07/04/15

Gridlock'd: ho bisogno di un fottuto medico!!

Ancora dai '90...

Gridlock'd parla alle persone che vengono catapultate loro malgrado in uno degli ingorghi più assurdi della vita, è cupo e umoristico, una satira feroce, e, come tutte le migliori satire, funziona perché quello che traspare sullo schermo non solo potrebbe accadere, ma accade - ogni giorno in tutte le principali aree urbane degli State e non solo. Lo scrittore / regista Vondie Curtis utilizza la commedia della situazione per un attacco frontale al sistema del welfare americano e alla sua burocrazia.

Quando la cantante Cookie (Newton) va in overdose di eroina a Capodanno, Stretch e Spoon, suoi colleghi musicisti decidono che è ora di smetterla con la roba e di entrare in un programma di riabilitazione al più presto.

Questo film parla anche a noi tutti: Chi non ha avuto a che fare con inutili e frustranti pratiche burocratiche, sballottati da un ufficio ad un altro? Si tratta di una afflizione universalmente condivisa, e siamo in grado di capire la rabbia e l'insoddisfazione per un sistema che sembra più interessato a versare inchiostro, più che di occuparsi del sangue versato. Certo che Spoon (un compianto e bravissimo Tupac Shakur) e Stretch (Tim Roth, perfetto nel ruolo di tossico schizzato) sono una strana coppia dei '90s . Spoon è il classico black, uguale a ogni uomo nero maturo e temperato; Stretch è infantile, sempre borderline, un maniacale ragazzo bianco. Tuttavia, anche se le loro personalità sono diverse, sono fratelli, lavorano insieme, vivono insieme, si drogano insieme, e, quando decidono di liberarsi dalla droga, cercano di farlo sempre insieme. L'occasione per farlo è l'overdose di Cookie: mentre la osservano in coma all'ospedale, i due vengono alle prese con la precarietà della loro vita. "Non voglio finire così," si lamenta Spoon (e le sue parole risultano oltrmodo inquietanti, considerando il destino futuro dell'attore/rapper), "Ultimamente, sento che la mia fortuna mi sta abbandonando." Entrare in un programma di disintossicazione, tuttavia, si dimostra di essere molto vicino all' impossibile. Spoon e Stretch trascorrono una lunga giornata a correre, da un ufficio dei servizi sociali a un altro, per gli esami del sangue, la compilazione di moduli, tutto questo mentre sono inseguiti da poliziotti e spacciatori - tutto in un estremo tentativo (senza speranza) di ottenere un piccolo aiuto. Shakur e Roth (insieme a Newton, durante le scene di flashback) hanno un rapporto facile, che si presenta come vero e molto credibile. Entrambi gli attori sono bravi, soprattutto quando il film affronta la questione razziale, e lo fa in modo non pesante o predicatorio (a un certo punto, Spoon è costretto a ricordare a Stretch, che adotta una serie di manierismi sui neri, che la sua pelle è bianca), e il sistema dei servizi sociali degli Stati Uniti, attaccato senza pietà, attacco che culmina in un meraviglioso sproloquio di Stretch contro gli impiegati del settore pubblico.

Gridlock'd è ancora un film rinfrescante, perché è diverso. Il soggetto non è nuovo, ma il motore narrativo, l'approccio e i toni sono da una dark comedy, comica e tagliente. Da questa bella prestazione Tim Roth ha proseguito una carriera sempre in crescendo. Per Tupac Shakur, che io ho scoperto tardi, sia come rapper sia come attore, mostra un talento genuino, e qui, scrive quasi il suo epitaffio. I due lavorano su un delizioso rapporto impassibile, in cui Stretch è il jolly e Spoon il morigerato, e che culmina in una scena esilarante in cui Stretch pugnala ripetutamente il suo amico al petto, in un ultimo e disperato tentativo per ricevere cure mediche. Gridlock'd si perse un pò nel traffico dei film indipendenti, ma l'unica pecca che ci troviamo sono alcuni inutili inseguimenti di routine che cercano in fondo solo di distrarci dagli elementi più efficaci del film.
L'umorismo amaro della situazioneè pienamente realizzato, nonostante il film celebra la cultura della droga, che i nostri eroi vogliono rinnegare ma che alla fine risulta l'unica cosa che li sostiene ..

Cast: Tim Roth, Tupac Shakur, Thandie Newton, Vondie Curtis Hall, Bokeem Woodbine, Howard Hesseman
Direttore: Vondie Curtis Sala
Sceneggiatura: Vondie Curtis Sala
Musica: Stewart Copeland

Gridlock'd Cineblog

#Tupac Shakur #Tim Roth


Bellezza e tristezza, River Phoenix

Direttamente dagli anni '90..

