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03/03/17

Karoshi, morire per troppo lavoro


"Se siete consapevoli di questo diritto, allora si può dimostrare che non c'è niente di sbagliato nell' assunzione del tempo libero"

Tre mesi prima della dovuta ricongiunzione con la moglie e la figlia nelle Filippine, Joey Tocnang muore per insufficienza cardiaca nel dormitorio della sua azienda. Era il mese d'aprile del 2014.
Le autorità stabilirono che la morte di Tocnang era direttamente collegata alle lunghe ore di lavoro straordinario che la direzione della ditta di costruzioni gli aveva imposto, tra le 78,5 e 122,5 ore al mese. Il suo lavoro consisteva nella lavorazione dell' acciaio e la preparazione di calchi per il metallo fuso. La maggior parte del suo misero stipendio Joey lo inviava alla moglie, Remy, e a Gwyneth, la loro figlia di cinque anni. Il giorno prima di morire, Tocnang aveva detto a un collega che voleva fare shopping il giorno dopo per comprare un regalo per sua figlia. Era una delle 210.000 persone che appartengono al programma di formazione estera del Giappone. Introdotto nel 1993 e ampliato sotto l'attuale primo ministro, Shinzo Abe, il programma è stato a lungo criticato dai sindacati perché consente alle imprese di assumere lavoratori di paesi stranieri a bassa retribuzione e con pochi diritti.
Sono centinaia i decessi correlati al superlavoro - ictus, attacchi di cuore e suicidi - che sono segnalati ogni anno in Giappone, insieme a una serie di gravi problemi di salute - sintomi delle esigenze dei padroni poste ai lavoratori -

Il Libro bianco sulla Karoshi, che è il termine con cui si indica la morte per superlavoro.

Ha rilevato che, nonostante i tentativi di alcune aziende di stabilire un migliore equilibrio tra tempo libero e quello lavorativo, i giapponesi hanno orari di lavoro molto più lunghi rispetto a quelli di altri paesi. Secondo il rapporto, il 22,7% delle aziende intervistate tra dicembre 2015 e gennaio 2016 ha dichiarato che alcuni dei loro dipendenti registrano più di 80 ore di straordinario al mese - che è la soglia ufficiale per cui la prospettiva della morte da lavoro diventa seria. Il rapporto ha aggiunto che circa il 21,3% dei dipendenti giapponesi lavorano 49 o più ore alla settimana in media, ben al di sopra del 16,4% registrato negli Stati Uniti, del 12,5% in Gran Bretagna e del 10,4% in Francia.
Il governo del Giappone ha finalmente lanciato l'allarme, dichiarando che il 20% dell'intera forza lavoro è a rischio di morte da superlavoro, in pratica un lavoratore su cinque è a rischio di Karoshi. Intanto le richieste di risarcimento per Karoshi è salito a un livello record di 1.456 nel corso dell'anno (2016) e secondo i dati del ministero del lavoro, in particolare nei settori in cui vi è carenza di manodopera e l'assistenza sanitaria è scarsa o quasi inesistente. Ma Hiroshi Kawahito, segretario generale del Consiglio Nazionale della Difesa per le vittime di Karoshi, ha detto che la riluttanza del governo a riconoscere le morti Karoshi nasconde il numero effettivo dei decessi, che potrebbe essere 10 volte superiore a quello dichiarato.

"Il governo organizza molti simposi e rende manifesto il ​​problema, ma è solo propaganda", ha detto Kawahito all'inizio di quest'anno. "Il vero problema è la riduzione dell'orario di lavoro, e il governo non fa abbastanza."

I rischi per la salute associati a lunghe ore di lavoro sono stati evidenziati ulteriormente all'inizio di questo mese dopo che Matsuri Takahashi dipendente di 24 anni del gigante della pubblicità Dentsu,  era stato spinto a suicidarsi a causa dello stress causato dal prolungato orario di lavoro.
Una settimane prima della sua morte, Takahashi aveva condiviso il suo crescente senso di disperazione sui social media.

"Voglio morire", aveva scritto in un post. Sono fisicamente e mentalmente in frantumi."

La madre, Yukimi, ha detto che la morte di Matsuri ha dimostrato che le aziende mettono sempre il business al centro dei propri interessi prima che il benessere dei dipendenti.

"Mia figlia raccontava ai suoi amici e colleghi che riusciva a dormire solo 10 ore a settimana e l'unica cosa di cui sentiva il bisogno era quello di dormire ... Perché è dovuta morire?", ha detto alla rete televisiva TBS.
Takahashi, che era entrata alla Dentsu nel mese di aprile, aveva svolto regolarmente più di 100 ore di straordinario al mese, compresi i fine settimana, nella divisione pubblicità su Internet della società. Il ministero della salute ha registrato 93 casi di suicidi o tentativi di suicidio direttamente legati alla pressione di lavoro durante l'anno. Ma l'agenzia di polizia nazionale attesta che il lavoro è stato in parte responsabile dei 2.159 suicidi nel 2015.

Il Giappone ha "i peggiori standard per gli orari di lavoro tra le nazioni avanzate". Una legge del 2014 che prevedeva nuove normative in merito e cercare di contrastare il Karoshi non aveva cambiato la cultura del lavoro giapponese, che si basa prevalentemente sulla devozione all'azienda e sul sacrificio di sé, anche a scapito della salute. Nonostante gli orari assurdi a cui i lavoratori sono sottoposti, un inchiesta ha accertato che alla fine, questo non aumenta la loro produttività.
Mentre negli ultimi anni in Occidente si discute su come lavorare meno e in modo più produttivo, per poter trascorrere più tempo con la famiglia e dedicarsi al tempo libero, in Giappone, non c'è nemmeno un termine per il "work-life balance": "Karoshi", sembra inevitabile nell'estenuante cultura del lavoro nipponica.

Tutto è iniziato negli anni '70, quando i salari erano relativamente bassi e i dipendenti volevano massimizzare i loro guadagni, continuato nel boom degli anni '80, quando il Giappone è diventato la seconda più grande economia del mondo e ancora dopo la bolla scoppiata alla fine dei '90, quando le aziende hanno iniziato la ristrutturazione e i lavoratori, impauriti dalla minaccia dei licenziamenti hanno accettato la diminuzione delle garanzie e dei diritti per garantirsi un futuro. La grande quantità di immigrati, lavoratori irregolari - che lavorano senza tutela sindacale e senza una minima sicurezza sul lavoro - ha ancor più aggravato la situazione dei workers nipponici.

"Il lavoro straordinario è sempre lì. E 'quasi come se fosse parte dell' orario di lavoro regolare", ha detto Koji Morioka, professore emerito alla Kansai University, a capo di un comitato di esperti nominati dal governo per contrastare e combattere il Karoshi . "Nessuno è costretto, ma i lavoratori considerano lo straordinario come obbligatorio."
Oltre ai suicidi e i 189 morti stimati dal Ministero, stime non ufficiali parlano di migliaia di morti. Karoshi è stato a lungo considerato un problema che colpisce soprattutto persone di sesso maschile, ma i sindacati indicano che un numero crescente di donne muoiono per propria mano. La cosa che più colpisce è che molte sono giovani, spesso tra i 20 e i 30 anni. Hiroshi Kawahito, avvocato e segretario generale del Consiglio di Difesa Nazionale per le vittime di Karoshi, che lotta per le famiglie delle vittime aveva in precedenza assistito la famiglia di un giornalista di soli 30 anni morto per un attacco cardiaco.


La madre di Matsuri Takahashi
In realtà non è cosa rara in Giappone morire a 30 anni per attacchi di cuore.

Come abbiamo già detto, Karoshi è un problema che colpisce la società giapponese ormai da diversi decenni, ma è da qualche anno che il governo ha approvato una legge per cercare di fermare quest'autentica strage. L'atto fissa obiettivi specifici, come la riduzione della percentuale di dipendenti che lavorano per più di 60 ore a settimana dall' 10 al 5 per cento entro il 2020; sta anche cercando di convincere i lavoratori a prendere le ferie pagate accumulate negli anni. La maggior parte dei lavoratori giapponesi hanno diritto a 20 giorni di ferie l'anno, ma sono in pochi ad usufruirne, a causa di una cultura del lavoro in cui i giorni di riposo sono considerati come un segno di rallentamento e di mancanza di impegno verso gli obbiettivi aziendali.

