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23/03/15

R.A.C.H.E, il gioiello cyberpunk italiano

Che cos'è R.A.C.H.E. ? Esattamente 10 anni fa, Mariano Equizzi realizzava questo progetto cinematografico basato sui romanzi di Valerio Evangelisti, e l'originalità dell'operazione sta proprio nel fatto di offrire le sensazioni che scaturiscono dalla lettura dei libri di Evangelisti; RACHE è un opera radicale, e se non si conosce l’opera di Evangelisti, i riferimenti continui soprattutto alla saga di Eymerich, in particolare al racconto "O Gorica tu sei maledetta" e a una delle storie intermedie de "Le catene di Eymerich", magari non è semplice seguirne un filo. Molti i riferimenti anche a PK Dick.

Un'organizzazione terroristica internazionale nata dalle ceneri del Reich; un conglomerato bancario-corporativo con loschi interessi economici nelle regioni depresse ai margini del mercato occidentale; una chiesa eretica la cui missione nasconde oscuri fini di evangelizzazione... Questi sono i tre volti della R.A.C.H.E, una storia fatta di esperimenti genetici, ossessioni naziste e follia pura.
La storia ha radici negli esperimenti genetici di epoca nazista, e da quell'orribile esperienza prende vita un'organizzazione segreta chiamata R.A.C.H.E., destinata a impadronirsi di una larga porzione dell'Europa orientale; ma nel corso della battaglia per il possesso della spettrale città di Gorica, i soldati mostruosi di cui la R.A.C.H.E. si serve, i poliploidi sfuggono al controllo: è solo un preludio per un'apocalisse di orrore e distruzione. Evangelisti's RACHE è un affresco cospirativo sull'origine e le conseguenze della genetica sperimentale nazista. Alcuni dei personaggi indicati sono reali: Jakob Graf ha davvero scritto il testo fondamentale del sistema razziale nazista.

Piccolo gioiello italiano del cyberpunk, il film arriva solo oggi sul web, dopo aver riscosso numerosi premi e importanti riconoscimenti internazionali (incluso un premio presso un festival giapponese) sarà un lungometraggio vero e proprio, prodotto da una collaborazione internazionale e destinato al circuito delle sale, e avrà per titolo definitivo RACHE. - La Genesi: finalmente un opera di Valerio Evangelisti, uno scrittore che amiamo particolarmente e a cui abbiamo dedicato più di un post, tradotta sul grande schermo, dopo la riduzione di alcuni romanzi per la radio, la trasposizione a fumetti fino alla produzione di un videogioco. Mariano Equizzi ha spiegato che il ritardo con cui RACHE arriva al grande pubblico è dovuto alle sue tematiche, molto in anticipo sui tempi. Poi, l’ISIS, l’Ucraina, Ebola: a distanza di decenni, è davvero difficile non fare un collegamento con i video dei terroristi, le notizie crude, cruente e spettacolarizzate, con l'orrore degli attentati che stiamo vivendo in questi giorni. C'è da dire che la letteratura di Valerio Evangelisti non è molto amata dal mainstream italiano, per la sua radicalità e per la collocazione le scelte politiche di fondo chiare che Valerio non ha mai nascosto. Ben supportato da una colonna sonora industrial e dalle musiche di Paolo Bigazzi

Evangelisti’s RACHE, dura solo 37 minuti, è stato girato interamente a Trieste, tecnicamente con la stessa tecnologia usata in 28 Giorni Dopo. Siamo convinti che sia un film da vedere più volte, e che valga la pena di farlo conoscere, pubblicizzarlo, diffonderlo in questo deserto culturale e cinematografico in cui versa in nostro paese, grazie a decenni di.. "brizzi martani parenti muccini zaloni, zelig.."

Dal sito www.rache.company è possibile vedere il trailer e acquistare, per soli 99 centesimi, la visione in streaming del film. 2 Euro per il download e averlo nella propria videoteca.





