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22/07/14

Pazzi per Pets


Sul banco degli imputati c’è un modello di sviluppo totalmente sconsiderato, e globalizzato, che ci sta portando in un vicolo sempre più stretto, soffocante e senza via d’uscita. Su un altro piano c’è invece la ricerca di un modello di vita e sviluppo che sta conducendo una piccola azienda nel cuore di Roma, a ridosso del quartiere Monteverde. E’ evidente che in economia le regole si vanno via via assottigliando, in campo ci sono sempre più i grandi gruppi industriali, le multinazionali, le grandi banche, che ignorano ormai la vita umana delle persone e quella ecologica del pianeta. Sto esagerando? No, se pensiamo che siamo proprio noi a vivere su questo pianeta. E allora ci siamo resi conto che il mercato globale altro non è che una rete, un meccanismo programmato sempre e solo sul profitto, sul denaro e sul suo valore, escludendo senza pietà e a priori il valore umano ed ecologico. La crescita di cui tanto si straparla è intesa su di un mercato consumistico e materiale: bisogna consumare per progredire, non importa il prezzo che dovremo pagare e che stiamo già pagando, si cerca di eliminare le diversità, i bisogni e le possibilità di una vastissima parte del mondo, si distrugge la natura, s’inquinano le risorse. Bisogna quindi (ri)tornare a essere protagonisti del nostro vivere, con una nuova coscienza, etica e civile, per scegliere diversamente e diversamente orientare il nostro agire. L’affannosa ricerca del profitto, del denaro, il cercare a tutti i costi di guadagnare senza sosta, senza pensare a un nuovo modello di vita, senza un’etica sulle persone, sulla natura, sul mondo, inesorabilmente ci fa intravedere nient’altro che la catastrofe.

Pazzi per Pets è nato dopo che una persona ha deciso di reinventarsi sia sul piano lavorativo sia su quello umano, ha dato le dimissioni da una grande multinazionale e ha cercato le giuste motivazioni in un processo di vita e di crescita alla cui base c’è il rispetto per l’altro, per la natura, per gli animali. Un piccolo negozio, fuori da grattacieli impenetrabili, grandi manager, professionisti finanziari e speculatori, uno spazio aperto per incontri e confronti, un’attività il cui fine è sì il guadagno, ma con quel piccolo ma importante valore che si chiama etica di mercato. Non ci sono risposte e verità, ricette o soluzioni, ma solo un timido tentativo di costruire una nuova spiritualità ecologica, per proseguire in un cambiamento radicale, mai esclusivo e dare un nuovo significato alla propria esistenza. Per chi è in zona, se volete, se potete.. 






06/10/13

La vivisezione? Solo danni alla salute umana

Vivisezione: Intervista con il dottor Stefano Cagno*
via  www.marchexpo.it

Dottor Cagno, subito una domanda molto secca: è indispensabile la vivisezione per la ricerca scientifica?
No. Non solo non è indispensabile, ma è dannosa. Utilizzare animale per la ricerca è un grave errore che storicamente ha provocato solo danni alla salute umana, anche se, fino ad un recente passato, i mezzi di comunicazione di massa hanno taciuto su tutto ciò. Così la gente ha continuato a pensare che la morte degli animali nei laboratori potesse essere di qualche utilità per il progresso scientifico.
Nonostante ciò che dicono i vivisettori, il problema è molto semplice: nessuna specie animale può essere un valido modello sperimentale per nessun'altra specie, esseri umani compresi. Quando, ad esempio, dimostro che una sostanza è terapeutica e innocua nei ratti, devo poi comunque sperimentarla sugli esseri umani per capire se veramente ciò che ho visto negli animali si verifica anche nella nostra specie. Infatti prima di commercializzare un farmaco è indispensabile e obbligatorio per legge sperimentarlo anche sui nostri simili. Se la vivisezione fosse scientificamente valida perché bisognerebbe compiere anche la sperimentazione umana?
Un altro problema è l'impossibilità di stabilire a priori la specie animale più simile alla nostra. Basta infatti la presenta o l'assenza di un enzima per cambiare il comportamento di una sostanza passando da una specie ad un'altra e questo non si può sapere a priori, ma solo dopo avere sperimentato sui nostri simili. Credo che per comprendere l'errore che sta alla base della vivisezione e i danni provocati sia sufficiente citare alcuni semplici dati. Il 54% delle sostanze cancerogene, ossia in grado di provocare cancro, per i ratti non lo sono per i topi. Come possiamo sapere a priori se gli esseri umani si comportano come i ratti o come i topi? Il 52% dei farmaci commercializzati negli USA, ossia nella nazione tecnologicamente più avanzata, hanno provocato gravi reazioni avverse che non si erano verificate nei test sugli animali. Tutto ciò provoca la morte ogni anno negli USA di circa 100.000 cittadini.

