26/12/13

P. K. Dick Cover

16 Dicembre, un giorno sacro per gli appassionati di fantascienza, il compleanno di Philip K. Dick. Nato 85 anni fa, nel 1928, e scomparso nel 1982, è da molti ritenuto la più grande firma della fantascienza, ha seguaci irriducibili (compresi noi..) che lo considerano un profeta, uno che con sue storie dove è quasi impossibile elencare i temi che ha trattato nella sua vastissima produzione (da governi totalitari alla religione, il tempo, la droga..) ha saputo prevedere e problematizzare il futuro..Nonostante tutto, il cinema, nella vasta trasposizione dai suoi libri, non gli ha reso sempre giustizia.
Dieci cover di dieci libri importanti per festeggiare l'evento..Mentre i colori e le immagini possono variare, gli artisti che si sono cimentati con le copertine dei libri di Dick, hanno creatoalcune delle "opere d'arte" più eclatanti che la letteratura ricordi.




Ma gli androidi sognano pecore elettriche? (Do Androids Dream of Electric Sheep?) continua ad essere l'opera più famosa di Dick, dovuta in gran parte al geniale (questo si..) film di Ridley Scott, Blade Runner. Il romanzo è stato ripubblicato più volte dal suo debutto nel 1968, e la copertina è stata reinterpretata da artisti riflettendo le proprie idee ed i tempi che cambiano. 




Lotteria dello spazio, (Solar Lottery)  è il primo romanzo di fantascienza scritto da Philip K. Dick nel 1955.
Nel 2203, la Terra è governata dal Quizmaster Verrick. La carica di Quizmaster però, è assegnata casualmente a tutti i cittadini in possesso della propria tessera professionale, in un’immensa lotteria (basata su una strategia militare numerica impiegata dagli Stati Uniti e dall'Unione Sovietica chiamata Minimax (o Games Theory) in cui chiunque può ritrovarsi Quizmaster, capo del governo mondiale da un momento all’altro..Dick immagina un mondo dominato dalla logica e dai numeri e questo elemento della randomizzazione nella società serve allo scrittore per denunciare le forme di controllo sociale, dal momento che ogni persona è spogliata della loro individualità.




La svastica sul sole (The Man in the High Castle), ripubblicato anche come L'uomo nell'alto castello, esce nel 1962 e vince il Premio Hugo come miglior romanzo di sci-fi. E' l'America nel 1962. La schiavitù è ancora una volta legale. I pochi ebrei che ancora sopravvivono si nascondono sotto falso nome. A San Francisco l'I Ching è comune come le Pagine Gialle. Tutto perché 20 anni prima, gli Stati Uniti hanno perso la guerra, ed è ora occupata congiuntamente dalla Germania nazista e il Giappone.
Questo romanzo ha imposto Philip K. Dick come un innovatore, superando la barriera tra fantascienza e il semplice romanzo di idee. Una visione inquietante della storia come un incubo, dal quale può essere solo possibile svegliarsi. 




Cronache del dopobomba (Dr. Bloodmoney, or How We Got Along After the Bomb) fu terminato verso la fine del 1963, ma fu pubblicato solo due anni più tardi con un titolo che riprendeva chiaramente il capolavoro kubrickiano Il dottor Stranamore, ovvero: come imparai a non preoccuparmi e ad amare la bomba del 1964. Fu candidato al Premio Nebula per il miglior romanzo.E 'dubbio che la pubblicazione nel 1965, dopo l'enorme successo del film, abbia influito molto sulle vendite, dato che i tascabili economici della Ace avevano solo un piccolo nucleo di lettori appassionati di fantascienza "hard-wired".
Il libro fornisce una solida riflessione dello scrittore sugli anni sessanta, sulla possibilità di un conflitto nucleare ed è incentrato su una comunità di persone che lottano per sopravvivere in un mondo duro, dopo lo scoppio delle atomiche, e che tentano di riciclarsi per adattarsi ad un mondo mutato e mutante.. 




Svegliatevi, dormienti (The Crack in Space), scritto nel 1966 . Deriva dai racconti Stand-by (1963) e Cantata 140 (1964). Il romanzo scritto durante un periodo di crisi dello scrittore è un tentativo di indagine della vita oltre la morte e l'abbattimento delle barriere sociali e razziali. Con la popolazione divisa tra " Cols " e " Caucs ", termini abbreviativi di " Coloreds " e " Caucasici ", Jim Briskin, candidato nero alla presidenza, tenta di appianare gli ostacoli e di risolvere l'irrisolvibile: cento milioni di persone sono state ibernate in attesa di tempi migliori e di un pianeta meno sovraffollato di quello terrestre. Il problema riguarda anche gli inerti ibernati: è giunto ormai un punto di rottura, e l'alternativa si pone tra lo svegliarli e il farli sparire.




Un oscuro scrutare (A Scanner Darkly, 1977). È stato tradotto in italiano anche col titolo Scrutare nel buio.
A Scanner Darkly viene considerato uno dei più bei romanzi sulla tossicodipendenza mai scritti, e senz'altro uno dei capolavori dello scrittore californiano. Dal romanzo è stato tratto un film con animazioni digitali dal titolo A Scanner Darkly - Un oscuro scrutare diretto da Richard Linklater, uscito nel 2006.
A Scanner Darkly , aprì una vasta discussione sul consumo di droga in America. Non il sogno utopistico di San Francisco degli anni '60, ma piuttosto un avvertimento su alcune delle dure lezioni apprese durante quei tempi . E' la storia della distorta spirale discendente che la vita di Bob Arctor, un agente della narcotici, compie dopo che questi accetta di infiltrarsi in un gruppo di tossicodipendenti, allo scopo di indagare più da vicino sulla sostanza M (come Morte), una droga che sta letteralmente piegando in due la popolazione americana. Uno dei principali elementi di A Scanner Darkly è l' "abito scramble ", che permette ad una persona di travestirsi da chiunque. Agenti della Narcotici come Bob Arctor possono piombarti addosso sotto le mentite spoglie di chiunque. I messaggi del libro sono contraddittori: l'uso di droghe potrebbe essere "okay", mentre le spie sono là fuori e chissà quale forma potrebbero assumere per incastrarti. Per trovare una risposta alla domanda se Philip K. Dick era a favore o contro l'uso di droghe , è necessario approfondire la maggior parte dei suoi libri. 




I simulacri (The Simulacra) , pubblicato nel 1964. Il romanzo è ambientato nel XXI secolo, in degli ipotetici "Stati Uniti d'Europa ed America", governati dal partito unico Democratico-Repubblicano, tramite il presidente, Der Alte, e la First Lady Nicole, vero motore del potere, la quale non può essere né eletta, né destituita. Piombati ormai in una società matriarcale, ogni quattro anni le persone credono che si arriva a scegliere un nuovo marito per Nichol e quindi un nuovo presidente ma, attraverso la manipolazione dei mezzi di comunicazione e all'industria della pubblicità, viene eletto in realtà un simulacro, un androide perfettamente somigliante a un essere umano manovrato da Nicole e dal suo gruppon di potere.
Tra complotti di stato, lotte del potere fra corporazioni e conflitti sociali fra élite e massa, I Simulacri fornisce una descrizione molto ben sviluppata e convincente del potere e della politica, e potrebbe ricondurci ad una "teoria del complotto", in senso sia politico sia metafisico. 




Ubik (in Italia intitolato anche Ubik, mio signore), scritto nel 1966 e pubblicato nel 1969. E' risaputo che Philip K. Dick era un tipo anarchico e..paranoico , come dimostra la sua produzione letteraria , ma una delle sue creazioni più trippy, strana, bizzarra e sconcertante è Ubik. Il racconto si svolge in una versione alternativa del 1992 , in cui la parapsicologia è parte della vita quotidiana e le società di sicurezza tentano di controllare coloro che usano le loro abilità telepatiche per scopi illeciti. Il titolo si riferisce ad una sostanza descritta come una panacea universale, L'Ubik, che ritarda i processi degenerativi e che viene somministrata attraverso una bomboletta spray. Sarà un susserguirsi di colpi di scena dove perderete completamente l’orientamento. Joe Chip, lo squattrinato anti-eroe di questo romanzo, nella sua disperata esistenza priva di denaro, diviso tra donne dal passato oscuro, ma pur sempre pronto a dare una mano, se non addirittura a sacrificarsi per il gruppo, ci ricorda il Philip Dick di San Francisco. Quello che per scrivere di fantascienza mangiava cibo per cani; quello che ospitava barboni, giovani e drogati di ogni sorta in quella casa che sembra più una comune che altro.Nelle Organizzazioni di prudenza c’é la mitomania, il senso di persecuzione che Dick aveva per l’FBI ed i servizi segreti. La sensazione di non essere mai in una condizione privata, la certezza di essere spiato costantemente, di essere seguito. Dirà un giorno Dick all’agente William Sullivan dell’FBI di essere vittima di una cospirazione che va dalla CIA all’Unione Sovietica.
Di anfetamina ce n’è in dosi massicce. Inutile dilungarsi, certe situazioni, da sobri, è impossibile anche solo immaginarle. 