28/10/12

60 Anni Di Urania

60 D'INTELLIGENZA
di Valerio Evangelisti 

 Lessi i miei primi due Urania a undici anni, nel 1963. La collana aveva infatti la mia stessa data di nascita (1952), con qualche mese di differenza. Me li regalò un’amica di mia madre, e contenevano, per pura combinazione, due romanzi dello stesso autore, Damon Knight. Il primo, Il pianeta dei superstiti, descriveva un universo futuro in cui la terra, completamente inquinata e devastata dalle guerre, era stata abbandonata dai suoi abitanti. Questi erano stati ospitati su lontani pianeti della galassia popolati da razze ripugnanti di aspetto, ma civilissime ed evolute. Accecati dal razzismo e da una malintesa idea di superiorità, un gruppetto di terrestri riarma l’ultima astronave da guerra restata in loro mani, e intraprende una guerra di sterminio contro coloro che chiama “gli insetti”, distruggendo civiltà e culture intere. La sconfitta degli avventurieri prepara, per le comunità degli esuli dalla terra, un finale triste e amaro. Il secondo romanzo, Il lastrico dell’inferno (fatto, secondo il proverbio, di buone intenzioni), era ambientato in un’epoca futura meno remota. Vi veniva inventata una forma di condizionamento psichico capace di provocare allucinazioni a chiunque fosse sul punto di commettere un crimine. Solo che della tecnica si impadronivano alcune multinazionali, e la applicavano a chi stesse per comperare le merci di un concorrente. In tal modo il mondo si suddivideva in spicchi, dominati ognuno da una corporation e chiusi alle merci rivali. Il romanzo narra la storia di un giovane che non è stato condizionato, e vaga tra le diverse aree mercantili alla ricerca di ribelli come lui. Leggevo tutto ciò nel 1963, e chi ricordi com’era l’Italia allora capirà la mia felice sorpresa. Nella narrativa corrente, pur stilisticamente più rifinita, c’era poco che somigliasse a tematiche così vaste (pur essendo ancora bambino, rifiutavo i testi concepiti per la mia età). Diventai un lettore affezionato di Urania, mi procurai i numeri arretrati e, col poco che avevo in tasca, quelli in uscita. Fu una lotta durissima e clandestina. Gli insegnanti – ricordo in particolare una professoressa di italiano, al ginnasio – le ritenevano letture scadenti e diseducative. La suddetta docente arrivò a telefonare ai miei genitori per metterli in guardia. Leggevo Urania, ero sulla via della perdizione (in realtà leggevo molto altro, ma non contava). Quali le colpe della fantascienza?
1) trattava di cose non vere;
2) faceva paura.
In effetti ambedue i capi di imputazione erano fondati. Per fare un esempio, i due romanzi di Damon Knight che ho citato (scritti negli anni Cinquanta) non narravano fatti reali. Lo sarebbero diventati, quale problematica, un ventennio dopo. E la paura c’era, di fronte all’ignoto totale che incombeva su un undicenne italiano riguardo al futuro. Rimasi a lungo paralizzato davanti a un titolo: L’incubo sul fondo, di Murray Leinster. Mi spaventava, non osavo sfogliarlo (quando lo lessi, finalmente, risultò una boiata). Teniamo presente che, in quell’epoca, la gente sveniva di paura alla visione del film La mummia, con Peter Cushing e Christopher Lee. Un brivido, non tanto di terrore quanto di vertigine, percorse tutta la mia adolescenza e incise senza dubbio sulla mia formazione. Anche le storie più povere e banali contenevano a volte uno spunto geniale, un’idea inquietante, un risvolto sorprendente che induceva a riflettere. Con autori come Philip K. Dick, il mio favorito, si toccava il terreno filosofico; con James Ballard la pura letteratura; con lo scrittore trotzkista Mack Reynolds la critica sociale più aspra e pungente. Né posso dimenticare che fu su Urania che conobbi per la prima volta Mikhail Bulgakov, grazie al racconto Terrore sul kolkhoz (in seguito noto come Le uova fatali). Ma non voglio soffermarmi su autori noti e meno noti, a me graditi oppure sgraditi. La collana, in confezione non sempre degna (era pessima abitudine di Fruttero e Lucentini accorciare i romanzi per adattarli al numero di pagine ridotto), sprigionava nel suo assieme un senso di libertà dovuto alla moltiplicazione dei futuri possibili, alla nozione di alternativa. Poi arrivò il giorno del 1994 in cui io stesso fui pubblicato da Urania, evento che cambiò la mia vita. Ma già i mitici fascicoli bordati di bianco, da decenni, avevano modificato il mio modo di pensare, di interpretare il reale, di sognare – in una parola, il mio modo di esistere.


