30/11/12

L'ora del Macho

Il pugilato, poi, è particolarmente prezioso e pochi spettacoli sono sani e belli quanto un incontro di boxe. L’importante è la bellezza dell'arte del pugilato, la precisione perfetta dell'allungo, i salti laterali, i tuffi, la gamma dei colpi - i ganci, i diretti, gli swipe - e, in secondo luogo, la fantastica emozione virile che quest'arte suscita. Molti scrittori hanno descritto la bellezza, il fascino del pugilato..
Vladimir Nabokov
 
Con le parole del grande scrittore russo rispondiamo (anche se in ritardo) all'incredibile censura operata dalla Rai, che durante le Olimpiadi di Londra ci ha privato della visione in prima serata di sport come la boxe, la lotta e delle arti marziali, in nome di una presunta "tutela dei diritti dei minori e al rispetto delle fasce protette in tv". Censura e divieto che persiste al momento anche per gli incontri di pugilato professionistico. Incredibile perché' neanche nella Rai democristiana e bacchettona di Bernabei si era verificata una vicenda cosi grave e francamente..incomprensibile. Che cosa sarebbe successo con il leggendario match Benvenuti-Griffith? Sarebbe stato trasmesso a notte fonda? E con Cammarelle (che meritava l'oro, glielo ha detto anche il presidente Giorgio Napolitano) che a Londra ha combattuto di domenica alle 16 del pomeriggio? I bambini non avrebbero potuto vederlo? Inoltre, vietando ai minori la visione di tali sport si offende anche il senso comune e l'intelligenza di quei genitori che, sull'onda dell'entusiasmo dei recenti Giochi Olimpici di Londra, dove queste quattro discipline (pugilato, judo, lotta e taekwondo) hanno contribuito al medagliere azzurro con sei podi (pari al 21,4%), hanno portato in massa i loro figli a iscriverli nelle palestre di tutt'Italia. Associare il pugilato a manifestazioni di tipo violento è sconcertante e degna di un’ignoranza culturale che la Rai in quanto servizio pubblico non può permettersi. Il pugilato è lealtà, educazione, rispetto delle regole e dell'avversario.


Macho vs Sugar Ray
"Che ora è? - L'ora del Macho!"..
(Hector "Macho" Camacho) 
Dispiacere. E tristezza.. Ancora me lo ricordo quell'incontro. Con mio padre, fan accanito di Sugar Ray Leonard, il più carismatico dei pugili post-Ali', intelligente e feroce e, in generale, convinto assertore di una presunta superiorità dei pugili di colore. Io invece, giovane appassionato di boxe, schierato senza il minimo dubbio con Hector Camacho, alias "Macho". "Sei strano, non potevi che tifare per Camacho"..sentenzio'. Che fosse strano, fuori dal comune, era evidente."Macho" saliva sul ring con fare da clown, vestito da Tarzan, a volte da gladiatore romano, ma picchiava duro, e in quell'incontro leggendario annichilì il grande Sugar Ray, battuto per KO al quinto round e segnando il ritiro definitivo dell'ex campione. Mi piaceva "Macho" per quel suo fare spavaldo, per quel volto e quell'espressione da soldato da strada, affiliato a una delle tante gang del suo paese, Portorico, tra le più feroci e organizzate. Lui, portoricano cresciuto tra le strade di Harlem, la sua storia, la sua discesa all'inferno, ce l'aveva scritta in faccia. Hector "Macho" aveva combattuto contro i più grandi pugili della sua epoca, Duran, De La Roya,Chavez, Montoya: tre volte campione del mondo in tre diverse categorie,superpiuma, leggeri e superleggeri, a cavallo tra gli anni '80 e '90. Poi, un rapido declino: i problemi con alcol e droga lo portano a una condanna a sette anni per furto (pene poi ridotta), altri guai per aver picchiato la moglie svariate volte, accusa che gli era stata rivolta anche da suo figlio.
Un pugile non viene apprezzato per la sua umanità ma perché' è "un picchiatore, un selvaggio, spietato e crudele", e gli avversari non sono semplicemente sconfitti, ma "stesi, stecchiti, freddati, distrutti"... E così che è finito "Macho", freddato, massacrato: sparato in faccia, come un dio selvaggio del ring. Con lui muore Adrian Moreno,trafficante di droga a Porto Rico. L'agguato a Bayamón, sua città natale, la cocaina, forse, il motivo. 

Uno sguardo alla disuguaglianza

Hans Rosling, professore di politiche sanitarie al Karolinska Institute in Svezia, è diventato famoso su internet per il suo modo brillante e fantasioso di spiegare le statistiche con l’infografica e i video. In questo video spiega l’evoluzione delle disuguaglianze nel mondo attraverso duecento anni di storia, prendendo in considerazione duecento paesi e incrociando 120mila dati.









26/11/12

Sebben che siamo donne

Le lavoratrici della Coop scrivono alla Litizzetto. Pubblicità ingannevole?

Un gruppo di delegate ed iscritte alla USB della Coop, scrive una lettera aperta a Luciana Littizzetto, testimonial della Coop, nella quale vengono rappresentate le condizioni vissute dalle donne che ci lavorano.La lettera intende far emergere la condizione di disagio vissuta dalle donne che lavorano nel settore del commercio, della grande distribuzione e alla Coop, ma anche la determinazione ad uscire dall’invisibilità con la prospettiva di migliorare la condizione femminile all’interno di queste nuove fabbriche metropolitane attraverso l’organizzazione e la lotta.

Lettera aperta di un gruppo di lavoratrici Coop a Luciana Littizzetto testimonial del marchio Coop

Cara Luciana,
lo sai cosa si nasconde dietro il sorriso di una cassiera che ti chiede di quante buste hai bisogno?  Una busta paga che non arriva a 700 euro mensili dopo aver lavorato sei giorni su sette comprese tutte le domeniche del mese. Le nostre famiglie fanno una grande fatica a tirare avanti e in questi tempi di crisi noi ci siamo abituate ad accontentarci anche di questi pochi soldi che portiamo a casa. Abbiamo un’alternativa secondo te?

Nei tuoi spot spiritosi descrivi la Coop come un mondo accattivante e un ambiente simpatico dove noi, quelle che la mandano avanti, non ci siamo mai. Sembra tutto così attrattivo e sereno che parlarti della nostra sofferenza quotidiana rischia di sporcare quella bella fotografia che tu racconti tutti i giorni.

Ma in questa storia noi ci siamo, eccome se ci siamo, e non siamo contente. Si guadagna poco e si lavora tanto. Ma non finisce qui. Noi donne  siamo la grande maggioranza di chi lavora in Coop, siamo circa l’80%. Prova a chiedere quante sono le dirigenti donna dell’azienda e capirai qual è la nostra condizione.

A comandare sono tutti uomini e non vige certo lo spirito cooperativo. Ti facciamo un esempio: per andare in bagno bisogna chiedere il permesso e siccome il personale è sempre poco possiamo anche aspettare ore prima di poter andare.

Il lavoro precario è una condizione molto diffusa alla Coop e può capitare di essere mandate a casa anche dopo 10 anni di attività più o meno ininterrotta. Viviamo in condizioni di quotidiana ricattabilità, sempre con la paura di perdere il posto e perciò sempre in condizioni di dover accettare tutte le decisioni che continuamente vengono prese sulla nostra pelle.
Prendi il caso dei turni: te li possono cambiare anche all’ultimo momento con una semplice telefonata e tu devi inghiottire. E chi se ne frega se la famiglia va a rotoli, gli affetti passano all’ultimo posto e i figli non riesci più a gestirli.
Denunciare, protestare o anche solo discutere decisioni che ti riguardano non è affatto facile nel nostro ambiente. Ci è capitato di essere costrette a subire in silenzio finanche le molestie da parte dei capi dell’altro sesso per salvare il posto o non veder peggiorare la nostra situazione.
Tutte queste cose tu probabilmente non le sai, come non le sanno le migliaia di clienti dei negozi Coop in tutta Italia. Non te le hanno fatte vedere né te le hanno raccontate. Ed anche a noi ci impediscono di parlarne con il ricatto che se colpiamo l’immagine della Coop rompiamo il rapporto di fiducia che ci lega per contratto e possiamo essere licenziate.

Ma noi non vogliamo colpire il marchio e l’immagine della Coop, vogliamo solo uscire dall’invisibilità e ricordare a te e a tutti che ci siamo anche noi.
Noi siamo la Coop, e questo non è uno spot. Siamo donne lavoratrici e madri che facciamo la Coop tutti i giorni. Siamo sorridenti alla cassa ma anche terribilmente incazzate.
Abbiamo paura ma sappiamo che mettendoci insieme possiamo essere più forti e per questo ci siamo organizzate. La Coop è il nostro posto di lavoro, non può essere la nostra prigione.
Crediamo nella libertà e nella dignità delle persone. Cara Luciana ci auguriamo che queste parole ti raggiungano e ti facciano pensare.
Ci piacerebbe incontrarti e proporti un altro spot in difesa delle donne e per la dignità del lavoro.

Con simpatia, un gruppo di lavoratrici Coop.



23/11/12

Burroughs - Veneziani: E se la musica fosse omosessuale?

Il vero Blade Runner

Il cult di Ridley Scott prese il titolo da un progetto di W. Burroughs, che nel 1979 aveva scritto la sceneggiatura omonima. Ricompare ora in libreria: BLADE RUNER. UN FILM. (Mimesis - pp.82 - euro 8).
Blade Runner è colui che corre sul filo del rasoio. Nel gergo della malavita è un corriere che trasporta "qualcosa" (d’illegale). A R. Scott piaceva molto e, anche se nel romanzo di Philip K. Dick non ce n'era traccia, chiese a Burroughs il permesso di usarlo. Era già il titolo del romanzo di Alan Nourse del '74 pubblicato in Italia da Urania con l'infelice titolo di Medicorriere..
Nella sceneggiatura, a dir poco lisergica, l’umanità è in pericolo per la diffusione di un virus sessuale, il B-23, che sembra anticipare profeticamente l'Aids, capace di scardinare i nessi temporali dell'universo. Al centro, vaghe accuse al capitalismo della medicina, che insieme alla droga e al linguaggio, altera le menti. Tra sperimentazione e paranoia, mercato nero dello sperma e pillole dell’Amazzonia, siamo in pieno Burroughs.. Tra i tanti prestiti operati dal cinema e dalla musica, oltre al Pasto Nudo di Cronenberg, l'etichetta HEAVY METAL viene dal personaggio di Heavy Metal Kid ne La Morbida Macchina, il nome della band Steely Dan dal vibratore del Pasto Nudo, mentre tutto il Diamond Dogs di Bowie viene dai Ragazzi Selvaggi, scritto interamente con la tecnica del Cut Up. Burroughs scrisse il libretto per The Black Rider, un'opera post moderna con la regia di R. Wilson e le musiche di Tom Waits. E ancora, i Soft Machine di R. Wyatt e D. Allen, Lou Reed, N. Cave, Bob Dylan, Jagger e Richard, J. Cage, p. Glass, F. Zappa, Devo, P. Smith, L. Anderson, Blondie, Sonic Youth, Kurt Cobain..

