25/03/16

John Peel: 4 canzoni per sessions leggendarie

Dall'archivio INTERZONE, del 17/06/014


John Robert Peel Ravenscroft (Heswall, 30 agosto 1939 – Cuzco, 25 ottobre 2004),  giornalista e conduttore radiofonico britannico.
È stato una delle voci storiche della radio inglese: ha lavorato per la BBC dal 1967 fino alla sua morte, avvenuta per infarto del miocardio mentre si trovava in vacanza lavorativa in Perù. La sua influenza nella musica contemporanea (specie alternative rock, punk e reggae) è testimoniata dagli onori dedicatigli dopo la sua morte da artisti di livello mondiale (Blur, Oasis, The Cure, New Order) e dalla fama raggiunta dal suo programma principale, le "John Peel Sessions", in cui ospitava una band per un'esibizione esclusiva di quattro canzoni del loro repertorio. Molti di questi mini-concerti vennero poi pubblicati su disco.
(Wiki)

Conversazione con S. Reynolds

Capita che la gente parli dei gruppi di John Peel come scorciatoia per indicare un certo tipo di bizzarra formazione post-punk do-it-yourself volutamente eccentrica. Tu sei stato il grande campione della musica su etichetta indipendente o autopubblicata di qualunque sorta. Ma ben prima del punk gestivi la tua etichetta indie, Dandelion, facendo uscire gruppi come Tracton, Siackawaddy e Medicine Head.
Eravamo meno indipendenti di alcune delle etichette indipendenti. Inizialmente eravamo stati finanziati dalla CBS. Poi dalla Warner Bros, e in seguito dalla Polydor. E non facemmo guadagnare praticamente nulla a nessuna! Un gesto rivoluzionario involontario. Iniziammo nel 1969 con una donna di nome Bridget St John. Avevamo una grande passione per la sua musica e nessuno era interessato a registrarla. Le etichette major spesso vengono bastonate ma a quell’epoca facevano della sperimentazione. Avevano queste sigle a fondo perduto per i prodotti di nicchia su cui di tanto in tanto appariva qualche disco interessante.

Quindi fosti molto eccitato quando dopo il punk ci fu un eruzione di piccole etichette indie e gruppi che facevano uscire in proprio i dischi?
Immagino di si. E credo che mi capiti ancora. Sono un ammiratore spassionato dell’amatorialità allegra. Inoltre più che LP erano singoli. Negli anni settanta i gruppi avevano smesso di pubblicare singoli - gente come i Led Zeppelin pensava che fosse indegno. Quindi fu davvero meraviglioso. Ti ritrovavi dei tizi riottosi, che venivano da posti nel Lincolnshire che dovevi andare a cercare sulla cartina, che ti mandavano dischi. Sembra peggiorativo essere descritti come <<provinciali>>, ma io sono provinciale e decisamente fiero di esserlo. Mi piaceva l’idea per cui se convincevi il bassista a vendere la motocicletta e scassinavi un paio di cabine del telefono potevi mettere insieme abbastanza soldi da fare un disco. La gente lo faceva, e un numero incredibile di loro erano davvero bravi. Un’altra cosa che apprezzavo è che la maggior pane delle persone erano quasi completamente prive di ambizione. 'Una Volta che avevano fatto un disco, erano arrivati dove volevano andare. Una Volta chiamammo un gruppo che aveva fatto una Peel session e gli dicemmo <<Che ne dite di farne un’altra?>>. Ci risposero che tutto quel che avevano desiderato era una esibizione da noi - bastava una.

Era come se un’ondata di creatività si fosse liberata, e oltre a essa, un ondata ancora più grande di semplice attività - non necessariamente cosi creativa o originale musicalmente, ma che faceva sentire capaci le persone coinvolte.
Allora, come oggi, riuscivi a suonare solo una percentuale di quello che avresti voluto far sentire, mentre nei primi anni settanta come dj suonavi praticamente tutto quello che avevi. Il punk fece aprire le chiuse; già il puro volume di materiale aumentò in maniera drammatica, e da allora non ha ancora smesso.

Nel periodo 1979-82 ci sono molte formazioni e molti dischi del tuo programma che risaltano particolarmente nella memoria. Come i Cravats.
I Cravats semplicernente mi piacevano perché - e questo genere di cose in realtà non dovrebbe influenzarti, ma lo fa - mi piaceva questo tipo, chiamato The Shend, che era nel gruppo. Oggi fa l’attore, ed era un tipo cosi carino. Anzi, il suo biglietto da visita diceva <<The Shend - un tipo a posto>>. Dopo i Cravats entrò in questo gruppo, i Very Things, che facevano quel vecchio classico del varietà When Father Papered the Parlour e una canzone intitolata The Bushes Scream When My Daddy Prunes.

Un altro singolo che passava davvero spesso nel tuo programme era There Goes Concord Again dei Native Hipsters.
Era uno di quei dischi che mettevi su e pensavi <<Tra una settimana questo darà un fastidio tremendo. .. ma fino a quel momento, suoniamolo fino alla morte>>. E’ un disco molto richiesto nei programmi che faccio in Germania.

Poi c’era l’m in Love With Margaret Thatcher dei Notsensibles.
Quello che sfugge a un sacco di gente che scrive del punk e del post-punk e che buona parte del materiale era davvero divertente. Uso sempre quella canzone dei Notsensibles come esempio del perché non potevi prendere tutto drammaticamente sul serio. La storia viene riscritta praticamente quando è appena accaduta, e il punk è diventato un affare davvero serio e con la faccia scura. Noi andavamo ai concerti e ridevamo come matti dall’inizio alla fine. Potevi farti una serata genuinamente divertente andando al Roxy e al Vortex. E non solo con i tipi che cercavano deliberatamente di essere divertenti, ma anche se andavi a qualcosa come un concerto delle Slits. Mi verrebbe da dire che le due session che le Slits fecero per noi furono tra le migliori delle migliaia che sono state registrate. Un concerto delle Slits era un evento gioioso. Era palese che non sapessero suonare, ma si lasciavano trascinare dall’entusiasmo del pubblico e dalla loro fredda determinazione ad arrivare alla fine dell’esibizione, costi quel che costi. Era quel genere di amatorialità ispirata che trovavo attraente.

