)
Essere John Malkovich (1999)
Donnie Darko (2001)
Akira (2002)
Minority report (2002)
V per Vendetta (2005)
I figli degli uomini (2006)
Wall-e (2008)
Avatar (2009)
District-9 (2009)
Moon (2009)
Watchmen (2009)
Inception (2010)
Super-8 (2011)
Into darkness – Star Trek (2013)
Gravity (2013)
Her (2013)


Le claassifiche sono sempre difficili da compilare, soprattutto su argomenti così ampi. E io sono un appassionato di Sci-fi, certo non un  esperto. Però mi chiedevo, rileggendo questa classifica, se ad esempio, "Star wars" e "E.T." (non proprio tra i miei preferiti) sono film di fantascienza o non sono piuttosto.. fantasy? E "Essere "John Malcovich", che centra con la fantascienza?

video dall'Internazionale


26/12/13

P. K. Dick Cover

16 Dicembre, un giorno sacro per gli appassionati di fantascienza, il compleanno di Philip K. Dick. Nato 85 anni fa, nel 1928, e scomparso nel 1982, è da molti ritenuto la più grande firma della fantascienza, ha seguaci irriducibili (compresi noi..) che lo considerano un profeta, uno che con sue storie dove è quasi impossibile elencare i temi che ha trattato nella sua vastissima produzione (da governi totalitari alla religione, il tempo, la droga..) ha saputo prevedere e problematizzare il futuro..Nonostante tutto, il cinema, nella vasta trasposizione dai suoi libri, non gli ha reso sempre giustizia.
Dieci cover di dieci libri importanti per festeggiare l'evento..Mentre i colori e le immagini possono variare, gli artisti che si sono cimentati con le copertine dei libri di Dick, hanno creatoalcune delle "opere d'arte" più eclatanti che la letteratura ricordi.




Ma gli androidi sognano pecore elettriche? (Do Androids Dream of Electric Sheep?) continua ad essere l'opera più famosa di Dick, dovuta in gran parte al geniale (questo si..) film di Ridley Scott, Blade Runner. Il romanzo è stato ripubblicato più volte dal suo debutto nel 1968, e la copertina è stata reinterpretata da artisti riflettendo le proprie idee ed i tempi che cambiano. 




Lotteria dello spazio, (Solar Lottery)  è il primo romanzo di fantascienza scritto da Philip K. Dick nel 1955.
Nel 2203, la Terra è governata dal Quizmaster Verrick. La carica di Quizmaster però, è assegnata casualmente a tutti i cittadini in possesso della propria tessera professionale, in un’immensa lotteria (basata su una strategia militare numerica impiegata dagli Stati Uniti e dall'Unione Sovietica chiamata Minimax (o Games Theory) in cui chiunque può ritrovarsi Quizmaster, capo del governo mondiale da un momento all’altro..Dick immagina un mondo dominato dalla logica e dai numeri e questo elemento della randomizzazione nella società serve allo scrittore per denunciare le forme di controllo sociale, dal momento che ogni persona è spogliata della loro individualità.




La svastica sul sole (The Man in the High Castle), ripubblicato anche come L'uomo nell'alto castello, esce nel 1962 e vince il Premio Hugo come miglior romanzo di sci-fi. E' l'America nel 1962. La schiavitù è ancora una volta legale. I pochi ebrei che ancora sopravvivono si nascondono sotto falso nome. A San Francisco l'I Ching è comune come le Pagine Gialle. Tutto perché 20 anni prima, gli Stati Uniti hanno perso la guerra, ed è ora occupata congiuntamente dalla Germania nazista e il Giappone.
Questo romanzo ha imposto Philip K. Dick come un innovatore, superando la barriera tra fantascienza e il semplice romanzo di idee. Una visione inquietante della storia come un incubo, dal quale può essere solo possibile svegliarsi. 