Lavoro: Modello Marchionne per tutti

VIA I PALETTI SU ORARIO E MANSIONI. UN COLPO AL CONTRATTO NAZIONALE

Un colpo al contratto nazionale. Questa volta, dopo essere stato per decenni la spina dorsale del sistema di relazioni industriali, il contratto nazionale rischia di essere relegato a un ruolo da comprimario. Il protagonista sarà il contratto aziendale e, nelle imprese di piccole dimensioni, quello territoriale. Questo perché gli aumenti retribuitivi dovranno essere il più possibile collegati all’andamento della produttività. E insieme se ne va in soffitta il sistema degli automatismi, che dalla scala mobile degli anni ‘70-‘80 all’indice Ipca (l’indice dei prezzi al consumo depurato dai prezzi dei prodotti petroliferi) dell’ultimo periodo ci hanno accompagnato fino ad oggi, passando per la lunga e controversa stagione della concertazione con il tasso di inflazione programmata.

SVOLTA E INCOGNITE
Si punta a girare pagina. Una svolta, ma con tante incognite. Prima tra tutte quella della Cgil. Come si potranno sottoscrivere i nuovi accordi se il sindacato più grande e più rappresentativo in tutti i settori non condivide le nuove regole del gioco? E le nuove regole saranno applicate subito o bisognerà aspettare la prossima tornata contrattuale, cioè tre anni, visto che l’attuale è già aperta? Ma alla fine, se dovessero essere applicate le novità, il cambiamento ci sarà, eccome.

MINIMO CONTRATTUALE
Partiamo, allora, proprio dal contratto nazionale di ciascuna categoria. L’intesa dice che dovrà tutelare il potere d’acquisto delle retribuzioni, ma non c’è più alcun riferimento all’indice Ipca che dal 2009 (con l’accordo separato tra Confindustria, Cisl e Uil, ma non la Cgil) vincola gli aumenti. Nel nuovo protocollo c’è una formula molto più complessa, e certo meno stringente, secondo la quale la dinamica degli aumenti salariali dovrà essere «coerente con le tendenze generali dell’economia, del mercato del lavoro, del raffronto competitivo internazionale e gli andamenti specifici del settore». Saranno le parti a fissare i paletti, ciascuna categoria per sé. Molto dipenderà dai rapporti di forza. Ma anche all’interno della medesima categoria i minimi retributivi potrebbero non essere uguali per tutti. L’accordo, infatti, prevede che una quota degli aumenti concordati a livello nazionale possa essere “spostata” a livello aziendale (o territoriale), collegandola alla produttività. Così facendo quell’aumento otterrebbe lo sconto fiscale (fino a 40 mila euro di reddito, si pagherà al posto dell’aliquota Irpef un’imposta secca del 10%). In questo modo cambieranno i minimi tra chi fa la contrattazione aziendale o territoriale (oggi riguarda un po’ meno del 30 per cento dei lavoratori) e chi ha solo il contratto nazionale.

ORARI E MANSIONI
E sempre all’interno delle aziende si potranno modificare, per via negoziale, gli orari di lavoro, la loro distribuzione, gli straordinari, le mansioni dei lavoratori e pure definire come utilizzare i nuovi strumenti tecnologici (telecamere o altro) per il controllo della prestazione lavorativa.

LE MODIFICHE DI LEGGE
Questioni delicatissime che le parti - per quanto si intuisce - punterebbero ad affrontare anche per superare i vincoli che oggi pone il Codice civile e lo stesso Statuto dei lavoratori. Sostanzialmente sembra riproporsi lo schema dell’“articolo 8” che l’ex ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, introdusse, su richiesta della Fiat, per consentire ai contratti di lavoro di derogare alle disposizioni di legge. Una volta trovato l’accordo, il legislatore dovrebbe intervenire a “sanare” la modifica. Ciò dovrebbe riguardare anche il demansionamento, oggi impossibile. Un lavoratore potrebbe vedersi ridotta la mansione e di conseguenza la retribuzione. È una richiesta che è venuta in particolare dal sistema delle banche alle prese con un processo di ristrutturazione per la gestione del quale non può più ricorrere ai prepensionamenti per effetto della legge Fornero.

Resoconto di Repubblica dell'accordo sulla produttività
ROBERTO MANIA

E inoltre:
Videocamere spia sul posto di lavoro
Arriva una nuova flessibilità. Questa volta non più in entrata nel mercato del lavoro (o in uscita), ma all’interno della stessa prestazione lavorativa. Le parti (imprese e sindacati) potranno definire nuovi orari ma anche cambiare le mansioni di un lavoratore e, di conseguenza, ridurgli la retribuzione. Attualmente è impossibile per i vincoli del Codice civile (l’articolo 2103). L’eventuale accordo tra le parti dovrebbe portare a un successivo intervento legislativo nella stessa direzione. Con lo stesso schema potrebbe essere superato il divieto di videosorveglianza sui lavoratori introdotto con lo Statuto dei lavoratori del 1970 .

Soglia di rappresentatività al 5%
Entro la fine di quest’anno imprese e sindacati stabiliranno le modalità per eleggere i nuovi rappresentanti sindacali sulla base dei principi già concordati con la Confindustria il 28 giugno del 2011. La rappresentatività di ciascuna sigla sindacale sarà misurata attraverso un mix di criteri: da una parte i voti ottenuti tra i lavoratori per l’elezione delle Rsu, dall’altra il numero degli iscritti. Per poter essere ammessi al tavolo negoziale si dovrà superare la soglia del 5%. Proprio perché sicuramente rappresentativa, la Cgil aveva chiesto alla Confindustria di ammettere la Fiom alle trattative per il contratto dei metalmeccanici .




21/11/12

Nirvana: Grunge in Europe

Cappuccino a Roma
La musica dei Nirvana, i loro atteggiamenti e la loro immagine erano radicati nella scena rock underground Usa di fine anni Ottanta. Quella di guitar band rumorose ma intensamente melodiche come Husker Du, Dinosaur jr o Pixies di cui da giovane avevo scritto sul settimanale inglese Melody Maker. Durante gli anni Ottanta avevo avvertito che la musica - il rock del periodo - era messa al bando dal mainstream. Mtv rigurgitava di simil metalloni/capelloni colorati come Poison o Bon Jovi. Le radio mandavano solo pop. Il rock underground del periodo - ad esempio i Replacements di Bastards of Young - veicolavano un senso di separazione e chiusura; fu davvero uno shock totale quando i Nirvana - attraverso le grandi capacità e il carisma ferito di Kurt Cobain, oltre alla brillante produzione di Butch Vig e un gran video - s’imposero con “Smells like Teen Spirit".

19/11/12

Roma, attivisti del Teatro Valle occupato aggrediti nel quartiere ebraico

Squadraccia della lega della difesa ebraica o i soliti picchiatori della Digos?

(ilfattoquotidiano.it)

Il pestaggio poco dopo gli incidenti di mercoledì scorso. Uno dei ragazzi è riuscito a registrare parte del pestaggio: “Fate casino a Roma, ma se entrate nel quartiere ebraico siete morti”. Le vittime: “Sembravano agenti in borghese, ma alcuni avevano la kippah” di Lorenzo Galeazzi | 19 novembre 2012 Qui dentro non ci dovete entrare. Potete andare a fare casino per tutta Roma, ma se entrate qui dentro siete morti”. E giù botte. Sono le 16.00 di mercoledì 14 novembre e dopo gli incidenti durante il corteo degli studenti, la città sta tornando lentamente alla normalità. Quattro attivisti del Teatro Valle occupato e uno del Cinema Palazzo, tre ragazze e due ragazzi – tutti giovanissimi – stanno attraversando i vicoli dell’antico ghetto ebraico per tornare a casa dopo la manifestazione. “Non avevamo né zaini, né caschi, né niente – raccontano – Stavamo solo camminando”. Ciò nonostante, quando arrivano in piazza delle Cinque Scole incrociano due uomini che, dopo uno scambio di sguardi per niente amichevoli, iniziano a seguirli. Davide, uno dei ragazzi, sente puzza di bruciato e accende la telecamera con la quale aveva ripreso gli scontri di qualche ora prima. “Abbiamo pensato che fossero due agenti in borghese e, dopo tutto quello a cui avevamo assistito in corteo, volevamo tutelarci registrando un eventuale abuso di polizia”, puntualizza Ilenia, attrice e unica trentenne del gruppo. Ma gli uomini sentono il motorino della telecamera azionarsi e così comincia la gazzarra: “Uno dei due ci è venuto addosso insultandoci e subito dopo si è scagliato addosso al ragazzo con la macchina da presa”. A quel punto si avvicinano altre persone. Davide viene immobilizzato sul cofano di un’auto posteggiata lì vicino e, davanti agli occhi sbigottiti dei suoi compagni, comincia il pestaggio. “Mi hanno preso al collo, stavo soffocando”, racconta la vittima. Nel frattempo si avvicinano altre persone che si presentano come poliziotti, ma, come raccontano gli aggrediti, non intervengono in loro aiuto, al contrario, cominciano a intimidire gli altri membri del gruppo: “Vi arrestiamo, vi portiamo dentro e poi vi ammazziamo. Fuori i documenti”.