01/12/11

One Big Union

Robert Coates, di origine nordirlandese, non è realmente cattivo. E’ legato alla famiglia, assiduo alle funzioni religiose, saggiamente conservatore. Condivide però molti dei pregiudizi che circolano, negli Stati Uniti, tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento. Ciò lo induce a diventare fin da giovanissimo una Labor Spy: uomo di mano di una delle tante agenzie che infiltrano informatori nel movimento operaio americano ai suoi inizi. In questa veste, assiste e partecipa a scontri sociali di inusitata violenza. Scioperi che si prolungano mesi, stragi di operai, duelli degni di un film western. Prende parte, soprattutto, all’epopea degli Industrial Workers of the World: il sindacato rivoluzionario che cerca di organizzare precari, vagabondi, immigrati, braccianti, disoccupati, manovali a giornata. Con lo scopo di dare vita alla One Big Union: il solo, grande sindacato che rechi in sé il modello della società a venire. Un’idea che sarà sconfitta, ma non senza un’accanita resistenza. Robert Coates, nel tentativo di sabotare dall’interno quel progetto, incontrerà personaggi memorabili: Eugene Debs, Jack London, Dashiell Hammett e tanti altri. Questo non riscatterà la miseria progressiva della sua vita privata, sotto il segno della solitudine. Chiunque lo accosti troppo da vicino è perduto. Una spia non può avere affetti. Una storia “nera”, dunque, ma perché nera è la vicenda che tratta: quarant’anni di storia del movimento sindacale americano, a partire dalle origini.


"Fratelli" esordì "hanno cercato di persuadervi che il capitalismo sia inevitabile, che la disoccupazione che flagella il paese sia una catastrofe naturale. Ebbene, vi dico che non è così. La crisi non cade dal cielo: alla base ha il vostro sfruttamento oltre il lecito e l'avidità di sfruttatori che campano del lavoro altrui...parassiti oziosi consumano bottiglie di vino francese al fresco in secchielli pieni di ghiaccio. Tagliano la faraona o il vitello arrosto. Sono gli stessi che parlano di crisi. I politicanti e i giornalisti al loro servizio invocano la solidarietà nazionale. Tuttavia una forza giovane e vigorosa è nata per ribaltare il quadro per unire gli sfruttati senza distinzione in una lotta comune..."
«A Est non combinano nulla di buono. Chiacchiere e ancora chiacchiere. E’ di qui, dall’Ovest, che deve partire la rinascita del sindacalismo industriale! La gente ha bisogno degli IWW, chiede organizzazione! Non vuole, invece, miserabili discorsi di politicastri che finiscono col chiedere un pezzo di carta nell’urna elettorale. A chi servono i socialisti, gli anarchici? Il sindacalismo basta a se stesso, è più rivoluzionario di loro, più socialista di loro, più anarchico di loro! Dico bene, fratelli?»
Esplose il “sì” entusiasta dei presenti. Erano bianchi e neri, portuali, manovali, disoccupati. L’età media era tra i venti e i trent’anni. Le donne erano due. Una era la moglie dell’oratore.

«Allora» proseguì Walsh «vi dico io cosa faremo. Marceremo sul fottuto terzo congresso dei fottuti IWW. E’ a Chicago, in maggio. I borghesucci che fanno la rivoluzione in poltrona, gli aspiranti consiglieri comunali, gli amici dei fachiri, gli arroganti professoroni sporchi di inchiostro, di polvere e di talco, potranno segnarsi il 1908 come l’anno della loro scomparsa. L’Ovest calerà e li spazzerà via. Li fotterà a sangue, getterà dalla finestra le loro cartacce. Hanno dominato fin troppo. E’ tempo che prenda il sopravvento la pura, santa, fottutissima lotta di classe!»

05/11/11

Frullifer: Sul Ciclo di Eymerich


Valerio Evangelisti, scrittore ormai di culto,tra i più geniali ed originali nel panorama letterario italiano, tradotto e pubblicato in tutto il mondo. Noi di INTERZONE siamo fan accaniti del ciclo di Eymerich e in generale di tutta l'opera di Evangelisti, di cui è in imminente uscita il nuovo, monumentale romanzo, One Big Union, ambientato negli States a cavallo tra l'ottocento e il novecento, quando One Big Union significava una nuova concezione di sindacalismo, un fronte comune per opporsi al potere delle industrie, sempre più grandi ed organizzate.
Di seguito l'intervento di Jumpinshark,uno dei più lucidi e interessanti tra le tantissime pagine,recensioni,articoli in rete dedicati allo scrittore bolognese, fondatore e animatore del sito Carmilla on line.