Cronache del dopobomba (Dr. Bloodmoney, or How We Got Along After the Bomb) fu terminato verso la fine del 1963, ma fu pubblicato solo due anni più tardi con un titolo che riprendeva chiaramente il capolavoro kubrickiano Il dottor Stranamore, ovvero: come imparai a non preoccuparmi e ad amare la bomba del 1964. Fu candidato al Premio Nebula per il miglior romanzo.E 'dubbio che la pubblicazione nel 1965, dopo l'enorme successo del film, abbia influito molto sulle vendite, dato che i tascabili economici della Ace avevano solo un piccolo nucleo di lettori appassionati di fantascienza "hard-wired".
Il libro fornisce una solida riflessione dello scrittore sugli anni sessanta, sulla possibilità di un conflitto nucleare ed è incentrato su una comunità di persone che lottano per sopravvivere in un mondo duro, dopo lo scoppio delle atomiche, e che tentano di riciclarsi per adattarsi ad un mondo mutato e mutante.. 




Svegliatevi, dormienti (The Crack in Space), scritto nel 1966 . Deriva dai racconti Stand-by (1963) e Cantata 140 (1964). Il romanzo scritto durante un periodo di crisi dello scrittore è un tentativo di indagine della vita oltre la morte e l'abbattimento delle barriere sociali e razziali. Con la popolazione divisa tra " Cols " e " Caucs ", termini abbreviativi di " Coloreds " e " Caucasici ", Jim Briskin, candidato nero alla presidenza, tenta di appianare gli ostacoli e di risolvere l'irrisolvibile: cento milioni di persone sono state ibernate in attesa di tempi migliori e di un pianeta meno sovraffollato di quello terrestre. Il problema riguarda anche gli inerti ibernati: è giunto ormai un punto di rottura, e l'alternativa si pone tra lo svegliarli e il farli sparire.




Un oscuro scrutare (A Scanner Darkly, 1977). È stato tradotto in italiano anche col titolo Scrutare nel buio.
A Scanner Darkly viene considerato uno dei più bei romanzi sulla tossicodipendenza mai scritti, e senz'altro uno dei capolavori dello scrittore californiano. Dal romanzo è stato tratto un film con animazioni digitali dal titolo A Scanner Darkly - Un oscuro scrutare diretto da Richard Linklater, uscito nel 2006.
A Scanner Darkly , aprì una vasta discussione sul consumo di droga in America. Non il sogno utopistico di San Francisco degli anni '60, ma piuttosto un avvertimento su alcune delle dure lezioni apprese durante quei tempi . E' la storia della distorta spirale discendente che la vita di Bob Arctor, un agente della narcotici, compie dopo che questi accetta di infiltrarsi in un gruppo di tossicodipendenti, allo scopo di indagare più da vicino sulla sostanza M (come Morte), una droga che sta letteralmente piegando in due la popolazione americana. Uno dei principali elementi di A Scanner Darkly è l' "abito scramble ", che permette ad una persona di travestirsi da chiunque. Agenti della Narcotici come Bob Arctor possono piombarti addosso sotto le mentite spoglie di chiunque. I messaggi del libro sono contraddittori: l'uso di droghe potrebbe essere "okay", mentre le spie sono là fuori e chissà quale forma potrebbero assumere per incastrarti. Per trovare una risposta alla domanda se Philip K. Dick era a favore o contro l'uso di droghe , è necessario approfondire la maggior parte dei suoi libri. 




I simulacri (The Simulacra) , pubblicato nel 1964. Il romanzo è ambientato nel XXI secolo, in degli ipotetici "Stati Uniti d'Europa ed America", governati dal partito unico Democratico-Repubblicano, tramite il presidente, Der Alte, e la First Lady Nicole, vero motore del potere, la quale non può essere né eletta, né destituita. Piombati ormai in una società matriarcale, ogni quattro anni le persone credono che si arriva a scegliere un nuovo marito per Nichol e quindi un nuovo presidente ma, attraverso la manipolazione dei mezzi di comunicazione e all'industria della pubblicità, viene eletto in realtà un simulacro, un androide perfettamente somigliante a un essere umano manovrato da Nicole e dal suo gruppon di potere.
Tra complotti di stato, lotte del potere fra corporazioni e conflitti sociali fra élite e massa, I Simulacri fornisce una descrizione molto ben sviluppata e convincente del potere e della politica, e potrebbe ricondurci ad una "teoria del complotto", in senso sia politico sia metafisico. 