Attenzione, c’era in giro del materiale davvero dannatamente tetro in quel periodo e nel tuo programma: per esernpio Final Day degli Young Marble Giants.
Si, non tutto era da una risata al minuto. ln effetti era gradevolmente bilanciato.

Pssyche dei Killing Joke la passasti molto. Come canzone è davvero apocalittica: Jaz Coleman, che ha quasi letteralmente la bava alla bocca, canta del sinistro Controllore e di suore che vengono scopate. Poi sono diventati una sorta di gruppo gothic metal, non trovi?
Le persone hanno il diritto di cambiare, e se il mio gusto non li segue. . be’, sarebbe vergognoso se suggerissi che le persone restino povere e in miseria solo per soddisfare un qualche mio desiderio artistico. Ma le prime cose dei Killing Joke mi piacevano davvero.




19/03/16

Documentari sull'Occulto, affascinanti, da vedere subito

Dopo il successo di 'La Strega" di Robert Eggers al box office , (dopo essere stato presentato al Sundance del 2015 e aver vinto il premio per la miglior regia), sembrano maturi i tempi per un ritorno di fiamma dell'occultismo nelle sale cinematografiche. Il film è  diventato "il maggior successo di tutti i tempi con una capra nel ruolo da protagonista" Scherzi a parte, la popolarità de La Strega ha generato un nuovo interesse storico per la stregoneria, il satanismo e l'occulto. Elenchiamo una serie di affascinanti documentari che esplorano questi temi, e che si possono vedere subito sulla rete.



Häxan: Witchcraft Through the Ages (1922)  (La stregoneria attraverso i secoli).
Realizzato nel 1922 dal regista danese Benjamin Christensen (1879 – 1959), Häxan (La stregoneria attraverso i secoli) è un film che tenta di rappresentare gli episodi che, nel corso di tre secoli di processi alle streghe, vennero descritti dalle accusate e dagli accusati nei tribunali popolari.
Storie di stregoneria, di filtri magici, di sabba nel cuore della notte, d’unguenti di origine occulta, d’apparizioni demoniache e bestialità: la pellicola, divisa in 4 parti ed in linea con il pensiero positivista d’inizio secolo, si proponeva di dimostrare l’assoluta infondatezza di queste “superstizioni” attraverso la satira e l’estremizzazione comica delle scene. Tuttavia, al di là dell’aspetto carnevalesco e della critica, Häxan è senza dubbio un film ben realizzato e ci permette d’approfondire una tematica storicamente importante.
Maleficium et delictum
Ambiente oscuro, scene che si muovono con una certa lentezza, visioni di resti umani, intrugli composti da rane e serpenti, strani fumi che escono da pentole messe sul fuoco.
Ha inizio la vera notte: la notte dei demoni. Possiamo scorgere lo stesso Christensen nel ruolo del diavolo, con tanto di lingua penzolante.
Witchcraft fu finanziato da una società di produzione svedese, inizialmente inteso come una storia pittorica di magia nera, di streghe, dell'Inquisizione, e della disumanità delle superstizioni nel Medioevo.
Con sottotitoli in inglese, il meglio che abbiamo trovato.
Mentre in italiano alcuni stralci del film qui: https://www.youtube.com/watch?v=ZUiA2TEzC_o






The Power of the Witch (1971) (Il potere della strega)
Secco, e affascinante commento britannico sulle streghe nel Regno Unito durante gli anni '60 e '70.
Un documentario estremamente raro sulla stregoneria che imperversava nel Regno Unito, caratterizzato dai contributi di Eleanor Bone, Cecil Williamson, Alex e Maxine Sanders, Doreen Valiente e molti altri. Gran parte del documentario e con alcuni  rari filmati, comprende anche riferimento all'omicidio notoriamente irrisolto di Charles Walton, inchiodato a terra con un forcone a Meon Hill, una zona avvolta nella tradizione soprannaturale.
Molti credono che Walton fu ucciso come parte di un sacrificio di sangue nel corso di un rito pagano ed che fosse egli stesso una strega. Fu ucciso il giorno della Candelora o Imbolc, che in Inghilterra "è un Sabbat di purificazione."
in inglese






Legend of the Witches (1970) (La leggenda delle streghe)
Orrel Alexander Carter nacque il 6 giugno 1926a St. Birkenhead, Liverpool, primo di sei fratelli. Suo padre era un ballerino con problemi di alcolismo. Poco dopo la sua nascita, la famiglia si trasferì a Grape St, Manchester e ufficiosamente cambiò il cognome in Sanders. Alex Sanders fu un religioso britannico,fondatore della tradizione alexandriana della Wicca. Venne proclamato dai suoi seguaci "Re delle Streghe"


L'Iniziazione di Alex nel mondo della Stregoneria, tuttavia per convenzione si ritiene che quella più accreditata sia la versione riportata nella sua biografica, King of the Witches di June Johns:
"Alex da bambino era affetto dalla tubercolosi e perciò visitava regolarmente la nonna, Mary Bibby, in Galles per l'aria fresca. Secondo Sanders questo è stato l'inizio della sua istruzione magica: "Una sera del 1933, quando avevo sette anni, fui invitato per il tè a casa di mia nonna. Per qualche ragione, quando arrivai, non bussai alla porta così dinnanzi a me vidi mia nonna, nuda, coi suoi lunghi capelli grigi sciolti e legati attorno alla vita, in piedi, in un cerchio disegnato sul pavimento della cucina".
Ricomposta, la nonna, intimò ad Alex di entrare nel cerchio, di togliersi i vestiti, e di mettere la testa fra le sue cosce. Fatto ciò, prese un coltello a forma di falce e recidendo il suo scroto disse: "Adesso sei uno di noi". Fu allora che Alex divenne una Strega.