Picatrix è il sesto romanzo del Ciclo di Eymerich, pubblicato nel 1998 direttamente su Urania [lo storico periodico di fantascienza della Mondadori], come i primi tre titoli della serie e a differenza dei due precedenti - Il mistero dell'Inquisitore Eymerich e Cherudek - proposti prima in Mondadori Superblues e quindi ristampati in Urania. Il ritorno alla pubblicazione originale su periodico [1] non significa per nulla una "retrocessione", proprio negli anni 1996-1999 esplode, su scala europea (Italia e Francia in testa), il fenomeno di Eymerich; Picatrix è infatti l'ultima opera di Evangelisti pubblicata in prima edizione in edicola, tutti i suoi testi successivi compariranno direttamente in libreria, in forma di (para)tascabili e, negli ultimi anni, di (para)rilegati (qui la distinzione vera si fa sul prezzo di copertina). La spiegazione forse più semplice della scelta di distribuzione editoriale di Picatrix è data dalla prolificità (o dalla profondità dei cassetti...) di Evangelisti in questa prima fase del ciclo di Eymerich - sei romanzi in tre anni e mezzo, da Ottobre 1994 a Marzo 1998 -, difficilmente contenibile nei limiti tradizionali dell'"offerta da libreria".
Lo scrittore non diminuirà il ritmo della sua produzione negli anni successivi, anzi all'opera narrativa si affiancherà un'importante attività critica, e in tutte e due queste manifestazioni la formazione di storico (con diverse pubblicazioni all'attivo e sporadici graditi ritorni) sarà sempre al lavoro. Il ciclo di Eymerich subirà invece un rallentamento drammatico (l'espressione non è assolutamente di circostanza per tutti i fan!): il tempo di attesa per gli quattro romanzi sarà di dodici anni e mezzo, da Marzo 1998 a Novembre 2010, data di uscita del volume finale, Rex Tremendae Maiestatis.

26/08/11

Day Hospital

Non esiste la malattia, esiste la persona che si ammala. Uno scrittore si scopre affetto da linfoma e ne trae una nuova storia, diventa lui stesso un proprio personaggio. La malattia non è l’antagonista,ma compagna di vita per un tratto  di strada, lungo o breve che sia, magari l’ultimo o preferibilmente  anche no. Un cammino intrapreso con quieta accettazione, senza rabbia o disperazione: gli effetti collaterali della terapia, gli incidenti e gli imbarazzi, il venir meno delle forze; ma anche la rivelazione di un altro sé, di un’umanità sofferente e dignitosa. Il conforto  degli universi fantastici, l’ostinato perseguire piccoli ma vivificanti piaceri come la sigaretta, la birra. E il computer amico, cordone ombelicale in cui scorre la linfa energetica dal mondo là fuori. Diario dell’anno della peste, ma di una peste individuale, senza contagio;storia vera da un inventore di storie. Forte della convinzione che, in quell’ineludibile giorno, ad attendere le sue particelle scomposte e riconfluite nel Tutto sarà un destino più ampio, un’avventura inedita. Forse la più bella.


29/06/11

Fluidità Corporea - Un racconto di Valerio Evangelisti

FLUIDITÀ CORPOREA 
Un racconto di Valerio Evangelisti

1.
Vi hanno mai detto “Guarda che faccia da delinquente”? Io me lo
sono sentito dire tante volte che ho perso il conto, da quando una graffetta tiene ferma la mia effigie in un dossier criminale. Ciò che è paradossale è che, ora che sono morto, di me non è rimasta che la faccia, destinata a sopravvivere, per decenni se non per secoli, nella foto segnaletica che mi fece la polizia quando mi arrestò. E per decenni o per secoli chiunque vedrà quella foto ripeterà: “Guarda che faccia da delinquente”.
 2.
Non  aspiravo  a  questa  semi-immortalità.  Me  la  sono  ritrovata  addosso  senza  averla  preventivata.  Direte:  è  ciò  che accade normalmente con le fotografie. Sì, però una foto segnaletica non è una rappresentazione oggettiva. Ti raffigura  in  un  attimo  della  tua  vita  particolarmente  drammatico. Non c’è oggettività: se l’identikit è essere prigionieri della soggettività altrui, la foto segnaletica è l’essere prigionieri del proprio tormento e della propria umiliazione.