Ubik (in Italia intitolato anche Ubik, mio signore), scritto nel 1966 e pubblicato nel 1969. E' risaputo che Philip K. Dick era un tipo anarchico e..paranoico , come dimostra la sua produzione letteraria , ma una delle sue creazioni più trippy, strana, bizzarra e sconcertante è Ubik. Il racconto si svolge in una versione alternativa del 1992 , in cui la parapsicologia è parte della vita quotidiana e le società di sicurezza tentano di controllare coloro che usano le loro abilità telepatiche per scopi illeciti. Il titolo si riferisce ad una sostanza descritta come una panacea universale, L'Ubik, che ritarda i processi degenerativi e che viene somministrata attraverso una bomboletta spray. Sarà un susserguirsi di colpi di scena dove perderete completamente l’orientamento. Joe Chip, lo squattrinato anti-eroe di questo romanzo, nella sua disperata esistenza priva di denaro, diviso tra donne dal passato oscuro, ma pur sempre pronto a dare una mano, se non addirittura a sacrificarsi per il gruppo, ci ricorda il Philip Dick di San Francisco. Quello che per scrivere di fantascienza mangiava cibo per cani; quello che ospitava barboni, giovani e drogati di ogni sorta in quella casa che sembra più una comune che altro.Nelle Organizzazioni di prudenza c’é la mitomania, il senso di persecuzione che Dick aveva per l’FBI ed i servizi segreti. La sensazione di non essere mai in una condizione privata, la certezza di essere spiato costantemente, di essere seguito. Dirà un giorno Dick all’agente William Sullivan dell’FBI di essere vittima di una cospirazione che va dalla CIA all’Unione Sovietica.
Di anfetamina ce n’è in dosi massicce. Inutile dilungarsi, certe situazioni, da sobri, è impossibile anche solo immaginarle. 




Labirinto di morte (A Maze of Death), 1970. Il libro era originariamente intitolato The Name of the Game is Death.
In A Maze of Death , Philip K. Dick cerca di mostrarci che una realtà alternativa può portare alla percezione della libertà , se non la libertà stessa . Quattordici persone, nevrotiche e alienate nel loro rapporto con il lavoro e con il mondo esterno, si ritrovano persi su un pianeta, e in un crescendo arrivano a un delirio collettivo: senza nessuna speranza di fuga, tra impulsi omicidi, mistero, terrore. Il romanzo può essere paragonato a The Matrix o eXistenZ per i riferimenti a realtà alternative . A Maze of Death ci presenta una realtà che è brutale e orribile e le persone riescono a trovare la loro libertà nella fantasia . Perchè la realtà, a volte, è come una prigione..



Vulcano 3 (Vulcan's Hammer), scritto nel 1960.
Nel 2029, la Terra è governata dall'organizzazione Unity dopo una guerra mondiale devastante . Unity controlla gli esseri umani dall' infanzia attraverso Vulcano 3, gigantesco computer onnipotente che detta la linea politica nel migliore interesse di tutti i cittadini. Unity e Vulcano 3 sono combattuti da un movimento di fanatici religiosi, i Guaritori, che predicano il ritorno dei cittadini al governo della cosa pubblica. Vulcano 3 è talmente potente da diventare autocosciente e, di fronte al pericolo di essere distrutto, scatenerà una vera e propria guerra. Definito una delle opere minori, resta un romanzo interessante che tratta l’argomento di un mondo governato dai computer come solo Dick sapeva fare. 



02/08/13

Robottoni vs Godzilloni: Pacific Rim, un cult

"Ci sono cose che non puoi combattere - cause di forza maggiore. Vedi un uragano in arrivo, ti levi di mezzo. Ma quando sei in uno Jaeger puoi finalmente combattere l'uragano. Puoi vincere"

I visionari sono quelli come Bergman, ma anche quelli come Del Toro. L’immaginario comune occidentale è una spugna di robot, dinosauri giganti, effetti speciali e personaggi stereotipati, ben rappresentata nelle due ore abbondanti di questa pellicola.
Pacific Rim esaurisce la trama in pochissimi minuti, con tanto di didascalia in apertura a spiegare chi sono i cattivi e chi i buoni. Kaijū, termine giapponese per indicare i mostri alieni che devastano la Terra. Jaegers, parola tedesca per indicare i macchinari che l’uomo ha inventato per difendersi a suon di cazzotti e scontri fisici diretti. Il regista (che è anche co-sceneggiatore, insieme a Travis Beacham, autore del soggetto iniziale) si diverte come un bambino con un nuovo giocattolo, passando sul corpo della sceneggiatura senza troppi pensieri (solo delle persone tristi possono seriamente criticare film del genere per la mancanza di senso di alcuni particolari). C’è una scena in particolare (ma è bene non svelare nulla con descrizioni particolari) in cui viene da alzarsi in piedi e urlare, applaudendo, “alabarda spaziale”.