Il karoshi è aggravato dalla relativa debolezza dei sindacati, che si sono preoccupati principalmente dell' aumento dei salari, piuttosto che accorciare l'orario di lavoro, e sconfiggere la pratica giapponese di avere lo stesso lavoro per tutta la vita. La maggior parte degli studenti universitari che vengono assunti in società private e pubbliche dopo la laurea hanno l'aspettativa che saranno lì fino al raggiungimento dell'età pensionabile



  


 

17/08/16

Non veniamo al mondo per lavorare e per comprare

Estate, tempo di vacanze e di riposo, e nonostante, ne dobbiamo ascoltare amenità e sciocchezze colossali. Non per ultime le solite sparate di Salvini, stavolta vestito da poliziotto e novello pulcinella, quelle dei grillini che però sorvolano sui fallimenti delle loro amministrazioni, sui megastipendi che elargiscono ai propri raccomandati, proprio come fanno tutti, sulle loro assunzioni dirette a discapito dei bandi di concorso previsti dalla legge.. Passando oltre, non ci hanno meravigliato le ultime dichiarazioni di Clint Eastwood, che sanciscono l'endorsement dell'attore/regista a quel babbeo di Donald Trump, in corsa per le presidenziali USA. Dichiarazioni di supporto che in realtà rivelano stupidità e  bigottismo, già ben evidenziati negli ultimi anni cinematografici di Dirty Harry. Un bigotto brizzolato al passo con i tempi, per noi Eastwood è solo un altro razzista guerrafondaio sostenitore di Trump. E la lista sarebbe lunga, dai lupi solitari di uno stato islamico ormai allo sbando, i proclami farlocchi del nostro presidente del consiglio in cui tutto sembra andare per il meglio, i morti nelle strade di Napoli, la Turchia.. Cosa rimane? 
Ascoltare, leggere le parole di José Mujica, ex presidente dell'Uruguay e un altra delle "spiritual guidance" di questo blog. Le postiamo così, senza ulteriori commenti o  parole, perchè nella loro semplicità e verità davvero non c'è altro da aggiungere..


"Appartengo a una generazione che ha voluto cambiare il mondo, ma che ha commesso il terribile errore di non volere cambiare prima se stessa".

José Mujica, l'80enne ex presidente dell'Uruguay che durante l'epoca della dittatura fu imprigionato per 15 anni in una cella di isolamento, ha una visione del mondo piuttosto chiara. Il lungo periodo in carcere gli ha permesso di pensare molto e, in occasione dell'inaugurazione del Congresso sulla Saggezza e sulla Conoscenza organizzato dalla stazione radio spagnola Cadena Ser a Cordova, ha illustrato alcuni cardini della propria concezione dell'esistenza.
In prigione ho pensato che le cose hanno un inizio e una fine. Ció che ha un inizio e una fine è semplicemente la vita. Il resto è solo di passaggio. La vita è questo, un minuto e se ne va. Abbiamo a disposizione l'eternità per non essere e solo un minuto per essere. Per questo, ciò che più mi offende oggi è la poca importanza che diamo al fatto di essere vivi.
Da quando, qualche mese fa, Mujica ha smesso di governare il proprio Paese, ha iniziato a viaggiare parecchio ed è diventato un punto di riferimento per diverse persone. Molti apprezzano le sue idee, il suo modo di essere semplice e il suo parlar chiaro.
Essere anziano è un vantaggio, perché da giovane uno può montarsi la testa con tutti questi elogi. Però non sono né un filosofo né un intellettuale. Lo sono stato fino ai 25 anni. Fino a quell'età leggevo di tutto, dalla guida telefonica a Seneca.
Il filosofo romano vissuto a Cordova è stato una costante nel discorso dell'80enne. "Seneca affermava che non è povero chi ha poco, ma chi desidera molto". Mujica si è cosí concentrato sull'economia di mercato e su un sistema di crescita basato sul consumo.
Io lotto contro l'idea che la felicità stia nella capacità di comprare cose nuove. Non siamo venuti al mondo solo per lavorare e per comprare; siamo nati per vivere. La vita è un miracolo; la vita è un regalo. E ne abbiamo solo una.



01/05/16

Fulvio Abbate: Abolire il lavoro!

Siamo fan del Marchese FULVIO ABBATE, e oltre che geniale, siamo pienamente in sintonia con questa sua disamina sul lavoro e sulla strada che una "vera sinistra" dovrebbe intraprendere..
 
La sinistra non l’ha capito: bisogna abolire il lavoro! Altro che "Inno dei lavoratori", altro che esaltazione dell'operaio. La vera cosa di sinistra sarebbe abolire l'occupazione. Allora sì che la vita sarebbe una processione festosa e zampillante di multipli piaceri
di Fulvio Abbate


Il lavoro andrebbe abolito, altro che comunismo con il suo “Inno dei lavoratori”! Altro che falce e martello lì nel simbolo di un movimento che pretenda di lottare per l’emancipazione dai bisogni materiali. Intendiamoci però, ancor prima andrebbe abolito, cancellato dalla faccia della terra colui che, con volto convinto da vero responsabile, dovesse sostenere che il lavoro, “no, non lo si può davvero cancellare, perché altrimenti – parole sempre sue – dimmi tu come facciamo a mangiare, no, tu dimmelo, dai, avanti?”
Il giorno in cui avremo un decreto - meglio, Il Decreto - assai più erotico di quello firmato da Lenin per consegnare la terra ai contadini, un Decreto che sancisca l’abolizione del lavoro sarà davvero il caso di far precedere le parole del testo e le firme lì a certificarne la validità da un esercito di cheerleader in mutandine bianche bordate di rosso.

Ma adesso riavvolgiamo il nastro, tutti con gli occhi rivolti all’indietro. Perfino il genero di Karl Marx, Paul Lafargue, un quasi sosia del nostro sentimental-socialista Edmondo De Amicis, aveva cercato di spiegare il concetto di nocività del lavoro, certo, lo ha fatto partendo dalla questione dell’orario, ma anche del lavoro stesso, alienato, lo aveva fatto con un libricino intitolato “Il diritto alla pigrizia”, non certo un saggio politico concepito a favore della masturbazione, ma comunque già sulla buona strada; fra tutte le edizioni che siano mai state pubblicate del nostro saggio, la più significativa è certamente quella la cui copertina è opera di Wolinski, l’uomo comune è diventato il capitalista di se stesso su un’amaca, ovviamente si tratta di un’edizione in lingua francese, mica cinese. Laggiù milioni soccombono sotto l’involtino autunno del comunismo.

E se fosse vero che le ragioni di tutte le tragiche sconfitte della sinistra, comprese le apparenti improbabili vittorie, siano dipese dal non aver mai pensato che la parola d’ordine dovesse riguardare proprio l’abolizione del lavoro?
Anni fa mi è capitato di acquistare un volume che raccoglieva i simboli del potere della DDR, ossia la Germania dell’Est, quella comunista, la stessa che accoglieva tra le sue mura il drammaturgo Bertolt Brecht, per sua stessa ammissione un uomo devastato dalla pigrizia, se non dall’apatia, che lì siamo già nel patologico, tu non lo sai, ma Brecht usava l’auto anche per percorrere poche centinaia di metri, da casa, in Chausseestrasse, al Berliner Ensemble, il suo teatro; berretta in testa, Bert ingranava la prima, metteva lo stereo8 con le musiche di Kurt Weill, …tararattà tararattà, e via…

Ma stavo dicendo delle memorabilia della DDR: noi, figli delle stelle del capitale, cresciuti sotto il cielo di un’araldica composta di elmi e di spade, già, facciamo una certa fatica a comprendere che si possa invece inquartare dentro un simbolo nazionale la lanterna del minatore oppure, come è accaduto in Romania, il traliccio della luce, no?

Ora che ci rifletto, forse, ripensando a Giangiacomo Feltrinelli, editore e rivoluzionario, potremmo perfino, perché no?, rileggere la sua tragica fine in altro modo. Già, e se la sua scelta di abbattere con l’esplosivo quel traliccio di Segrate fosse in realtà un implicito rifiuto del mito comunista del lavoro con tutti i suoi annessi e connessi?
Ci pensi che il povero Dmitrij Šostakovič, pure lui, era sovente costretto a mettere archi e ottoni al servizio dell’elettrificazione dell’Urss? Sai che palle! Tornando però a Giangi, se così fosse, se davvero quel traliccio quel giorno del 1972, andrebbe riletta tutta la storia dell’eversione rossa, e slogan come “Po-te-re operaio! Po-te-re operaio…” tutta roba da buttare via, o comunque da rileggere.

Eppure c’era stato già un anarchico, Camillo Berneri, che aveva scritto un saggio intitolato “L’operaiolatria”, dove provava a spiegare che, forse, tutta questa apologia del sudore della fronte non andava così bene, non era poi così salutare e neppure salubre. Ma abbandoniamo il tempo piovoso in bianco e nero del “su fratelli, su compagne, / tutti i poveri son servi: / cogli ignavi e coi protervi / il transigere è viltà. Il riscatto del lavoro / dei suoi figli opra sarà: o vivremo del lavoro / o pugnando si morrà. o vivremo del lavoro / o pugnando pugnando si morrà. O vivremo del lavoro / o pugnando si morrà”, ossia dell’Inno del lavoratori.
Dai, torniamo a Gwen Stefani che avanza con il suo stantuffo pelvico, meravigliosa catastrofe bionda, lievito biondo di promessa erotica in un immenso letto tra le nuvole, torniamo con le parole dei situazionisti a pensare che il lavoro, sì, si può abolire. E le seconde-terze generazioni degli iuppi non fanno orrore di meno.