04/11/12

La tortura e gli animali: l’umanità ridotta a batteria di polli

Dall’uomo al centro dell’universo all’umanità ridotta a batteria di polli

di  BEATRICE ANDREOSE
(per Alias)

Un po’ di compassione. In una lettera inviata all’amica Sonja Liebknecht, Rosa Luxemburg la
chiede per un bufalo al giogo che vede mentre si trova nel carcere di Breslavia. Una lettera da cui prende l'avvio un canto polifonico sul tema della sofferenza a cui gli animali sono sottoposti dalla crudeltà umana. «Saevitia in bruta est tirociniun crudelitatis in homines», la crudeltà verso gli animali insegna la crudeltà verso gli uomini. Per Tommaso d’Aquino, che nel XIII° secolo riprende l’affermazione di Ovidio, il rischio di diventare crudeli viene corso non solo dagli autori delle violenze ma anche da chi vi assiste. Pertanto, anche se l’uomo non ha alcun dovere diretto verso gli animali, ritenuti sempre al di fuori della sfera morale, deve però evitare spettacoli crudeli ai suoi simili. Secondo Kant «l'uomo deve mostrare bontà di cuore verso gli animali perché chi usa essereinsensibile verso di essi è altrettanto insensibile verso gli uomini».

Questa la filosofia che oggi influenza la norma ma che, tuttavia, non evita spesso sofferenze o tortura nei confronti degli animali. Il tema «La tortura e gli animali» è stato al centro di un workshop veneziano organizzato tempo fa dal Centro studi sui diritti umani - «Per i diritti del vivente, degli individui, delle comunità, dei popoli» - di Cà Foscari, che si occupa dei diritti umani di prima e seconda generazione, ma anche dei diritti collettivi, di quelli frazionari (genere, gruppi, etc.) e degli altri, quindi anche di quelli animali. Il seminario ha riunito attorno allo stesso tavolo, in una splendida sala con sguardo sul Canal Grande e il ponte di Rialto, etologi, filosofi, giuristi, antropologi per fare il punto sul quadro giuridico e filosofico in merito alla sofferenza e, quindi, al benessere animale. Chi rammenta le urla strazianti degli animali macellati raccolti dal video realizzato da Alberto Grifi sul tema del mattatoio? Ebbene, ad ispirare i numerosi relatori del convegno il sottotitolo preso a prestito da Isaac Singer «Per gli animali è sempre Treblinka», vi sono anche alcuni numeri sugli allevamenti intensivi che nella sola Europa interessano circa due miliardi di volatili e trecentomilioni di mammiferi. Tutto inizia da Aristotele, Cartesio qualche secolo dopo teorizza che il discrimen tra coscienza ed incoscienza è il linguaggio, senza parola non esiste intelligenza né coscienza. Il paradigma «realista-cartesiano» considera l’animale interamente determinato dalla sua genetica e portatore di routines  comportamentali. L’antropocentrismo pone al centro dell’universo l’uomo, tutti gli altri esseri viventi sono al suo servizio. La stessa etologia, lo studio delle condotte animali, è una disciplina costruita sul presupposto di una netta demarcazione tra l’uomo e tutti i viventi che non sono l’uomo, dunque su una dicotomia forte tra umanità e animalità. Per lungo tempo si è ritenuto che non esistesse nessun dovere morale (né tanto meno giuridico) nei confronti degli animali, considerati come res, cose, di cui gli uomini, signori del creato, potevano disporre come meglio credevano. «Ciò che soprattutto conta è nascondere la violenza, renderla impensabile, invisibile, lontana dagli occhi del fanciullo che ne verrebbe diseducato - spiega il prof. Lauso Zagato giurista, docente di diritto internazionale all’università Cà Foscari e promotore del convegno - Non a caso la tradizione penalistica italiana, dal codice Zanardelli (ma anche prima la legge del granducato di Toscana) vietava le manifestazioni esteriori di crudeltà. Il bene giuridico tutelato è solo ed esclusivamente la sensibilità umana».