17/11/12

Storia di camorra: Nanni Balestrini

Nella Napoli di fine Ottocento degradata e priva di un ruolo produttivo adeguato alle sue dimensioni fisiche, la trasformazione dell’attività politica in gestione clientelare e "camorristica" della cosa pubblica era un fatto compiuto. A un secolo di distanza era come se il progresso, con le enormi trasformazioni avvenute, avesse riguardato anche le forme di espansione e d’intreccio tra politica, affari e camorra. La sua incidenza è profonda e devastante sul tessuto morale di una città eccezionalmente ricca per l'assorbimento di grandi e molteplici civiltà nel corso dei millenni di storia, ma, forse anche per questa peculiare ricchezza, da sempre refrattaria a farsi contenere dentro regole, un po' asfittiche certo, di organizzazione e di amministrazione.
F. Barbagallo
 


Benvenuti a

Qua c’e un piccolo ponte che lo collega col paese vicino e a meta del ponte c'e il cartello con su scritto Benvenuti a ma il nome del paese non si legge perché e cancellato da una quantita di fori neri e poi dalla fine del ponte andando dritto c’e il paese che e praticamente tutto qua lo vedi qui da questa parte e qui da questa parte ci sono strade e stradine e case su case dappertutto pero tutto il paese e legato a questa strada grande che lo attraversa tutto e che diventa questo corso principale questo corso Umberto e alla fine di questo corso Umberto c'è un’altra piccola salita poi la ‘strada esce dal paese qua c’e il cartello che il paese finisce e la strada fa cosi e cosi e poi cosi e si collega con la provinciale che va verso Casale qua é Casale poi la strada prosegue e la strada provinciale che da Villa Literno va fino ad Aversa e tocca esternamente tutti i paesi non li attraversa ma li tocca dall’esterno e una volta su questa strada provinciale c’era pure il tram che faceva tutta questa strada mi racconta mio padre che una volta suo zio Nicola stava andando col suo calesse col cavallo e stavano dietro al tram stavano facendo questa strada che li portava al paese vicino con la strada provinciale che usciva dal corso e su questa strada allora passava il tram mio nonno andava sul suo calesse e di fianco a lui c’era un suo amico e questo suo amico a un certo punto vede tra la gente, che c’é sul tram un suo rivale uno di una famigliat rivale che aveva fatto uno sgarro alla sua famiglia allora questo qua chiede a mio nonno di dargli la sua pistola perché lui la sua se l’era dirnenticata a casa mio nonno pure normalmente usciva con la pistola come fanno tutti e non si fa neanche il problema di domandarsi perché questo vuole la pistola gliela da e questo aspetta che il tram si ferma alla prossima fermata poi calmo scende giu dal calesse sale sul tram e in mezzo a tutta la gente che urla gli spara e ammazza quello che deve ammazzare poi scende giù dal tram ridà la pistola a zio Nicola sul calesse e si allontana via per i campi se ne va via

c’é tanti piccoli forisu tutti i cartelli di questi paesi che tocca la provinciale quasi a indicate che in questa zona bisogna stare attenti perché é un territorio che é sotto controllo dove tutto quello che fai é controllato per cui é meglio che stai sempre attento a quello che fai mentre spesso da altre parti diciamo piu normali su questi cartelli che indicano l'inizio di un paesc c’é scritto Dio c’é e questo sccondo una leggenda metropolitana vuole dire che in quel posto puoi trovare roba o comunque una base in cui puoi rifornirti di solito é usato per hashish ma pure per altre droghe invece nei paesi come il mio il cartello con la classica scritta Benvenuti é sempre pieni di colpi di pistole e fucili.

L'Arresto
Il padrino è in trappola ma spera ancora di farcela é in un bagno di sudore tossisce e impreca mentre fa segno ai suoi due bambini alla moglie e al cognato di non fiatare di resistere perché ci sono gli sbirri ma non riescono a capire dove diavolo sono nascosti il boss con la sua famiglia sanno che si trovano in quella villetta in quella specie di magazzino da qualche parte eppurc da 13 ore abbattono porte sfondano mura lanciano 1acrimgeni nelle condutture senza risultati ora verrà fuori é la speranza Sandokan si difende come può tappa con abiti e lenzuola ogni bocchettone i1 gas penetra lentamente i1 suo effetto è ridotto ma non si respira nel rifugio l'aria condizionata non può accendersi spargerebbe il gas per i bambini é un inferno Chiara e Angela piangono Sandokan le consola teneramente non é niente ora passa state calme qualcuno intorno a mezzogiorno sente una voce di donna una  Se non vanno via non possiamo muoverci poi ancora silenzio il martello pneumatico sfonda un muro in direzione di quella voce subito seguita da un’altra voce Non sparate ci sono i bambini mi arrendo mi arrendo é la voce di Sandokan finisce qui la sua fuga dalla giustizia Per carità state fermi ci sono le bambine mi arrendo ma non fate male alle bambine o a mia moglie cosi Sandokan al secolo Francesco Schiavone 44 anni la primula rossa della camorra  campana capo indiscusso del clan più feroce dell’Italia meridionale quello dei Casalesi ha accolto gli uomini della Dia li ha aspettati con le sue due bambine in braccio quando ha capito che per lui non c’era più scampo si è consegnato cosi al capo della Dia di Napoli Guido Longo un catanese di 44 anni che da circa sette mesi lo stava braccando inseguendolo come un cacciatore fa con la lepre Sandokan si è arreso quando ha sentito sbriciolarsi il muro che divideva il suo rifugio dal resto della casa e venuto fuori con Chiara e Angelica in braccio per avvertire i poliziotti che c’erano le bambine e che quindi lui non avrebbe reagito gli uomini della Dia dopo circa una settimana di appostamenti intercettazioni telefoniche e ambientali sono rimasti di sasso quando dopo aver abbattuto un cancello di 8 metri che difendeva la villa hanno trovato l'abitazione deserta arriva un’auto apre il cancello automatico e l’autista della moglie del boss scatta il blitz in 4 sono addosso a quell’auto dentro la villetta dentro la tana del boss perlustrano ovunque sorpresa nessuna traccia di Sandokan il capo della Dia non demorde Guido Longo accetta la sfida Ragazzi dice ai suoi da qui non si va via senza Sandokan

sono le 23 e allora via in una caccia all’uomo che dura per tutta la notte si scava si tastano i muri si cerca dappertutto lacrimogeni nelle tubature 13 ore di ricerche ieri mattina alle 12,15 il novello Diabolik viene scovato gli agenti devono abbattere un finto muro una parete di granito montata su cardini scorrevoli dalla feritoia compare lui in fuga dal novembre del ’93 in compagnia delle due bambine una delle quali ha compiuto un anno pochi giorni fa e della moglie Giuseppina Natta piangono per i lacrimogeni le due bimbe ma anche per quelle 13 ore di angoscia e silenzi forzati con il nemico a un passo e papà cosi agitato come non lo aveva  visto mai esce dal bunker una donna forte grintosa

Giuseppina Natta la moglie riconosce un investigatore inveisce Sernpre tu ti sputerei in faccia ammanettano pure il cognato del boss Mario poi via verso la sede della Dia con il padrino che in auto dice poche parole Avete vinto ma io non mi pento non ho niente di cui pentirmi sono vittima dell'ingiustizia avete vinto ma speravo di farcela anche questa volta non riuscivate a trovarmi avete vinto ma io non parlo infatti prima aveva tentato di andarsene anche da quel bunker cercando di sfondare a colpi di piccone una parete di tufo anziché tentare di percorrere una via sotterranea dove poi sono state trovate armi munizioni e due tende da campo alla quale si accede da una botola direttamente all’interno del bunker forse temeva che anche quel percorso fosse stato scoperto il suo covo una villa come tante muri alti e cancelli inviolabili un capannone messo male apposta e a terra a destra l’ultimo blocco di pietra chc nasconde l’ingresso e scorre magicamente su un binario metallico e ci devi entrare in ginocchio mesi di lavoro per tirarlo su cosi perfetto complici a centinaia e dentro una fortezza ma anche una casa piena di confort né porte né finestre ma aria condizionata di lusso salone camera da letto la stanza dei bambini cucina e bagno due frigoriferi pieni di tutto sul muro il foglio con l’ultima nota dclla spesa mancano i carciofi e abiti in grande quantita profumi delle migliori marche almeno due impianti stereo tre teIevisori di quelli che costano un occhio proiettore e schermo cinematografico a parete centinaia di film dalla medicina alla pornografia i libri di storia ma solo i Borbone e un computer la sua camorra gli appalti i poitici i miliardi la contabilità dell'inferno e le armi due mitra N70 di fabbricazione bulgara un fucile a pompa 81 cartucce caricate a pallettoni un coltello a scatto

la cattura di Sandokan è frutto di un’indagine che unisce l’alta tecnologia ai vecchi e un po' dismessi metodi pedinamenti appostamenti suole di scarpe consumate sette mesi in tutto con una accelerazione nell'ultima settimana il segreto del blitz e nel satellite e nell'abilita di chi ha saputo piazzare una microspia satellitare ultimo tipo potentissima e invisibile sotto la Rover con cui si spostava Giuseppina Natta è avvenuto non più di una settimana fa da quel momento in poi su un video un puntino si accendeva a intermittenza segnalava ogni spostamento della donna del padrino una settimana fa cinque investigatori della Dia travestiti da operai girano per Casal di Principe con un occhio a via Salerno a quella villetta venerdi sera il satellite i pedinamenti gli appostamenti tutto coincide tutto porta a credere che il boss sia  tornato dalla Val di Fassa in Trentino arrivano due pulmini scuri stipati dentro 40 agenti della Dia alcuni impugnano mitragliatori altri pistole Beretta e attendono un segnale fra di loro ci sono gli investigatori di una squadra molto speciale della Dia i Ghostbuster gli Acchiappafantasmi quelli che danno la caccia ai latitanti l'uomo che ha sfidato lo Stato diventando due volte padre durante cinque anni di latitanza l’uomo che parIava a tu per tu con politici e imprenditori dettando le regole e imponendo tangenti per la costruzione di autostrade ponti faraoniche opere pubbliche l’uomo che ha ucciso il suo vecchio padrino senza esitare un attimo l’uomo che si faceva chiamare Sandokan per la sua ferocia proprio come la Tigre di Mompracem e come la Tigre di Mompracem aveva lunghi capelli e barba nerissimi lo stesso uomo anche se con trenta chili in pù e senza la barba di salgariana memoria ha avuto paura quando dopo tredici ore di ricerca lo hanno scovato nel suo covo dorato tappezzato di libri e quadri che lui stesso dipingeva prediligendo soggetti come Mussolini Napoleone e ovviamente se stesso il tempo a volte é impietoso nell’uomo catturato non c’é niente se non la mole che possa ricordare 1’ antica somiglianza con Kabir Bedi quella che gli valse un soprannome Sandokan fatto apposta per costruirci una leggenda niente chc possa tradire il capo di un impero di cinquemila miliardi a tante ammonterebbe il giro d’affari della famiglia 