02/03/15

Controversie. Aspettative che (forse) rimarranno solo sogni

La piena dei dibattiti urlanti in tv è strabordante. Pensiamo davvero di cavare un ragno dal buco, assistendo ad ormai osceni dibattiti.. sul nulla? Pensiamo di imparare qualcosa dalle urla tra una che si chiama Santanchè e un fighetto come Scanzi, e che gli argomenti dibattuti siano..controversi e interessanti?
Comunque è opportuno discutere, e pacatamente, di argometi che tengono alta la bandiera della leggerezza, ma ci sono questioni che dovremmo affrontare nei prossimi 50 anni di una portata enorme. Affrontarli probabilmente infiammerà gli animi, e nelle comunità c'è sicuramente chi ha una maggiore sensibilità a dibatterne. Il problema non è essere pacati. Occorre essere capaci di accettare e discutere di argomenti che cambieranno le nostre vite future. Pensiamo davvero che il controllo delle armi, l'Isis e i matrimonio gay sono argomenti controversi?


La morte della privacy
Avete sentito parlare di Google Glass. Si tratta di un computer portatile montato (sorpresa!) su un paio di occhiali. Se fai l'occhiolino è in grado di scattare foto o di girare un video o fare un altro trilione di cose assurdamente intelligenti. Al punto di rendere la società ancora un bel po 'più cattiva.Il problema viene dalla tecnologia del riconoscimento facciale. Gli studi hanno dimostrato che questa tecnologia può già individuare persone in una folla e si può condividere quasi tutto di loro, dalle foto alle informazioni sociali, dal profilo LinkedIn. Oltre il loro potenziale invasivo, questi occhiali potrebbero segnare l'inizio della morte della privacy. Immaginate un mondo in cui tutti coloro che ci passano accanto per strada immediatamente possono sapere tutto di noi. Tutto sarebbe svelato, cose che probabilmente non vorremmo che mai cadessero in mano di estranei. Suona come un incubo? Bene, nel momento in cui qualcuno combinerà un software di riconoscimento facciale con qualcosa come i Google Glass, probabilmente quest'incubo diventerà realtà. Google attualmente non è della stessa idea, ma il potenziale c'è e un giorno. . . chi lo sa? E quando questo accadrà, prepariamoci alla madre di tutti i dibattiti sull'etica.

Il destino dei rifugiati causati dai cambiamenti climatici
Anche se si pensa che il cambiamento climatico prodotto dall'uomo è mucchio di sciocchezze liberal, è impossibile negare che il pianeta si sta riscaldando. In questo momento, siamo in una fase di aumento della temperatura che quasi certamente causerà inondazioni di interi paesi con il conseguente spostamento di milioni di persone. La domanda è: dove potranno andare, tutte queste persone, dove potranno trovare rifugio?Questo non è solo un problema accademico. In qualche zona del mondo, come ad esempio il Bangladesh, si affaccia la possibilità molto reale che gran parte del paese potrebbe scomparire nei prossimi 50 anni, facendo migrare circa 30 milioni di persone. Questa cifra è pari alla popolazione del Texas e dell'Oregon messe insieme. Ed è molto improbabile che il governo del Bangladesh, assediato in caso di catastrofe, sarebbe in grado di sostenere tutta questa gente, quindi dove potrebbero andare? In India? Ma l'India sta già costruendo recinzioni di filo spinato per tenere a bada i migranti bengalesi sfollati. La Cina? Non è realistico. Allora, dove?La risposta è: non lo sappiamo. E questo è solo quello che potrebbe accadere in un angolo dell'Asia. La ricerca suggerisce che potranno esserci rifugiati climatici a livello globale, da 150 milioni a un miliardo di persone. Con un numero così alto di migranti improvvisamente senzatetto, le cose potrebbero iniziare a mettersi molto male, davvero.

Chi sarà il padrone dello spazio?
Sembra una domanda stupida, ma questa che può apparire a prima vista una domanda idiota è in realtà più sottile di quanto si pensi. E potrebbe essere in procinto di diventare uno dei principali argomenti di acceso dibattito.Planetary Resources è una società di proprietà di (tra gli altri) di James Cameron e Larry Page. E 'stata fondata con l'unico scopo di sviluppare e dispiegareo tecnologie per l'estrazione mineraria da asteroidi. Nonostante l'obiettivo a lungo termine della società, i suoi piani iniziali prevedono lo sviluppo di un mercato per piccoli (30-50kg) telescopi spaziali per l'osservazione terrestre e astronomica. Questi telescopi potranno servire in futuro per l'indagine verso asteroidi nei pressi della Terra, e l'acquisizione di minerali preziosi. Una volta che questa tecnologia si perfezionerà, si tratta di un piano che potrebbe portare nelle loro casse miliardi di dollari. Non si sa ancora se questi piani siano legali.Una battaglia titanica si sta preparando per determinare se la società di Cameron e co potrebbe violare il diritto internazionale di rivendicazione di un asteroide.Nel 1967, la maggior parte delle nazioni hanno firmato il Trattato sullo spazio esterno, in cui si afferma che nessuna nazione può vantare diritti su eventuali "corpi celesti". Suona come un caso chiuso, fino a quando qualcuno ha ricordato che Planetary Resources non è una nazione, ma una società . I loro avvocati sostengono che esiste già un precedente per la vendita di rocce lunari, quindi il diritto sugli asteroidi deve essere imparziale, dato che una legge in merito deve ancora essere formulata . Se il team legale della società dovesse prevalere, il futuro dell'esplorazione spaziale potrebbe essere affidato ad aziende private, con il solo scopo di trarne quanta più ricchezza possibile. Se perdono, tutto lo spazio rimarrà come l'Antartide, una zona scientifica libera dal profitto. Con Planetary Resources che sta cercando di avviare il progetto entro il 2030, è bene fare delle scelte il più presto possibile..

Anziani Vs Giovani
Grazie alle scoperte scientifiche, a decenni di cure mediche avanzate e ai servizi igienici moderni, la maggior parte di noi, ricchi tipi occidentali, vive molto più a lungo . Molto più a lungo. In realtà, la generazione Baby Boomer attualmente può avere aspettative di vivere la propria età pensionabile a zonzo per i campi da golf, mentre in Giappone ci sono già quasi tre pensionati per ogni bambino sotto i 15 anni, con quattro su 10 giapponesi con più di 65 anni entro il 2050. E il costo per il mantenimento di questa generazione di pensionati sarà enorme.In Gran Bretagna, si stima che la spesa per gli anziani rappresenterà fino a un quinto del PIL entro il 2060, un numero praticamente insostenibile per l'economia del paese. Gli economisti in Europa attualmente prevedono, grazie a questo cambiamento demografico, un secolo di crescita economica molto debole, . Nel frattempo in America, il governo si trova di fronte alla scelta di fronteggiare ora la questione, o di trovarsi di fronte al disastro quando i Baby Boomers inizieranno a soccombere per malattie croniche. Un problema enorme, che comprende un potenziale di disordini sociali, quando i politici comincieranno la riduzione dei servizi pubblici per i giovani, oppure costringeranno un gran numero di immigrati a pagare per questo sciame di pensionati economicamente inattivi. È il nostro futuro una una competizione tra giovani e anziani? Solo il tempo ce lo dirà.

Abusi ..virtuali
Se avete voglia di ragionare su un dilemma etico inquietante, non ce nè uno più inquietante di questo. Alla fine dello scorson anno, due ricercatori olandesi hanno avuto un'idea controversa di come possiamo affrontare la pedofilia nel prossimo futuro. Dato che i potenziali abusatori trovano video di bambini sfruttati in ogni caso, il loro ragionamento è quello che forse è meglio legalizzare un'alternativa ..artificiale, che lasciare crescere il mercato illegale di questi filmati. A tal fine hanno suggerito che i governi potrebbero iniziare a fare e con discrezione, un marketing virtuale di pornografia infantile.Se chi legge è una persona..che galleggia nella media, la reazione istintiva che avrà a questa proposta è probabilmente qualcosa di simile al disgusto. Ma i lettori di Interzone sono persone più che aperte, e.. pensateci, se è stato dimostrato che un certo tipo di pedofilo è meno propenso all'abuso fisico reale, cioè che ci sono meno probabilità che questi malati possano fare del male a dei bambini con questa alternativa, non sarebbe più sensato creare questa rete solo per loro? Anche se, ammettiamolo, questo potrebbe contrastare con ogni nostra logica e istinto, non sarebbe il caso almeno di provare? O la semplice creazione di queste immagini è, o sarebbe una scelta etica troppo ..futuristica? Noi non iamo ne a favore ne contro, per il momento. Ma ci sentiamo, e invitiamo almeno a ragionare su questi temi, per quanto scabrosi possano essere. La nostra comprensione scientifica della sessualità umana cresce, e la possibilità che la questione possa riproporsi diventa solo più plausibile. Come per le droghe, potrebbe succedere che affrontare problemi come gli abusi sessuali, in futuro, determini una scelta del male minore.