Labirinto di morte (A Maze of Death), 1970. Il libro era originariamente intitolato The Name of the Game is Death.
In A Maze of Death , Philip K. Dick cerca di mostrarci che una realtà alternativa può portare alla percezione della libertà , se non la libertà stessa . Quattordici persone, nevrotiche e alienate nel loro rapporto con il lavoro e con il mondo esterno, si ritrovano persi su un pianeta, e in un crescendo arrivano a un delirio collettivo: senza nessuna speranza di fuga, tra impulsi omicidi, mistero, terrore. Il romanzo può essere paragonato a The Matrix o eXistenZ per i riferimenti a realtà alternative . A Maze of Death ci presenta una realtà che è brutale e orribile e le persone riescono a trovare la loro libertà nella fantasia . Perchè la realtà, a volte, è come una prigione..



Vulcano 3 (Vulcan's Hammer), scritto nel 1960.
Nel 2029, la Terra è governata dall'organizzazione Unity dopo una guerra mondiale devastante . Unity controlla gli esseri umani dall' infanzia attraverso Vulcano 3, gigantesco computer onnipotente che detta la linea politica nel migliore interesse di tutti i cittadini. Unity e Vulcano 3 sono combattuti da un movimento di fanatici religiosi, i Guaritori, che predicano il ritorno dei cittadini al governo della cosa pubblica. Vulcano 3 è talmente potente da diventare autocosciente e, di fronte al pericolo di essere distrutto, scatenerà una vera e propria guerra. Definito una delle opere minori, resta un romanzo interessante che tratta l’argomento di un mondo governato dai computer come solo Dick sapeva fare. 



19/12/13

Gioventù


"Ah..il bel tempo antico! Giovinezza e mare. Incantesimo e il mare, che può parlarti a bisbigli e ruggirti contro da levarti il respiro.."
Bevve di nuovo
..Voialtri quì  - tutti avete ricavato qualcosa dalla vita: denaro, amore, e, ditemi, non è stato quello il più bel tempo, quando eravamo giovani in mare, eravamo giovani e non avevamo nulla, salvo batoste e a volte l'occasione di provare la propria forza - non è questo che soltanto  tutti rimpiangete?

E tutti l'approvammo: il finanziere, il contabile, il legale, tutti annuimmo attraverso la tavola lustra, che come una placida distesa d'acqua scura rifletteva i nostri visi scavati, grinzosi; i nostri visi segnati dallo sforzo, dalle delusioni,  dal successo, dall'amore; i nostri occhi indeboliti che cercavano tuttora, cercavano sempre, cercavano qualcosa nella vita che mentre s'aspetta  già è passato - trascorso invisibile in un sospiro, in un baleno - insieme alla gioventù, insieme alla forza, insieme al romanzo delle illusioni.. 
J Conrad, Gioventù



18/12/13

Lovecraft e il rock. Nosferatu a tempo di krautrock

ISPIRAZIONI COMUNI
Howard Phillip Lovecraft nacque il 20 agosto 1890 a Providence, nello Stato americano del Rhode Island. Cresciuto in una villa enorme in stile coloniale – una dimora labirintica, piena di ombre e oscuri recessi - con una madre soffocante e dalla labile salute mentale, un padre deceduto in maniera prematura per complicazioni nervose, e senza amici o cugini a fargli compagnia, Lovecraft si rifugiò da subito nel mondo dei libri, unico approdo sicuro per combattere la solitudine, la depressione e quasi sicuramente la follia.
Il nonno rnaterno, Whipple Van Buren Phillips, di discendenza inglese, possedeva una vasta biblioteca di libri dagli argomenti più disparati: dalla letteratura gotica inglese, alla storia degli Stati Uniti d, dai trattati di scienze e di astronomia a compendi di autori classici. Un mondo di conoscenza ai suoi piedi.
Imparò a parlare e scrivere nell’inglese del Settecento, trasmutando uno stile di vita quantomeno singolare in una narrativa dallo stile barocco ed enfatico. Inevitabile. Lovecraft era totalmente imbevuto di letture di storie gotiche e fantastiche. I suoi autori preferiti erano Edgar Allan Poe, Ambrose Bierce, Robert W Chambers, Arthur Machen, Montague Rhode James, Algernon Blackwood. Una generazione di scrittori legati a doppio filo con l’universo del sovrannaturale e del grottesco. Di riflesso, nelle opere di Lovecraft ricorrerà una vasta serie di tematiche che diverranno punti di riferimento per svariate band e scene musicali:

La morte
La morte, certo non e un’esclusiva lovecraftiana, ed è forse seconda solo all’amore nell’ipotetica classifica delle tematiche piu trattate. Ma è comunque uno dei temi più trattati in ambito rock e metal, ripreso da quasi ogni band: dai Black Sabbath, antesignani dell’horror rock, portato all’estremo dai “terroristi sonori” del death metal, del black metal, del grindcore, fino a permeare tutta la cultura gothic e romantic gothic.

Il rifiuto della realtà e la fuga nella fantasiaI testi della musica horror rock si abbeverano da anni a questa fonte sempre copiosa e limpida. Un esempio per tutti: Alice Cooper. Un’annullamento della sua personalità reale (Vincent Furnier) e l’immedesimazione sul palco in una strega bruciata sul rogo sono sinonimo di una fuga dalla realtà che assume connotati quasi catartici. E tanti, dopo di lui, faranno lo stesso, impersonando antichi dei pagani, demoni o personaggi letterari, rigorosamente negativi.

La degenerazione della carne in forme mostruose
Una buona parte delle copertine rock metal, dagli Iron Maiden ai Cannibal Corpse a Marilyn Manson, farà sua l’esterica macabra e priva di forma di alcune creature ideare da Lovecraft. Per non parlare dell’artista elverico Hans Ruedi Giger, il creatore di Alien, le cui opere hanno impreziosito molti album heavy del calibro di DANZIG 3 – HOW THE GODS KILL e TO MEGA THERION dei Celtic Frost, e che il giornalista Luca Signorelli di <<Metal Hammer Italia>> definì “il piu lovecraftiano degli illustratori”.

La dimensione cosmica dell’orrore come tema di un apocalisse imminmte
A partire dagli album space rock degli Hawkwind (DOREMI FASOL LATIDO, 1972), passando per i Blue Oyster Cult (IMAGINOS, 1988), per i canadesi Voivod (NOTHING-FACE, 1989), fino ai contemporanei doom-freaks Electric Wizard (WITCHCULTTODAY, 2007), è un proliferare di band e titoli dedicati al mistero dello spazio ignoto e all’attesa di un male cosmico.

Gli incubi provenienti da una dimensione onirica Il sogno primordiale e oscuro di una rinascita pagana e mitologica (totalmente lovecraftiana) del black metal nordico/ossianico, o semplicemente il tentativo da parte di alcune rock band degli anni Sessanta e Settanta di coniugare una visione di rinascita e purificazione dell’io attraverso gli incubi e le inquietudini della letteratura dell’orrore (Poe, Lovecraft, Stoker ecc.).
Inutile precisare che la produzione onirica di Lovecraft, soprattutto, avra un’enorme influenza su tutto il rock degli anni Sessanta e Settanta. Alla fine, il sogno tramontato del flower power si scontrerà con la dimensione di orrore cosmico scaturita dalla penna dell’autore di Providence, dando alla luce la più influente band horror rock/heavy metal in assoluto: i Black Sabbath.

La venerazione di entità malvagie e oscene
Dai Led Zeppelin agli estremi Coven, dai Rolling Stones ai repellenti Deicide, e un proliferare di credenze “alternative”, in un guazzabuglio di libri blasfemi ed entita demoniache, il tutto votato a ottenere un ispirazione orgiastica e istintiva da tramutare poi in musica e testi. In bilico tra realtà e finzione, tra gioco e vero occultismo.