La forza del film è nella potenza visiva, che è un affresco di particolari in cui perdersi per giornate intere. Dai nomi dei robot alle loro armi, passando per la conformazione dei vari mostri invasori: niente è originale, ma nulla di simile ha mai raggiunto questo livello di tecnologia ed efficacia. Se Hollywood si avvia davvero verso la decadenza, come teorizzato recentemente da Lucas e Spielberg, Pacific Rim è una delle vette più alte di spettacolo concepibile. Nessun impegno, nessun messaggio profondo. L’umanità si difende sull’orlo dell’apocalisse, con un gruppo di eroici piloti di robot (di ogni colore e nazionalità).

Del Toro mancava dalla regia in prima persona da ormai cinque anni. L’ambizione sembra essersi gonfiata con lo scorrere dei mesi, pari ai milioni di costo. Qualcuno ha storto il naso per la molta pubblicità e il trailer lanciato rende poco onore alla qualità della pellicola. In realtà, lasciando da parte ogni pretesa, accettando di vedere quello che è puro intrattenimento, si esce dalla sala quasi tramortiti. La colonna sonora di Ramin Djawadi (già dietro Il Trono di Spade e Iron Man, tra gli altri titoli) aiuta a cancellare ogni legame con il mondo reale, immergendosi completamente nel colossal adatto tanto ai nerd quanto ai neofiti del genere.
Non spicca la recitazione, ovviamente, ma non è richiesto dal tipo di film in questione. L’unica ovvia eccezione è quella di Ron Perlam (già Hellboy), che ricorda a tutti perché Del Toro ha avuto la possibilità di accedere a risorse così ampie.
Un’ottima consolazione per chi ancora non si è ripreso dalla decisione che tolse a Del Toro la regia de Lo Hobbit.
Non si rischia niente, così come niente è stato rischiato dagli sceneggiatori e dagli attori: è un piccolo gioiello “garantito”, non un capolavoro. Senza sorprese, ma archetipi e luoghi comuni, per uscire sazi, più che stuzzicati.
Con la soddisfazione di aver visto il mondo salvato da robot giganti.

Dmitrij Palagi

17/02/13

Underworld - Jumbo


Le nostre menti infinite reinvadono il brodo rancido di detriti umani biologicamente attivi che è tutto ciò che rirnane dei nostri corpi passati. La nostra fame è infinitamente immensa. E' saziata con ingordigia. Interi sistemi solari vengono inghiottiti dal fulgore rosso sangue delle supernove spontanee, un’ondata di ultraendorfine che inonda il nostro essere di incandescenza sensuale. L'umanità ha un'eternità di squisite torture su cui meditare, e da subire. I suoi limiti sono guidati soltanto dalle nostre infinite immaginazioni, dall’ingegnosità creativa di esseri i cui semplici pensieri sono intrecciati con i positroni e i quark della fisica subatomica; con le reazioni di fusione che alimentano l’ascesa dei sistemi stellari; con le forze intangibili della gravità e le desolate maree cosmiche: noi, gli architetti del Quantaplexu.

NOI SIAMO INFINITI
NOI SIAMO ETERNI
NOI SIAMO L' IPERRAZZA
NOI SIAMO..


D. Convay - Statica Nera






Click, click, click..
I need sugar
I need a little water of sugar
Click click click
Sugar
I want sugar
I will I want sugar...
Click, click, click..