27/06/11

Industrial Workers of the World


27 giugno 1905: 
Viene fondata la   Industrial   Workers of the World
Il sindacato 'Industrial Workers of the World', conosciuto dalla storia ancor più con l'acronimo IWW, è stato una significativa e rivoluzionaria articolazione del movimento operaio statunitense. Ideato agli albori del 1905 e fondato a Chicago il 27 giugno dello stesso anno attraverso la redazione dell'Industrial Union Manifesto.Gli attivisti della IWW sono anche conosciuti come 'wobblies', nell'ambivalenza che questa definizione è andata ad assumere: wobblies perchè itineranti nel senso di attraversatori dell'America per la diffusione della lotta operaia e del sindacato, wobblies perchè costretti alla precarietà dal lavoro, dal padrone, dallo Stato.Il contesto dentro il quale ha avuto la forza di emergere ed organizzarsi la IWW è stato quello degli Usa di Woodrow Wilson, tecnocrate classista e razzista che tentò a più riprese di stroncare il movimento operaio statunitense non solamente intensificando l'opera di sfruttamento e controllo, ma soprattutto appoggiandosi al carro dei sindacati padronali, fautori di politiche disciplinanti e repressive, fondate sulla pretesa di negoziazione individuale tra azienda e operaio per l'eliminazione di ogni parvenza di collettività di forza-lavoro.

La Industrial Workers of the World conobbe la sua migliore stagione ad inizio novecento, con i grandi scioperi dei primi anni venti: per i minatori di McKees Rocks (Pennsylvania, 1909), per i tessili di Lawrence (Massachusetts, 1912), per i setaioli di Paterson (New Jersey, 1913), per i portuali di New York (1920).

L'ideologia wobblies rappresentò un alveo sperimentale, innovativo e rivoluzionario. Tante furono le campagne che la fecero conoscere e gli permisero di intraprendere dure lotte e grandi vittorie (dalle mobilitazioni contro le discriminazioni nei confronti dei lavoratori migranti alla libertà di parola per poter fare ed essere sindacato!). La IWW perseguiva l'obiettivo della proprietà operaia dell'industria, considerava ogni sciopero come preparativo alla rivoluzione, non cercava un rapporto contrattuale con i datori di lavoro ma preferiva la via del boicottaggio e del sabotaggio.

Splendida narrazione dei wobblies della IWW, delle lotte operaie americane di inizio novecento, è possibile recuperarla dal romanzo di Valerio Evangelisti, 'Noi saremo tutto'.


da INFOAUT

 


09/06/11

Il caso Battisti

IL BRASILE RESPINGE LA RICHIESTA DI ESTRADIZIONE
CESARE BATTISTI LIBERO


'Non é in gioco la simpatia o antipatia che si puó avere per il ministro brasiliano della Giustizia o per Berlusconi. Stiamo parlando della vita di una persona e dei suoi diritti. Non solo voglio dimostrare che la concessione dello status di rifugiato politico é legale, ma anche sollevare seri dubbi, attraverso prove obiettive, sulla partecipazione di Battisti ai quattro omicidi di cui é accusato'.
Luís Roberto Barroso - difensore dell'ex militante dei Proletari armati per il comunismo (Pac), Cesare Battisti

Il ministro della giustizia brasiliano,Tarso Genro,  ha  ribattuto alla raffica di dichiarazioni sguaiate provenienti dall'Italia, accusando Roma di non rispettare la sovranitá brasiliana, e di voler trasformare Battisti in un «capro espiatorio».
A suo parere «veniamo trattati dall'Italia come un Paese di seconda categoria che non ha il diritto di applicare le sue leggi sovranamente. Siamo stati trattati come un Paese di secondo livello», e il governo italiano vuole «portare il signor Battisti in Italia, affinché divenga il capro espiatorio di un evento storico, drammatico, negativo».
Dall'Italia é continuato il florilegio di dichiarazioni sopra le righe, quando non volgari ed offensive: legittimando cosí la posizione di Genro, secondo cui «il Brasile é stato aggredito nella sua sovranitá per alcune dichiarazioni delle autoritá italiane. Hanno persino detto che il Brasile é un Paese di ballerine e non di giuristi. Noi abbiamo l'orgoglio di essere un Paese di ballerine e anche di grandi giuristi». 
Ignaziosauro La Russa : dopo un intervista della televisione franco-tedesca Arte allo stesso ex militante, ove questi dichiara la propria intenzione di suicidarsi, nel caso della sua estradizione in Italia: «avrebbe potuto pensarci dopo gli omicidi da lui commessi» 
Piergiorgio Stiffoni,lega nord:«farebbe la cosa migliore»
Indimenticabili, inoltre, i periodici show del senatore dell'Italia dei valori, Stefano Pedica, secondo cui «Lula difende i terroristi», come recitava il cartello che esibiva durante il grottesco sciopero della fame davanti all'Ambasciata brasiliana, e «la Bruni é amica dei terroristi».
Il Tempo: Lula è un alcolizzato.
Il Giornale: Tra le autorità brasiliane sembra essere scoppiato il carnevale»
Corriere della sera: (31.1.09, p. 6,non ci inventiamo niente) Genro nell’adolescenza si masturbava, e Dilma Rouseff è stata una rapinatrice.
Maurizio Costanzo interviene con immensa volgarità. Propone un baratto: il Brasile consegni Battisti e trattenga Fabrizio Corona. Cioè, suggerisce che in Italia sia detenuto Battisti, e in Brasile sia libero Corona. 
Il Giornale: Il bel mondo di Carla (Bruni!) che fa il girotondo per gli assassini
E via così..