Un viaggio letale
Se si è un pò più in là dell'età della giovinezza, sicuramente ci si ricorderà di quando la fantascienza era piena di promesse e speranze gloriose, come quella che avremmo avuto colonie su Marte. Delusioni a parte, ci sono delle buone ragioni per cui non dovremmo intraprendere viaggi verso Marte con la tecnologia attuale. Gli scienziati stimano che c'è una probabilità del 10 per cento di uno scoppio enorme di radiazioni solari che cancellerebbe un equipaggio su una navetta di esplorazione. Non sorprende che la NASA si rifiuti di esporre i propri astronauti a tale rischio. Ma ecco che subitola le imprese private si lanciano sul progetto, e sappiamo quanto queste a volte siano prive di questi scrupoli. E questo è il problema: possiamo veramente mandare gente in orbita, con la sicurezza di morte quasi certa?Ora, la risposta ovvia è "sì". L'esplorazione è stata a lungo caratterizzata da temerari che rischiando la vita hanno riportato qualche pepita di conoscenza. Ma poi ti rendi conto che un fallimento potrebbe riportare l'esplorazione dello spazio decenni indietro. Ricordate il disastro Hindenburg? Quella singola immagine, di un dirigibile che scoppia in cielo tra le fiamme uccise una forma di trasporto aereo che allora era palesemente più sicuro e più confortevole rispetto a qualsiasi altro. Il disastro del Challenger Shuttle del 1986 ha riportato la NASA indietro di anni. Quale sarebbe l'immagine che darebbe una piccola squadra di astronauti persa nel vuoto interstellare, a molti milioni di chilometri da casa? Beh indovinate un po? Potremo scoprirlo nel 2018..


La battaglia per le risorse globali
Quasi non vogliamo pensarci, semplicemente: un mondo in cui l'acqua, il cibo, e l'energia non basteranno per tutti, e i governi drovanno fare di tutto, e giocare sporco per assicurare queste risorse ai propri cittadini. Diciamo "quasi" perché presto non avremo altra scelta. Secondo gli esperti, questo scenario da incubo è solo a pochi anni di distanza. Un ex consigliere scientifico del Regno Unito ha recentemente osservato che i governi stanno già preparando piani per l'accaparramento di territori per garantirsi diritti di estrazione, e questo è solo un assaggio di quello che verrà. Quando la battaglia per garantire acqua e cibo sarà chiara e inevitabile, avremo un diavolo di dilemma etico. Da un lato, potrebbe essere impossibile avere un ruolo importante sulla scena globale senza agire senza scrupoli e diventare sempre più predoni a scapito dei deboli. Idee come la battaglia contro la fame nel mondo e a favore dei poveri, sostenere sempre e comunque le democrazie, il rispetto per la sovranità delle nazioni, saranno bandite se l'occidente non rinuncerà di rimanere al vertice mondiale del gioco economico, mentre si farà strada sempre più un processo politico, che eufemisticamente potremmo tradurre come.. "dobbiamo essere sempre più una potenza come la Cina." D'altra, se decideremo di mantenere al centro della politica parole come solidarietà e aiuti ai più deboli, potremmo benissimo essere relegati dietro le quinte; un ex superpotenza barcollante che non può accettarlo non avrà un posto sul palcoscenico del mondo. Se pensavate che l'opinione pubblica sia polarizzata crisi sull'attuale crisi economica , aspettate fino a quando questo accadrà.. Sarà una battaglia per il futuro ma anche per l'anima dei nostri rispettivi paesi, -con in gioco le condizioni di vita di tutti i nostri connazionali


Il futuro del sesso
Da quando il primo uomo delle caverne ha usato i primi strumenti per scolpire qualcosa, la pornografia è stata sempre uno degli argomenti al centro dell'interesse, ed è evidente che la storia umana è sempre stata in gran parte orientata a sfruttare nuovi strumenti e tecnologie per la gratificazione sessuale. Fotografia, cinematografia, Internet, e la stampa sono stati tutti utilizzati in qualche modo per facilitare momenti di ..auto-abuso dopo la loro scoperta, e il futuro probabilmente ci riserverà la stessa cosa. Ma sarà qualcosa di molto più.. visibile e materiale. Per dirla senza mezzi termini: stiamo parlando della futura prostituzione meccanizzata, donne robot adibite alla sodisfazione delle nostre fantasie sessuali, un concetto così ridicolo che non possiamo crederci che stiamo quì a parlarne. Ma la verità è che c'è una possibilità molto reale che nel 2050 questo potrebbe essere un mondo in cui la prostituzione consisterà nel manipolare i progressi dell'Intelligenza Artificiale (AI) e robotica per il nostro.. uh, piacere. Siamo vicini a che i computer saranno in grado di sovraperformare il cervello umano, e l'AI probabilmente sarà tra noi completamente nel 2030. Importanti progressi nella robotica faciliteranno qualche imprenditore che aprirà il primo bordello automatizzato del futuro. A quel punto, ci sarà come al solito uno scontro culturale. Saremo pronti per questi nuovi sviluppi, o ci sarà un enorme reazione puritana contro qualcosa che giudicheranno così.. raccapricciante? Tutta la nostra comprensione della sessualità umana potrebbe essere messa in gioco e capovolta, e le conseguenze di un tale cambiamento sarà enorme.

Il futuro del cibo
La crisi della carne si riferisce al modo in cui il nostro amore globale per una buona, succosa bistecca potrà condannare l'intero pianeta. Nelle nazioni occidentali avanzate e in quelle della controparte in via di sviluppo, il consumo di carne è in aumento; da 20kg in media per persona nel 1990, ad 50kg previsto entro il 2030. Dato che circa un terzo del territorio utilizzabile sul nostro pianeta è già sfruttato per l'allevamento di bestiame, a meno che non vogliamo peggiorare la nostra battaglia tutte le risorse, dovremo iniziare a cercare alternative -ed è quì che la polemica entra in gioco. Molti di noi vivono in culture che davvero, non accettano un cambiamento di stile nelle proprie scelte alimentari. L'idea di alimenti geneticamente modificati e il fluoro nell'acqua fa schiumare di rabbia. Allora, cosa pensiamo che succederà quando i governi inizieranno a produrre carne artificiale per tutti di noi?

La povertà di massa
Viviamo in paesi ricchi, e quando leggiamo di tutto questo siamo abituati a reazioni pacate, ma, siamo anche consapevoli che tutta la stabilità a cui siamo abituati sta iniziando a svanire. In un recente studio, si dimostra che "mentre gli altri continenti riducono con un certo successo la povertà, in Europa le previsioni sono di un futuro di instabilità dovuta ai grandi esodi di massa dai paesi confinanti e quindi di un pericolo di condizioni future di estrema povertà. La vita lentamente migliora per le persone nei paesi in via di sviluppo, parallelamente va peggiorando nel (ex) ricco Occidente e sembra che sia una condizione a cui dovremo abituarci. E 'ormai indiscutibile che le giovani generazioni della classe media di oggi staranno molto peggio dei loro genitori, e le classi più povere diventeranno sempre più povere.

In pochi decenni tutti quei sogni di prosperità e di miglioramento sociale resteranno tali: esattamente dei sogni. Si prospetta un futuro tetro: stiamo già assistendo a un esodo di massa di giovani, e di talento, come ad esempio dal Portogallo e dall'Italia, mentre continuano senza sosta distruzione delle foreste e inquinamento. Ci saranno scontento e rabbia, ampi e diffusi, per le ingiustizie sociali. Il ridimensionamento delle aspettative e le possibilità di una vita migliore per la classe media è destinata probabilmente a peggiorare, e quello che si prospetta è uno dei periodi più bui e più controversi della storia occidentale....