01/02/13

Antonio Caronia, esploratore della fantascienza

Questo blog deve molto ad Antonio Caronia. Tanto. Lo incontrai per la prima volta leggendo la prefazione a Mirror Shades, bellissima antologia della fantascienza Cyberpunk, scritta insieme a Daniele Brolli e curata da Bruce Sterling. Il volume era in edicola, edito dalla Fabbri, nella Biblioteca del Brivido: nei primi anni novanta, del movimento Cyberpunk si sapeva ancora ben poco in Italia, e dopo Mirror Shades Caronia lo ritrovai costantemente nelle mie letture future e nella mia passione per la fantascienza e in particolare nell'approfondimento del rapporto tra tecnologia e società, delle contradizioni generate dalle nuove tecnologie, le"influenze"dei nuovi mezzi tecnologici sull'aggregazione e dissoluzione dei rapporti umani. E poi..cinema, fumetti, musica: avevo appena comprato il mio primo computer, il "nuovissimo" 486 e fu proprio con il collegamento tra il Cyberpunk (corrente colta della fantascienza)e la street culture che Caronia contribuì ad inoltrarmi in un mondo completamente nuovo, per certi versi per me sconvolgente. Un mondo nuovo di scrittori come Gibson, Ballard, Dick, Rucker. Oltre al tema del Cyborg, la sua vera 'ossessione', (l'integrazione delle macchine con l'uomo attraverso innesti chirurgici) , era l'analisi del Cyberpunk come fenomeno sociale, del nuovo underground, rappresentato dal movimento degli hacker, che insieme ai rocker sono stati i simboli e gli eroi di una certa cultura pop, e del rapporto tra i poteri istituzionali e la nuova società informatizzata a fare di A. Caronia un vero esploratore disincantato dell'immaginario. Ma molto meglio di me ne scrive Nando Vitale sul il Manifesto del 31/01.
Ciao Antonio e buona lettura a tutti.

Studioso e traduttore di James Ballard e Philip Dick aveva visto nel cyberpunk una felice attitudine sovversiva

Il cyborg disincantato dell’immaginario
Antonio Caronia è stato uno degli ultimi intellettuali «rinascimentali» nel lungo passaggio da un’era attardatamente moderna all’era digitale. Irregolare, curioso, bulimico, acuto, riusciva a trasformare la sua propensione all’universale in uno specialismo che lo trasformava, di volta in volta, in un punto di riferimento ineludibile per comprendere il tema, l’ossessione, l’autore, il movimento a cui dedicava la sua riflessione, sempre un passo avanti rispetto al sapere accademico e sempre un po’ laterale rispetto agli studiosi «ufficiali». Da lui ottenevi sempre una versione inedita, una chiave di lettura originale, con la quale, anche in disaccordo, eri obbligato a confrontarti. Nato a Genova nel 1944, era laureato in matematica con una tesi su Noam Chomsky. Fu un militante trotskista per buona parte degli anni Settanta. Nel 1978 fonda a Milano il collettivo di «Un’ambigua utopia», che diede vita a una rivista e a numerose iniziative che avevano per oggetto una visione della fantascienza tutta politica, uno strumento utile a decifrare le mutazione contemporanee e a volte ad anticiparle. Con questa premessa iniziò una attività di ricerca e di scrittura che, a partire dal tema del cyborg, lo ha condotto per circa un trentennio ad occuparsi progressivamente di alcuni degli autori e dei movimenti che con maggiore efficacia interpretavano la mutazione tecnologica in atto. Dopo una Guida alla fantascienza pubblicata per Feltrinelli, fu il volume dedicato al Cyborg, recentemente ristampato dalla Shake a impegnare la sua riflessione. Il metodo di Caronia non disgiungeva gli aspetti scientifici dalle ricadute politiche e dalla trasformazione dell’immaginario collettivo. Così l’organismo cibernetico, pur nutrendo le produzioni di cinema, narrativa e fumetti, transitava nei territori più concreti delle forme di produzione di un capitalismo avanzato, dove la produzione materiale e immateriale tendevano sempre più a rendersi non facilmente distinguibili. Il costante rapporto fra reale e immaginario diventa un elemento costante della sua riflessione, fornendo spunti a studiosi più giovani e informando i settori più avanzati del mondo accademico. 