Nanni Balestrini 
Sandokan, Storia di camorra



Novembre Nero: Lettera aperta ai media Italiani

Finto lapsus del Presidente Obama, "Nobel per la pace" e lenti deformate della cosiddetta Informazione



In Israele si moriva di paura..  mentre a Gaza si muore per 'davvero'. Cosi inizia una lettera aperta degli amici della Mezzaluna Rossa (l'omologa palestinese della Croce Rossa) inviata ai media italiani. Eccone parzialmente il testo.
"In Israele si moriva di paura.. mentre a Gaza si muore davvero." Non é una differenza da poco, ma per la maggior parte dei mass media la differenza non si vede. O si vede al contrario, attraverso una lente deformata e giustificazionista del “diritto alla sicurezza”. Un neonato di 11 mesi carbonizzato da un missile israeliano, una bimba di 4 anni e una di 7 uccise da una bomba, una dozzina di bambini in fin di vita, hanno diritto a minor comprensione di un bambino israeliano spaventato. Mentre decine di droni armati di missili e numerosi F16 armati di bombe sganciano i loro oggetti di morte  e colpiscono oltre 100 persone uccidendone decine in  un solo giorno,  il Presidente degli Usa, Nobel Obama, invoca il diritto di Israele a difendersi. Forse ha preso un lapsus? Forse  voleva dire che in base al diritto internazionale sono i palestinesi sotto assedio che hanno diritto a difendersi. Purtroppo non é un lapsus, ma é la solita spudorata monzogna che si basa su una narrazione strutturata su due pilastri che servono da premessa sbagliata: spostare i tempi, invertire i ruoli. Funziona da sempre, e chi non sta al gioco perde il posto. Punto. In questo momento arriva la notizia di tre israeliani uccisi  da un razzo palestinese. Sincero  cordoglio, noi non vogliamo la  morte. Ma vogliamo che i mass  media impegnati professionalmente e onestamente ricordino con il loro lavoro che la sicurezza  non si ottiene assediando e bombardando ma solo imponendo il rispetto alla giustizia e alla legalità internazionale.  Secondo la IV Convenzione di  Ginevra un popolo sotto occupazione ha il diritto a difendersi e a ribellarsi all’occupante. Secondo il Diritto internazionale, in particolare l'art. 51 della Carta ONU,  in situazione di conflitto dichiarato , esattamente come lo stato  di guerra dichiarato da Israele verso Gaza, quel popolo ha diritto a difendersi e a resistere..
"Israele commette atti di terrorismo continuo, che la complicità di un lessico giornalistico accomodante definisce "omicidi mirati" quando non addirittura "operazioni di pace"...
Ci rivolgiamo a tutti gli operatori dell’informazione per chiedere loro di non farsi strumento di sostegno alle politiche di morte. La veritià non é soltanto rivoluzionaria, non é soltanto correttezza professionale, é un dovere morale imposto sia a quelli di voi che pensano alla sicurezza di Israele, sia a chi ha consapevolezza della continua violazione dei diritti dei palestinesi.
Aiutateci a dire "restiamo umani”.

Amici della Mezzaluna Rossa Palestinese




Anonymous per Gaza
Il testo (tradotto da Nena News) dell'appello video di Anonymous contro l'assedio e il bombardamento di Gaza.

Cari cittadini di tutto il mondo, questo è Anonymous. Il governo israeliano ha ignorato i ripetuti avvertimenti sulla violazione dei diritti umani, bloccando internet e maltrattando i propri cittadini e quelli dei paesi vicini. Novembre 2012 sarà un mese da ricordare per le forze di difesa israeliane e le forze di sicurezza di internet. Colpiremo tutti i siti web che riteniamo essere nel Cyberspazio israeliano come rappresaglia per i maltrattamenti degli abitanti di Gaza. Anonymous ti ha osservato ha inviato un chiaro avvertimento sul nostro intento di prendere il controllo dello spazio informatico israeliano in conformità con i diritti umani fondamentali di libertà di parola e di diritto a vivere. Alle 9 di mattina (fuso orario del Pacifico), sono stati attaccati 10.000 siti israeliani. L'attacco alla popolazione di Gaza, al popolo palestinese o a qualsiasi altro gruppo verrà considerato come una violazione degli obiettivi del collettivo Anonymous di proteggere i popoli del mondo. Israele, è nel tuo interesse cessare ogni ulteriore azione militare o le conseguenze peggioreranno di ora in ora. Questo è un messaggio di Anonymous Op Israele, Danger Hackers, Anonymous Special Operations e del Collettivo Anonymous di tutto il mondo. Tratteremo ogni ulteriore morte come un attacco personale ad Anonymous e reagiremo in modo rapido e senza preavviso. I nostri cuori sono con i bambini, le donne e le famiglie che stanno soffrendo in questo momento, a causa dell'abuso della potenza militare del governo di Israele. Fratelli e sorelle di Anonymous, vi invitiamo a protestare contro il governo israeliano e qualsiasi alleato della forza ostile. Ora è il momento per Anonymous di aiutare le persone che stanno soffrendo. Aiutate le persone che vengono sfruttate. Aiutate quelli che stanno morendo e ciò favorirà la collettività nel suo insieme. Noi cercheremo di portare la pace a Gaza a coloro che così disperatamente ne hanno bisogno. Chiediamo al collettivo Anonymous di hackerare (hack, dock, hijack, database leak, admin takeover, four oh four and DNS terminate) il Cyberspazio israeliano con ogni mezzo necessario. Al governo israeliano diciamo che Anonymous si è stancato del suo bullismo e che ora pagherà le conseguenze delle sue azioni. Una guerra informatica è stata dichiarata allo spazio informatico israeliano. Vedrete esattamente ciò di cui siamo capaci. Israele, l'angelo della morte calerà sul vostro spazio informatico.

Noi siamo Anonymous.





16/11/12

I tecnici del manganello

di Marco Bascetta

Se nelle piazze italiane di 87 città, da Milano a Torino, da Roma a Napoli, da Padova a Brescia e a Pisa abbiamo visto in azione ieri i «professionisti della violenza», questi indossavano immancabilmente caschi blu, anfibi e pantaloni con la riga rossa. I tecnici del manganello hanno dato prova di una tecnica assai primitiva: menar botte da orbi su chi capitava a tiro e incutere il massimo di terrore a una massa imponente di giovani e giovanissimi, in gran parte alla loro prima esperienza di piazza. Mai visti prima, ignoti perlopiù alle stesse realtà consolidate di movimento. Poca organizzazione, nessun disegno preordinato, molta rabbia e molto coraggio nell'affrontare tutti insieme una violenza spropositata, improvvisa e incomprensibile. Solo la consueta faziosità dei media, smentita da numerose immagini e testimonianze, ripropone il trito dualismo tra tanti giovani di buona volontà e frange organizzate di militanti pronti allo scontro e inclini al saccheggio. A Roma, con una scelta ai limiti della follia, la polizia blocca il corteo in un punto del lungotevere assolutamente privo di vie di fuga. Non si vuole disperdere, si vuole picchiare. Il panico avrebbe potuto provocare un vero disastro. Perché solo in Italia a un corteo è interdetto, a colpi di lacrimogeni e di manganello, di portare la propria voce sotto le finestre della cittadella del potere? Un corteo che non aveva nulla di minaccioso se non la sua sacrosanta distanza dalle rappresentanze politiche. E il suo rifiuto delle logiche indiscusse e indiscutibili che governano la gestione della crisi, fuori da ogni dimensione democratica. Nella capitale d'Italia esiste, come a Pechino, la città proibita e la sua inviolabilità non riguarda in alcun modo una questione di ordine pubblico, o una minaccia reale per i suoi disprezzati abitanti, ma un fatto simbolico, un gesto di arroganza che segna il confine netto tra governanti e governati. Confine che nel tempo del governo tecnico e postdemocratico, conviene sottolineare ulteriormente e senza equivoci. A Roma come ad Atene o a Madrid, dove pur governa una destra politica screditata e ormai invisa ai più e dove una marea montante di indignati e di incazzati invade la città. C'è un principio decisivo e mai enunciato nella dottrina della «spending review»: i bastoni costano meno delle carote. E, soprattutto, non alimentano illusioni. È possibile non far tornare più questo conto? Finora neppure i greci ridotti allo stremo e impegnati in una estenuante guerra di piazza ci sono riusciti. Ma con ogni evidenza, soprattutto tra le giovani generazioni, colpite fino all'inverosimile dalle politiche di austerità, dileggiate dalla stupidità e dall'improntitudine dei governanti, bastonate a ogni tentativo di insorgenza, sta crescendo un temibile fronte del rifiuto dal quale l'Europa distoglie lo sguardo, contando sulla frammentazione dei dominati nei diversi paesi del continente e sulla solida unità delle sue oligarchie. È un movimento in larga parte spontaneo, sospinto dall'esperienza individuale e collettiva e dalle nuove forme politiche che questa va assumendo più che dall'ideologia. Su questa prospettiva si abbattono i manganelli.





Numeri identificativi per la polizia in antisommossa: Firma Qui


12/11/12

Power to the people: Patti Smith


Un complesso intreccio di cultura e musica, di poesia e rock 'n' roll, di frustrazioni quotidiane e aspirazioni ribelli, una vita in permanente contradizione tra  purezza e perdizione. Patti Smith  ci parla delle  delle sue canzoni e degli amici di sempre, Robert Mapplethorpe e Allen Ginsberg, di Fred Smith, dell'Italia. E di politica,  a Vienna dopo l’uragano. (n.d.r.)


di ELFI REITER
Vienna

Jet legged, stordita da Sandy, l’uragano che ha spazzato la zona del New Jersey, compresa New York, dopo sei giorni passati senza luce, senza riscaldamento, senza cibo, senza internet, senza telefono, ce l’ha fatta ad arrivare a Vienna per un evening to remember svoltosi al Metrokino, piccola sala cinematografica del secolo scorso, un teatro all’italiana con la forma a ferro di cavallo, i palchi e le strutture in legno scuro dalle linee tondeggianti alla Bernini e i comodi sedili in velluto rosso scuro: Patti Smith, la lady del rock ha recitato, cantato e parlato per un’ora e mezza, sola sul piccolo palco, lei e due chitarre, un tavolino tondo e unmazzo di fiori bianchi e verdi, stregando le circa duecento persone presenti da far culminare i continui applausi a scena aperta in una lunga standing ovation finale. L’artista dalla voce roca sonante e potente, di cui tutti/e ricordiamo Because the night (e non solo perché è la sigla di Fuori Orario) è stata ospite della Viennale 2012 perché co-produttrice del film presentato in prima mondiale, Museum Hours di Jem Cohen.