 

14/02/15

Una bella letterina vi spiega il Job Act

Testo della lettera mandata agli operai Piaggio
“Caro lavoratore”,
Dalle verifiche effettuate, a fronte di un tasso di assenteismo complessivo rilevato nel sito di Pontedera significativamente più elevato rispetto a quello riscontrabile presso gli altri siti produttivi del Gruppo Piaggio in Italia e, in generale, tra le aziende del settore, e’ emersa un sua presenza al lavoro del tutto discontinua, caratterizzata da ripetute assenze di breve periodo, imputate a titoli diversi, potenzialmente tali da determinare un oggettivo impedimento alla possibilità di un utile impiego della sua prestazione lavorativa.
Più specificatamente, nel corso del periodo analizzato (dal xx/xx/xxxx al xx/xx/xxxx)
Ella e’ stata assente dal lavoro per un totale di xx giorni lavorativi, maturati in xx episodi di assenza per causali diverse, con una media dunque di x,x giorni a episodio.
Il difficile contesto economico che caratterizza i mercati in cui opera la nostra azienda impone l’adozione di adeguate misure di correzione degli abusi di istituti (di per se’ legittimi), ove si trasformino in periodi di assenza abnormi: la discontinuità della sua prestazione lavorativa, come sopra dettagliata, rappresenta un elemento di vanificazione dell’impegno posto in essere dalla collettività dei nostri dipendenti per superare le difficoltà dell’attuale momento.
Alla luce di ciò, desideriamo pertanto raccomandarle per il futuro un attivo impegno per assicurare una maggiore assiduità della prestazione lavorativa.
Le segnaliamo altresì che, laddove non constatassimo cambiamenti, fermo il diritto della nostra società di verificare l’effettiva giustificazione di ciascuna sua assenza, ci vedremo costretti a trarre tutte le conseguenze derivanti dalla mancanza di utilità e/o interesse per una prestazione caratterizzata da modalità siffatte.
Distinti saluti
Piaggio & C. s.p.a


Aggiungi didascalia
Il governo Renzi non ha ancora varato i primi decreti attuativi del Jobs Act, la riforma del mercato del lavoro, che già le imprese si preparano a sfruttare i nuovi strumenti di ricatto che entreranno in vigore tra poco. La Fiat (FCA), che certo non aveva bisogno di aspettare la riforma renziana, è uscita da Confindustria per avere mani libere e poter applicare le sue regole, le sue leggi, la sua forza: allora ecco la cassaintegrazione selettiva, senza rotazioni, per andare a colpire i lavoratori più combattivi, ecco la pretesa di non far rientrare a lavoro i 3 operai di Melfi, nonostante la sentenza in loro favore.
L’eliminazione dei lavoratori più sindacalizzati, guarda caso, è proprio uno dei principali obiettivi del Jobs Act.
 Mentre i primi decreti attuativi sono quasi pronti, le aziende cominciano a pensare a come sfruttare le nuove leggi che attaccano ancora una volta i diritti dei lavoratori. Così alla lettera di avviso mandata agli operai Sevel  (ditta fornitrice esclusiva di Fiat), segue immediatamente analoga lettera ricevuta dai lavoratori della Piaggio. Il messaggio è chiaro, diretto, inequivocabile: ora tutte le aziende possono lasciarvi a casa facilmente, basterà pagare un piccolo indennizzo, quindi anche le malattie (per quanto reali e dimostrate con tanto di certificato medico) non saranno più ammesse. La produttività, che nel nostro sistema significa sfruttare di più gli uomini, non ha morale: chi è più “malaticcio” stia a casa. Già ma qual è la soglia di assenza accettabile? Man mano l’asticella si alzerà sempre di più, perché le valutazioni sono differenziali: se uno comincerà a non stare mai a casa (anche quando è realmente ammalato), tutti dovranno uniformarsi, altrimenti diventeranno quelli poco produttivi. “Se ce la fa lui, perché non puoi riuscirci anche tu? Ok, stai male, ti credo. Ma se lui sta sempre bene, è un mio diritto scegliere lui e tagliare te. Mica posso pagare io i tuoi legittimi malanni? Anche perché la tua debolezza rallenta e danneggia pure i tuoi colleghi”, questo il messaggio, per nulla velato, con cui Fiat (Sevel) e Piaggio hanno augurato “buon anno” ai propri lavoratori.
Clash City Workers


08/12/14

Il primo mistero di Silvano Agosti

L'UOMO NON E' NATO PER COMPETERE MA PER COLLABORARE CON SE STESSO
Attenzione, non è vero che non c’è lavoro, è vero invece che per alcune centinaia di milioni di lavoratori prima occupati nei grandi agglomerati industriali non c’è più l’obbligo nè’IL BISOGNO di lavorare.
Conseguentemente si è verificato il crollo di piccole e medie industrie (In Italia ne hanno già dovuto chiudere circa 72,000 ) direttamente collegate con i grandi centri produttivi ormai completamente autonomi in una struttura perfettamente automatizzata. Le macchine non scioperano, non hanno stipendi, non si ammalano, e lavorano 24 ore al giorno senza mai protestare.

Per quale ragione non eliminare la cosiddetta CLASSE OPERAIA? Fino agli anni ottanta non si faceva che parlare di AUTOMAZIONE, si discuteva con passione di un tempo in cui nessuno sarebbe stato più in obbligo di lavorare e avrebbe finalmente fruito di una nuova civiltà che avrebbe come protagonista una intera umanità finalmente liberata dall’oppressione e dal ricatto del dover impiegare l’intero tempo della vita a lavorare. Nove o dieci ore al giorno senza mai poter scoprire il proprio estremo valore in una condizione di libertà, di creatività e di solidale privilegio di vivere, non più scambiando una faticosa stentata sopravvivenza come unica modalità di vita.
Oggi nessuno ne parla. La sostituzione delle masse operaie con le macchine è avvenuta ormai per l’ottanta per cento, ma un grande silenzio è calato sull’argomento.

Troneggia invece LA GRANDE MENZOGNA ovvero le infinite promesse di “trovare lavoro”.

E’ dunque così difficile immaginare che dagli enormi profitti generati da una produzione automatizzata si possono detrarre l’equivalente degli stipendi e delle paghe di un tempo per assicurare all’intero genere umano una casa e due pasti caldi in qualsiasi ristorante? Una umanità così rassicurata vedrebbe crollare rapidamente sia le carceri che gli ospedali e sia, finalmente la necessità degli eserciti.
Con il coraggio di immaginare in piena semplicità il progetto di una società favorevole a tutti, si smantella qualsiasi accusa strumentale di utopia che condanna qualsiasi PROGETTO diverso dall’attuale tragica e apparentemente irrisolvibile condizione umana.
Ebbene, avendo affermato questi pensieri in numerose e varie situazioni, radio, giornali, diari nel blog, lettere ai padroni del mondo, non c’è stato un solo intervento di risposta in grado di diffondere ulteriormente questo semplice messaggio.

COMINCIAMO AD ASSICURARE A TUTTI GLI ESSERI UMANI BUON CIBO E UNA CASA (Costo previsto equivalente al 10 per cento delle spese militari) e poi assistiamo a cosa accade, a come in assenza di disperazione ogni essere umano cerchi semplicemente una propria identità’ arricchita da tante amicizie, tanto amore, tanta conoscenza di se’ e del mondo circostante..


04/12/14

Work in Regress


CONSEGUENZE DELL'ABROGAZIONE DELL'ART. 18

II lavoro "usa e getta” serve ad abbassare i salari (il massimo sarà 900 euro al mese) e comprimendo i diritti dei singoli azzererà quelli collettivi, aumentando lo sfruttamento.
PIERGIOVANNI ALLEVA


LA QUESTIONE DELL’ABROGAZIONE DELL’ART.18, dello Statuto dei Lavoratori è più che mai al centro della scena politica e ed è quindi davvero opportune dedicarle tre sintetiche riflessioni su punti di fondo. La prima riflessione riguarda le contraddittorie argomentazioni che si sentono da parte datoriale e governativa: da una parte si minimizza il problema asserendo che riguarda una piccola minoranza di lavoratori (3.000 l’anno), dall’altra si afferma che è invece questione centrale e vitale.

Il vero è - rispondiamo - che l’efficacia e la funzione vera dell’art. 18 è quella di prevenire i licenziamenti arbitrari: proprio perché essi possono essere annullati, i datori di lavoro devono essere prudenti e giusti nei loro comportamenti. Quelle 3.000 sentenze evitano - per dirla in sintesi - altri 30.000 licenziamenti arbitrari o più. L’ art.18 é, e resta, una fondamentale norma anti ricatto, che ha dato dignità al lavoratore proprio perché lo libera dal ricatto del licenziamento di rappresaglia più o meno mascherato. Quanto poi all’affermazione che l’art. 18 costituirebbe un’ingiustizia verso quella metà circa dei lavoratori che non ne usufruiscono, perché lavorano in imprese con meno di 16 dipendenti e, più ancora che contraddittoria, paradossale: se solo la metà di una popolazione ha il pane, il problema è di darlo a tutti, non di toglierlo a chi ce l’ha. La seconda riflessione riguarda l’andamento del mercato del lavoro e dell’occupazione: dice la Confindustria nonché Renzi ed i suoi accoliti che una volta che avessero le mani libere di licenziare a loro arbitrio, i datori, potendo <<spadroneggiare>>, assumerebbero volentieri, e che i lavoratori subirebbero magari una temporanea ingiustizia, ma sarebbero poi compensati da un sistema di flexsecurity che troverebbe loro altro idoneo lavoro, garantendo, nel frattempo, il loro reddito.

Si tratta di due clamorose bugie: le imprese assumono se lo richiede la domanda di beni e servizi e non per altri motivi, storicamente dimostrato, mentre la flexsecurity é un alibi, una falsa promessa in tutta Europa, ed in particolare in Italia, perché quando la disoccupazione strutturale supera il 10% reperire altro lavoro é difficilissimo, e le finanze pubbliche non possono corrispondere indennizzi se non miseri, e per poco tempo: dal 2016, ad esempio, sarà abrogata la indennità di mobilità triennale e resterà solo la cosiddetta Aspi, di breve durata e con importi decrescenti.