Nei suoi scritti viene evidenziata dunque la trasformazione della produzione di fiction, nei vari segmenti di un sistema dell’informazione diventato macchina planetaria, in elemento direttamente produttivo di quelle «forme di vita» su cui si è esercitata anche la riflessione più esplicitamente politica di alcuni segmenti neo-marxisti. Il tema del cyborg diviene elemento centrale nell’implosione di una visione monolitica e moderna del corpo. Trasformata inmacchina produttiva, sottraendole tempi e relazioni soggettive con i luoghi, il cyborg si ritrova nella disseminazione dei corpi multipli, nelle reti telematiche, nelle derive dell’identità individuale, nelle nuove aggregazioni collettive mediate dai nuovi media. Diventa un transito tra necessità e desiderio, fino a diventare, come propone Donna Haraway, un terreno di conflitto sociale, una delle nuove figure in cui si incarna la prospettiva della biopolitica. Fu con l’esplosione della culturacyberpunk, di cui Antonio Caronia fu uno dei principali studiosi in Italia, che la dimensione politica dell’informazione e delle reti telematiche assunse connotazioni politiche sempre più evidenti. In questa fase gli autori dominanti nella riflessione di Caronia divenneroscrittori come James G. Ballard,di cui fu straordinario traduttore e Philip K. Dick, autore a cui si è dedicato fino alla fine e nel quale intravedeva possibili nuovi chiavi di lettura in relazione a filosofi come Michel Foucault, Gilles Deleuze, non trascurando possibili relazioni con la riflessione di Ludwig Wittgenstein. Analisi meticolose furono dedicate ad autori cyberpunk come William Gibson e al suo libro più noto Neuromante, riconoscendo che con esso nasceva il movimento più innovativo e rivoluzionario che la fantascienza avesse conosciuto negli ultimi decenni. Tuttavia con il movimento cyberpunk ebbe talvolta un rapporto controverso, non condividendo totalmente l’euforia con il quale venne accolto.Per Caronia ciò che restava centrale, al di là dell’aspetto di costume o di moda, era comunque la figura del cyborg, l’organismo cibernetico risultante dall’ibridazione fra uomo e macchina, fra carne e circuiti. Da qui nasce l’importanza di comprenderne la genealogia, gli antecedenti. In primo luogo l’amato Ballard: basti pensare all’accoppiamento invasivo e violento di uomo e macchina in Crash, alla violenza con la quale l’immaginario si struttura attorno all’accoppiata di tecnologia e morte in The Atrocity Exhibition. Ma sullo sfondo stanno due altre grandi figure di maestri, Philip K. Dick, William S. Burroughs e Thomas Pynchon, i simboli di quella integrazione di alta tecnologia e vita quotidiana che non poteva restare semplicemente una questione alla moda ma investiva potentemente ricerca politica e resistenza ai nuovi incombenti domini.


23/01/13

Marginali: In principio era il chiodo

 photo Movie-TheWildOne-BrandowTriumph_zpsc72fdd50.jpgNessun capo di abbigliamento può forse vantare la fortuna e la gamma di connotazioni attribuite al giubbotto in pelle nera, ovvero il classico chiodo, termine gergale che designa la famiglia lanciata dal Perfecto della Schott. E' il giubbotto indossato da Marlon Brando ne ll selvaggio (The Wild One, 1953) di Laszlo Benedek, un film che propose una serie di suggestioni destinate a fissarsi indelebilmente nella cultura contemporanea. C'e innanzitutto da chiedersi quanto questo film abbia pescato dalla realtà: la visione di Benedek, indubbiamente conservatrice, propone un’equazione giovani=violenza tristemente attuale anche ai giorni nostri, ma non applicabile in maniera cosi rnanichea alle bande di motociclisti che dagli anni Cinquanta scorrazzano per gli Stati Uniti (bikers). Inoltre, l'abbigliamento di Brando ha probabilmente cristallizzato e reso fruibile uno stereotipo destinato a influenzare massicciamente i biker stessi: il Perfecto e i jeans a tubo con i risvolti e gli stivali (in pelle anch’essi) rappresentano oggi una vera e propria divisa griffata e resa disponibile dalla marca motociclistica che meglio ha saputo appropriarsi dell’estetica cara a questa sottocultura: la statunitense Harley Davidson. Anche se Brando, in realtà, era in sella a una inglesissima Bsa.