La fascinazione del buio, del male, dei cimiteri, dei fantasmi, dei boschi, di leggendeperdute
Un nome su tutti: King Diamond.


Nosferatu a tempo di krautrock


Werner Herzog è un regista visionario e dalla sensibilità spiccata. Una personalità oscura dell’arte e della sperimentazione, tanto da far ipnotizzare un intero cast di attori, nel film Cuore di Vetro, perché recitino in stato di trance: il suo intento, quello di rappresentare la passività e l’inerme torpore di una catastrofe inevitabile. Nei primi anni Settanta è il volto nuovo del cinema tedesco, continuando la tradizione gotica, fantastica ed ermetica – di cineasti come Robert Wiene (Il gabinetto del dottor Caligari) e Friedrich Wilhelm Murnau. Prima di lui, solo un oscuro regista del suo paese, Hans W Geissendorfer, aveva riproposto la flgura del vampiro con una valenza politica altamente discutibile: un vampiro oppressore di contadini sconfltto da un padrone non meno oppressivo. Titolo della pellicola: Jonathan, Wampire sterben nicht(1970).

Scaduti i diritti del Dracula di Stoker, Herzog riesce a ottenere un budget miliardario per occuparsi del rifacimento del romanzo, sorvolando i problemi legali incontrati da Murnau nella creazione del suo Conte Orlock (da vedere la storia di queste vicende narratanel film L’ombra del Vampiro di E. Elias Merhige). Con la possibilità di usare i nomi originali dei protagonisti del libro (si concederà un paio di vezzi stilistici, invertenclo i ruoli di Lucy e di Mina e annullando completamente la presenza di Van Helsing, consegnandolo a un flnale apocalittico dove viene addlirittura arrestato dopo l’uccisione del vampiro) , il regista imbandisce un opera monumentale - che uscirà nel 1978 - caratterizzata da una fotografia di altissima qualità e un cast di interpreti di primo livello, a partire dal suo attore-feticcio Klaus Kinski e dalla bravissima Isabelle Adjani.

Nosferatu, il principe della notte è il titolo di questo memorabile tributo non solo al vampirismo letterario creato da Stoker, ma anche alle immaglni surreali dell’Espressionismo tedesco inventate da Murnau. Un fllm passato in breve tempo alla storia come una delle opere piil riuscite nel campo dell’horror tout court e non solo. Ma Herzog non è solo attratto dalle ombre allungate e dalle atmosfere lugubri del cinema in bianco e nero. C’è un ensemble della sua terra che da diversi anni sta producendo album dal tocco onirico e inquietante. Il loro nome è quello di un libro sacro di miti e leggende maya: Popol Vuh. Da li ad affidargli l’intera colonna sonora del fllm il passo sarà breve, anzi brevissimo. NOSFERATU, PHANTOM DER NACHT è probabilmeme l’accoppiamento tra musica e immagini meglio riuscito della storia del cinema. E’ il primo album “vampire rock” propriamente detto. Un fugace tentativo c’era stato negli anni Sessanta con i Vampires of Dartmoor, un oscuro complesso di rock sperimentale fissato ovviamente con i vampiri. Il loro album, DRACULA MUSIC’S GABINET, mischiava in maniera convincente krautrock, effetti bizzarri creati in studio e suoni ovattati di mellotron, creando un ibrido alquanto evocativo. Un vero peccato che il disco sia praticamente introvabile e che le poche copie distribuite raggiungano ormai prezzi stratosferici. Di ristampe per ora non se ne parla, anche se l “Vampirl del Dartmoor” sarebbero totalmente da rivalutare.

l Popol Vuh si erano già fatti conoscere all’attento pubblico indie per una proposta muslcale infarcita di elettronica, che in un certo senso aveva anticipato il genere ambient istituzionalizzato negli anni successivi da Brian Eno. Mischiando in maniera convincente le suggestioni della Kosmische Musik (i cui diretti ispiratori sono i Tangerine Dream), il krautrock e le atmosfere sognanti della new age, i Popol Vuh producono per il Nosferatu di Herzog un disco dalla grande potenza mistico-visionaria. La colonna sonora si avvale di un campionario di suoni e ispirazioni eterogenee, abbinando melodie dal sapore ancestrale e melanconico, lunghi mantra dal sapore catacombale e orrorifico, fino ad arrivare a delle vere e proprie suite di musica orientale con l’uso di strumenti idonei come il sitar. Un caleidoscopio di colori e sensazioni differenti adatte a musicare tutte le scene piu importanti del film, regalandogli quel tocco onirico e misterioso che già Herzog aveva tramutato in immagini evocative e drammatiche.

Nell’ambito della loro vasta-gliscografia, i Popol Vuh creeranno colonne sonore per altri film di Herzog (Aguirre, furore di Dio, Fitzcarraldo, e L’enigma di Kasper Kaiser), mentre il loro album più conosciuto e apprezzaro rimarra HOSIANNA MANTRA (1972). A distanza di oltre vent’anni una progressive rock band di Roma, i Ranestrane, realizzerà un’opera rock (in doppio Cd) totalmenre ispirata al fortunato remake di Werner Herzog, dal titolo NOSFERATU, IL VAMPIRO (2001).

Horror Rock, La musica delle Tenebre
Vitolo / Lazzati


15/12/13

L'Alieno tra noi

Nella nostra galassia potrebbero esserci quaranta miliardi di pianeti abitabili: é quanto ha annunciato di recente un’équipe di astronomi alimentando ulteriormente l’ipotesi che l’universo pulluli di vita. Secondo l’astronomo Geoffrey W. Marcy dell’università della California a Berkeley, esperto cacciatore di pianeti e coautore dello studio, “e un enorme passo avanti verso la possibilità che nell’universo esistano forme di vita, comprese quelle intelligenti”. “Possibilita”, però, non significa probabilità. Per essere abitato, e non solo abitabile, un pianeta deve soddisfare due requisiti fondamentali: deve essere idoneo alla vita e, a un certo punto, deve generarla. Che probabilità c’e che su un pianeta abitabile nasca la vita? Darwin ha proposto un’efHcace spiegazione di come la vita sulla terra si sia evoluta nel corso di miliardi di anni, ma non ha risposto alla domanda su come si sia messa in moto. “Si potrebbe benissimo speculare sull’origine della materia”, scherzò. Malgrado le ricerche approfondite sul meccanismo che ha trasformato un brodo chimico inanimato in una cellula vivente, gli scienziati brancolano nel buio. Senza conoscere il processo che ha dato origine alla vita e impossibile calcolare la probabilita che si verifichi.

14/12/13

Il Libro delle Ombre

di W. S. Burroughs
Il dottor Hill prese un rotolo di carta e si schiari la gola. "Non deve essere cosi evasivo con me, dottore. Si tratta di cancro, vero? Oltrepassando le fessure di una persiana, i raggi del sole pomeridiani ricadevano sull'uomo che parlava, come attraverso sbarre di prigione... un uomo magro, attempato con in dosso un abito grigio e logoro, un pesante bastone tra le esili ginocchia, uno di quegli anziani che si vedono seduti sulle panchine dei parchi o intenti a giocare a bocce. Riparati da occhiali con montatura in acciaio, gli occhi, tuttavia, brillavano di una gaiezza inquietante, di una gelida e distaccata felicità.