Le origini storiche della stregoneria  e la leggenda della creazione delle streghe; riti di iniziazione di moderne streghe; riti pagani presi in prestito dal cristianesimo; la vendetta, un sentimento da raggiungere mediante l'omicidio; messe nere; il Museo della Magia di Cecil Williamson in Cornovaglia; indagini sull'efficacia della stregoneria; la percezione extrasensoriale; la predizione del futuro. Tutto questo è Legend of the Witches, unico filmato esistente del famigerato "Re dei Wicca," Alex Sanders, questo documentario ci guida attraverso la sua congrega. Sanders era stato eletto da un gruppo di 1.623 Wiccan come "Re delle Streghe" (con la moglie Maxine, "Witch Queen") e trasformato in un supporto di celebrità. Apparizioni televisive, colloqui a tarda notte alla radio, una biografia che esprime simpatia, e dischi con incisi i suoi rituali. La LEGGENDA DELLE STREGHE, si basa sulle sue imprese. Miracolose guarigioni da brutte malattie,ottenute da Sanders solamente standosene seduto con una donna affetta da cancro con lei in ospedale per tre giorni e tre notti, tenendole i piedi e versando in lei.."energia della guarigione ". Sanders e Maxine si separarono nel 1973 e lui andò alla deriva.  Morì nel 1988 a Bexhill in East Sussex.
in inglese
 



Witchcraft '70 (1970)  (Angeli bianchi, Angeli neri)
Witchcraft '70 ha molte altre denominazioni, (nel Regno Unito è conosciuto ad esempio come The Satanist) e si pone come primo esempio di un sottogenere - l' incrocio tra un film commerciale con uno pseudo-documentario che si occupa di temi tabù e strane culture. Nel film di Luigi Scattini ...assistiamo a riti voodoo, orge di streghe, e altri strani riti pagani, oltre all'inserimento di filmati della Chiesa di Satana, fondata da Anton LaVey, nell'ex Area Bay di S. Francisco "Black House". Con la colonna sonora di Piero Umiliani, abbiamo trovato questa versione del film  in lingua italiana, anche se su Internet girano diverse versioni in Inglese. Questo il racconto della nascita del progetto nelle parole del regista, Luigi Scattini :

“E’ accaduto un delitto. Durante la notte un allucinante episodio ha sconvolto la sacralità di questo luogo. Sembra assurdo, ma le vittime non sono persone fisiche. Sono i morti! Quest’uomo è un testimone. Ha visto esseri umani avventarsi a scoperchiare le tombe… Aperte le bare hanno affondato le mani nei resti orrendi dei cadaveri…”
<<Un episodio assurdo, allucinante, che mi ha spinto a indagare nello sterminato universo della magia bianca e nera di cui questo film proponeva alcuni esempi limite, capaci di illuminare lo sconvolgente confine tra la realtà e la stregoneria.
In tutto il mondo ci sono uomini e donne che praticano le arti magiche o diaboliche. Tra Dio e Satana ci sono gli Angeli Bianchi e gli Angeli Neri. Sono persone normali, come noi. Forse sono tra i nostri conoscenti. Invocano Dio o Satana alla ricerca di una magia forte, miracolista, che la macchina da presa ha fissato con immagini senza precedenti…”
Appena letta questa notizia su un giornale, mi recai immediatamente sul posto, il cimitero di Hightgate a Londra. Un impatto non indifferente, ma con la decisione di raccoglierne del materiale per realizzare un film alle soglie del paranormale.
Tornai in Italia. Ero reduce dal successo strepitoso di Svezia, Inferno e Paradiso e in quel periodo mi arrivavano diverse offerte da produttori europei che volevano fare film simili a Svezia: Germania, Inferno e Paradiso Francia, Inferno e ParadisoInghilterra, Inferno e Paradiso, e così via.
Io volevo portare avanti il discorso documentaristico, perché ero nato come documentarista e quello volevo fare nella vita. Decisi quindi di continuare a girare questo tipo di film ma in un campo completamente nuovo e allora completamente inedito; quello della magia, della parapsicologia ma soprattutto la magia portata nei paesi civilizzati, moderni, come Stati Uniti, Inghilterra, Paesi Scandinavi. Era la prima volta che si affrontava in Italia un argomento simile e questa era la notizia che cercavo, che stavo aspettando>>.
in italiano






Aleister Crowley: The Wickedest Man in the World (2002) (L'uomo più malvagio del mondo ) 
L'attore Brian Cox racconta questo documentario.. "Masters of Darkness"  su Aleister Crowley, soprannominato "la Bestia, fondatore della religione / filosofia conosciuta come Thelema e di cui abbiamo ampiamente parlato su Interzone. Descritto come un "mago nero, demone della droga, sesso-dipendente, amico e ispiratore di molte rockstar e traditore il popolo britannico ", la serie in quattro parti della BBC presenta interviste con figure come Gavin Baddeley, un reverendo ordinato nella Chiesa di Satana.
in italiano





Secrets of the Occult (2007)(I segreti della Occulto)
I segreti della Occulto esplora il mondo dell'occulto, dai maghi antichi e moderni che lo praticano fino a scienziati all'avanguardia che tentano di spiegare le sue misteriose convinzioni e affermazioni . Questo documentario mette in evidenza i progressi che sono stati raggiunti da innovatori, che hanno comunque sfidato realtà ormai stabilite e assodate, partendo da Newton, Galileo, Carl Jung e persino Einstein. Le rivendicazioni dei maghi occultisti sono poste e sezionate al microscopio, per rivelare l'affascinante interfaccia tra antiche credenze egizie e greche, con le moderne scoperte della mente e il mondo fisico "
in inglese