Quel giubbotto diventera allora la bandiera di più di un movimento giovanile, legandosi spesso, nelle sue evoluzioni, a un mezzo di locomozione che è anche oggetto di desiderio: la motocicletta. Innanzitutto, lo indossano i "cattivi" in Gioventù Bruciata (Rebel without a Cause, 1955) di Nicholas Ray, mentre il buon James Dean ne ostenta uno bellissimo in nappa rossa. Ci penserà Elvis Presley a decorarlo (in versione bianca,però) con frange e fibbie diperò stampo western, allontanando via via il Rock 'n’ Roll dalle sue origini contadine. Tanto che poi anche il primo Rock metropolitano, quello dei Velvet Underground di Lou Reed ospitati dalla Factory di Andy Warhol, non disdegnerà la versione originale nera. Saranno i punk alla fine degli anni settanta a rivalutarne la rudezza e l'aggressività, aggiornandolo con spille e badge in materiale plasstico, intonandolo talvolta con pantaloni dello stesso materiale. È una tenuta cara a gran parte dello stile heavy metal, con borchiette per accessorio, che in alcune varianti venate di ambiguita sessuale lambisce il feticismo leather, sul quale torneremo in seguito. Infine gli Skiantos ne canteranno le gesta in un celebre pezzo intitolato, appunto, Il chiodo (dall'album Saluti da Cortina, 1993). Ma in questi decenni il Perfecto è stato più volte ripreso e reinterpretato anche dagli stilisti piu celebri: da Jean-Paul Gaultier a Katharine Hamnett , a Versace , i quali hanno fatto i conti anche con un parente piu maturo dello stesso, ovvero il giubbotto da aviatore (un modello sempre in pelle che riprende lo stile degli anni Quaranta e che continuamente  torna in voga dall’inizio degli Ottanta). Più largo, e da portare sblusato, in quanto fermato in vita da una maglia elastica, si caratterizza in genere per interni e colletti in morbida pelliccia.

L’importante è cavalcare
Il giubbotto di pelle nera con badge infilate si era gia visto nella Gran Bretagna della fine degli anni Cinquanta, quando bande di giovani si radunavano nei bar di camionisti dove si servivano bevande alcoliche (i membri di quelle gang erano spesso minorenni e non era loro concesso di entrare nei pub). Il più famoso aveva un nome rirnasto nell’immaginario collettivo: Ace Caffè. I piazzali e le strade prospicienti a questi bar erano teatro di gare fra moto di serie, scarnificate ed elaborate, guidate dai cosiddetti 'ton-up boys', detti anche leatherboys, o ancora "coffee-bar cowboys". Con loro era nata la cafe racer (termine che individua una tipologia di moto da strada elaborata fino ad assumere un’aria corsara e aggressiva), un tipo di moto di gran moda per diversi anni, che è stato il progenitore delle cosiddette streetfighter (guerriere da strada): le Ducati Monster, le rinate Laverda e Triumph oppure le Buell. E con loro, ecco riapparire i giubbotti sportivi anni Sessanta, aderenti e senza collo, con i marchi dei primi sponsor a fare timidamente capolino. Oggi queste giubbe (altro non sono che la parte superiore delle tute) vengono prodotte regolarmente non solo e non tanto dalle marche specializzate, quanto dalle ditte attive nello sportswear e nello streetwear, cioé nell’abbigliamento di tutti i giorni. Sono uno dei sintomi più evidenti del ritorno a immaginari passati, in particolare quello Sixties. La tuta da moto é, d’altronde, il capo di abbigliamento in pelle più esasperato: attualmente simile a un vero e proprio esoscheletro per proteggere i piloti dalle cadute, viene riproposto dalle ditte specializzate nelle repliche che mimano fogge e colori di quelli indossati dai grandi campioni delle due ruote. D’altronde, le stesse marche si spingono in settori di produzione più accetabili e consueti, per venire incontro alle esigenze di un pubblico più tranquillo e modaiolo. Al fascino della moto non si rinuncia. Non ci rinuncia l'elegante impiegato o dirigente, che però indossa un comodo giaccone e, magari il mezzo di locomozione non è un’aggressiva streetfighter, ma un più comodo e maneggevole scooter.