”Dopotutto, dottore, ci conosciamo da lungo tempo". Da lungo tempo. Il dottor Hill era forse l'unico a Boulder che sapeva che l'uomo seduto di fronte a lui era stato un tempo il miglior tiratore dell'Ovest. Non il più veloce, ma il più preciso. "Si, è un cancro. Naturalmente potrebbe essere operabile... debbo ispezionarlo per esserne sicuro, ma..."
”Lo dubita”.
"Se si trattasse del mio stomaco, direi di no".
”Voi chirurghi avete un amore per i coltelli... siete peggio dei messicani”.
Il dottore sapeva che Lee Ice era un uomo colto. Ma talvolta si divertiva a parlare come un contadino analfabeta. ”Allora, quanto tempo ancora, secondo lei? Per quanto tempo ancora me ne posso andare in giro?” Una violenta fitta fece contorcere ii corpo dell’uomo, facendolo ripiegare sul bastone.
Il dottore si strinse nelle spalle. "Un mese, forse due... le segnerò una ricetta. E’ in grado di usare una siringa ipodermica?” '

L’uomo accennò con il capo, rammentandosi del fienile e delle assi ripiegate attraverso cui lo vista incontrava il cielo blu, e di Tom con un proiettile calibro 32 nel ventre sparato da un giocatore d'azzardo. Quel dottore era un vecchio cinese, uno che se la prendeva comoda, un menefreghista. Fece a Tom un'iniezione di morfina e poi se la fece lui stesso. Si mise a sedere e scrutò il ventre sparuto del ferito.
"Per favore, lo tenga fermo”
Si avvicinò rapidamente con uno strumento dentato e lo inserì nella ferita. Tom lanciò un urlo, Lee dovette richiamare tutte le sue forze per trattenerlo. ll dottore estrasse le pinze con il proiettile di piombo ricoperto di sangue. Lo morfina stava facendo effetto. Il corpo di Tom si rilassò, i muscoli del volto si afflosciarono.. ll dottore spiegò come cambiare le fasce, e lasciò uno confezione di fiale di morfina con una siringa e alcuni aghi di ricambio. Mostrò poi a Lee come usare la siringa. ”Quante volte?” All’'occorrenza. cento dollari, e mi dileguo”. Lee lo pagò, Sapeva che il cinese non li avrebbe traditi. Aveva mostrato al dottore uno lettera di presentazione del cinese di St. Louis; lettere del genere non sono date con leggerezza. Tom ebbe bisogno della morfina per una settimana e Lee se la iniettò insieme a lui. Era seccante starsene seduti li tutto il giorno, ma non poteva correre ii rischio di abbandonare il nascondiglio. Si, lui sapeva come usare una siringa. Un mese prima, quando cominciarono i dolori, era andato a Denver a comprare della morfina o eroina. Nessuno delle vecchie conoscenze era più nei paraggi. Uno spacciatore negro dalla faccia dichiaratamente infida promise a Lee che gli avrebbe rimediato della roba e che sarebbe ritornato di li a poco. "Non posso portarti dal Tipo”. L’uomo aprì il pugno in un gesto di disarmo, dopo che la sua mano gli si era scagliato contro, il coltello illuminato dalla luce dei lampioni. Ci fu un rumore simile adi una Tosse metallica. Il negro raggelò, coltello nella mano, un piccolo foro blu nel mezzo della fronte. Lee Ice ripose nella fondina la sua calibro 22 con silenziatore e si allontanò. Poi si ricordò del dottor Hill di Boulder. "Può ritirarla presso la farmacia sulla collina. Solitamente è sufficiente un quarto di grano, pari a una pillola. Vedrà poi lei di quanto ne ha bisogno”.

Uno mezz'orca dopo, Lee si tirò giù la manica e guardò in giardino dalla sua stanza nel retro della casa. Si era appena iniettato un mezzo grano nel braccio. Il dolore allo stomaco stava scomparendo in fremiti di piacevole calore. Aprì un cassetto e tirò fuori un libricino nero. ll mio "grimoire", il mio Libro delle Ombre. Alcune telefonate da fare, alcuni debiti da saldare... Nessuno gli aveva mai fatto un favore o recato un'offesa senza essere pienamente ripagato. Questo fu l’epitaffio. Sarebbe stato altrettanto calzante per Lee Ice..


Forconi, Grillology e altre povertà..

Lo avevamo già detto e lo ribadiamo: il 100% di..calci nel culo. Questo avrà Grillo, Casaleggio e il resto della sua accolita di invasati. L'ipotesi è più che remota, ma nel caso che questi si, fascisti del nuovo millennio, andassero ad occupare gli scanni del potere potremmo ritrovarci con gli stadi pieni, in perfetto stile cileno 1973.. L'ultima carognata, è a danno di Maria Novella Oppo, giornalista dell'Unità: è sempre Grillo, che dal suo e-commerce blog segnala la giornalista come sgradita al movimento, diffamatrice di professione. Rincara poi la dose: <<segnalate gli articoli dei “giornalisti” stile Oppo per la nuova rubrica del blog: “Giornalista del giorno”>>. E vai con gli insulti, i commenti razzisti e sessisti, e le minacce, la pubblicazione di indirizzi e numeri telefonici. Il "movimento" raccoglie e esegue. Seguirà le liste dei deputati sgraditi, i "deputati del giorno": sono i nomi e i volti dei 148 depu­tati del cen­tro­si­ni­stra che non sareb­bero risul­tati eletti senza il pre­mio di mag­gio­ranza. Secondo Grillo, dopo la sen­tenza della Corte Costi­tu­zio­nale, sono pre­cari, ille­git­timi, abu­sivi e via salendo nella pro­vo­ca­zione offen­siva. Si inizia con il poster «Wan­ted», in stile western, con la foto del depu­tato pd Piero Mar­tino. Non ci interessa il perchè di tanto astio verso il deputato, ma se non è fascismo questo.. Quì non si tira la volata al Pd o a qualsiasi altro partito, sia chiaro. Ma non accetteremo mai queste azioni squadriste, queste intimidazioni "mafiose". Qui non c'è nessuna azione politica, ma una schedatura infima e pericolosa, verso chi non la pensa come loro, un rifuito del diritto di critica che, fino a prova contraria, dovrebbe poter riguardare anche il "suo" movimento. Con lo squallido post dedicato a Maria Novella Oppo, redattrice de L’Unità, e le minacce a deputati comunque eletti dal popolo, Beppe Grillo, il comico, scioglie ogni dubbio, qualora ve ne fossero, sui suoi concetti di libertà di stampa e di espressione. Dispiace che persone come Dario Fo si siano schierati con questa gente, nonostante la parziale presa di distanza dall'iniziativa. Siamo sicuri che questi atteggiamenti antidemocratici, fatti passare per opposizione al potere, nascondono semplicemente solo l'idea di sostituire detto potere con un altro, il suo..

L’invisibile popolo dei nuovi poveri
Di Marco Revelli  ( Il Manifesto)
Torino è stata l’epicentro della cosid­detta “rivolta dei for­coni”, almeno fino o ieri. Torino è anche la mia città. Così sono uscito di casa e sono andato a cer­carla, la rivolta, per­ché come diceva il pro­ta­go­ni­sta di un vec­chio film, degli anni ’70, ambien­tato al tempo della rivo­lu­zione fran­cese, «se ‘un si va, ‘un si vede…». Bene, devo dirlo sin­ce­ra­mente: quello che ho visto, al primo colpod’occhio, non mi è sem­brata una massa di fasci­sti. E nem­meno di tep­pi­sti di qual­che clan spor­tivo. E nem­meno di mafiosi o camor­ri­sti, o di eva­sori impu­niti.
La prima impres­sione, super­fi­ciale, epi­der­mica, fisio­gno­mica – il colore e la fog­gia dei vestiti, l’espressione dei visi, il modo di muo­versi -, è stata quella di unamassa di poveri. Forse meglio: di “impo­ve­riti”. Le tante facce della povertà, oggi. Soprat­tutto di quella nuova. Potremmo dire del ceto medio impo­ve­rito: gli inde­bi­tati, gli eso­dati, i fal­liti o sull’orlo del fal­li­mento, pic­coli com­mer­cianti stran­go­lati dalle ingiun­zioni a rien­trare dallo sco­perto, o già costretti alla chiu­sura, arti­giani con le car­telle di equi­ta­lia e il fido tagliato, auto­tra­spor­ta­tori, “padron­cini”, con l’assicurazione in sca­denza e senza i soldi per pagarla, disoc­cu­pati di lungo o di breve corso, ex mura­tori, ex mano­vali, ex impie­gati, ex magaz­zi­nieri, ex tito­lari di par­tite iva dive­nute inso­ste­ni­bili, pre­cari non rin­no­vati per la riforma For­nero, lavo­ra­tori a ter­mine senza più ter­mini, espulsi dai can­tieri edili fermi, o dalle boîte chiuse.
Le fasce mar­gi­nali di ogni cate­go­ria pro­dut­tiva, quelle “al limite” o già cadute fuori, fino a un paio di anni fa ancora sot­tili, oggi in rapida, forse ver­ti­gi­nosa espan­sione… Intorno, la piazza a cer­chio, con tutti i negozi chiusi, le ser­rande abbas­sate a fare un muro gri­gio come quella folla. E la “gente”, chiusa nelle auto bloc­cate da un fil­tro non asfis­siante ma suf­fi­ciente a gene­rare disa­gio, anch’essa presa dai pro­pri pro­blemi, a guar­darli – almeno in quella prima fase – con un certo rispetto, mi è parso. Come quando ci si ferma per un fune­rale. E si pensa «potrebbe toc­care a me…». Loro alza­vano il pol­lice – non l’indice, il pol­lice – come a dire «ci siamo ancora», dalle mac­chine qual­cuno rispon­deva con lo stesso gesto, e un sor­riso mesto come a chie­dere «fino a quando?».