La terza riflessione e la più importante: questa smania di abrogare l’art.18 è solo un’antica sfida di potere da parte datoriale o rientra in un ben più complesso programma di <<riassetto>> socio-economico? Tutto dimostra ormai che è quest’ultima la risposta esatta perché la precarizzazione totale dei rapporti di lavoro, che si raggiunge con i contratti a termine <<acausali>> ma per il resto, (e cioè, per quella percentuale superiore al 20% consentita ai contratti a termine), anche proprio con contratti a tempo indeterminato non soggetti a reintegro in caso di licenziamento arbitrario, è la condizione prima di un esasperato sfruttamento del lavoro che sta raggiungendo rapidamente dimensioni mai sospettate. Con il lavoro <<usa e getta>>, espletato comunque sotto ricatto e senza nessuna certezza del futuro, ben si potrà giungere, invero, anche a una drastica diminuzione dei salari sino alla soglia della sopravvivenza. ll futuro che si prospetta è purtroppo quello di un lavoro non soltanto privo di dignità ma anche sottopagato perché i lavoratori precari e ricattati che diventeranno la normalità non potranno più presentare rivendicazioni collettive e quindi, una volta caduti di fatto i contratti nazionali, lo standard retributivo sarà quello del salario minimo garantito, che non per nulla il governo Renzi si propone di introdurre: già si conosce il livello di quel salario, si tratterà di non più di 6 euro l’ora al netto del prelievo fiscale e contributivo, il che significa non più di 800-900 euro al mese. ll nostro è già un paese in cui il 10% della popolazione possiede addirittura il 50% della ricchezza, e per converso il 50% della popolazione deve accontentarsi di dividere un misero 10% della ricchezza stessa, ma questo non basta ancora ai fautori del neoliberismo e di tutte le altre cosiddette <<libertà economiche>>, tra cui quella di licenziare arbitrariamente. Non è soltanto un’antica aspirazione di potere delle classi dominanti, ma e anche la condizione di un ancor più accentuato sfruttamento e impoverimento delle grandi masse. Possiamo solo prepararci ancora una volta a una grande battaglia a difesa della dignità del lavoro.





13/07/13

La Chiesa che..vogliamo

La Chiesa che vogliamo, quella che non vogliamo e Il linguaggio del regime di Marchionne


<<No dottor Figliulo, io non sto dalla parte dei violenti, nè volontariamente nè, come dice lei, involontariamente. Bisogna provare in ogni circostanza, anche la più burrascosa, a mettere le persone intorno allo stesso tavolo. Un vescovo, un pastore, non è un dirigente di un'azienda: quando vede e sente uomini gridare, ha l'obbligo morale di andare a vedere e sentire con i suoi occhi e con le sue orecchie. E ancora:

Credo che oggi, in questo tempo così difficile, i complici dei violenti siano tutti coloro che stanno rinchiusi nei loro fortini sperando che la burrasca passi senza bagnarli. Opera davvero violenza chi nega la speranza negando prospettive di futuro alle persone e alle famiglie. La chiesa ha una sola preoccupazione: che le famiglie non perdano il salario. E proprio perché conosco la complessità dei problemi, ho spesso incoraggiato le organizzazioni dei lavoratori a dare credito e fiducia ai piani dell’azienda.>>

28/05/13

Il lavoro secondo i Beat

<<Ero una volta giovane e aggiornato e lucido e sapevo parlare di tutto con nervosa intelligenza e con chiarezza e senza fare tanti retorici preamboli come faccio ora..>>
I Sotterranei


E. Bevilacqua, Guida alla Beat Generation
<<...Trova un milione di dollari nella tazza di un cesso/Sei l’unico che osa pescarlo fuori/Mendica e smetti dopo cento dollari al giorno/Ruba/Entra negli affari/Sposa un ricco omosessuale...>>
Anche i beat hanno il loro Time Manager. Come per i giovani rampicanti di oggi, anche per i giovani sognanti di allora fiorisce una manualistica che doveva garantire i migliori risultati nel raggiungimento del proprio Mbo (Management By Objectives). Tuli Kupferberg, nel suo 1001 Ways to Live Without Working, pubblicato nel 1967, si diverte a compilare un manuale in versi dedicato agli aspiranti non lavoratori. L'obiettivo é lo stesso dei manuali di management di oggi. Raggiungere il fine con il minimo sforzo: <<Ruba pane ai piccioni/Ruba piccioni>>, in questo adombrando due diversi livelli di impegno, in quanto appare certo più semplice rubare il pane ai piccioni che non i piccioni medesimi. Non occorre dilungarsi però sul diverso valore nutritivo dei due bottini. Più semplice può essere <<Mangia da Mà’>>, se non bisogna attraversare l'’intero paese per farlo, mentre appare stimolante il <<Mangia da Henry Miller>>. E certamente non vi sarà sfuggito, nell’'accoppiare il 'da Mà’' al 'da Henry Miller', la riconferma di quel ruolo di padre dei beat, universalmente riconosciuto all’'autore del Tropico del Cancro. Kupferberg ha infatti voluto dire: <<mangia da mamma o da papà>>, cioè dove ti fa più comodo. Ma egli ama anche associare il sacro al profano (la mamma e Miller) e infatti propone di stampare o la Bibbia di Gutenberg oppure banconote. E, a proposito di libri, ci si può ricavare qualcosa senza lavorare: <<Recensisci libri, ruba libri, scrivi libri, stampa libri, mangia libri>>. Non mancano tuttavia in Kupferberg più precise norme dietetiche (Mangia merda/Mangia un giorno si e un giorno no..)  ll beat è il naturale avversario delle compagnie di assicurazione, almeno cosi lo vorrebbe Kupferberg, che propone ancora, nei suoi mille e un modo per vivere senza lavorare: <<Cadi dalla finestra, cadi davanti alla metropolitana, cadi davanti a un taxi e incassa l’'assicurazione>>.

Come ha osservato il sociologo Paul Goodman, c'è una mistica della povertà nei beatnik. In un suo libro dal titolo La gioventù assurda, suggerisce di analizzare la Beat Generation come una casta indigente. O meglio di cercare di capire <<l'’influsso culturale che la classe povera esercita sui bohémien d`oggi>>. Tuttavia i Sotterranei hanno sviluppato un forte senso di appartenenza al proprio gruppo e un profondo senso di lealtà, di comunità, la consapevolezza di essere oggetto di prevenzione, il senso dell'’inutilità economica, ma soprattutto la morale del lavoro. E’ per questo che lavorare, per un beat, significa soprattutto procurarsi una somma di denaro sufficiente per un certo periodo; non importa tanto il tipo di lavoro, quanto la possibilità di poterlo svolgere senza coinvolgimento e di abbandonarlo non appena raggiunta la somma sufficiente. Del resto proprio Paul Goodman, in uno studio realizzato insieme al fratello Percival (Communitas, Columbia University), ha dimostrato come esista una economia della sussistenza che consentirebbe, a chiunque lo volesse, di garantirsi i mezzi di sopravvivenza lavorando meno di un anno ogni sette.  
Certo si tratterebbe di una scelta consapevole di povertà ma in cambio si otterrebbe un'’enormità di tempo a disposizione per fare ciò che meglio aggrada: leggere, studiare, dormire, fare l'amore, osservare serenamente il susseguirsi delle giornate e delle stagioni, fare figli, giocare a carte, suonare la slide guitar, i bonghetti, imparare a lanciare il boomerang, andare in canoa, dedicarsi agli’ origami o al teatro, restaurare mobili o fare il vino o berlo, o tutte e due le cose insieme, o trangugiare gin, rum, o whisky, o, peggio, bevande analcoliche.

25/03/13

Telelavoro. Yahoo!: tutti in ufficio

La necessità di rendere flessibile gli orari di lavoro,unita al forte sviluppo delle tecnologie informatiche e di comunicazione, hanno recentemente consentito l’avvio di una pluralità di iniziative, nella maggior parte dei casi finalizzate alla sperimentazione di nuove possibilità applicative, come ad esempio il commercio elettronico o il telelavoro. Nei principali paesi industrializzati l’impiego del lavoro a distanza è progressivamente cresciuto negli ultimi anni. Le esperienze pilota avviate alla fine degli anni 80 hanno convinto i decisori sia pubblici sia privati, ad adottare sistematicamente questa modalità operativa di esecuzione dell’attività. Il telelavoro rappresenta infatti, un nuovo modo di lavorare nel quale la tecnologia ottimizza la gestione delle risorse umane che rappresentano il vero fattore competitivo delle società industrializzate. I motivi della crescita ,che si sta registrando a livello mondiale nell’applicazione del telelavoro, derivano da un lato dalla notevole flessibilità operativa che il telelavoro consente, fatto questo che lo individua co me un nuovo modo di lavorare, dall’altro dai vantaggi economici, soprattutto derivati dall’ aumento di produttività, ottenuti dai soggetti (organizzazioni o liberi professionisti) che lo hanno adottato. Per primi, i paesi scandinavi e il Regno Unito e Irlanda, hanno messo in luce, inoltre, l’efficienza del lavoro remoto come strumento da inserire in strategie pubbliche, permettendo la rigenerazione di aree depresse (in particolare quelle situate in contesti rurali).