La decisione di non estradizione del Governo brasiliano nei confronti di Cesare Battisti non è una decisone politica ma si tratta di una decisione prettamente giuridica basata sul fatto che il trattato di estradizione prevede che l’estradizione possa essere negata se si valuta il rischio di incolumità del soggetto. Nel caso Battisti il governo Brasiliano ha considerato le manifestazioni per la sua estradizione molto violente e sintomatiche di un atteggiamento di vendetta nei suoi confronti. Per questo sia il governo che le associazioni per i diritti umani consideriamo Battisti a rischio di violenze e torture se dovesse essere detenuto in un carcere italiano.
Le reazioni dei politici italiani ci sono sembrate fuori luogo ed esagerate, al di là della normale dialettica diplomatica. Abbiamo avuto l’impressione che il governo brasiliano sia stato insultato. Il governo italiano è legittimato a non essere d’accordo con la decisione brasiliana, ma l’atteggiamento e le scelte prese dal governo sono totalmente in linea con i trattati internazionali sull’estradizione.
 L’opinione pubblica brasiliana non si è interessata alla vicenda Battisti. Gli unici che hanno seguito la vicenda sono le associazioni sui diritti umani e gli intellettuali che hanno una posizione precisa sulla questione. Ricordano che in Italia sono state varate leggi straordinarie per rispondere in modo fermo al terrorismo di quegli anni.  Leggi ad hoc che però sono rimaste e hanno degradato la qualità della giustizia italiana. Degrado che viene in qualche modo denunciato dalle morti che ci sono state nelle caserme dei carabinieri.
Carlos Lungarzo, scrittore e giurista brasiliano, è attivista di Amnesty International.

Non si tratta più di giustizia ma di un desiderio di vendetta senza fine. Il ceto politico, da Violante a Castelli, passando per D’Alema e Pisanu, sostenuto da una stampa quasi unanime, vuole solo continuare a infierire sui corpi di quei pochi ex militanti della lotta armata degli anni ’70, ancora in galera o all’estero.
Cosa c’è di più facile per combattere il terrorismo internazionale, Al Quaeda, le bombe mortifere di Madrid, che arrestare uno scrittore di romanzi, un tranquillo portinaio?
Gli zelanti redattori del Giornale citano per incriminarle perfino delle frasi spulciate nel libro, L’ultimo sparo, scritto da Cesare, dimenticando ogni criterio di critica letteraria e scambiando un romanzo per un verbale di confessione. Seguendo questi giudizi e applicando le leggi americane, Quentin Tarantino dovrebbe essere condannato a morte.
In ultimo, veniamo alle accuse che gli vengono mosse, in base alle quali Cesare compare su tutta la stampa italiana come il mostro da abbattere.
Cesare è stato condannato in contumacia (elemento giuridico che impedisce, tra le altre motivazioni, l’estradizione di Cesare. Il processo non può essere eseguito in assenza dell’imputato, così in Francia come in Germania, ed è per questo che l’Italia è stata più volte condannata dalla Corte Europea.) e sulla base di un codice di procedura penale d’eccezione che non dà nessuna garanzia, perché basato sulle sole dichiarazione dei pentiti. 