12/12/13

Nelson Mandela e il Rock

Free Nelson Mandela, quando il rock sconfisse l'apartheid

È stato più efficace di qualsiasi altra iniziativa nella lunga lotta contro l'apartheid in Sud Africa. Ed è durato un solo giorno. Nulla più del Nelson Mandela 70th Birthday Tribute riuscì a sensibilizzare l'opinione pubblica mondiale contro il regime di segregazione razziale che guidava da decenni il più ricco Paese africano. Dopo un quarto di secolo, Tony Hollingsworth sembra Ancora incredulo mentre ricorda la sua conversazione con un agente musicale di Los Angeles in merito al concerto che stava organizzando per celebrare il settantesimo compleanno del personaggio mito del Sud Africa, a quel tempo detenuto in carcere. Nel 1988, Mandela aveva già trascorso 26 anni in prigione, ma la notizia del suo stato di detenzione non era mai arrivata nei luoghi più remoti dell'industria dello spettacolo, lungo le coste assolate della California. «Bisogna considerare che molte persone Ancora non sapevano chi fosse Mandela», racconta Hollingsworth ad Al Jazeera, ricordando la lunga preparazione del concerto dell'11 giugno 1988 a Londra, che 600 milioni di persone seguirono in televisione in tutto il mondo. Hollingsworth era diventato famoso nel Regno Unito negli anni '80 come promotore di eventi musicali con un messaggio politico, inclusi i festival di Glastonbury dell'epoca.
L'idea di fare un concerto a sostegno di Mandela e della sua causa lo aveva attratto da quando Nelson Mandela Free, una canzone di protesta di Jerry Dammers degli Specials, inaspettatamente era diventata un inaspettato successo internazionale nel 1984. Nell'imminenza del 70mo compleanno di Mandela, Hollingsworth intravide l'opportunità di modificare l'opinione della gente su un uomo che continuava ad essere descritto come "terrorista" dai media occidentali.
«Il movimento anti-apartheid (Aam) aveva avuto successo nel forzare sulle sanzioni, ma nel campo della comunicazione, il regime dell'apartheid era Ancora vincente, il 50 percento dei notiziari parlava di Mandela come leader terrorista nero», spiega Hollingsworth. «Così andai a trovare l'arcivescovo Trevor Huddleston [il leader di Aam] e gli dissi: "Penso di sapere come fare per rimuovere il maggiore ostacolo che io penso le impedisca di liberare Mandela».

08/12/13

What We Do Is Secret: The Germs

Un piano quinquennale per l'immortalità: mettere su una band, incidere un capolavoro, raggiungere la celebrità e farla finita. Un piano ispirato dall'apocalittica Five Years di Bowie: Derby Crash formò i Germs con Pat Smear, ora famoso chitarrista nei Foo Fighters, con le sue caotiche esibizionisi ottenne solo un piccolo ma agguerrito seguito di fan, dediti più che altro al culto della sua personaltà, incise Sexboy, (considerato il primo disco hardcore della scena di L.A) poi GI, l'album che vendette pochissime copie ma che nel tempo ha assunto uno status quasi mitico tra gli appassionati di rock alternativo, influenzando centinaia di band. Il 7 dicembre 1980 Derby Crash, 22 anni, si sdraiò nella sua giacca di pelle e si iniettò l'ultima, fatale dose d'eroina. La sua morte ebbe risalto solo nella schiera di musicisti, fan e amici, messa in ombra dall'assassinio di John Lennon a New York City il giorno successivo. L'immagine iniziale di una band un pò ridicola di inetti e perdenti adolescenti, venne spazzata via dal loro unico album in studio, e solo due anni più tardi, erano diventati una delle band più diabolicamente potenti del punk di Los Angeles.

Darby Crash è stato uno dei primi eroi modernisti nell'ambito musicale americano. Mai banale nei testi che ha scritto per le canzoni dei Germs, la sua è una vera storia punk rock. E' una storia di omosessualità. E una storia di nichilismo assoluto. Confesso che non l'avevo ancora visto, What We Do Is Secret, il piccolo e travagliato film indipendente sulla storia di Darby e dei Germs.
Rodger Grossman, il regista "cormaniano" della pellicola si avvicinò all'idea nel '93, anno di uscita di un'antologia della band e dopo aver visto alcune esibizioni di Darby in "The Decline of Western Civilization " di Penelope Spheeris, documentario del 1981sulla scena punk di Los Angeles .

What We Do Is Secret è girato in  stile B-movie, dopo aver visionato centinaia di video e audiocassette e dopo aver convinto i tre germi superstiti ( il chitarrista Pat Smear , la bassista Lorna Doom e Don Bolles ) sulla sincerità del progetto. Nella parte di Darby c'è Shane West, uno dei protagonisti del med-serial ER, sinceramente a me sconosciuto e che, nonostante si dica sia stato un un punk di seconda generazione, risulta trroppo pulitino e non riesce del tutto a fare il suo dovere. In definitiva What We Do Is Secret è un film musicale grintoso, sincero e ben intenzionato a drammatizzare quello che era importante per Darby Crash e i Germs, mette l'accento sull'entrata in scena delle droghe pesanti e sui dubbi e le difficoltà sul come portare il suo grande piano al livello successivo. Resta la consapevolezza, però, che come esperienza d' ascolto, resta la cosa migliore l'ascolto delle vecchie canzoni raccolte in questa splendida compilation,The Germs, The Complete Anthology (MIA)


The Germs The Complete Anthology (MIA)
What We Do Is Secret - Streaming















06/12/13

L'Indistruttibile Beat di Soweto

In Victus.. (Mai sconfitto)
Dal profondo della notte che mi avvolge
buia come il pozzo più profondo che va da un polo all'altro,
ringrazio qualunque dio esista
per l'indomabile anima mia.

Nella feroce morsa delle circostanze
non mi sono tirato indietro né ho gridato per l'angoscia.
Sotto i colpi d'ascia della sorte
il mio capo è sanguinante, ma indomito.

Oltre questo luogo di collera e lacrime
incombe solo l'Orrore delle ombre
eppure la minaccia degli anni
mi trova, e mi troverà, senza paura.

Non importa quanto sia stretta la porta,
quanto piena di castighi la vita.
Io sono il padrone del mio destino:
io sono il capitano della mia anima.
William Ernest Henley



Indestructible Beat of Soweto

La storia dell' Indestructible Beat of Soweto, essenzialmente una collezione di musica sudafricana compilata da due visionari espatriati di nome Trevor Herman e Renan Van Jumbo, inizia nel 1985. Il sound proviene da una delle regioni di Johannesburg, Soweto, un acronimo traducibile in "città sud-occidentale", dove regnava l'apartheid più spietato, e dove le rivolte della popolazione di colore contro il feroce governo dei bianchi e la povertà della regione furono cruente e sanguinose. La regione Soweto divenne comune indipendente nel 1983.Nonostante le difficili condizioni sociali, potrà sembrare strano che la musica proveniente da questa regione risulti cosi incredibilmente vivace,vibrante e piena di energia,ma per la popolazione nera del Sud Africa, la musica è sempre stata un identità culturale e non una pura espressione musicale.
Le canzoni di questa playlist furono registrate  tra il 1980 e il 1984 e gli artisti che vi partecipano erano,oltre che musicisti,tutti radicali impegnati  nelle proteste anti apartheid,segnati da una feroce determinazione, con uno stile impressionante e un suono esuberante che celebra la luce e la gioia contro l'odio e l'intolleranza, il razzismo e il nazismo che hanno sostenuto un regime  incredibilmente sopravvissuto per tanti anni.

Probabilmente il sound del Beat di Soweto potrebbe essere il più accattivante del mondo,suona come un iniezione  di serotonina che colpisce dritto al cervello. All'interno, sentiamo come  familiari ritmi presi in  prestito dal reggae, dal calypso e dalla musica popolare africana vecchia di generazioni,mescolati in un melting pot molto urbano,a volte elegante, poco tribale o non sofisticato, come gran parte della cosiddetta "world music". Enorme  è l'influenza che ha avuto su altri generi musicali: negli anni '80 Paul Simon (Simon & Garfunkel) si aggirava nelle township sudafricane e non è un caso se un anno dopo l'uscita dell' Indistruttibile Beat of Soweto darà alla luce Graceland, undici canzoni di World che avranno un forte impatto su generazioni future di musicisti. Oltre a Simon, grandi musicisti  come David Byrne e Peter Gabriel sono stati influenzati da questa antologia. The Indestructible Beat of Soweto è stato inserito nei 100 dischi più importanti della musica contemporanea, bastano pochi minuti di ascolto per decidere di buttare nel secchio tutti i vostri dischi dei Baustelle e mettervi a ballare: se non ci riuscite,vi dichiaro clinicamente morti.