 Dagli Usa, ora, arriva un contrordine.. In totale contradizione con la filosofia che tanto ha promulgato la sua azienda , e che tanto mercato ha creato, Marissa Mayer, capo di Yahoo! ha comunicato ai suoi dipendenti statunitensi con contratti di telelavoro che devono recarsi in ufficio a svolgere le proprie mansioni e di non poter assicurare il lavoro a domicilio. Una scelta che fa tanto discutere e in controtendenza con la cultura che considera il telelavoro la nuova frontiera per un miglioramento delle condizioni di lavoro che abbiamo illustrato, sia per le imprese che per i lavoratori. Questa scelta è motivata dal fatto che alcune delle intuizioni geniali che fanno crescere un impresa derivano spesso da un commento casuale, uno scherzo, o semplicemente dagli scontri che si hanno durante confronti e riunioni in azienda. Con la metà dei lavoratori seduti a casa, secondo la Mayer, non si riproducono le condizioni di stimolo e creatività. Un isolamento dagli altri lavoratori, dall’azienda e, più in generale, dal contesto sociale può avere effetti negativi in termini di identificazione con l’azienda, di processi di apprendimento e di crescita degli skill professionali, di scambio di esperienze e di know-how, di possibilità di risoluzione collettiva dei problemi, di potere contrattuale nei confronti dell’azienda. Questo il nuovo Mayer-pensiero.

Ma quali sono i vantaggi del telelavoro? Sicuramente una serie di vantaggi che possono essere apprezzati a livello di società nel suo complesso: minore congestione del traffico, minor inquinamento atmosferico, sviluppo di zone rurali e depresse . Forse il telelavoro è nato proprio come possibile soluzione ai problemi di traffico, e dell’inquinamento urbano, anche sulla base della considerazione che il tempo impiegato per il trasferimento da e verso il luogo di lavoro è comunemente tempo “sprecato” ai fini della vita sociale dell’individuo. Questo tempo “improduttivo” è estremamente elevato su base annua: se si impiega un ora per recarsi da casa al lavoro si perde in un anno circa 440 ore, pari a 55 giorni lavorativi. Altro impatto della riduzione del tempo di viaggio sui dipendenti è da ricercare poi nella riduzione dei costi di trasporto, e inoltre, il desiderio di abitare in luoghi meno congestionati e dotati di maggiori spazi verdi rispetto all’area metropolitana ha indotto un numero elevato di famiglie a decentralizzare la propria abitazione rispetto al luogo di lavoro, con un incremento dei tempi di percorrenza per recarsi al lavoro. La possibilità di programmare il tempo e la quantità di lavoro svolto, consentono a numerosi lavoratori di contrattare con l’impresa l’esecuzione di lavoro part—time, in particolare laddove debbano essere accuditi figli o persone anziane. Avvantaggiati dall’uso del telelavoro possono essere anche quei lavoratori che sono di solito ostacolati (se non impediti) a svolgere un’attività lavorativa tradizionale, come ad esempio, le persone disabili.

Mentre per le imprese la riduzione dei costi indiretti (affitti, luce, segreteria etc.) e la maggiore flessibilità nell’utilizzazione delle capacita di lavoro disponibili, in quanto è possibile far fronte a picchi di lavoro senza costi addizionali ed è più facile ridurre la produzione quando la domanda di mercato é debole. Questa flessibilità può risultare di notevole interesse per aziende che debbano fronteggiare una domanda strutturalmente instabile, talvolta dispersa capillarmente su tutto il territorio nazionale. In questi casi il telelavoro può diventare un’importante strumento per una strategia flessibile di marketing e venire cosi ad assumere, nel funzionamento dell’azienda, una dimensione non solo operativa, ma anche strategica.

(Ulteriori impatti positivi del telelavoro si possono registrare nella crescita del livello occupazionale, grazie alla flessibilità che esso offre, consentendo il recupero a una attività vera e propria di parte della disoccupazione intellettuale del paese; mercati più liberi e flessibili possono infatti garantire un elevato ricambio di attività, consentendo di fatto una maggiore occupazione e riducendo nel contempo l’effetto della disoccupazione totale. Non solo, un programma di introduzione del telelavoro, basato sul modello dei tele centri britannici o svedesi, applicato alle aree meno industrializzate del mostro paese, come nel caso delle regioni meridionali, potrebbe consentire un recupero di risorse professionali (diplomati e laureati) le cui prospettive attuali sono solo quelle di una lunga disoccupazione. E’ questa un’esperienza che dovrebbe adottare l’Amministrazione Pubblica centrale italiana al fine di una riallocazione dell’occupazione ministeriale, favorendo nel contempo un riequilibrio dell’occupazione su tutto il territorio italiano (il Meridione in particolare) e favorendo il decongestionamento ambientale dell’area romana.)

Le ricadute dell’utilizzo del telelavoro sul lavoratore sono riconducibili a quattro aree principali:

— lavoro;
— famiglia; (figli, persone anziane)
— tempo libero;
— trasporti.

I vantaggi connessi con l’attività lavorativa sono principalmente collegati alla flessibilità temporale della propria prestazione lavorativa che consente di attenuare la rigida separazione tra tempo di lavoro e tempo libero (e/o da dedicare alla famiglia). Una medesima motivazione si può ritrovare in quei soggetti (specialmente giovani) che trovano sempre meno interesse nel lavoro svolto in forma tradizionale (centralizzato e parcellizzato) e che subordinano il valore “lavoro” a quello della “qualità della vita”.

Non va sottovalutato a questo proposito il fatto che lo svolgimento di telelavoro in ambito domestico comporti la messa in discussione delle abitudini e dei ruoli svolti dai diversi componenti del nucleo familiare. Tradizionalmente, infatti, la casa é il luogo dove si gestisce gran parte del tempo libero e si svolgono compiti essenzialmente inerenti alla famiglia; 1’introduzione in questo spazio fisico di strumenti e di attività di lavoro comporta una riorganizzazione, sia fisica sia temporale, delle attivita del nucleo familiare.
Ora, è vero che i figli non hanno bisogno di avere tutto il giorno i genitori tra i piedi (tranne che per la prima infanzia), e che dovrebbero interagire quanto più possibile con i coetanei, ma forse più che genitori incollati ad un terminale a casa avrebbero bisogno di genitori che lavorano meno, ma in ufficio. A dirla tutta poi, è innegabile che i luoghi di lavoro sono impersonali, stressanti, alienanti, luoghi di solitudine molto più che l’abitazione, a dispetto della socialità e della creatività. C’è bisogno di ricreare un ambiente di lavoro più sereno, che permetta una convivenza tra colleghi viva e aperta allo scambio di idee e informazioni, e alla creazione di progetti condivisi, non imposti dall’alto, e inoltre l’ufficio non deve essere solo il luogo in cui il lavoratore è costantemente controllato, sotto pressione. In tutto questo, si stanno invece creando condizioni di solitudini casalinghe connesse tra loro con le immancabili teleconferenze o chat web. Uno spazio fisico riformato consentirebbe una creazione di emozioni tra lavoratori, un intimità fertile per idee e progetti, in cui “lo sguardo ascolti e l’orecchio veda”..

Le categorie di lavoratori che possono essere interessate dal telelavoro sono alquanto differenti sia come qualifica professionale sia come tipo di attività svolta: impiegati di vario livello, programmatori, dirigenti, traduttori, opereatori di call center, operatori informatici, liberi professionisti. Le principali figure professionali che possono svolgere attività telelavorabili devono avere autonomia; basso bisogno di una continua comunicazione con gli altri; programmabilità del lavoro; facilità di controllo e valutazione dei risultati (in termini qualitativi e quantitativi) oppure non necessita del controllo stesso (nel caso di lavoratori indipendenti).

Riportiamo di seguito alcune delle definizioni di telelavoro che vengono fornite da diverse fonti:

"Qualsiasi attività alternativa di lavoro che faccia uso delle tecnologie della comunicazione non richiedendo la presenza fisica del lavoratore nell’ambiente tradizionale dell’ufficio.”
(Martin Bangemann, Commissario Europeo)

"Qualsiasi attività svolta a distanza dalla sede dell’ufficio o dell’azienda per cui si lavora, quindi anche senza ricorrere a strumenti telematici. ”
(Domenico De Masi, sociologo)

"Ogni forma di sostituzione degli spostamenti di lavoro con tecnologie dell’informazione.”
(Jack Nilles, Jala International)

"Forma di lavoro effettuata in luogo distante dall’ufficio centrale o dal centro di produzione e che implichi una nuova tecnologia che permetta la separazione e faciliti la comunicazione.”(Ufficio Internazionale del Lavoro, BIT — Ginevra)

"Un’attività si configura come telelavoro qualora siano rispettate le seguenti condizioni:
-esista una delocalizzazione delle attività rispetto alla sede tradizionale di lavoro;
- si usino strumenti telematici nello svolgimento del lavoro,·
- l’attività svolta a distanza abbia caratteristiche di sistematicità;
- esista un rapporto di lavoro basato su un contratto in esclusiva. ”

(G. Bracchi e S. Campo Dall’Orto, Politecnico di Milano).