Rasputin: The Devil in the Flesh (2002) (Rasputin: Il diavolo in corpo)
Recentemente è stato annunciato che il regista de "La Strega" (vedi sopra..) Robert Eggers sta scrivendo e dirigerà una miniserie di sei-otto episodi sul monaco mistico russo Grigori Rasputin. Sembra una tempistica perfetta per vedere questo ritratto oscuro del cammino spirituale di Rasputin, con una ricostruzione inquietante, alla American Horror Story. Perchè tutto quello che sapevo di Rasputin era questo, "The Mad Monk" aveva una barba e - secondo il mitico gruppo dance dei Boney M, fonte affidabilissima - fu .."la più grande macchina dell'amore della Russia". The Devil in the Flesh ci narra su come un contadino siberiano fu in grado di infiltrarsi nella gerarchia della società russa, al punto di avere il paese completamente nelle sue mani.

Interviste a docenti, professori, storici dell'occulto, la superstizione, la regalità dell'ambiente, la classe politica, il misticismo e il clima sociale di fine secolo a St Pietroburgo - con l'aggiunta di una musica inquietante - e questa storia singolare viene narrata al meglio, mantenendo per tutto il tempo l'attenzione con il suo tono veramente inquietante.
in inglese



The Occult Experience(1985)(L'esperienza dell'Occulto)
La vita e l'opera del artista australiana e occultista Rosaleen Norton sono narrate in questo grande documentario (anche se troppo breve) del 1985, con un eccezionale colloquio con Michael Aquino del Tempio del Set , intervista a  Anton LaVey, la visione di H.R. Giger, artista che aveva disegnato l'Alien dell'omnimo film in azione, e tanto altro ancora. Le interviste vengono condotte da un altro celebre occultista, Nevill Drury. Il film ha vinto un premio al Festival Internazionale di Cinema e Televisione di New York nel 1985.
in inglese



Satanism and Witchcraft(1986) Satanismo e stregoneria (1986)
Questa produzione estrema degli anni '80 presenta interviste con alcune figure di spicco come Paul Douglas Valentine, il fondatore della Chiesa della Liberazione di Satana , e demonologi come Ed e Lorraine Warren, le cui imprese sull'occulto sono state utilizzate in film  come Il prestigio e Annabelle. La musica isterica d'organo  della sequenza dei titoli di apertura ci introduce in quest'opera di Damon Santostefano, con la partecipazione di Roger Coyle, Richard Donner, Anton LaVey,  Ed Warren, Lorraine Warren.
in inglese





16/03/16

Ambiente, paesaggi, attualità: il SONY WORLD PHOTOGRAPHY AWARD 2016.

Ahmed-Ginawi, Sudan
Quarta edizione, quest'anno, per il SONY WORLD PHOTOGRAPHY AWARD 2016. Il concorso ha visto la partecipazione di opere provenienti da 61 paesi, dall'Australia all'Argentina, dalla Russia al Vietnam, ed è unico nel suo campo di applicazione. Per questa edizione, è toccato a un gruppo di esperti  di scoprire e premiare le migliori immagini, un singolo scatto di un fotografo estratto per ogni paese partecipante: dieci le categorie aperte del Sony World Photography Awards 2016.

I vincitori del premio nazionale riceveranno tutte le ultime apparecchiature di imaging digitale Sony per aiutarli a continuare il loro lavoro nel campo della fotografia. Inoltre, più della metà dei vincitori sarà presente a Londra per partecipare alla cerimonia di gala , che si  terrà il 21  aprile, mentre tutti i lavori premiati saranno esposti sempre a Londra dal 22 Aprile all'8 Maggio, nella mostra allestita ancora una volta presso il prestigioso Somerset House. Sarà come sempre pubblicato il catalogo annuale del concorso.
2016 Sony World Photography Awards Exhibition
Pubblichiamo 15 scatti primi classificati, sui 60 totali partecipanti. Ci sono sembrati quelli più belli, non solo tecnicamente, ma anche per le tematiche di profonda attualità scelte, e quelle riguardanti temi ambientali e paesaggistici.  Per le statistiche, erano pervenute un numero record di 230,103 immagini provenienti da 186 paesi, iscritte alle Professional, Open e Youth Competition.

(cliccare sulle immagini per ingrandirle)

Andrej Tarfila, Slovenia


Per l'Italia ha vinto Christian Massari, con lo scatto dal titolo "Magellanic penguins at risk Climate Change". La foto viene così descritta dall'autore:
I piccoli di pinguino in Argentina stanno morendo, come conseguenza diretta dei cambiamenti climatici. La foto mostra la colonia di Pinguini di Magellano nella penisola di Punta Tombo, nella provincia di Chubut, Argentina. La colonia, la più numerosa del Sud America, si ferma sulla penisola fino ad aprile, per covare le uova, allevare i piccoli e prepararsi alla migrazione verso il sud del Brasile. A causa degli effetti delle forti precipitazioni e delle temperature estreme, che alterano il comportamento dei pesci e che praticamente trasformano i nidi dei pinguini in piscine d'acqua, si è registrato un significativo aumento nella mortalità dei pulcini negli ultimi decenni.