 Nel 1993 però qualcosa cambia. Si fa strada anche a livello legislativo, dopo essere stata a lungo dibattuta in ambito filosofico, l'idea che gli animali in quanto esseri senzienti e sensibili, vanno protetti dalla crudeltà umana per loro stessi e non per scopi indiretti, educativi o simili. In campo etologico c’è chi, come Dominique Lestel che ha lavorato soprattutto nel campo della cosiddette «scimmie parlanti», è in linea con le attuali posizioni della biologia fortemente critiche nei confronti del determinismo genetico. Lestel considera la genetica soltanto un vincolo tra gli altri e sottolinea che «l’animale innova e inventa». «All’idea cartesiana dell’animale-macchina, che dà risposte prevedibili e spiegabili meccanicisticamente, Lestel contrappone l’idea dell’animale-ermeneuta. Ovvero l’animale interpreta costantemente il mondo che lo circonda, gli altri esseri viventi e se stesso - ha ricordato la filosofa della scienza Maria Turchetto - L’osservatore perciò elabora le interpretazioni dell’animale osservato (di qui il «bicostruttivismo») e accetta l’interazione con esso anziché attribuirsi la posizione di chi è al di sopra del mondo per osservarlo». Gli animali vengono però divisi: da una parte ci sono quelli destinati agli allevamenti intensivi, dall’altra quelli con comportamenti e caratteristiche simili all’uomo, tra cui i grandi antropoidi (scimpanzé, gorilla ed oranghi) ed i cetacei. I primi, ha spiegato l’avv. Monica Gazzola, appartengono alla famiglia degli ominidi e sono tutelati anche dalla normativa U.E che nel 2010 con la direttiva n.63 ha vietato la sperimentazione scientifica su di essi. La Gazzola ha ricordato i più recenti studi delle neuroscienze secondo cui l’origine neuronale della coscienza risulterebbe indipendente dal linguaggio. Gli scienziati-filosofi Humberto Maturana e Francisco Varela spiegano l’esistenza di linguaggi (intesi come interazioni orientanti) anche in animali diversi dall’uomo, in particolare tra primati e delfini. Alcuni scienziati propongono il riconoscimento del diritto alla vita dei cetacei. Recentemente, una corte distrettuale statunitense ha esaminato un ricorso contro il parco acquatico Sea world per violazione del 13° emendamento (divieto di schiavitù e servitù) presentato dall'associazione ambientalista PETA. Cinque orche del parco sono state nominate, per la prima volta, come ricorrenti. Il giudice ha respinto il ricorso, argomentando che il 13° emendamento non si applica alle «non persons» come le orche. «Sul piano del diritto internazionale, il diritto alla vita dei cetacei non può dirsi affermato, nonostante la prassi di alcuni Stati si muova verso l’estensione della moratoria sulla caccia alle balene. Tuttavia, se la prassi si consolidasse,-ha affermato la giurista Sara De Vido - i tre Stati cacciatori diventerebbero ’persistent objectors’, senza ostacolare pertanto la formazione di una norma consuetudinaria che riconosce il diritto alla vita dei cetacei». Sul piano giuridico internazionale il benessere degli animali sta sempre più assumendo una dimensione autonoma, come valore da tutelare per evitare sofferenze non necessarie. Elisa Baroncini, giurista dell’Università di Bologna, ricorda come l’organizzazione mondiale del commercio ha, per la prima volta nella storia del sistema multilaterale, giustificato una misura Usa che vietava l'importazione di gamberetti senza tutelare adeguatamente le tartarughe marine che insieme ad essi nuotano. Nella recente causa sull'etichetta Dolphin-Safe (maggio 2012) infatti, l'Organo d'appello ha riconosciuto come interesse legittimo, da tutelare in base all'art. 2.2 dell'Accordo Tbt il diritto all'informazione dei consumatori sui metodi di pesca del tonno, che nell'Oceano pacifico orientale nuota insieme ai delfini, al fine di garantire il non utilizzo delle reti a strascico e del metodo di pesca a circuizione, che uccide, ferisce e stressa notevolmente i mammiferi marini, i quali, anche laddove sopravvivano alle battute di pesca, per lo shock cessano di riprodursi.

