26/04/14

The Clash: il bliz americano


Time Magazine, che di abitudine offriva spazio alla musica solo in rari casi, definì il loro primo breve tour americano un mini-blitz. Una breve tournée, in effetti (dieci giorni, sette città), che era nell’aria come una promessa di nuova energia nel sempre più morbido mondo del record business. Mentre il tour cominciava nella tanto ironizzata California (ormai un bersaglio fisso per tutti i new wavers inglesi insofferenti della sua pacifica rilassatezza), i reportage lo definivano con parole piene di elettricità e rivelazione. L’ultima serata, al Palladium di New York, era destinata già in partenza alla gloria-ultimo assalto vittorioso di una crociata rock’n`roll che lasciò decisamente il segno. Quando la sacra insegna calò sulla cena - una bandiera cosmopolita che non lascia dubbi sulle intenzioni del gruppo - non una persona rimase seduta: una delle rare volte di una audience già in estasi prima ancora dell’inizio. Un trionfo. Una totale dedizione di entrambi, critica e pubblico americano per il gruppo più rappresentativo della new wave inglese dopo il <<suicidio>> dei Sex Pistols. Rifletteva il momento, e rifletteva la necessità di contrapporre al Disco-power (e al suo fratello di vendite, il formato morbido di easy-pop) qualcosa che poteva ancora riconoscersi, e dare nuovo senso e vigore, allo spirito del rock’n’roll. The Clash, lo Scontro.

Il primo album non fu pubblicato affatto negli Stati Uniti, e mentre il secondo “Give 'em Enough Rope” in America risaliva lentamente la china, appena sull’orlo delle 50.000 copie, in Gran Bretagna era già numero due alla prima settimana. La radio giocava una parte importante in tutto questo. Negli Usa non era ancora - o non era più, - tanto facile essere considerati <<accettabili>> dalle grandi masse, soprattutto in quei momenti di innocua tappezzeria per timpani disinteressati. Soprattutto quando queste canzoni di rabbia e crudezza piombavano come un camion fra le delicate porcellane degli equilibri radiofonici, selezioni di musica <<con cui guidare verso casa>>, come i Clash sarcasticamente la definivano.
Non capitava troppo di frequente, all'ascoltatore medio americano, magari del mid-west, di imbattersi in titoli come Rissa Bianca, Mitra, Terra di Garage, Londra Brucia, Odio e Guerra, Guerra Civile Inglese. A Londra le cose sembravano andare differentemente. I Clash sembravano essere usciti ingigantiti dalle ceneri in cui si era bruciato il punk rock, e erano senz’altro l‘unico <<grande» gruppo della nuova era che doveva essere. La visione internazionale della questione suggerisce che il loro ruolo - più che di primattori e capiscuola di una etichetta già sul punto di sparire – era quello della nuova, grande band di rock'n`rolI.

L`energia che trasudavano non lasciava dubbi. Eravamo nella zona di tutto quello che il r’n’r rappresenta (o meglio, rappresentava, visto i tempi..) storicamente: pericolo. La brutalità dei Clash rendeva difficile l’approccio: in confronto al metallo pesante più o meno armonico di buona parte del rock americano (bersagli preferiti, Areosmith e Boston) e in confronto anche alla mancanza di direzione (che non sia fun-nichilistico) del punk, la loro determinata aggressività arrivava come un ciclone. Le parole che Joe Strummer sputava fuori fra un dente rotto e un altro erano esattamente quello che disturba sentire.
I Clash non erano gli unici a parlare di guerra, armi, polizia, marciume, disoccupazione, ma era la convinzione cruda con cui lo urlavano che li credibilizzava. Nati dall'incontro fra Strummer e il chitarrista Mick Jones e poi mutati ripetutamente fino a ricomporsi intorno al nucleo degli S.S. (che gusti, e comunque il tiplco gruppo londinese pre-punk), i Clash si affiancarono subito ai Pistols come portavoci del movimento punk. Non per gli atteggiamenti, mai ostentatamente disgustosi o auto-infierenti, spille etc., che Rotten e Vicious avevano invece prediletto, ma nella visceralità sonora. ll corso parallelo non durò molto, come si sa. I Sex Pistols morirono del nichilismo che li aveva nutriti, privi di equilibrio emotivo e intellettuale, furono la scintilla, - una volta innescata la reazione, naturalmente, si bruciarono in un attimo. I Clash, la cui critica è ancora più tagliente perchè meno anarchica e più circostanziata, erano in un certo senso visti come coloro che potevano assumere il ruolo di condottieri militanti di una scena che confermava di aver bisogno di figure carismatiche e di modelli.