The Indestructible Beat of Soweto




03/12/13

Labirinti Cosmici: Moon Duo

Si va proprio in fissa, non c'è che dire. E' la volta di Mazes, dei Moon Duo di  Ripley Johnson ( Wooden Shjips ) e Sanae Yamada. I due si sono uniti a San Francisco nel 2009 e sono alfieri dello space rock e della nuova ondata psich. Dopo i primi due EP acclamati dalla critica, Killing Time ( 2009) e Escape ( 2010) esce (sempre nel 2010) questo Mazes, registrato a Berlino, meta e rifugio di tanti musicisti alla ricerca del loro lato oscuro. Ma Mazes risulta più accessibile e melodico rispetto ai precedenti. Yamada alle tastiere e Johnson alla chitarra suonano con  precisione e rigore i loro ritmi ripetitivi e ipnotici, sulle orme di Suicide e Cluster. Minimalismo e distorsioni, fantastico Kraut-blues-rock che mi godo soprattutto di notte, rigorosamente in cuffia. Eh si, si va proprio in fissa..

 Mazes





Il proibizionismo non funziona

Documento Onu sulla guerra alle droghe: "Il proibizionismo non ha funzionato"

Il periodico britannico 'The Observer' è entrato in possesso della bozza di un testo delle Nazioni Unite che analizza le strategie a lungo termine contro il traffico dei narcotici illeciti. Scritta a settembre, mette in evidenza le prime falle alla politica proibizionista guidata soprattutto dagli Stati Uniti

LONDRA - Non funziona. La politica globale adottata per il controllo degli stupefacenti dell'Onu non ha avuto i risultati sperati. E su questo tema le nazioni iniziano a non essere più tanto unite. La guerra alle droghe non sta avendo vinti né vincitori, e proibire così come punire non sembra più essere la soluzione giusta, forse neanche la sola possibile.

L'Observer, il periodico britannico della domenica edito dallo stesso gruppo del Guardian, è entrato in possesso della bozza di un documento Onu che ristabilisce le strategie a lungo termine contro l'espansione e il traffico dei narcotici illeciti. La bozza, scritta a settembre, mette in evidenza le prime falle alla politica proibizionista guidata soprattutto dagli Stati Uniti. E' un documento importante. Mostra l'insofferenza e le richieste degli altri Paesi. Secondo Ann Fordham, capo dell'International Drug Policy Consortium, la bozza rivela una tensione crescente: "Stiamo iniziando a vedere Stati membri rompere il silenzio, e il consenso su come dovrebbero essere controllate le droghe a livello mondiale. Le punizioni non hanno funzionato, il denaro speso per eliminare il problema tentando di sradicarlo alla radice non ha avuto né i risultati né l'impatto sperato".

Molti Paesi ora spingono gli Stati Uniti perché affrontino il problema da un'altra prospettiva. Dando più enfasi alla salute - cura o trattamenti per tossicodipendenti, per esempio, e non trattando l'argomento solo come una questione di giustizia criminale. La stesura del documento finale vedrà la luce in primavera, solo una volta che gli Stati membri avranno appianato le proprie posizioni e trovato un accordo. Ogni dieci anni l'assemblea si riunisce per ratificare la bozza, e in quella prevista per 2016 si deciderà la posizione dell'Onu per i successivi dieci anni. "L'idea che esista un consenso globale sulla politica contro la droga è falsa" ha detto Damon Barrett, vice direttore del Harm Reduction International. "Ci sono sempre state posizioni differenti ma non trapelano. L'accordo finale è nascosto sotto un apparente denominatore comune. Resta interessante però vedere a che punto sono adesso, oggi, in questo momento storico, le discussioni e i dibattiti".

La sfida agli Stati Uniti è stata lanciata dal Sudamerica. Colombia, Guatemala e Messico sono sempre più contrari al dominio americano mosso da interessi economici e gestito da gruppi paramilitari. L'Ecuador sta spingendo affinché gli Usa dichiarino ufficialmente che sia arrivato il momento di affrontare la questione da una prospettiva più efficace. "Sia messa per iscritto la necessità di ottenere risultati diversi, decidendo un approccio più efficiente e operativo", si legge nella bozza. Anche il Venezuela insiste. E accusa gli Stati Uniti di aver fallito completamente nel comprendere le reali dinamiche del mercato del narcotraffico.

Il controllo sulle droghe non è stato raggiunto. "Si sta tornando indietro, a un punto zero. Il problema non può continuare a essere affrontato così e non funziona a nessun livello, locale, nazionale o globale che sia", ha detto Kasia Malinowska-Sempruch, direttore dell'Open Society Global Drug Policy Program. L'insofferenza non è circoscritta al Sudamerica. La Norvegia vorrebbe cambiare l'oggetto della guerra alla droga, così come la Svizzera vorrebbe fossero inseriti nel documento Onu i risultati sulla salute prodotti dall'attuale politica proibizionista e repressiva: "Il consumo non è diminuito in maniera consistente mentre l'uso di sostanze psicotiche è aumentato nella maggior parte delle nazioni. Inoltre, secondo i dati di UNAids, il programma Onu sull'Hiv/Aids, l'obiettivo di dimezzare i contagi tra tossicodipendenti entro il 2015, non è stato raggiunto. Al contrario il virus continua a espandersi". L'Europa punta a ottenere la possibilità di investire su trattamenti riabilitativi al posto del carcere. 
"I tossicodipendenti dovrebbero avere la possibilità di essere curati, di ricevere le medicine necessarie per vincere la dipendenza, servizi di supporto, riabilitazione e reintegrazione". 

Repubblica.it


01/12/13

Don De Lillo

Maestro indiscusso del postmodernismo Americano, Don De Lillo, nato e cresciuto nel Bronx (N.Y.) da genitori italiani originari di Montagano, un paesino in provincia di Campobasso, è senza dubbio uno dei nostri scrittori preferiti e di riferimento, sciamano della letteratura paranoica, osservatore disciplinato e tagliente. Amiamo la sua descrizione della realtà, con una scrittura in cui racconta la società attraverso i media, la religiosità, i riti profani e le liturgie della politica comprese di intrighi tesi alla conquista del potere.
De Lillo è il tipo di scrittore i cui libri producono recensioni da prima pagina, ma riesce comunque a non raggiungere le alte vette della vendita. Da sempre ben noto nei circoli letterari , ha un piccolo , devoto seguito, ma la usa scrittura profondamente politica, la disturbante descrizione del mondo sociale familiare senza nessun accomodamento e il terrore premonitrice dei suoi romanzi lo hanno reso difficile da promuovere. Nei suoi racconti ci sono persone che conosciamo , personaggi intimi e familiari, dominati da un senso di invisibilità , paranoia e terrore . Per molti aspetti sono come noi , tranne che vivono con la consapevolezza inquietante di un mondo che preferiamo ignorare.
Infine amiamo il suo tenersi in disparte, la sua natura al silenzio e all'esilio.
Chiunque si troverà a leggere un suo libro, comincierà a chiedersi , chi è questo tizio ?

SPECIALE DON DE LILLO

29/11/13

Colpo di stato per idioti

Ce ne occupiamo solo perchè, rispetto al fiume d'inchiostro che s'è versato, questo resoconto  della decadenza del Berlusca è insieme esilerante e significativo, degli abissi di volgarità e ignoranza. Questo è il popolo della libertà,, il popolo di Silvio..

Per liberarsi di Salvador Allende in Cile ci sono voluti i carri armati e la CIA; in Italia, molto più modestamente, il colpo di stato si è consumato nel più classico dei modi: con un voto parlamentare. Dopo la breve guerra civile di questa estate, le forze controrivoluzionarie hanno deciso di alzare il livello dello scontro e cacciare Berlusconi dal Parlamento per rimuovere l’ultimo ostacolo alla loro scalata al potere supremo.