Grande amico del festival, lui non è potuto essere presente a causa di un’improvvisamalattia della madre adorata, grande amica di Cohen e amante della città di Vienna dove aveva cantato per la prima volta nei lontani anni settanta nella grande sala del Konzerthaus dove già avevano suonato i leggendari classici Mozart e Beethoven, lei ha investito 30mila euro in questo film di finzione girato per metà negli interni del Kunsthistorisches Museum e per metà in giro per le strade e i luoghi della capitale austriaca che risplende del fascino imperiale di un tempo che fu, ma sa accogliere magistralmente anche le arti più innovative nei varimusei, centri d’arte, teatri e altri templi delle arti antiche e non. La produzione di Museum Hours è americana, ma viennese è stato il supporto, non ultimo grazie alla stessa Viennale e allo Stadtkino, la sala comunale che fa anche distribuzione e per l’Austria infatti è il distributore del film che da quanto si legge sul catalogo è un inno alla vita, all’amore, all’arte. Parole che risuonano anche continuamente per tutta la serata, del 4 novembre, narrandoci Patti Smith dei tempi in cui, giovanissima, era arrivata a New York, nell’estate 1967, il giorno in cui era morto John Coltrane. Quell’estate era cambiata la sua vita, perché aveva incontrato RobertMapplethorpe. Ed ecco che veniamo a sapere che la sera da ricordare, è il giorno del compleanno di Robert che è anche il giorno della morte di Fred Smith, suo marito.
Mentre un’altra analoga coincidenza vuole che il 9 marzo sia la seconda data chiave per Patti: il 9 marzo 1978 aveva conosciuto, per caso sottolinea lei, il suo futuromarito, Fred, in una festa per festeggiare l’uscita dell’album Horses, e vent’anni dopo, esattamente nello stesso giorno del mese di marzo eramorto Robert: correva l’anno 1998. Due date, due uomini. I suoi due uomini, uno per la vita artistica, uno per la vita privata: con Mapplethorpe era cresciuta artisticamente, con Fred sul piano umano mettendo al mondo anche due figli, una donna e un uomo. Quando prende in mano la prima volta una delle due chitarre posate sul palco, una marron e una nera, lei ringrazia coloro che gliel’hanno prestate. La tempesta abbattutasi sulla grande mela e dintorni nei giorni 28 e 29 ottobre le avevano impedito di portare con sé la sua: tutta l’attrezzatura tecnica era in un deposito. Allagato. Inaccessibile. Parte il song Grateful. Fred era morto il giorno, in cui era nato Robert, così il 4 novembre è per sempre, come ogni 9 marzo, il giorno più felice e più triste nella sua pur emotivamente ricca vita. Poi Patti Smith racconta come si erano incontrati, lei e Robert, nell’estate 1967, per strada, due outsider, due misfits, che si erano trovati per vivere insieme nell’arte, ognuno nella sua, lui nella fotografia, lei nella musica. Mapplethorpe aveva sempre detto «vivo per e nell’arte, da solo», sottolinea tenendo in mano il libro nero da cui legge i testi, Just Kids (uscito nel 2010 in Italia per Feltrinelli, ndr), che narra appunto la storia artistica tra loro due. Immersa nel racconto della sua giovinezza, nell’underground newyorkese anni settanta, intona Wing, un song per giovani ai quali dice di inviarlo e lo dedica a tutti coloro che oggi hanno vent’anni: «ero come un’ala che si era innalzata nel cielo blù…».

11/11/12

Playlist

ULTRASUONATI  

ULTRAVISTI 

ULTRASFOGLIATI 

di questo inizio NOVEMBRE


ULTRASUONATI




Alabama 3 - Woke Up This Morning

Supermellow Man - Echo and the Bunnymen

Metallica - Hero Of The Day

The Orb featuring Lee Scratch Perry - Golden Clouds

Frantic - Metallica

Los Lobos - Viking

Allah-Las  - Seven Point Five

Maserati - The Eliminator

The Smiths - The Headmaster Ritual

Jefferson Airplane - White Rabbit

Kinks - Living on a Thin Line

Allah-Las - Don't You Forget It

She Past Away - Sanrı

The Jesus And Mary Chain - Sometimes Always

The Game -  Echo and the Bunnymen

Latin Playboys - Manifold di Aour

Morphine - Buena

Synthetik - HTRK

Johnny Thunders - You Can't Put Your Arms Around A Memory



ULTRAVISTI

The Walking Dead

Ancora gli zombie della serie ormai diventata un cult. Meno fumettistica e ancora più attenta ai risvolti umani e psicologici dei suoi personaggi, in particolare quello di Rick Grimes. Sempre  più integerrimo, taglia teste e impartisce ordini, ma il suo non è un semplice tiro al bersaglio, i morti viventi non sono l'unica minaccia per la loro vita, per lui gli zombi non sono altro che la metafora del male che tutti noi ci portiamo dentro. Nel profondo è convinto che comunque non possa esserci un futuro per l'umanità. Entra in scena nella nuova serie il Governatore, a capo di un “rifugio”, la cittadina di Woodbury trasformata in un fortino,  personaggio anticipato nel libro  The Walking dead: L'ascesa del governatore. Robert Kirkman, il creatore della serie e sceneggiatore, scrive insieme a Jay Bonansinga la storia di un uomo dai molteplici aspetti, Philip Blake, che da timido e remissivo diventa spietato e disposto a tutto. Uno sguardo al suo passato che ci ha fatto capire come arriva a diventare il Governatore di Woodbury.

Una delle citazioni preferite è di Rick Grimes:" Questa, non è più una democrazia"..





I Soprano

Inizialmente, un pò ostica. Non mi piaceva il modo in cui veniva rappresentata la banda di mafiosi di Tony Soprano, la sua visione antropologica della malavita organizzata contemporanea, quella dei cosiddetti piccoli operai del crimine. Un pò di stereotipi sugli immigrati italiani, soprattutto quelli del sud, la violenza a volte giustificata quasi come necessaria, il tran tran familiare e i problemi personali. Ma alla fine sono proprio questi aspetti che ne fanno un grande affresco pop, con il suo linguaggio decisamente fuori dai canoni televisivi classici (dall'adulterio, alla violenza, al sesso, sfidando luoghi comuni e tabù). Mario Cuomo in America e Gianfranco Fini in Italia hanno stroncato la serie, sostenendo addirittura che possa essere.. " un pericolo per la società e soprattutto per i giovani". In realtà I Soprano non fà altro che descrivere realmente la sottocultura e l'ignoranza che caratterizzano le "famiglie" mafiose italo americane, che hanno come principali caratteristiche la violenza e la volgarità intellettuale.
Imperdibile poi l'interpretazione di Little Steven, nei panni di del consigliere di James Gandolfini (Tony) Silvio Dante, e una colonna sonora strepitosa.

Steven Lento (Madre  di Sambiase, ora Lamezia Terme in provincia di Catanzaro in Calabria) , anche Steve Van Zandt, o anche  Little Steven, (in onore di Little Richard), o ancora, Miami Steve ( per il fatto che pare soffra sempre il freddo!).
Scoprì Little Steven come chitarrista nella E-Street Band di Bruce Springsteen ma mi piaceva molto il suo terzo album solista Freedom - No Compromise, con le indimenticabili "Bitter Fruit" (scritta e cantata insieme a Ruben Blades, famoso cantante panamense di musica latina) e Native American, dove è eplicito nel difendere i diritti violati degli Indiani d'America, anche se tutto il disco (come il precedente Voice of America) è un attacco senza mezzi termini  alla politica del governo USA.

Cantante, chitarrista, produttore, disk-jokey, ma nessuna esperienza  cinematografica diventa uno dei protagonisti della serie televisiva dell'HBO, scelto dopo che lo sceneggiatore rimase colpito dal suo volto ritratto sulle  copertine di  alcuni suoi album.

Spesso mi accompagna nelle mie notti dalle onde radio del Little Steven's Underground Garage, lo show dove Little, grande conoscitore di garage e di altri generi e sotto generi del rock, dagli anni Cinquanta ad oggi, riesce a mischiare Buddy Holly, The Strokes, The Shangri-Las, The Beatles, e i Ramones, attraverso due ore di musica e grandi ospiti. Il programma, oltre che in streaming, è ascoltabile settimanalmente in Italia, trasmesso da RadioCittà Futura



Red Light

Film spagnolo del regista del claustrofobico Buried (Sepolto), ma con una trama intrigante, anche se non originalissima, e una buona suspence. Matheson (una rinata Sigourney Weawer) e il suo collega Buckley a caccia di fenomeni paranormali tarocchi da smascherare, quando irrompe dal passato Silver, non vedente star assoluta di fenomeni inspiegabili, (un grande Bob De Niro) e sarà guerra all'ultimo sangue. Le Red Light sono le luci del semaforo che ci intimano di fermarci..  



ULTRASFOGLIATI

Svegliatevi, Dormienti - Philip K. Dick

Il Re Pallido. Romanzo incompiuto - David Foster Wallace

Rockriminal. Murder ballads. Storie di rock balordo e maledetto - Sergio G. Lacavalla

L'Espresso


Nemico Pubblico - Bryan Burrough





10/11/12

I Cinque di Cuba: l'incredibile storia

Gerardo Hernández Nordelo, Ramón Labañino Salazar, Antonio Guerrero Rodríguez, Fernando González Llort e René González Sehwerert (gli ultimi due non sono parenti) .
Il loro caso è tipico dei processi politici criticati dagli Stati Uniti come violazione del rispetto dei diritti umani quando avvengono in altri paesi. A meno che non vi sia un capovolgimento dopo l’appello, potrebbe essere citato, con ogni probabilità, come un precedente per rifiutare un giusto processo ad altri uomini e donne che vengano giudicati negli Stati Uniti. Dopo decenni di attacchi contro l’isola di Cuba (incendi dolosi, sabotaggi, assassinii, e l’uso di armi biologiche) perpetrati da gruppi terroristici anticubani del sud della Florida, con l’appoggio ed il consenso del governo degli Stati Uniti, e dopo reiterati rifiuti da parte del governo nordamericano ad adottare misure per evitare tali violenze, un gruppo di uomini disarmati arrivarono negli Stati Uniti provenienti da Cuba per monitorare le attività dei mercenari responsabili di tali attacchi e le organizzazioni che li sostengono, ed avvertire Cuba delle loro intenzioni aggressive.