Christian Massari, Italia

Eduardo Minte Hess, Cile
Ho Wing Ka Jimmi, Hong Kong

Kathryn Mussallem, Canada

Kei Nomiyama, Giappone

Khairel Anuar Che Ani, Malesia

Krasimir Matarov, Bulgaria
Longxiang Xie, Cina

Mark Fulinara, Stati Uniti

Tanveer Rohan, Bangladesh

Tasos Anestis

Víctor Vargas, Ecuador




15/03/16

Bowie prima di Ziggy. A Bologna

Bowie before Ziggy.
Fotografie di Michael Putland
Mostra omaggio a David Bowie che, attraverso le immagini e le memorie del fotografo britannico, racconta un giorno nella vita di Bowie, poco prima che questi prendesse gli abiti e le sembianze di Ziggy Stardust. Le foto sono state infatti scattate nell’allora residenza di Bowie, Haddon Hall, il 24 aprile del 1972. Le registrazioni di Ziggy Stardust and the Spiders from Mars erano terminate da qualche settimana e, il disco, sarebbe stato pubblicato poco dopo. Il 28 aprile esce infatti il primo singolo dell’album "Starman”. Quel 24 aprile, Bowie, nella calma che precede la tempesta che lo avrebbe reso un fenomeno planetario, dipinge il soffitto di casa sua indossando un abito disegnato insieme all’amico stilista Freddy Buretti. Lo stesso abito che usava sul palco, in quel periodo, e che sarebbe stato immortalato nella coverdi Ziggy Stardust and the Spiders from Mars. È un Bowie molto rilassato, quello che accoglie Putland, avviato all’apice della sua popolarità e già molto sicuro della sua immagine. Un immagine e un immaginario che sta costruendo da anni, utilizzando non solo la musica ma anche trucco e abiti. ONO arte, insieme a Michael Putland col quale ha avviato una collaborazione ormai da anni, ha deciso di dedicare una mostra a David Bowie ampliata da qualche scatto pre e post Ziggy Stardust e da altri provenienti dallo Station to Station Tour, dopo averne dedicate altre due nel passato all’artista recentemente scomparso. La prima risale al 2012 ed era legata alla cosiddetta trilogia Berlinese, quando Bowie era forse nel suo periodo di minor popolarità. Il primo infarto che lo aveva colpito nel 2004 aveva azzerato le sue performance live e le uscite discografiche.Con lamostra volevamo testimoniare l’influenza che Bowie ha avuto non solo nel mondo della musica ma anche nel costume, nella società e nella cultura in genere,e non solo nel mondo occidentale. Bowie a Berlino inventa e reinventa se stesso e soprattutto codifica, a modo suo, il significato di “Europa e di europeo” estrapolandone un concetto che è presente nei dischi della Trilogia. L’intuizione dell’importanza estetica Bowie nel panorama culturale europeo trova riscontro quando pochi mesi dopo l’apertura della nostra mostra di Bologna inaugura al Victoria & Albert Museum di Londra la mostra David Bowie Is che apre di fatto la porta principale dei musei alla cultura popolare.

Siamo nel 2013 e l’8 gennaio dello stesso anno, senza nessuna campagna promozionale, esce The Next Day penultimo disco di Bowie. La copertina è una rivisitazione della cover dell’album ‘Heroes’ per la quale fu scelta una foto di Masayoshi Sukita le cui opere ONO ha esposto in una mostra dello scorso marzo (2015) con un quadrato bianco che copre la parte centrale dell’immagine. Oltre alla copertina del disco anche il primo singolo,We are we now, è un chiaro riferimento al suo periodo berlinese come momento culminante, dal punto di vista creativo, umano e personale, della sua carriera. Questa terza mostra vuole essere un omaggio a David Bowie e si configura come la tappa zero di un progetto di più ampia portata a cui ONO sta lavorando insieme all’Archivio che gestisce l’immagine dell’artista.

La mostra (12 marzo - 30 aprile 2016) è composta da 27 fotografie di Michael Putland in diversi formati e il lavoro grafico di Terry Pastor, designer che realizzò la copertina di Ziggy Stardust e Hunky Dory

ONO arte contemporanea

VIA SANTA MARGHERITA 10 | 40123 BOLOGNA | +39 051 262465

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14/03/16

Angela Davis: Il mondo? Renderlo un posto migliore. Per tutti.

Abbiamo letto e volentieri ri - pubblichiamo questa bella intervista di Antonio Gnoli, giornalista di la Repubblica, ad ANGELA DAVIS, una delle nostre donne-mito: donna, nera e comunista, così è stata presentata alla conferenza Donna e carcere dal giornale basco Gara, conferenza che si è tenuta lo scorso venerdì a Bilbao, in Spagna.

Nata il 26 gennaio del 1944 a Birmingham in Alabama, è stata una delle leggende politiche degli anni Sessanta e Settanta. Una figura di spicco del movimento americano per la difesa dei diritti civili, in particolare dei neri e della donne. Angela Davis è oggi a Roma invitata dall'Università degli studi di Roma Tre. Terrà stamane una lezione cui seguirà una discussione sui temi legati al femminismo nero nell'ambito della "Women's Liberation". La sua maestosa e inconfondibile capigliatura è diventata brizzolata. È la sola cosa che è cambiata in una donna che continua a conservare la passione e la sicurezza dei suoi giudizi morali. La sua vita è costellata da episodi durissimi e a volte drammatici. Un'infanzia trascorsa nella segregazione di uno stato del Sud, l'Alabama. I pregiudizi e le ingiustizie subite a opera dei bianchi. Gli anni del carcere, con l'accusa di terrorismo. L'isolamento, ma anche i movimenti di opinione sorti in suo favore nel mondo. L'impegno politico e culturale. L'incontro con un maestro come Herbert Marcuse. Gli anni passati in Europa, tra la Francia e la Germania. L'insegnamento all'università.