L’omicidio politico inizia verso le 10 di mattina del 27 novembre 2013 dentro l’aula sorda e grigia del Senato—quella che la vittima ha frequentato solo un paio di volte quest’anno—e si dipana tra schermaglie procedurali, senatrici fedeli al Cavaliere vestite a lutto, aggressioni verbali ai senatori a vita e parlamentari che paragonano Berlusconi a Mandela, Mussolini, Craxi, Pertini e addirittura Matteotti.

Nel frattempo, mentre il plotone di esecuzione democratico lucida i fucili e pregusta il bagno di sangue, i Pullman della Libertà rilasciano dal proprio ventre centinaia di guerrieri forzisti diretti a Palazzo Grazioli, la Moneda berlusconiana, pronti a combattere per la democrazia e dare la vita per il Capo. Berlusconi non decadrà tanto facilmente, questa volta.
continua quì:  Vice.com

27/11/13

80's Dark Portraits, l'universo Dark a Roma. Un Punk sulla spiaggia di Ostia, di E. Trevi

Nei primi anni Ottanta, il fotografo Dino Ignani condusse una ricerca sui giovani che frequentavano la vita notturna, in particolare i club legati all’universo dark: rappresentativi di una nuova estetica musicale, ma soprattutto un modo radicalmente diverso di presentarsi e di apparire sulla scena sociale. Nei video-bar e nelle discoteche dell’epoca, specialmente di Roma (dal Black Out all’Uonna Club al Piper), ma anche in feste private, Ignani predisponeva un set preferibilmente neutro e invitava i presenti a farsi ritrarre. Il risultato del progetto - iniziato nel 1982 e terminato tre anni dopo - è una galleria di quattrocento immagini in bianco e nero. Per la prima volta un'ampia selezione di quelle immagini è in mostra a Roma nell'ambito del festival Fotoleggendo alla galleria S.T. fino al 5 gennaio, col titolo "80’s Dark Portraits". Curata da Matteo Di Castro e Paola Paleari, l'esposizione è accompagnata anche dalla pubblicazione di un libro con lo stesso titolo con testi di Daniela Amenta, Roberto D’Agostino, Paola Paleari e un racconto di Emanuele Trevi.

Ottanta immagini a parete:  si tratta di stampe eseguite all’epoca da Ignani.  Alla mostra si accompagna la pubblicazione di un libro curato dalla galleria, un progetto editoriale che punta ad abbinare le immagini a testi di matrice diversa. Oltre all’articolo di D’Agostino, scritto nel 1985 per la rivista “Rockstar”, viene riproposto il racconto dello scrittore Emanuele Trevi che riproponiamo di seguito, apparso sulle pagine romane de “La Repubblica”, che vede come protagonista un adolescente romano di ritorno dal suo viaggio iniziatico a Londra: Un punk sulla spiaggia di Ostia. Di  Daniela Amenta, giornalista de “L’Unità”, è invece il testo sull' “avere vent’anni trent’anni fa”. 
Dino Ignani è nato e vive a Roma. Ha iniziato a occuparsi di fotografia a metà degli anni settanta, privilegiando progetti seriali, sviluppati spesso nel corso di più anni.
fino al 5 gennaio 2014; dal lunedì al sabato 11:00-23:00
FotoLeggendo | Galleria via degli ombrellari, 25 Roma 00193 | +39 0664760105 | info@stsenzatitolo.it | www.stsenzatitolo.it  


Ostia Night  (L. Orlandi)
PUNK SULLA SPIAGGIA DI OSTIA

A quei tempi, parlo del Settantanove o dell' Ottanta, non è che Roma avesse molto da offrire, in alternativa alle cinque ore di scuola, la mattina di un qualunque giorno feriale. Per questo motivo, immagino, ci trovavamo spesso, verso le nove, in attesa del trenino per Ostia pieno, a sua volta, di altri ragazzini come noi, un' infinità di artisti delle fughe mattutine e della mancanza del titolo di viaggio. Mi veniva da pensare al carro che porta Lucignolo e Pinocchio, sul fare della sera, verso il Paese dei Balocchi. E in effetti, invisibili ma lunghe orecchie d' asino ornano ancora, a distanza di tanti anni, la testa mia e di tanti miei coetanei. Per quanto mi riguarda, la strada per Ostia, la prima vera strada della mia vita, mi era stata aperta da un compagno di classe, si chiamava Franchetti, che nel giro di un' estate aveva subito una trasformazione talmente radicale da farlo diventare un tipo interessante, dalla nullità che era fino all' anno prima. Lo conoscevo fin dalle medie, quel tipo. Sempre composto, con il suo loden verde, preferiva sparire tra gli ultimi banchi, ed era di poche parole, brufoloso, sprezzante. Sembrava nutrire qualche segreto e precoce rancore verso l' esistenza. Il suo banco era ornato di svastiche incise con la punta delle chiavi di casa: occupazione che lo teneva impegnato per tutta la durata delle lezioni. Al primo anno del ginnasio, sembrava già un perfetto candidato al suicidio. Poi, arrivò l' estate e i genitori di Franchetti lo spedirono in Inghilterra a imparare l' inglese, ospite di una famiglia. Prima o poi, questa forma di deportazione toccava a tutti. Ma a settembre, al momento di tornare a casa, i genitori di Franchetti rimpiansero amaramente di non esserselo portato a Cortina, come tutti gli anni: e al diavolo l' inglese, se i risultati erano questi. A quanto pare, i figli dei padroni di casa, un po' più grandi dell' imbranato e silenzioso ospite italiano, erano due giovani punk della prima ondata. Avevano preso in simpatia quello strano adolescente dalla psiche tortuosa. Lo avevano trattato, come mi disse lui stesso, come un essere umano. Aveva compitato le sue prime parole d' inglese leggendo, assieme ai due fratelli, i testi dei Sex Pistols: God save the Queen and his fascist regime, I am an anarchist, I am an antichrist... La mattina del suo ritorno, i miti, premurosi genitori di Franchetti credettero a uno scherzo: ma non sapevano se ridere o piangere. Il loro unico figlio gli venne incontro con i capelli tagliati a spazzola e imbrattati di gel, dei jeans pieni di strappi tenuti assieme da grandi spille da balia, una giacca di cuoio con una A cerchiata sulla schiena e la scritta NO FUTURE. Un incredibile collare borchiato per cani gli stringeva la gola. Il vecchio loden verde era andato in pensione per sempre. La madre di Franchetti si fece fare la ricetta di un tranquillante, ma dopo poche settimane si abituò. Fu così che feci amicizia con Franchetti, che prima odiavo a causa delle svastiche, e cominciammo insieme a saltare la scuola e a passare le nostre mattine sulla spiaggia di Ostia, alla ricerca di un' adeguata «atmosfera punk», come la chiamava lui. A me piaceva mettermi un grande maglione andino e le clark scamosciate, a dire la verità, ma il saggio Franchetti mi rassicurò: anche in Inghilterra, disse, c' era un sacco di gente vestita come me, ma punk nell' animo. Questa idea mi piaceva molto. Il problema, chiaramente, non era quello di diventare punk. Ci si metteva il tempo di una vacanza in Inghilterra: ed anche meno, per chi era punk «nell' animo», come me. Ma una volta diventati punk, cosa si faceva? A questo proposito, brancolavamo nel buio. Avevamo fatto il passo più lungo della gamba. Devo dire che Franchetti un po' d' intuito ce l' aveva, per i posti e le situazioni capaci di evocare questo fondamentale clima punk. Già la partenza per Ostia imponeva un certo contegno tra l' anarchico e il nichilista. Da una scala esterna, ci si immergeva nelle viscere della Stazione Termini, sempre più giù, fino a una vecchia fermata sotterranea straordinariamente annerita e puzzolente. Quei sotterranei, oggi, coi loro negozi chic e i pavimenti lucidi, sono un posto irriconoscibile rispetto a quella specie di Ade, popolato da varie categorie di fantasmi umani, che era un tempo. C' era anche una specie di esposizione permanente di rettili e uccelli. E una leggenda metropolitana voleva che una vedova nera, evasa dallo zoo sotterraneo, avesse nidificato in qualche buio anfratto di quel mondo infero, colonizzandolo presto con la sua prole numerosa. Scendere fino alla lugubre banchina sotterranea, a me, punk nell' animo, dava sempre qualche brivido: la sensazione di essere scrutato da innumerevoli occhi, ostili e vendicativi, di vedove nere. Ma dopo qualche stazione della vecchia linea metropolitana, l' unica esistente, il trenino sbucava alla luce, e presto costeggiava una serie di terreni dolcemente ondulati che già, con tutti i loro pini sbattuti dal vento, denunciavano senza equivoci la vicinanza benefica del mare. Ma perché mai, era «benefica», questa presenza? Non lo so. Sarà lo iodio, come dicono oggi gli inserti salute dei giornali, sarà come sempre, bella o brutta che sia, una spiaggia è un capolinea della terra, un brandello comprensibile e calpestabile di fine del mondo. E se hai quindici anni, non sei andato a scuola, e vuoi viverti il tuo mercoledì mattina da punk, la fine del mondo è un pensiero decisamente accogliente. Fatto sta, che arrivati alla stazione di Ostia, tagliavamo dritti per il centro, arrivavamo al lungomare, ed entravamo direttamente nell' area di uno degli stabilimenti chiusi per l' inverno. A quei tempi, certe mattine l' acqua era sporca oltre ogni ragionevole immaginazione. Non si capiva se quella spazzatura galleggiante provenisse dalla città alle nostre spalle o da qualche bastimento che faceva rotta al largo. Una volta abbiamo contemplato per un bel po' di tempo un immenso pollo arrosto, di quelli che stanno esposti nelle rosticcerie, strapazzato dalla risacca. Ci sembrò un bel simbolo punk di quella stessa mancanza di futuro, NO FUTURE, che Franchetti ostentava sulla schiena della giacca. Quando c' era foschia, o il cielo era grigio, quel paesaggio mi faceva pensare a un film che avevo visto in tv, Viaggio al centro della terra, quando gli esploratori, per raggiungere il centro magnetico del mondo, si imbarcano nel minaccioso mare sotterraneo, incalzati da orribili mostri. E immaginavo che anche quel lembo grigio-verde di Tirreno davanti ai miei occhi altro non fosse che il mare di una terra seppellita e dimenticata, illuminata da un cielo morto, lattiginoso: il soffitto di un' immensa caverna. Ma non è che fossimo per forza malinconici. Facevamo rimbalzare i ciottoli sull' acqua, dormivamo con la schiena appoggiata al legno tiepido delle cabine chiuse, ci svegliavamo in preda ad una fame dolorosa e categorica. Una mattina, il nostro capitale ammontava a circa duecento lire. La soluzione migliore era convertire quella piletta di monetine nell' alimento più economico e voluminoso, il pane. è questo che chiedemmo alla signora dietro il banco di una panetteria appena oltre il lungomare. Le tre monetine da cinquanta e cento lire erano allineate sul ripiano di vetro, sopra gli scomparti delle rosette, delle ciriole, delle pagnotte di Genzano. Ce ne dia il più possibile, precisò Franchetti, arrossendo un poco. La vecchia, dietro il banco, ci squadrò per qualche secondo, senza rispondere. Poi prese una grossa forma oblunga di casereccio, la appoggiò sul ripiano di legno e iniziò ad intaccarne la crosta esattamente al centro, con la sega di un lungo coltello. Ed ecco che all' improvviso si ferma, torna a guardarci, appoggia il coltello, rimasto sospeso a mezz' aria, e ficca tutta l' enorme pagnotta in una busta, che ci passa oltre il ripiano dopo aver fatto sparire le monetine con un solo movimento del palmo. Magnatevela tutta, boni a gnente, disse la signora, indicandoci col mento la porta del negozio. Sorrideva e scuoteva la testa, come se ci conoscesse da sempre. Io e Franchetti, usciti dal negozio, ci siamo diretti ancora verso la spiaggia. Senti qua, mi ha detto tutto contento, allungandomi la busta di carta con la pagnotta. Era calda, e ce n' era da far mangiare anche i gabbiani. E certo anche la vecchia doveva essere punk nell' animo, decidemmo, mentre affondavamo le dita nella pagnotta morbida e ci ingozzavamo di mollica, strizzando gli occhi verso la spuma della risacca. Eravamo due ragazzini allegri, una mattina qualunque, in riva al mare, sporchi di farina e briciole. Il mondo, in effetti, sembrava benevolo: e per quanto ne sapevamo noi, avrebbe potuto andare avanti così per sempre. E forse, a ragionarci bene, se così non è stato, la colpa più che del mondo è stata proprio nostra. E un giorno, adesso che sappiamo tutto, dovremmo proprio ritrovare la forza di scappare, e di imbarcarci di nuovo di straforo sul trenino per Ostia, che sarà rimasto quasi identico: come se fosse possibile che qualcosa, lì su quel lembo di spiaggia, possa ancora ricominciare, come se la vita fosse ancora piena di cose vaste e incomprensibili, crampi di fame, gare di rutti, terrori innominabili e mattine così perfette che ancora oggi, solo a pensarci su, sembra di sentirne l' incredibile odore fatto di pane caldo, di legno verniciato e salmastro.
Emanuele Trevi