Il 12 settembre del 1998, cinque di questi uomini, noti successivamente come I Cinque Cubani, (Antonio Guerrero nato a Miami, Fernando González nato a La Avana, Gerardo Hernández nato a La Avana, Ramón Labañino nato a La Avana, René González nato a Chicago) furono arrestati nel Sud della Florida da agenti dell’FBI e tenuti in celle d’isolamento (dette hueco – buco - in spagnolo, per le loro dimensioni: 2 metri per 1 senza finestre) per 17 mesi, prima che il loro caso venisse portato davanti ad un tribunale.

All’inizio vennero incolpati con la vaga accusa di cospirazione al fine di spionaggio, che secondo la legge degli Stati Uniti presuppone un accordo per compiere azioni di spionaggio (la procura non li ha mai accusati di spionaggio reale, né ha mai affermato che vi fosse stato spionaggio reale, giacché non fu loro mai sequestrato alcun documento militare riservato). I Cinque hanno dovuto far fronte anche ad accuse minori per aver utilizzato nomi falsi e per non aver informato le autorità federali di lavorare in territorio nordamericano per conto di Cuba.

Sette mesi dopo si aggiunse un’altra accusa di cospirazione (ma questa volta per aver commesso un omicidio) a carico di uno dei Cinque, Gerardo Hernández. Questa imputazione era il risultato di una intensa campagna pubblica per vendicare l’abbattimento, da parte della Forza Aerea Cubana, di due aerei da turismo appartenenti ad un gruppo anticastrista “Hermanos al Rescate”, e la morte dei suoi 4 occupanti. Avvenimento questo, accaduto due anni prima (24 febbraio 1996), quando gli aeroplani si trovavano dentro lo spazio aereo cubano o stavano per uscirne. Questi velivoli da turismo, che appartenevano all’organizzazione “Hermanos al Rescate”, nei venti mesi precedenti all’abbattimento, avevano violato lo spazio aereo cubano per ben 26 volte e furono oggetto di reiterate proteste da parte del governo cubano. L’abbattimento ebbe luogo dopo l’avvertimento ufficiale delle autorità cubane al governo degli Stati Uniti, con cui si dichiarava che a partire da quel momento il loro spazio aereo sarebbe stato difeso.

09/11/12

Giovanni di Leida, Sex Pistols e l'Internazionale situazionista



  
Afrika Bambaata: "Chi vuol essere re o presidente?"
Johnny Lydon:" Io!"

Nel maggio 1534 Giovanni di Leida, un eretico tedesco conosciuto anche come Jan Bocklson, fu dichiarato re della città tedesca di Munster, la nuova Gerusalemme: fu così, proclamato re del mondo intero. Prima in quello stesso anno, un gruppo di anabattisti radicali - una delle molte nuove sette protestanti decisa a sostituire i rituali decadenti della Chiesa con la pratica alla lettera dei Vangeli - aveva preso il controllo di Munster. Dapprima semplicemente costrinsero il consiglio cittadino a far passare una legge che legalizzasse "la libertà di coscienza", che legalizzasse cioè l'eresia, un atto impensabile anche al culmine della Riforma. Gli anabattisti scacciarono rapidamente la maggioranza luterana, ripopolarono la città con vicini che la pensavano come loro e, sotto la guida di un fornaio che si chiamava Jan Matthys, fondarono una teocrazia. In marzo, scrisse Norman Cohn nel 1957 in I Fanatici dell'Apocalisse, Munster era purificata: rifondata come comunità dei Bambini di Dio, obbligati dall'amore a vivere senza peccato.
Tutte le proprietà furono espropriare. Il denaro fu abolito. Le porte furono fatte per essere lasciate aperte giorno e notte. In un grande falò tutti i libri, tranne la Bibbia, furono distrutti. "Il più povero di noi"- affermava un manifesto stampato a Munster allo scopo di sovvertire l'intera regione, - "che prima veniva disprezzato in quanto accattone, ora va in giro vestito sontuosamente, come i più ricchi e i più distinti". Tutte le cose dovevano essere in comune, disse più tardi Giovanni di Leida. Non ci doveva essere proprietà privata e nessuno doveva lavorare, ma solo avere fiducia in Dio. A ogni buon conto i nuovi comandamenti erano applicati con la minaccia dell'esecuzione.
Fuori dalle mura della città, l'anabattismo - frammenti del quale sopravvivono oggi in certe sette pentecostali - divenne un delitto capitale; centinaia, forse migliaia, furono torturati e messi a morte. Il vescovo locale organizzò un esercito di mercenari che assediarono Munster; in una sortita ordinata da Dio contro le forze del vescovo, Ian Matthys fu ucciso e Giovanni di Leida prese il suo posto. Giovanni di Leida corse per la città nudo, e poi rimase muto per tre giorni. Durante quel periodo Dio gli rivelò un nuovo ordine. La rivoluzione sociale di Matthys fu improvvisamente condannata in quanto astratta; Giovanni di Leida avrebbe portato la rivoluzione fino al più piccolo dettaglio della vita quotidiana e la morte sarebbe stata l’unica sanzione contro ogni peccato: omicidio, furto, avarizia, l'insubordinazione dei figli, il dir di no delle mogli.

La poligamia era obbligatoria. Divenne un crimine capitale che le donne in età di far figli rimanessero nubili, o che le nuove mogli riunite sotto il tetto di un uomo non vivessero tra loro in armonia. Si diedero nuovi nomi alle strade e Giovanni di Leida sceglieva i nomi dei neonati. Si misero in scena spettacoli: grandi cene,seguite da decapitazioni. Si tennero messe nere nella cattedrale che era stata sventrata tempo addietro. Tenuti in stato d'assedio, anche se portavano avanti una feroce difesa che teneva aperte le linee di rifornimento, i cittadini di Munster vivevano di razionamenti; Giovanni di Leida festeggiava e si vestiva d’oro e di seta. La Confraternita del libero spirito, che dall'inizio del XIII secolo aveva diffuso per l'Europa le eresie sociali, "tutte le cose in comune, lavorare mai", aveva creduto che per quelli veramente liberi di spirito nessun crimine fosse un crimine e nessun peccato fosse un peccato. In verità la grazia di Dio si poteva trovare nella pratica dei peggiori "peccati", poiché era solo cosi che uno poteva dimostrare incapace di macchia. Giovanni di Leida disse alla sua città che a lui erano consentiti il perdono e il lusso poichè egli "era morto per il mondo e per la carne" e presto, lo sarebbero stati tutti. Nel gennaio 1535 il vescovo riunì le sue forze e assediò la città. Ad aprileogni animale, fino all'ultimo ratto, era stato mangiato, poi l'erba, poi il muschio, poi le scarpe, poi gli intonaci e finalmente i corpi umani. Giovanni di Leida annunciò che, come prometteva la Bibbia, Dio avrebbe trasformato le pietre delle strade in pane, la gente tentò di mangiarle. Maledetto con la dannazione eterna, chi dubitava poteva andarsene; uomini nel pieno delle forze furono immediatamente uccisi dalle truppe del vescovo. Donne, bambini e vecchi, come se fossero infetti dalla peste furono lasciati tra le mura a morire di fame. Implorando la morte, ululando, si trascinavano sulle ginocchia cercando radici, mangiando la terra. Aumentando all'interno della citta' la resistenza nei suoi confronti, Giovanni di Leida iniziò lui stesso le esecuzioni. I cadaveri venivano fatti a pezzi e i pezzi inchiodati a pali. Nel giugno 1535 la città fu tradita e presa: esclusi Giovanni e due suoi fedeli, tutti gli uomini furono sterminati. "Per ordine del Vescovo", scrive Norman Cohn, Giovanni di Leida "fu per un periodo condotto in giro con catene e esibito come orso ballerino". Nel gennaio 1536 lui e i suoi due seguaci, ancora vivi, furono riportati a Munster, dove "furono pubblicamente torturati a morte con ferri incandescenti. Per tutta l'agonia l'ex re non emise un suono e non fece un movimento. Dopo l'esecuzione i tre corpi furono appesi alla torre della chiesa nel mezzo della città, in gabbie che si possono ancor oggi vedere".
Tutto questo per un vero Cristo, per un vero Anticristo.

 Nick Cohn, uno dei primi critici rock, e' figlio di Norman Cohn; nel 1968, in Pop from the Beginning, ripudia qualsiasi pretesa di significato del rock, definendolo invece un'anarchia pura e sensuale, riassunta nella parola d'ordine di Little Richard (che ai tempi dei Sex Pistols si guadagnava la vita come evangelista denunciando il rock 'n' roll come musica del demonio): A WOP ALOO BOP, A LOP BAM BOOM. Nik Cohn non era probabilmente interessato alla possibilità che la filastrocca di Little Richard potesse essere collegata, con un salto di migliaia di anni, alle nenie gnostiche che, tramandate nel tempo, finirono per diventare le preghiere proposte da mistici come Giovanni di Leida, e che dopo entrarono nelle chiese pentecostali, dove Little Richard imparò il linguaggio di Tutti Frutti. Nik Cohn può non aver preso in considerazione la possibilità che una versione di questa storia, raccontata da suo padre, abbia prodotto il denaro che lui aveva usato per comprare i dischi di Little Richard. Cohn interpretava le sillabe di Little Richard come un attacco al significato in quanto tale, come un mezzo per una perfetta liberazione da esso; egli sosteneva che chiunque credesse diversamente, chiunque credesse che il rock'n'roll avrebbe potuto sostenere concetti più complessi di si o no, o raccontare storie più intricate di voglio o lasciami in pace sarebbe stato distrutto dalla forma stessa, punito per averla tradita. Si sarebbe potuto creare un successo, diceva, e poi interpretare la reazione al sound, che si faceva come dimostrazione che si aveva qualcosa da dire, ma non è vero. ll rock’n’roll non ha nulla da dire, è solo un rumore divino da fare, e chiunque avesse creduto altrimenti sarebbe finito come un vecchio malmesso con il piffero, in piedi nella pioggia mentre cercava di farsi ascoltare, di fare in modo che qualcuno lo ascoltasse, di creare un altro successo. Naturalmente, diceva Cohn - insistendo che il rock'n'roll è la musica che crea l’attimo e quindi lo sostituisce - cosi avrebbe fatto chiunque altro. Un giorno, uscendo dal supermercato, ho visto quattro neri sulla cinquantina che canticchiavano Earth Angel mentre caricavano delle casse su un camion, e un pensiero mi colpi: erano forse stati, una volta, i Penguins? Cos’altro potrebbero stare facendo i Penguins, trent’anni dopo il loro unico successo? Non importava; se quel suono era rimasto vivo, non come ricordo ma come momento che si rinnova, per tre decenni, non faceva nessuna differenza. Questi sono i vecchi malmessi con i loro pifferi, e lo è chiunque li ascolti.