I luoghi del Telelavoro:

Lavoro a domicilio (Homework):
il lavoratore svolge il suo compito prevalentemente o interamente utilizzando un personal computer installato presso la propria abitazione, con visite saltuarie presso il datore di lavoro o presso i clienti, oppure alterna il lavoro svolto a domicilio con attività convenzionali presso l’azienda. Questa forma di telelavoro può interessare una grande varietà di aree di lavoro, con diverso contenuto professionale (programmatori, analisti, giornalisti, oppure segretarie e impiegati, addetti ai call center). Di conseguenza, può esistere una grande varietà di forme contrattuali e di condizioni operative: il lavoratore può avere un contratto come dipendente, oppure essere un libero professionista; il computer può essere interconnesso in rete con l’azienda o meno.

Centri di telelavoro;
sono strutture all’interno delle quali operano diversi telelavoratori. Nell’ambito di questa metodologia di realizzazione del telelavoro, si possono distinguere due situazioni ricorrenti:

— uffici satellite: sono il risultato della riallocazione da parte dell’impresa di fasi del processo produttivo in una o più sedi decentrate collegate, tramite reti telematiche, alla sede principale;

— telecentri: sono centri di telelavoro dotati di sistemi informatici e telematici che vengono condivisi da più utenti (che possono essere dipendenti di aziende diverse, professionisti indipendenti oppure piccoli imprenditori) che non sono in grado di affrontare da soli l’acquisto di tali sistemi.

Sistemi distribuiti d’ufficio (Distributed Business Systems):
sono costituiti da più unità ubicate in localita differenti collegate tra loro per mezzo di apparecchiature telematiche che realizzano differenti fasi di un processo produttivo e costituiscono un sistema globale di produzione. In tal modo è possibile ottenere per alcune funzioni (ad esempio, la contabilità) economie di scala usualmente possibili solo in grandi impianti, e nel tempo stesso beneficiare della maggior flessibilità è consentita dalle piccole unita. Il collegamento delle diverse unità tramite canali di comunicazione a elevata capacità consente di ottenere un sistema estremamente efficiente nell’adattamento alle variazioni della domanda del mercato, quando questa sia strutturalmente instabile. Nel caso in cui le unità siano piccole aziende indipendenti, esse possono lavorare separatamente oppure comporsi insieme a formare sistemi aziendali distribuiti, eventualmente diversi di volta in volta, a seconda delle condizioni di mercato.

Lavoro mobile (Mobile Work): è molto diffuso tra rappresentanti, venditori e tecnici di assistenza, che lavorano presso i clienti e comunicano con la sede per mezzo di apparecchiature di telecomunicazione portatili.


10/03/13

La fabbrica che guardava il mare

La bellezza sarà di conforto agli operai..

Una fabbrica elevata in rispetto della bellezza dei luoghi e affinché la bellezza fosse nel lavoro di ogni giorno.. Con l'Olivetti di Pozzuoli anche il meridione partecipava alla produzione dell'eccellenza italiana nel mondo. Erigere lo stabilimento per la realizzazione di macchine da scrivere e calcolatori nel Mezzogiorno fu un enorme sforzo che l'ingegnere Adriano Olivetti decise di affrontare accogliendo l'invito dell'allora ministro dell'industria Campilli. "Un atto di fede nell'avvenire e nel progresso della nostra industria, ma soprattutto un meditato omaggio ai bisogni di questa regione", spiegava Olivetti agli operai di Pozzuoli. Un omaggio a chi in quel momento stava operando per la rivoluzione unificatrice fra Nord e Sud. Olivetti spiegò agli operai che per trasferire al sud il potenziale produttivo dovettero interrompere il ritmo di centinaia di assunzioni allo stabilimento madre di Ivrea. Una visione audace, sostenuta dal coraggio, che puntava dritto verso un orizzonte nuovo, andando oltre la sola realizzazione di telescriventi e calcolatori. L'industria aveva un fine: il lavoro come riscatto. Nessuna angoscia, allontanando la sofferenza. Un argine all'alienazione. E questo grazie allo stabilimento di Pozzuoli costruito a misura d'uomo, a ridosso della macchia mediterranea, con le finestre rivolte al mare e i reparti pieni di luce, lasciando intatta la distesa di pini che avvolgeva la fabbrica: un progetto per l'uomo realizzato dall'architetto Luigi Cosenza su 30.000 metri quadrati, 1300 tra operai e impiegati. Lo sviluppo del meridione passava per il litorale flegreo. Lavorando potevano guardare il mare, come i 160 dipendenti e i visitatori che entravano ogni giorno a Città della Scienza..

12/02/13

La precaria dello scandalo




 Sono io la precaria dello scandalo
Chiara Di Domenico 

Mi presento. Mi chiamo Chiara Di Domenico, sono la prima laureata della mia famiglia: una laurea in Lettere, vecchio ordinamento, che pensavo di utilizzare per insegnare, ma poi qualcuno ha deciso che ci voleva una specializzazione, e mi sembrava stupido ripetere gli stessi esami solo perché era stato deciso così. Sono diventata libraia alla libreria Martelli di Firenze (catena Edison, la stessa che ha appena messo in cassa integrazione tutti i suoi dipendenti), dove un incauto business plan ci ha sballottato fuori dalla libreria in 11 e sparpagliati nelle altre librerie, fino a lasciarci per strada. Così ho continuato a lavorare, testardamente, nell’editoria. Ho fatto un master universitario, e senza passare per lo stage ho iniziato a lavorare con le edizioni Fernandel. Chi mi conosce sa la storia dei miei ultimi anni.Non vale la pena ricordarla nel dettaglio qui, perché non è che una delle tante. Proprio per quella storia, che è una storia vincente, visto che oggi posso permettermi di investire 600 dei miei 1.200 euro di stipendio in un monolocale a Roma, il Pd mi ha scelto giovedì per parlare di lavoro. Esordendo l’ho detto: «Sono la precaria ignota», rappresento una categoria che stringe i denti e sacrifica tempo e fatica nella speranza di un po’ di normale stabilità. Non sono tesserata Pd, non sono mai stata tesserata. Insieme ad altri precari da due anni organizziamo un festival, «Mal di Libri», che dà voce ai tanti (bravi) scrittori e lavoratori ignoti che hanno difficoltà a trovare spazi.
Oggi lavoro per una casa editrice che rispettail mio contratto a progetto. Ieri ho parlato per 8 minuti del nostro lavoro. Di chi si è stancato di firmare un contratto a progetto senza obbligo di ore e si ritrova paradossalmente a fare straordinari che non gli verranno mai pagati. Di chi è costretto ad aprirsi la partita iva pur avendo un solo datore di lavoro. Di chi viene mandato a casa, sostituito da un apprendista, perché così è lo stato a pagare le tasse, e non il suo datore di lavoro. Per anni accetti. Ti metti in gioco. Poi ti accorgi che passano gli anni e niente cambia. Per anni mandi lettere, come un San Girolamo dal deserto, ai giornalisti, ai direttori di testate, agli uomini e donne di spettacolo e di cultura. Alcune sono diventate note sulmio profilo facebook. Una volta ho invitato il direttore del Sole 24Ore Roberto Napoletano a venire nel mio quartiere a conoscere i precari di cui parlava spesso. Ha voluto il mio numero, mi ha detto «La contatteranno». Silenzio.
Ho scritto una lettera a Federico Fubini, giornalista del Corriere della Sera, che portando ad esempio Angelo Sraffa dice che siamo incapaci di farci sentire. L’ho invitato a una cena collettiva, lui mi ha proposto un incontro nella sua città. Allora ho deciso di farci sentire. C’è un elefante, nel salotto letterario dove lavori ogni giorno. È davanti agli occhi di tutti, ma tutti fanno finta di niente. E quell’elefante è un ricco collage di ruoli e nomi noti. È forte a destra come a sinistra, e quella parte sinistra fa ancora più male. Io ieri ne ho fatto uno di questi nomi, non per attaccare, ma perché in questo paese, in un sistema di informazione ormai improntato solo sullo scandalismo, devi fare scandalo per fare sentire la voce tua e della classe che rappresenti.Ho fatto un nome che conosco, quello di Giulia Ichino, perché mi ha colpito leggere che è stata assunta da Mondadori negli stessi anni in cui in Italia si attuava la Legge Biagi. Mi ha colpito che fosse stata assunta a 23 anni quando molti di noi a quell’età hanno giusto la possibilità di uno stage non retribuito. In questo paese è ancora legittimo stupirsi e avere libertà di parola. Ho detto che c’era un elefante nel salotto letterario. E l’elefante finalmente si è accorto del topolino. Si è alzato, ha gridato «Allo squadrismo».