26/11/13

This is Pil live in Sydney

photo Ged
"Questo è PiL, stiamo entrando nella zona Public Image Ltd." E' questo il  salmo di John Lydon in apertura di This is Pil, nuovo album dopo 17 anni, pubblicato l'anno scorso. E' pur vero che c'era qualche diffidenza, verso il disco e i concerti dal vivo della nuova band. La  reunion dei Sex Pistols nel '96, voluta dallo stesso Lydon, messa su, come ha candidamente ammesso, solo per "volgari e mercantili" motivi, ("Abbiamo trovato una nuova causa comune: i vostri soldi!)  non facevano presagire nulla di buono. Niente a che vedere con i nuovi Public Image. This is Pil è un buon disco, ma la sorpresa maggiore viene proprio dai live, ed è quello che ci meritiamo: una band potente, inquietante, con un suono malsano e trascendentale.

Lu Edmons alla chitarra è davvero straordinario. Lo ricordavamo nei Mekons ma  soprattutto nei Damned, nel periodo più folle della band di Dave Vanian e soci. Polistrumentista eclettico, collabora con John dall'86, precisamente da Happy e con lui il sound dei Pil entra in un altra dimensione.

Anche l'ex batterista del The Pop Group e The Slits Bruce Smith è nel gruppo dal 1986. Considerato  un virtuoso del drumming, ha portato il suo stile unico nel gregge. Bruce ha suonato con artisti del calibro di Björk e Terence Trent D'Arby.

Scott Firth al basso entra nel 2009. Ha collaborato con Steve Winwood, John Martyn, Elvis Costello.

Questo è il concerto integrale di Sydney, in Australia, ed è lo stesso spettacolo che abbiamo visto qui a Roma, all'Atlantico Live il 25 settembre di quest'anno, con la sola differenza della sequenza dei brani in scaletta. Un live intenso, inaspettato: sperimentale e ibrido, rock alimentato da dub ed elettronica destinato a rubare la dancefloor in discoteca.

Dei Soviet Soviet, band pesarese che ha introdotto i Pil a Roma, stendiamo un velo: rumoroso, inutile, nella piena indifferenza dei presenti.



This is Pil


23/11/13

L'estetica del Crossover

RATM
Abbiamo già parlato della nascita del Crossover e del gruppo che ha dato il via alla tendenza musicale che ha maggiormente segnato gli anni Novanta: tutto ha inizio nel 1991 con l’uscita di Life  Perspectives of a Genuine Crossover,  album fondamentale nella contaminazioni tra ambiti musicali diversi, rap e rock,  funk e metal. A firmarlo non sono né degli artisti statunitensi né inglesi ma gli olandesi Urban Dance Squad, al loro secondo lavoro, segnando il definitivo sdoganamento collettivo del genere, quello che ha ufficializzato la nascita del crossover. Ma la vera e propria esplosione popolare del binomio rock-rap arriva nel '92  con l'uscita di  Rage Against The Machine, album omonimo della band statunitense: il concetto musicale è quello degli Urban Dance Squad, la differenza è nel  messaggio antagonista dei testi. La band di Zack de la Rocha e Tom Morello da vita ad  un cocktail esplosivo di hardcore punk, hip hop metal e funk, ferocemente polemico con la politica del governo americano, la sua sudditanza verso le grandi corporation economiche, e l'imperialismo culturale Usa. Era un periodo in cui ancora la musica esprimeva qualcosa, al di la delle note. Vi fu un incontro tra diverse espressioni estetiche:  una inedita vitalità espressiva scaturì nel fluttuare delle combinazioni e nell’attraversamento dei gusti vestimentali. Insieme, sotto il palco nei concerti dei Rage si ritrovarono i fanatici delle felpe vestiti oversize, seguaci del metal dai capelli lunghi e vestiti di nero e infine quelli con le camicie di flanella a scacchi, che guardavano al grunge di Seattle.