La legislazione sul divieto di commercializzazione ed importazione dei prodotti derivati dalla foca, introdotta dall'U.E. nel 2009, rappresenta la prima causa instaurata dinanzi al meccanismo di risoluzione delle controversie dell'Omc che ha ad oggetto esclusivamente il benessere degli animali, nel nostro caso delle foche. Oggi nell’U.E. l’art. 13 del Trattato sul Funzionamento specifica che gli animali hanno un valore intrinseco che deve essere rispettato in quanto essi sono creature senzienti.Uno scenario incoraggiante ma non sufficiente poiché la tortura persiste per gli animali ospiti negli allevamenti intensivi e per quelli da laboratorio. Per il filosofo Giuseppe Goisis, che parla di paradossi ed incoerenza umana, solo il potere crea il diritto e la legge. Pertanto gli animali sono condannati a crudeltà, tortura e sterminio. «Un principio di tutti i totalitarismi che tuttavia non preoccupa nessuno. Bisogna ritrovare la tenerezza, una istanza profonda di una umanità smarrita. L’uomo deve riconciliarsi con la propria animalità e naturalità, dalla loro negazione deriva la sua intolleranza, il disagio, persino la vergogna di sé». Oggi tortura significa soprattutto vivesezione. Come viene giustificata? George Devereux, ricordato dall’antropologa Maria Luisa Ciminelli, parla della distanza tra osservatore ed osservato che trasforma esseri viventi in ’preparati’ come per gli animali mutilati a fini sperimentali che prevedono l’abolizione o eliminazione del fenomeno che si intende studiare. «Ciò serve a legittimare la negazione nevrotica del senso di colpa provato dopo aver inferto il dolore, il «sadismo inconscio» o «latente», il «culto nevrotico della posa scientifica», la «formazione reattiva – priva di insight – contro le proprie pulsioni sadiche».

Ma la tortura animale oggi è soprattutto di genere. Secondo l’eco-femminista Annalisa Zabonati, redattrice della rivista femminista DEP, il patriarcato è la matrice di tutte le oppressioni. La storica Bruna Bianchi, direttrice della stessa rivista, ha ricordato le campagne della giornalista irlandese Frances Power Cobbe contro la vivisezione e la violenza domestica (1863-1889). Tra le fondatrici della National Anti-Vivisection Society e del suo organo The Zoopholist. Autrice di numerosi opuscoli contro la tortura agli animali, a partire dal 1863 sosteneva che la medicina e la fisiologia avevano deviato dai loro fini per divenire una professione animata dalla competizione e dalla crudeltà. Le sue campagne suscitarono aspre reazioni da parte delle associazioni mediche, da The Lancet e dallo stesso Darwin. In numerosi scritti affermava la stretta connessione tra l’impegno femminista e quello contro la vivisezione. Dunque, si parla di animali ma il riferimento costante rimane agli uomini. Una «integrazione di sguardo» è stata proposta dal filosofo Luigi Vero Tarca che a mo’ di provocazione ha concluso affermando «L’antropocentrismo è già superato: gli uomini, intesi come singoli individui, non contano più nulla. Sono ormai in balìa di organizzazioni meta-umane tecnologicamente. Se pensiamo che oggi in alcune parti del nostro pianeta si può andare alla festa di nozze della figlia ed essere uccisi, assieme ad altre 70 persone, da un drone! I soggetti che oggi fanno la storia non sono più individui umani. L’homo randagius sta a quello tecnologicus come i polli stanno a noi - ha spiegato - Anche per questo lo sguardo con il quale noi consideriamo la vita animale è importante al fine di capire quello che potrà essere il destino che i grandi organismi, i quali progettano e organizzano la vita sulla terra, riserveranno agli esseri umani. L’incredibile evoluzione tecnologica determina una trasformazione del potere che pone in maniera drammatica il problema degli animali umani nei confronti degli organismi che gestiscono un potere generale su tutte le forme di vita presenti sulla terra». Una conclusione nient’affatto rassicurante, inquietante, quasi profetica.