Ha scelto con il tempo di concentrare il suo estro rivoluzionario alla elaborazione di una critica femminista del sistema carcerario, mettendo il suo lavoro e carisma intellettuale al servizio di diverse campagne internazionali per la liberazione dei prigionieri politici.
In opposizione all’attuale modello carcerario che si basa su disuguaglianze naturalizzate, vendetta e rappresaglia, Angela Davis condivide con Interzone, (insieme a tantissime altre cose) la battaglia per l'abolizione del carcere: "<«Pensare e proporre di abolire il sistema carcerario ci impone di prendere molto seriamente l’anticapitalismo, l’antirazzismo e l’antisessismo». Angela ci dice che..<<che pur rappresentando solamente il 5% della popolazione mondiale, negli Stati uniti vi è il 25% della popolazione mondiale incarcerata. Ad oggi sono duecento mila le donne rinchiuse nel regime carcerario nordamericano, cifra che quaranta anni fa rappresentava il totale della popolazione detenuta, e che oggi rappresenta un terzo delle donne in stato di detenzione a livello globale. Il prodotto di una connessione perversa e crudele tra il castigo politico e civile e il circuito globale dell’economia capitalista. La multinazionale G4S che produce, applica ed esporta “sicurezza” è la seconda corporation più grande al mondo: l’impero che crea più occupazione in Africa>>.


Murales di Ananda Nahu
Angela Davis ha attinto alle contraddizioni della storia americana sposando sempre la causa dei deboli. Oggi che l'America è impegnata in un'aspra campagna per le presidenziali le chiedo per prima cosa un giudizio su quanto sta accadendo nelle primarie. È indignata per i toni. "È sicuramente la campagna per le primarie più sconcertante che abbia mai visto. Non è concepibile che un candidato alla presidenza possa associarsi a delle parole pronunciate da Mussolini e giustificarsi poi, commentando che era una buona citazione. Donald Trump fa leva sui settori più razzisti e politicamente più arretrati della popolazione. È un pericolo contro cui bisognerà lavorare per assicurarci che in futuro non nuoccia più al paese".

Ritiene sia diversa l'attuale situazione dagli anni '70, quando scrisse "Autobiografia di una rivoluzionaria"?
"È cambiato il quadro internazionale, con l'affacciarsi di nuove potenze e conflitti. Ma il razzismo non è stato sconfitto".

Perché decise di scrivere un'autobiografia? Era giovane, con delle esperienze tutt'altro che compiute.
"È un problema che allora mi posi. Per un po' fui incerta se parlare della mia vita. Fu Toni Morrison, nel suo ruolo di editor alla Random House, a convincermi che sarebbe stato possibile scrivere un libro al cui centro ci fosse una storia collettiva di movimenti e di lotte, più che il racconto privato di una donna, allora trentenne".

Per quasi due anni lei è stata rinchiusa in una prigione, con l'accusa di terrorismo. Seguì il processo e la piena assoluzione. Con che sentimenti ha vissuto quel periodo: paura, noia, disperazione?
"Le emozioni che lei elenca le ho provate durante tutta la prigionia. Ma nello stesso tempo sentivo crescere la speranza. Molta gente si mobilitò, ritenendo un'ingiustizia la mia detenzione. La cosa più dura che mi toccò allora subire fu l'isolamento nel quale venni tenuta per la gran parte del tempo".

Oggi come ripensa a quell'esperienza?
"Oggi ritengo sia stato importante conoscere la realtà carceraria. Tanto più perché mi ha consentito di lavorare contro l'istituzione delle carceri. È stata un'esperienza che tra l'altro mi ha messo in contatto con le donne detenute e doppiamente discriminate: sia nella vita che nelle prigioni".

L'ha sorpresa che anche fuori dai confini americani ci fosse un movimento per la liberazione di Angela Davis?
"In un certo senso direi di sì. Seguivo con molto coinvolgimento le manifestazioni a mio favore. Ho visto foto di manifestanti in Europa, particolarmente Francia, Italia, Germania e Regno Unito; ma anche in Asia, in Africa, in America latina e in Australia".

È stata, in fondo, la prima globalizzazione in difesa dei diritti di una persona.
"E la cosa mi fa pensare che c'è molta più gente contro il razzismo che a favore".

Lei ha vissuto in Europa?
"Sì, arrivai la prima volta in Francia nel 1962. Ricordo che stava finendo la guerra contro l'Algeria. Ero cosciente che un razzismo, diverso da quello americano, veniva praticato sotto la forma del colonialismo. Il memoriale La question di Henri Alleg, che denunciava le torture contro i resistenti algerini, mi aprì gli occhi. Fu allora che conobbi anche lo straordinario lavoro di Frantz Fanon I dannati della terra ".

Ha conosciuto Sartre e Camus?
"Purtroppo no. Camus morì nel 1960. Mi sarebbe piaciuto incontrarlo. Ricordo che nell'estate del 1961 lessi il suo libro L'homme révolté . Il mio viaggio a Parigi era funzionale alla decisione di laurearmi in letteratura francese. Mentre leggevo i classici Corneille, Moliére, Racine, scoprii la forza di seduzione di Sartre e Merleau-Ponty. Anche se non ho mai incontrato Sartre, sono orgogliosa per la sua adesione alla campagna in mia difesa. I suoi libri mi hanno aiutato a spostare i miei interessi dalla letteratura alla filosofia. Ma la persona che in questo campo è stata decisiva fu Herbert Marcuse".

Come lo ha conosciuto?
"Durante una lezione alla Sorbona e poi in America, dove ha insegnato a lungo. Marcuse mi ha convinto a prendere molto sul serio la filosofia continentale. Trovavo affascinante il modo in cui parlava del primo Marx. La sua tesi era che non si poteva capire l'economia politica senza aver affrontato la parte filosofica di Marx. Ho avuto il privilegio, nel corso del mio ultimo anno di studi universitari, di lavorare fianco a fianco con lui. Fu Marcuse a consigliarmi di continuare a studiare a Francoforte con Adorno, Horkheimer, Habermas e Negt".

E il consiglio lo ha seguito?
"Sono stata per due anni a Francoforte. Durante quel periodo partecipavo allo SDS, un movimento studentesco di estrazione socialista, che lottava contro la guerra in Vietnam, contro lo Scià in Iran e contro i rigurgiti neonazisti tedeschi".