Alla fine del 1976 viene pubblicato a Londra un singolo, Anarchy in the UK, e questo evento lanciò la trasformazione della musica pop in tutto il mondo. Nata da un gruppo rock di quattro elementi e scritta dal cantante Johnny Rotten, la canzone racchiude in sé una schematica forma poetica: la critica della società moderna, un concetto già formulato vent’anni prima da un gruppo francese di intellettuali: l’Internazionale situazionista. Il gruppo, fondato nel 1957 da Guy Debord divenne famoso durante il maggio francese del ’68, quando le premesse delle loro critiche furono trasformate in precisi slogan poetici e graffiti lungo le mura parigine. Dopo questi avvenimenti il loro grido fu affidato alla storia e il gruppo scomparve..

Ogni manifestazione nuova riscrive il passato, trasforma vecchi criminali in nuovi eroi, vecchi eroi che non sarebbero mai dovuti nascere e nuovi personaggi vanno a frugare nel passato in cerca di predecessori, perché le radici sono leggitime e l’attualità dubbia.

Lipstik Traces


05/11/12

Nuovi social: di quartiere



Boom delle piattaforme che collegano i vicini di casa. Per scambiarsi lo zucchero o per coordinare campagne di lotta civica: si risparmiano soldi e si ricicla quello che non serve più

 

Ti serve il trapano, ti è finito lo zucchero o non sai come rimontare la serranda del salotto? Loggati e vedi chi può darti una mano. Magari anche per le ripetizioni di tuo figlio. Non solo, ovviamente. L’idea di base dei vari social neighborhood network, le piattaforme di quartiere che stanno registrando un’autentica esplosione in tutto il mondo, è quella di scambiarsi informazioni sulla vita dell’isolato, condividere risorse sia concrete (per esempio cofinanziare un lavoro stradale da troppi anni sospeso) che battaglie civiche, come esercitare maggiore pressione sull’amministrazione comunale per strappare una decisione importante per la vita dei cittadini.

Insomma: la rivoluzione del vicinato casalingo passa ormai, come dozzine di altri ambiti della nostra vita, per le nuove possibilità offerte dal web. Per abbattere i consumi, limitare gli sprechi di risorse, riciclare con intelligenza quello che non ci serve più o cercare consigli, conoscenze, abilità. In un mix fra crowdfunding, knowledge sharing, banca del tempo e baratto 2.0. Non è un caso, d’altronde, che un recente sondaggio del Pew Research Institute sostenga che nel 2008 il 31% degli americani dichiarasse di non conoscere il nome dei propri vicini: due anni dopo la percentuale era scesa al 18%. Ecco, sull’onda di questa rinascita della porta a fianco, i cinque social network di quartiere più utilizzati.

Nextdoor
Lo spunto di partenza del gigante del settore (che ha raccolto appena l’estate scorsa altri 18 milioni di dollari da investitori come Benchmark Capital e Shasta Ventures) non è certo fare amicizia, come su Facebook. Su Nextdoor, in particolare, si punta a mettere in piedi un database di informazioni attendibili sulla propria zona, proprio perché user-generated. I margini di manovra sono piuttosto larghi: vuoi sapere chi frequenta certe strutture come scuole e palestre, ritrovare la tua bici rubata, cercare una brava colf o l’elettricista che non tiri fregature? Allora è il posto che fa per te. Ciascun utente deve verificare la propria appartenenza al quartiere ­– anche perché un altro dei must è quello di incrementare la rete di sicurezza locale – e il gioco è fatto: recensisci e segnali servizi, persone o tematiche che stanno a cuore (o semplicemente servono molto) alla comunità. Negli Stati Uniti lo stanno già utilizzando decine di cittadine più o meno grandi per un totale di 5.000 comunità.

Streetbank
Streetbank ha invece un taglio più da baratto, o banca del tempo, che ne è la versione pratica e teorica. L’obiettivo è infatti scambiarsi oggetti o servizi con i vicini. Libri, dvd, abiti particolari ma anche articoli di solito legati alle attività di casa: la scala, le forbici da giardino, la falciatrice e, ovviamente, tutta la gamma di abilità e conoscenze utili ad aggiustare, sistemare, porre rimedio ai tipici problemi domestici. Anche in questo caso si usa il codice d’avviamento postale per registrarsi, garantendo la propria residenza in zona, si stabilisce qual è la propria specialità (o cosa si ha da cedere) e automaticamente si è autorizzati a dare un’occhiata a tutto ciò che mettono a disposizione gli altri cittadini nel raggio di un paio di chilometri.

Freecycle
Approccio ancora diverso per Freecycle: la piattaforma nasce come puro stimolo al riciclo di cose e oggetti. Conta quasi 10 milioni di membri divisi in oltre 5.000 gruppi in 51 Paesi del mondo. Un autentico network del baratto glocale dietro al quale si nasconde un movimento no profit. Riuso e smaltimento intelligente di quello che non ci serve più: questi gli snodi al centro dell’azione delle migliaia di cittadini che lo popolano. Ogni gruppo locale è moderato da un volontario del posto e ovviamente l’adesione è libera. Mentre i due social precedenti sono al momento attivi solo negli Usa – ma si stanno preparando a sbarcare in Europa – Freecycle conta tantissimi aderenti anche in Italia, da Milano a Torino passando per Roma e Napoli, Vicenza ma anche Zagarolo o Pomarance, solo per citare alcune città grandi e piccole per le quali è presente un gruppo dedicato ( qui la lista completa dei gruppi tricolori).

Neighborgoods
Più che scambiarsi oggetti, Neighborgoods serve ad affittarseli. Anzi, più correttamente, a prestarseli a vicenda. Una community dove risparmiare soldi e tempo condividendo qualsiasi cosa con gli amici. Ti serve una scala? Chiedila a quelli del palazzo di fronte. Hai una bici che prende polvere in cantina? Prestala e guadagnati un nuovo amico. D’altronde, il principio di base è sottolineare quanti soldi dilapidiamo per comprare oggetti che magari finiamo con l’usare giusto un paio di volte. Neighborgood punta dunque a diventare un inventario digitale di quanto c’è a disposizione, in sharing, nella nostra area e che ci aiuti a capire il valore di ciò che già possediamo. Senza contare il ritrovato rapporto con chi ci abita a fianco. La differenza è che l’affitto si può anche far pagare, diversificando il proprio annuncio: per esempio, tenendo fuori dalla tariffa alcuni utenti. Il social ci mette del suo fornendo il calendario delle prenotazioni, reminder automatici, avvisi per oggetti che cerchiamo e messaggistica privata.

OhSoWe
Messo in piedi dal fondatore di OpenTable, Chck Templeton, è una sorta di versione sviluppata di Neighborgoods (quanto al concept, visto che graficamente pare il più spartano dei cinque). Nel senso che oltre allo scambio di oggetti punta ad alimentare dibattito e coinvolgimento dei cittadini su base locale. Insomma, si lega al tema della democrazia digitale.  Forse è il più scivoloso, però, in termini di privacy: comprende infatti elenchi di persone che vivono intorno a noi, con indirizzo verificato, una bacheca pubblica a disposizione dei vari gruppi e uno spazio dedicato allo scambio strettamente inteso.  Il payoff, molto chiaro, è: “ Condividi, paga meno, aiuta i vicini”. “ Solo affittando o prendendo in prestito un paio di oggetti ogni mese, anziché acquistarli, si possono risparmiare migliaia di dollari ogni mese” dicono dal quartier generale. Perché comprarle, allora?

Wired.it


04/11/12

La tortura e gli animali: l’umanità ridotta a batteria di polli

Dall’uomo al centro dell’universo all’umanità ridotta a batteria di polli

di  BEATRICE ANDREOSE
(per Alias)

Un po’ di compassione. In una lettera inviata all’amica Sonja Liebknecht, Rosa Luxemburg la
chiede per un bufalo al giogo che vede mentre si trova nel carcere di Breslavia. Una lettera da cui prende l'avvio un canto polifonico sul tema della sofferenza a cui gli animali sono sottoposti dalla crudeltà umana. «Saevitia in bruta est tirociniun crudelitatis in homines», la crudeltà verso gli animali insegna la crudeltà verso gli uomini. Per Tommaso d’Aquino, che nel XIII° secolo riprende l’affermazione di Ovidio, il rischio di diventare crudeli viene corso non solo dagli autori delle violenze ma anche da chi vi assiste. Pertanto, anche se l’uomo non ha alcun dovere diretto verso gli animali, ritenuti sempre al di fuori della sfera morale, deve però evitare spettacoli crudeli ai suoi simili. Secondo Kant «l'uomo deve mostrare bontà di cuore verso gli animali perché chi usa essereinsensibile verso di essi è altrettanto insensibile verso gli uomini».