Se c'è una cosa che l'ultimo episodio della vicenda-Battisti rende palese, è quanto la provincializzazione dell'Europa - figuriamoci dell'Italia - proceda speditamente. Non siamo più al centro del mondo! Sarebbe bene che i nostri politici ne tengano conto. Quello che più stona, in tutta la vicenda, è infatti l'ostinata incapacità della classe dirigente nostrana di fare i conti con una geopolitica ben mutata dagli anni in cui le vicende si consumarono.
Il Brasile è oggi la 4a o 5a potenza mondiale cui ben poco preoccupano le minacce di ritorsioni brandite da una LaRussa o un Frattini, tanto presenti mediaticamente (in patria) come ministri della Difesa e degli Esteri quanto incapaci di contare alcunché appena al di fuori dei confini nazionali.
Probabilmente, oltre agli aspetti politico-giuridici ben più degni di nota, Lula non avrà scordato la visita di stato in Italia di qualche anno fa. Ad accoglierlo trovò Mara Carfagna e Kakà, gentilmente mandati dal presidente come dipendenti dell'azienda di famiglia.L'isteria e l'accanimento con cui un pezzo di classe politica del paese, con un bel po' di supporto trasversale di anti-berlusconisti giustizialisti da Repubblica a Il Fatto Quotidiano continua ad accanirsi su un processo zeppo di incongruenze, prove testimoniali basate su pentitismo e torture, incriminazione per due reati avvenuti in contemporaneità a quasi 400 km di distanza...etc, dà prova del basso profilo in cui è rinchiuso un intero ceto politico, culturale e intellettuale.


La parola all’espressione iperrealistica dell’ignoranza più totale.
CESARE BATTISTI, NON DEGNO DEL NOME
'Mi stupisco che, a proposito di Battisti, l'individuo spregevole, l'infame, il vigliacco, il maestro nell'arte della menzogna e della fuga, nessuno si sia ricordato dell'altro Cesare Battisti, il patriota, l'irredentista, l'eroe. Io vorrei dare un consiglio al signor (da notare la minuscola) Battisti e rivolgergli un invito. Se avesse una briciola di senso dell'onore dovrebbe fare una cosa sola, far cambiare il suo nome di battesimo, perché non è degno di chiamarsi come un uomo che è stato impiccato per non aver voluto tradire i suoi ideali e l'Italia'.
Roberto Giordano, Tende, Alpes Maritimes
Da il Manifesto (che vergogna! Senza nessun commento!) del 5 febbraio 2011


VALERIO EVANGELISTI

E’ forse il caso di ricordare, in maniera sintetica, i motivi per cui, nel 2004, divulgammo un appello contro l’estradizione di Cesare Battisti dalla Francia. E perché manteniamo, in circostanze cambiate (oggi è prigioniero in Brasile), il nostro sostegno.

Un processo dubbio

- Quando Battisti subì il primo processo, nel 1981, fu condannato a 12 anni di prigione per possesso di armi e associazione sovversiva. La pena risultò pesante perché aumentata da finalità terroristiche. Evase, riparò in America Latina.
- Le condanne successive all’ergastolo gli caddero addosso lui assente. Una serie di “pentiti” dei PAC, Proletari Armati per il Comunismo, gli attribuirono tutti i crimini compiuti dall’organizzazione. Solo poco a poco ammisero che certi delitti attribuiti a lui li avevano commessi loro.
- Il pentito principale, Pietro Mutti, smentì più volte se stesso. Ha di recente lasciato intuire che lo fece sotto tortura (vedi qui). Le sue rivelazioni sono tutte di seconda o di terza mano. Ha detto poco tempo fa che vide di persona Battisti uccidere il direttore del carcere di Udine, Santoro. Peccato che, dagli atti giudiziari (è raccomandabile leggere la sentenza completa), ciò non risulti possibile. Mutti avviò anche l’infausta “pista veneta”, che vedeva l’OLP di Yassir Arafat quale sponsor delle Brigate Rosse. Finì in nulla.
Noi preghiamo di leggere la sentenza del 1988 contro Battisti e i PAC. Sembra irreale, eppure è quella vera. A quel tempo le sentenze si scrivevano così, con catene di “sentito dire”. Oggi si spera – senza troppa convinzione – che sia diverso.
- Mutti fece arrestare tale Sisinnio Bitti. Lo aveva ascoltato, in un bar, dirsi d’accordo con l’omicidio del gioielliere Torregiani. Bitti fu arrestato e sottoposto a percosse che gli lesero l’udito. Successivamente fu catturato di nuovo e subì anni di prigione. Ciò per la frase al bar, udita da Mutti.
- A parte l’incrocio tra pentiti e dissociati, non esiste alcun riscontro ulteriore che accusi Battisti.

Battisti è innocente?