Adorno non era molto contento della contestazione.
"Adorno non amava la figura dell'intellettuale impegnato ed era molto critico verso ogni forma di attivismo politico. D'altro canto Marcuse era la personificazione di tutto ciò che Adorno detestava. Il suo impegno intellettuale era per tutti noi il modello culturale in cui credevamo".

In cosa credeva?
"Che il nostro compito, in quanto studiosi, fosse di cambiare il mondo sociale nel quale vivevamo".

Ammetterà che le cose più interessanti sul piano dell'interpretazione arrivarono proprio da Adorno.
"La sua acutezza come pensatore è indiscutibile. Continuo a leggere e a insegnare ai miei studenti la sua opera. In particolare La dialettica negativa e la Teoria estetica . Come studentessa, seguii le sue lezioni, partecipai ai suoi seminari e parlai con lui per discutere il lavoro della tesi. Fu in quel momento che mi resi conto che avrei dovuto operare una scelta".

Quale?
"Tra il desiderio di usare la mia formazione filosofica per cambiare il mondo e quella solo di interpretarlo. Decisi allora di interrompere la collaborazione con lui e di tornare in America".

Ritiene che la sua Teoria critica abbia ancora validità?
"Assolutamente sì! Nella versione che ne diede Marcuse si capisce che gli approfondimenti della filosofia riguardo alla libertà, l'uguaglianza e la giustizia, spesso ci obbligano a lasciare l'arena filosofica. L'eredità della "teoria critica" è di averci fatto abbracciare uno sguardo interdisciplinare".

Che cosa pensa del postmoderno?
"È un concetto ormai talmente largo che è difficile sappia fornire risposte convincenti su ciò che accade. Detto questo, credo che le teorie di Derrida e Foucault, sebbene i due abbiano poco in comune, siano di estremo interesse. Ma sono davvero dei postmoderni?".

Preferisce ancora Marx?
"Come si fa a buttarlo a mare? È ancora di grande aiuto consultarne i libri per capire i limiti dell'attuale neoliberismo. A questo proposito anche l'opera di Antonio Gramsci riveste un'importanza particolare in questo momento".

Gli anni della protesta contro il razzismo sono stati accompagnati da un clima culturale straordinario. Intellettuali come James Baldwin, scrittori della Beat generation, artisti come Bob Dylan hanno secondo lei interpretato lo spirito di quel tempo?
"I movimenti di massa che reclamano un cambiamento influenzano sempre il mondo culturale. Baldwin seppe dare una direzione al movimento e continua a essere per i giovani una spinta verso l'impegno. Quanto alla musica di Dylan, era il barometro che segnò il cambio di temperatura nel movimento culturale. Ha saputo indirizzare la coscienza popolare nella direzione progressista".

A proposito di musica, John Lennon e Yoko Ono le dedicarono una canzone. Che cosa ha provato?
"Ho un grande rispetto per Lennon e per la sua opera. E un rispetto ancora più vivo per Yoko Ono. Sono grata per avermi dedicato una canzone e per il fatto che hanno scelto di onorare la memoria di George Jackson".

Jackson fu un importante esponente delle Pantere nere. Venne ucciso nel carcere di Saint Quentin.
"Era il 1971. Fu ucciso per le idee in cui credeva e per le quali lottava".

Che ricordo ha di Angela Davis bambina?
"Non credo che la mia infanzia sia stata molto diversa da quella di altri bambini neri cresciuti nel sud segregazionista. Ma sono grata ai miei genitori per avermi aiutato ad avere una visione del mondo infinitamente più vasta del chiuso universo del Sud di "Jim Crow". Ancora oggi ho molti contatti con gli amici della mia infanzia e ritorno spesso a Birmingham, in Alabama, dove molti di loro vivono tuttora".

Chi è oggi Angela Davis?
"Una persona che crede che il mondo nel quale viviamo possa diventare un posto migliore per tutti. L'ho sempre pensato e ho sempre lottato per questo".

intervista tratta da la Repubblica del 14/03/016
Antonio Gnoli 

 

13/03/16

Bolaji Badejo: Il gigante nigeriano che interpretò 'Alien'

ALIEN è uno dei "nostri" film, sempre in cima alle nostre preferenze. In questo capolavoro di Ridley Scott uscito nel 1979 e ormai un classico dello sci/fi horror, l'alieno dello spazio era letteralmente la stella della pellicola e, mentre tutti noi appassionati sappiamo molto del cast del film - con la sua eroina Ripley, interpretata da Sigourney Weaver, e lo sfortunato equipaggio della nave spaziale Nostromo - poco sappiamo dell'uomo che diede vita alla terrificante creatura, una figura quasi inafferrabile come il suo duraturo personaggio sullo schermo. "Alien" fu pubblicizzato con lo slogan "Nello spazio nessuno può sentirti urlare." Opportunamente Bolaiji Badejo, restò in gran parte in silenzio nella sua parte, in uno dei film più celebri del 20 ° secolo. Bolaiji Badejo era un ragazzone nigeriano che studiava arti grafiche a Londra quando Peter Aardram, direttore del casting del film lo vide in un pub: "non appena ho messo piede nel suo ufficio, Ridley Scott capì subito di aver trovato la persona giusta", dichiarò Badejo in una rara intervista per la rivista cinematografica francese, Cinefantastique, nel 1979.