Robe da Fantascienza

Il giubbotto e la pelle in generale si ritaglia un suo ruolo all’interno di un contesto che, a rigor di logica, dovrebbe esautorarla a favore di nuovi e l'uccicanti materiaili: la Fantascienza, e in particolare quella cinematografica, che ha bisogno di oggetti e materiali reali per illudere lo spettatore. Sono due le modalita attraverso cui la pelle si mantiene presente negli immaginari del futuro: da un lato le icone, ovvero gli elementi canonici nella quotidiana fenomenologia degli stili, dall'altro le forme, cioe l'utilizzo della caratteristica duttilita per la creazione di soluzioni plastiche particolannente potenti . Nella prirna famiglia rientra tutta la Fantascienza metropolitana, quella che accelera un poco il nostro presente proponendo visioni effettivamente plausibili dell'immediato futuro. Capolavoro assoluto del genere in questione è indubbiamente Blade Runner, (Ridley Scott, 1982), esemplare se non altro per la definizione "lavori in pelle" che il protagonista Deckard (Harrison Ford) affibbia ai replicanti, suoi antagonisti nella pellicola. Questi ultimi, guarda un pò, ostentano i classici segni del machismo leather come il cappotto in stile nazi di Roy Batty (Rutger Hauer) o il collarino con borchie di Pris (Daryl Hannah). Per inciso, il fumetto che prima di tutti ha proposto questa logica di accellerazione del presente, ovvero Rank Xerox (poi Ranxerox) inventato da Stefano Tamburini nel 1978, a sua volta non risparmia toni di siffatto genere, specie dopo l'arrivo ai disegni dello spetacolare Tanino Liberatore: ed è un fiorire di cappelli, pantaloni, lacci e giacche in pelle nera.in Con un giubbotto da aviatore si presenta poi Kurt Russell\Snake Plissken (in Italia Iena Plissken) in 1997, Fuga da New York, di John Carpenter, del 1981, presto abbandonato per dare aria ai bicipiti, ma recuperato con più insistenza nell'ironico sequel Fuga da L.A. (sempre di Carpenter del 1996). Arnold Schwarzenegger,Terminator infuriatissimo, non trova abito migliore di un bel chiodo nero nell'omonimo film di James Cameron del 1984. E, per quanto non sia propriamente Fantascienza, va segnalata l’impeccabile tenuta gothic di Brandon Lee ne ll corvo (The Crow, Alex Proyas, 1994): cappotto e pantaloni in pelle nera, faccia bianca e truccata, esattarnente come nel fumetto originale creato da James O’Barr e apparso nel 1988. Il secondo caso e invece praticato da quei registi visionari che usano la Fantascienza per materializzare sogni e fantasie del subconscio, rimescolando le carte dello stile (e del tempo). Due casi esemplari: Barbarella, di Roger Vadim(1968) con Jane Fonda (tratto dall'omonimo fumetto di Jean-Claude Forest) e Dune, di David Lynch (1984), tratto dall'omonima saga di Frank Herbert. Qui la pelle è impegnata in acrobazie formali per adattarsi aè tute biomorfe, armature aggressive, particolari retro. Essa rappresenta un elemento assai forte e significativo della rnescolanza di stili e immaginari proposti da questi due registi, per i quali il futuro é una sorta di passato scornpaginato, guidato da una logica pressoché surrealista. La presenza di quel materiale rappresenta un fattore non secondario per la storia di questo genere: in tutti i casi citati la pelle non é intonsa ma spesso rovinata, usata, vissuta, sottolineatura evidente di un fattore tempo che ha obbligato la Fantascienza classica (quella tutta astronavi scintillanti) a una sorta di testacoda.


Il valore del tempo
 photo JoeStrummer3_zps0cd13072.jpgTuttavia, gli oggetti in pelle (e in particolare il chiodo) invecchiando non perdono dignità, anzi la acquistano, capaci come sono di assorbire la patina del tempo in quanto materiale naturale e quindi soggetto a modificazioni nel corso della sua vita. Il materiale plastico, una volta rigato è definitivamente rovinato e deve essere sostituito. Un oggetto in pelle no, e non è il suo valore economico a determinarne la conservazione, ma il suo plus affettivo e simbolico. La pelle invecchia perché e naturale: si modifica, carnbia leggermente il suo colore, sopporta le ingiurie e le intemperie mostrandole sotto forrna di graffi o sfregi. Esattarnente come la nostra epidermide. Ciò fa si che gli oggetti prodotti con questo rnateriale siano compagni di viaggio aafidabili, colloquiali e duraturi: ci ricordano, una volta invecchiati, delle avventure vissute e del tempo trascorso insieme..

Marginali, Iconografie delle culture alternative