I Clash ne erano coscienti e difesero l’integrità della loro immagine. Dagli attacchi di coloro che li giudicavano pericolosamente ambigui fra violenza esorcizzata e istigata, e da coloro che li giudicavano traditori degli ideali iniziali. (Senza dimenticare poi i guai che due di loro passarono nel processo per l’uccisione di rari piccioni londinesi). Come dire: dovunque cammini troverai sempre chi ti scavalca da una parte e chi dall'altra.Per tutti questi motivi c’era tensione, in e intorno a loro, e quindi tutto procedeva bene. ll rock’n’roll non è fatto per essere languido (ci vogliono spesso mode inglesi per ricordare agli americani i valori della loro musica nazionale), e i Clash ne diedero un’interpretazione vicina alle radici. Il tiro delle loro canzoni era puntato su bersagli decifrabili, che sapevano di ltalia, Iran e Medio Oriente, America Centrale più che di tranquillo e noioso conservatorismo britannico:
<<Un sistema costruito dal sudore di molti/ Crea assassini per ammazzare i pochi/Prendi un posto qualsiasi e chiamalo tribunale/Questo è un posto dove nessun giudice può esistere>>.

Forse avrete già notato che nessuno in Italia ha mai affrontato questi argomenti . Ovviamente i Clash furono coscienti anche del rischio di essere impacchettati e rivenduti come “gruppo politico” dallo stesso establishment che avversavano. Rischio di essere da questo limitati (rispondevano che la loro ambizione era di diventare si il più grande gruppo del mondo ma il più grande gruppo del mondo.. radicale).
I Clash offrivano la loro visione del futuro, della necessità di fronteggiarlo. Rimasero vicino alla gente (a noi..) che vedeva in loro qualcosa e che in definitiva era la loro primaria ragione di essere. Erano disponibili, avvicinabili, spesso invitavano addirittura i loro fans squattrinati a dormire sul pavimento della loro camera d’albergo, ma non si sentirono di trasformare gli indecisi di oggi nei proseliti di domani: 
“Se lo scordino”, disse Strummer, “se non hanno il coraggio di farlo da soli, non sarò certo io a condurli per mano”. Non vi sembra giusto?
Lo scaricabarile é un gioco vecchio, soprattutto nel campo dell’impegno e della politica. Però in loro rimase costante una simpatia e solidarietà istintiva verso i propri simili.
In “Last Gang In Town”, cantano:
<<Lo sport di oggi é eccitante, le folle ‘in’ sono impegnate nelle lotte ‘in’. E’ forza bruta contro cervello o coltello contro catena /Ma é tutto sangue giovane quello che va giù nel lavandino>>.

A chi vede nelle coincidenze storiche non sfuggirà il particolare: la stessa notte che i Clash suscitarono boati e clamori in NYC, la Cina invadeva il Vietnam. Come in una strana profezia, il loro secondo lp sembrava prendere un significato inaspettato: <<Dategli abbastanza corda>>, dice il titolo (un Vecchio modo di dire che sottintende <<si impiccheranno da soli). Sulla copertina, in tinte-forti di giallo rosso e blu, un cadavere e un avvoltoio, e un reparto di Cavalleria cinese in attesa. Ma queste sono riflessioni degli anni.. dopo. Quando i Clash piombarono sul palco, un'ovazione accolse i primi accordi di <<l’m So Bored With the USA>> . I Clash, forse sorpresi ma subito galvanizzati da quell’accoglienza, tennero il palco da maestri: il super-ariano bassista Paul Simonon e Mick Jones scambiavano posizione di continuo sui fianchi. Al centro rimaneva il grezzo Strummer a ululare il suo incomprensibile cockney, e più dietro il picchiatore fra i più testardi, é Nicky Headon, che spingeva e gonfiava il suono con tutta la potenza (e discreta competenza) di cui era capace. Da li in poi, una sequenza ininterrotta cui le parole, se non per i fans più devoti, si persero completamente nel dettaglio, fra batteria, basso martellante e alcuni brevi, incisivi assoli di Jones, che tagliavano l’aria come raffiche di mitra. Due bis di sei pezzi - la carrellata fu tutto il repertorio, singoli compresi -, e tutto quello che rimase fu sudore.
l Clash andavano visti per essere creduti. I brani odoravano di rabbia e ribellione attraverso la violenza, ma una violenza di una condizione oggettiva, non di strategia demagogica. Avevano davvero più energia, rabbia e volonta della quasi totalità dei gruppi contemporanei, e la loro autenticità era data dal loro coinvolgimento, senza mezzi termini..
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