Nick Allder (supervisore per gli effetti speciali, che aveva lavorato a "Incontri ravvicinati del terzo tipo") ancora ride ricordando il suo primo incontro con Badejo.."Ridley entrò con questo ragazzo. Ho pensato che stavo guardando una giraffa ... rimase sulla soglia, si poteva vedere il suo corpo, ma la sua testa era al di sopra della struttura." Il regista Ridley Scott e il produttore associato Ivor Powell erano stati a lungo a grattarsi la testa su chi poteva impersonare Alien, un mostro dalle misure non trascurabili. Inizialmente avevano pensato a Peter Mayhew (che aveva interpretato Chewbacca in "Guerre Stellari") ma n e lui e altri che furono visionati era abbastanza giusto per l' essere ultraterrena creato dall' artista svizzero surrealista HR Giger. "Avevamo avuto questa visione di una mantide religiosa", ricorda Powell. "Avevamo bisogno di qualcuno incredibilmente alto, con le gambe molto lunghe, in modo che quando si sarebbe accovacciato doveva dare l'impressione di un insetto." Alla fine, la creatura di Giger emerse - da un pub di Soho, a Londra. Nato a Lagos, in Nigeria, nel 1953, Bolaji Badejo era il figlio del direttore generale della Nigerian Broadcasting Corporation. Continuò a studiare in Etiopia e poi negli Stati Uniti, prima di trasferirsi a Londra per studiare arti grafiche. Non aveva mai recitato prima o fatto qualcosa di simile. Il nigeriano, per la sua struttura fisica, dai lunghi arti, era l' ideale per il ruolo, ma trasformarlo nella visione di Giger era un'impresa da non poco. Scivolando nella parte Badejo aveva preparatori atletici per aumentare la massa muscolare in alcune zone del suo corpo, ricorda Allder, e prese lezioni di mimo, per imparare a muoversi secondo i desideri di Scott. "L'idea", dichiarò Badejo a Cinefantastique, "era che la creatura doveva essere aggraziata e viziosa, e richiedeva movimenti lenti e deliberati." Ciò fu reso difficile dalla pesantezza della testa dell' alieno, che aveva quasi un metro di lunghezza. All'inizio del filmato di prova all'interno del Nostromo, vediamo Badejo furtivo intorno alla nave che porta una testa aliena rudimentale, per abituarsi alla deprivazione sensoriale inevitabile.Nel costume finale, progettato da Giger e completato con l'esperienza di Carlo Rambald, vero mago e artista degli effetti speciali , l'attore poteva respirare e vedere un po ', ma non poteva fare molto altro. "Riuscivo a malapena a vedere cosa stava succedendo intorno a me, ad eccezione di quando ero in una posizione stazionaria, mentre si effettuavano le riprese. Poi fecero un paio di buchi nel costume e ho potuto guardare attraverso ... Era terribilmente caldo ... Potevo stare nei panni di Alien solo per circa 15 o 20 minuti alla volta. Quando uscivo, ero tutto inzuppato di sudore. "

La tuta di gomma era coperta con KY Jelly, per l'aspetto acido, "Abbiamo dovuto trovare una melma, qualcosa che non inficiasse il costume", dice Allder. "Abbiamo provato pasta di carta da parati, di tutti i tipi, ma il KY Jelly fu l'unico mareriale con cui potemmo lavorare .... Chiamavamo a turno ogni ospedale e farmacie aperte nella zona, chiedendo di poter comprare tutta la gelatina che avrebbero potuto farci avere." Quella tuta deve essere stata piuttosto scomoda e difficile per lui. Tuttavia Badejo non si lamentò mai per le sofferenze patite, "Essere sul set di un film doveva essere molto strano per lui. E anche essere stato sempre l'attrazione principale ... fu un pò uno shock." "Mi chiedo se Bolaji sapesse quanto sia stato importante il suo ruolo ... Forse lo ha capito molto dopo". Badejo non fu l'unico: quando Sigourney Weaver firmò il contratto, pensava che "Alien" fosse un "piccolo film indipendente sconnesso, e a basso budget. Nessuno sapeva che il film avrebbe incassato oltre $ 100 milioni al box office, con soli $ 11 milioni investiti per girarlo, o che Allder, Giger e la loro squadra avrebbero vinto un Academy Award per i migliori effetti speciali visivi. Badejo torò in Nigeria nel 1980, e nel 1983 aprì una galleria d'arte. Morì nel 1992, a soli 39 anni, per un anemia falciforme, lasciando la moglie e due bambini. Uno dei più grandi cattivi di Hollywood e attore improbabile, era invece una persona "bella, dolce e pacifica", e a sua insaputa, è entrato nella storia del cinema.







05/03/16

Heart of a Dog: Laurie Anderson in bassa frequenza, per cani

Times Square, New York, 4 Gennaio 2016.

Alla presenza di mute di cani con i loro accompagnatori, Laurie Anderson si esibisce in un concerto dedicato proprio ai cani. Assiepati sui gradini di Pz. Duffy la platea degli animali  e dei loro accompagnatori umani hanno assistito alla performance della grande Laurie, una suite per violino ad una bassa frequenza "dog-friendly", frequenze a misura di udito canino e modulazioni armoniche pensate appositamente per i nostri amici a quattro zampe, mentre gli accompagnatori sono stati dotati di cuffie speciali, wireless, senza le quali sarebbe stato loro impossibile ascoltare la musica. In verità, nessuno, neanche gli organizzatori, si aspettavano un affluenza così vasta e così varia. Non è la prima volta che la Anderson ha eseguito uno spettacolo dedicato al pubblico canino. Nel 2010, davanti alla Opera House di Sidney, l’artista si produsse nel concerto Music for dogs.

Non solo: la cagnolina Lolabelle, il rat terrier che ha condiviso la vita con Laurie Anderson e il suo compagno, il compianto Lou Reed, è sostanzialmente la vera protagonista del primo lungometraggio di finzione firmato dalla Anderson e presentato nell’ultima mostra del cinema di Venezia. Si tratta di Heart of a Dog, il lungometraggio che racconta le perdite della vita dell’artista – fino a quella più bruciante, quella di Lou Reed, e che aveva ricevuto anche una nomination agli ultimi Oscar.

Alla fine dell'esibizione i cani presenti hanno guaito e abbaiato per cinque minuti, "uno dei momenti più felici della mia vita", ha dichiarato Laurie. Grande onore a lei.