Non possiamo affermarlo. Di una serie di azioni armate, inclusi azzoppamenti e atti gravi, fu sicuramente responsabile, e non lo ha mai negato. Ci limitiamo a notare che:
- Il caso che gli viene più di frequente attribuito, l’omicidio Torregiani, è l’unico che sicuramente non lo vide presente. I colpevoli furono arrestati poco dopo il delitto. Battisti, accusato del simultaneo omicidio Sabbadin, fu tirato in ballo molto più tardi, per avere partecipato alla riunione che decise i due attentati.
- Battisti fu condannato in contumacia, e mai più potrà rispondere dei suoi presunti crimini. La legge italiana, unica in Europa, non prevede una ripetizione del processo, qualora il contumace sia catturato.
- Se estradato in Italia, verrebbe sottoposto al famigerato articolo 41 bis, riservato a terroristi e mafiosi. Avere contatti con lui diventerebbe difficilissimo.
- Fra i motivi di riluttanza delle autorità brasiliane all’estradizione, c’è il fatto che lì la colpa si estingue in vent’anni di buona condotta. Da noi in trenta, e non è detto (fonte: Amnesty International, Brasile).
- La legislazione brasiliana non contempla l’ergastolo, ritenuta sanzione disumana, al pari della pena di morte.

Era uno scrittore. Un’aggravante?

Si direbbe di sì.
- Commentatori come Mario Pirani hanno definito i romanzi di Battisti dei “gialletti”, e si sono vantati di non averli mai letti.
- Altri commentatori, partendo dal fatto che alcuni romanzi di Battisti sono stati pubblicati dalla collana Série Noire, appartenente alla casa editrice Gallimard, hanno ipotizzato che l’autore frequentasse i migliori salotti della società letteraria francese, e si nutrisse di ostriche e champagne.
- Comuni osterie e ristoranti economici sono stati descritti quali locali di lusso, in cui Battisti consumava le sue orge politico-letterarie.
- Umberto Eco, diventato - da quando si è tagliato la barba - la caricatura di ciò che era un tempo, sostiene che “ingenui” intellettuali francesi (di basso taglio, secondo lui) hanno influenzato gli ancor più ingenui brasiliani, Lula incluso. Bravo, cocco, vai a dormire. Hai già dato, è inutile che insisti.
Battisti pubblicava in edizioni prevalentemente tascabili, guadagnava il sufficiente per vivere appena. Il resto gli veniva dalla sua attività di portinaio. In uno stabile popolare sito in un quartiere popolare.
Le fantasie sull’argomento dimostrano le leggende, piene di rancore, che circondano il mestiere dello scrittore. Di volta in volta parassita o privilegiato.

Trenta anni dopo

- Battisti è imprigionato. Da anni, lasciata l’America Latina, si era stabilito in Francia, aveva messo su famiglia. Conduceva una vita modesta e tranquilla. Non era un pericolo per nessuno. Un governo di destra revoca d’un tratto la “dottrina Mitterrand”: l’accordo di fatto tra François Mitterrand e Bettino Craxi perché la Francia conceda asilo agli ex militanti italiani che hanno rinunciato alla lotta armata (quasi duecento).
- Battisti viene messo in prigione, nel 2004, con un pretesto. Quale portinaio, avrebbe aggredito l’inquilino di uno stabile vicino. Aggressione mai avvenuta. Una pura invenzione,
- Battisti fugge ancora, va in Brasile, finisce in carcere. Il ministro Tarso Genro gli concede un motivato asilo politico. Il presidente uscente Lula lo conferma l’ultimo giorno del suo mandato. La nuova presidentessa Dilma Roussef manda gentilmente a cagare Napolitano, che reclama l’estradizione del super-mega-terrorista. Un Carlos persino più letale
- Il vice-presidente del Supremo Tribunale brasiliano, César Peluso, rifiuta di ottemperare agli ordini di Lula e di liberare Battisti. Chiede che si riunisca il Supremo Tribunale, disperso dalle vacanze. Lo stesso tribunale che aveva demandato al presidente del Brasile ogni decisione finale sul prigioniero per antonomasia.
Intanto un uomo solo, spaventato e imprigionato, ogni tanto condannato e ogni tanto assolto, si vede indicare, in Italia e nelle parti più marce del mondo, quale pericolo universale. Sbavano contro di lui Napolitano, Umberto Eco, Barbara Spinelli, centinaia di intellettuali affamati delle sue carni. Fascisti, centrosinistri, post-comunisti, liberali del cazzo, scorreggioni televisivi. Tutta gente che ha avallato le guerre più orrende, o che è coinvolta in inchieste del tipo “organizzazione di prostituzione minorile”.
Tieni duro, Cesare. Con quella gente ci spazziamo il posteriore. Ti tireremo fuori.

VALERIO EVANGELISI - CARMILLA ON LINE