Questa la filosofia che oggi influenza la norma ma che, tuttavia, non evita spesso sofferenze o tortura nei confronti degli animali. Il tema «La tortura e gli animali» è stato al centro di un workshop veneziano organizzato tempo fa dal Centro studi sui diritti umani - «Per i diritti del vivente, degli individui, delle comunità, dei popoli» - di Cà Foscari, che si occupa dei diritti umani di prima e seconda generazione, ma anche dei diritti collettivi, di quelli frazionari (genere, gruppi, etc.) e degli altri, quindi anche di quelli animali. Il seminario ha riunito attorno allo stesso tavolo, in una splendida sala con sguardo sul Canal Grande e il ponte di Rialto, etologi, filosofi, giuristi, antropologi per fare il punto sul quadro giuridico e filosofico in merito alla sofferenza e, quindi, al benessere animale. Chi rammenta le urla strazianti degli animali macellati raccolti dal video realizzato da Alberto Grifi sul tema del mattatoio? Ebbene, ad ispirare i numerosi relatori del convegno il sottotitolo preso a prestito da Isaac Singer «Per gli animali è sempre Treblinka», vi sono anche alcuni numeri sugli allevamenti intensivi che nella sola Europa interessano circa due miliardi di volatili e trecentomilioni di mammiferi. Tutto inizia da Aristotele, Cartesio qualche secolo dopo teorizza che il discrimen tra coscienza ed incoscienza è il linguaggio, senza parola non esiste intelligenza né coscienza. Il paradigma «realista-cartesiano» considera l’animale interamente determinato dalla sua genetica e portatore di routines  comportamentali. L’antropocentrismo pone al centro dell’universo l’uomo, tutti gli altri esseri viventi sono al suo servizio. La stessa etologia, lo studio delle condotte animali, è una disciplina costruita sul presupposto di una netta demarcazione tra l’uomo e tutti i viventi che non sono l’uomo, dunque su una dicotomia forte tra umanità e animalità. Per lungo tempo si è ritenuto che non esistesse nessun dovere morale (né tanto meno giuridico) nei confronti degli animali, considerati come res, cose, di cui gli uomini, signori del creato, potevano disporre come meglio credevano. «Ciò che soprattutto conta è nascondere la violenza, renderla impensabile, invisibile, lontana dagli occhi del fanciullo che ne verrebbe diseducato - spiega il prof. Lauso Zagato giurista, docente di diritto internazionale all’università Cà Foscari e promotore del convegno - Non a caso la tradizione penalistica italiana, dal codice Zanardelli (ma anche prima la legge del granducato di Toscana) vietava le manifestazioni esteriori di crudeltà. Il bene giuridico tutelato è solo ed esclusivamente la sensibilità umana».

 Nel 1993 però qualcosa cambia. Si fa strada anche a livello legislativo, dopo essere stata a lungo dibattuta in ambito filosofico, l'idea che gli animali in quanto esseri senzienti e sensibili, vanno protetti dalla crudeltà umana per loro stessi e non per scopi indiretti, educativi o simili. In campo etologico c’è chi, come Dominique Lestel che ha lavorato soprattutto nel campo della cosiddette «scimmie parlanti», è in linea con le attuali posizioni della biologia fortemente critiche nei confronti del determinismo genetico. Lestel considera la genetica soltanto un vincolo tra gli altri e sottolinea che «l’animale innova e inventa». «All’idea cartesiana dell’animale-macchina, che dà risposte prevedibili e spiegabili meccanicisticamente, Lestel contrappone l’idea dell’animale-ermeneuta. Ovvero l’animale interpreta costantemente il mondo che lo circonda, gli altri esseri viventi e se stesso - ha ricordato la filosofa della scienza Maria Turchetto - L’osservatore perciò elabora le interpretazioni dell’animale osservato (di qui il «bicostruttivismo») e accetta l’interazione con esso anziché attribuirsi la posizione di chi è al di sopra del mondo per osservarlo». Gli animali vengono però divisi: da una parte ci sono quelli destinati agli allevamenti intensivi, dall’altra quelli con comportamenti e caratteristiche simili all’uomo, tra cui i grandi antropoidi (scimpanzé, gorilla ed oranghi) ed i cetacei. I primi, ha spiegato l’avv. Monica Gazzola, appartengono alla famiglia degli ominidi e sono tutelati anche dalla normativa U.E che nel 2010 con la direttiva n.63 ha vietato la sperimentazione scientifica su di essi. La Gazzola ha ricordato i più recenti studi delle neuroscienze secondo cui l’origine neuronale della coscienza risulterebbe indipendente dal linguaggio. Gli scienziati-filosofi Humberto Maturana e Francisco Varela spiegano l’esistenza di linguaggi (intesi come interazioni orientanti) anche in animali diversi dall’uomo, in particolare tra primati e delfini. Alcuni scienziati propongono il riconoscimento del diritto alla vita dei cetacei. Recentemente, una corte distrettuale statunitense ha esaminato un ricorso contro il parco acquatico Sea world per violazione del 13° emendamento (divieto di schiavitù e servitù) presentato dall'associazione ambientalista PETA. Cinque orche del parco sono state nominate, per la prima volta, come ricorrenti. Il giudice ha respinto il ricorso, argomentando che il 13° emendamento non si applica alle «non persons» come le orche. «Sul piano del diritto internazionale, il diritto alla vita dei cetacei non può dirsi affermato, nonostante la prassi di alcuni Stati si muova verso l’estensione della moratoria sulla caccia alle balene. Tuttavia, se la prassi si consolidasse,-ha affermato la giurista Sara De Vido - i tre Stati cacciatori diventerebbero ’persistent objectors’, senza ostacolare pertanto la formazione di una norma consuetudinaria che riconosce il diritto alla vita dei cetacei». Sul piano giuridico internazionale il benessere degli animali sta sempre più assumendo una dimensione autonoma, come valore da tutelare per evitare sofferenze non necessarie. Elisa Baroncini, giurista dell’Università di Bologna, ricorda come l’organizzazione mondiale del commercio ha, per la prima volta nella storia del sistema multilaterale, giustificato una misura Usa che vietava l'importazione di gamberetti senza tutelare adeguatamente le tartarughe marine che insieme ad essi nuotano. Nella recente causa sull'etichetta Dolphin-Safe (maggio 2012) infatti, l'Organo d'appello ha riconosciuto come interesse legittimo, da tutelare in base all'art. 2.2 dell'Accordo Tbt il diritto all'informazione dei consumatori sui metodi di pesca del tonno, che nell'Oceano pacifico orientale nuota insieme ai delfini, al fine di garantire il non utilizzo delle reti a strascico e del metodo di pesca a circuizione, che uccide, ferisce e stressa notevolmente i mammiferi marini, i quali, anche laddove sopravvivano alle battute di pesca, per lo shock cessano di riprodursi.

La legislazione sul divieto di commercializzazione ed importazione dei prodotti derivati dalla foca, introdotta dall'U.E. nel 2009, rappresenta la prima causa instaurata dinanzi al meccanismo di risoluzione delle controversie dell'Omc che ha ad oggetto esclusivamente il benessere degli animali, nel nostro caso delle foche. Oggi nell’U.E. l’art. 13 del Trattato sul Funzionamento specifica che gli animali hanno un valore intrinseco che deve essere rispettato in quanto essi sono creature senzienti.Uno scenario incoraggiante ma non sufficiente poiché la tortura persiste per gli animali ospiti negli allevamenti intensivi e per quelli da laboratorio. Per il filosofo Giuseppe Goisis, che parla di paradossi ed incoerenza umana, solo il potere crea il diritto e la legge. Pertanto gli animali sono condannati a crudeltà, tortura e sterminio. «Un principio di tutti i totalitarismi che tuttavia non preoccupa nessuno. Bisogna ritrovare la tenerezza, una istanza profonda di una umanità smarrita. L’uomo deve riconciliarsi con la propria animalità e naturalità, dalla loro negazione deriva la sua intolleranza, il disagio, persino la vergogna di sé». Oggi tortura significa soprattutto vivesezione. Come viene giustificata? George Devereux, ricordato dall’antropologa Maria Luisa Ciminelli, parla della distanza tra osservatore ed osservato che trasforma esseri viventi in ’preparati’ come per gli animali mutilati a fini sperimentali che prevedono l’abolizione o eliminazione del fenomeno che si intende studiare. «Ciò serve a legittimare la negazione nevrotica del senso di colpa provato dopo aver inferto il dolore, il «sadismo inconscio» o «latente», il «culto nevrotico della posa scientifica», la «formazione reattiva – priva di insight – contro le proprie pulsioni sadiche».

Ma la tortura animale oggi è soprattutto di genere. Secondo l’eco-femminista Annalisa Zabonati, redattrice della rivista femminista DEP, il patriarcato è la matrice di tutte le oppressioni. La storica Bruna Bianchi, direttrice della stessa rivista, ha ricordato le campagne della giornalista irlandese Frances Power Cobbe contro la vivisezione e la violenza domestica (1863-1889). Tra le fondatrici della National Anti-Vivisection Society e del suo organo The Zoopholist. Autrice di numerosi opuscoli contro la tortura agli animali, a partire dal 1863 sosteneva che la medicina e la fisiologia avevano deviato dai loro fini per divenire una professione animata dalla competizione e dalla crudeltà. Le sue campagne suscitarono aspre reazioni da parte delle associazioni mediche, da The Lancet e dallo stesso Darwin. In numerosi scritti affermava la stretta connessione tra l’impegno femminista e quello contro la vivisezione. Dunque, si parla di animali ma il riferimento costante rimane agli uomini. Una «integrazione di sguardo» è stata proposta dal filosofo Luigi Vero Tarca che a mo’ di provocazione ha concluso affermando «L’antropocentrismo è già superato: gli uomini, intesi come singoli individui, non contano più nulla. Sono ormai in balìa di organizzazioni meta-umane tecnologicamente. Se pensiamo che oggi in alcune parti del nostro pianeta si può andare alla festa di nozze della figlia ed essere uccisi, assieme ad altre 70 persone, da un drone! I soggetti che oggi fanno la storia non sono più individui umani. L’homo randagius sta a quello tecnologicus come i polli stanno a noi - ha spiegato - Anche per questo lo sguardo con il quale noi consideriamo la vita animale è importante al fine di capire quello che potrà essere il destino che i grandi organismi, i quali progettano e organizzano la vita sulla terra, riserveranno agli esseri umani. L’incredibile evoluzione tecnologica determina una trasformazione del potere che pone in maniera drammatica il problema degli animali umani nei confronti degli organismi che gestiscono un potere generale su tutte le forme di vita presenti sulla terra». Una conclusione nient’affatto rassicurante, inquietante, quasi profetica.