BELLEZZA E TRISTEZZA
La morte di River Phoenix ha sorpreso e depresso tutti quelli che conosco, persino chi liquidava il divismo cinematografico come una forma di ipnosi di massa indotta dalle corporation. Circa settantadue ore dopo il collasso fatale, io e un amico disincantato ci siamo imbattuti in una recente intervista televisiva dove il coscienzioso giovane attore illustrava i suoi progetti futuri, e siamo scoppiati a piangere sconvolti. Strano. Quello che ripetiamo di continuo: strano che sia morto; strano che ci colpisca tanto. E come se in segreto lo ammirassero in molti: la sua arte di attore incontrava il favore degli spettatori, indipendentemente dalla debolezza del film o dall’iniziale freddezza del pubblico. Mentre scrivo, Hard Copy, che non è certo un programma noto per il suo rigore morale, sta coprendo di lodi un paparazzo che non se l’e sentita di fotografare le convulsioni dell’attore agonizzante.
Le voci che giravano, anche nelle rubriche di gossip, garantivano che Phoenix conducesse un’esistenza abbastanza integra e decorosa, rispetto ai suoi colleghi: progressista, vegetariano e appassionato di poesia, senza l’antipatia di Shannen Doherty, l'autodistruttività di Judd Nelson, la boria di Mickey Rourke. Ugni tanto qualcuno giurava di averlo visto in disparte, teso e solitario, all’inaugurazione di qualche galleria d’arte: il perfomer sadomaso Bob Flanagan, ex componente della compagnia di improvvisazione comica Groundlings, ricorda Phoenix barcollare ubriaco sul palco durante uno dei loro sketch. Bella scoperta, era un ragazzino. Quasi sempre, invece, sembrava troppo serio, incapace di rilassarsi, di liberare la mente. In un recente numero della rivista Detour, Phoenix criticava aspramente l'egocentrismo di molti suoi colleghi, e diceva di voler lasciare non solo Los Angeles, ma addirittura questo miserabile paese. Eppure, continuava a vivere qui, ed è qui che è morto, in un locale trendy, sotto l’effetto di stupefacenti. Quindi ai difficile farsi un’idea. La morte concentra l’attenzione sulle persone anche se in alcuni casi il processo di demistificazione richiede anni. Non dovrebbe essere il caso di Phoenix, visto che la sua sincerità e la sua franchezza non sono mai state in dubbio. In definitiva, salvo rivelazioni imprevedibili, il suo nome, le sue interpretazioni, acquisiranno quella sacralità che la gente attribuisce d’istinto per riempire il vuoto lasciato da chi scompare prematuramente.
Come tanti esperti vanno gia predicando, Phoenix diventerà il nostro James Dean. Mentre i suoi colleghi “outsider” come Keanu Reeves, Matt Dillon e altri, se saranno fortunati, saranno costretti automaticamente a diventare i nostri Marlon Brando. E questo perché gli attori non possono competere con i loro fan, e le vette interpretative che finiremo per attribuire a un immaginario Phoenix maturo inevitabilmente supereranno le eventuali prodezze di un Phoenix ancora vivo. Messa cosi la vita sembra strana, e anche un po’ nauseante. I paragoni tra Phoenix e James Dean sono ridicoli, oltre che inflazionati, sebbene i due abbiano effettivamente in comune molte delle qualità che distinguono i grandi attori dai semplici prodotti mediatici. Tutti e due erano grandi perfezionisti, anche se incapaci di reprimere le proprie emozioni dietro una personalità artificiale. Anche in ruoli secondari - il giovane hippie scervellato di Ti amerò . .. fino ad ammazzarti, il poeta/ Casanova di Le mgazze di Jimmy, il figlio devoto e terrorizzato del megalomane Harrison Ford in Morquiio Coast - Phoenix è sempre stato un po’ piu sensibile e ispirato - più vero - di chiunque altro sullo schermo. Persino nel contesto atipico e problematico delle marchette di Portland in Belli e Dannati, il Mike di Phoenix si distingueva per il suo insolito appartarsi - spaventato e meravigliato dallo squallore della sua situazione, alla ricerca disperata di affetto e al tempo stesso allergico alla compassione altrui. Un’interpretazione che, come la maggior parte di quelle di Dean, sembrava distillare il disagio e la malinconia di una generazione emergente.

Phoenix era figlio di hippie. A volte descriveva il proprio stile di recitazione come lo sforzo di rappresentare i suoi sentimenti nel barattare l’umanesimo della propria famiglia con l’odio dell’industria cinematografica per l’individuo. L’attrice/ performer Ann Magnuson, protagonista con Phoenix di Le mgazze di Jimmy, una volta mi ha fatto notare con un certo stupore come anche nella fase teen idol della sua carriera, avesse sempre un’aria seria e rigorosa. Entrata nello showbiz con sentimenti contrastanti, si era chiesta come, o addirittura se, Phoenix sarebhe sopravvissuto alle sue molteplici forme di corruzione. Forse proprio questa lacerazione spiega perché, col tempo, le sue interpretazioni esprimevano una crescente tristezza e un evidente disagio. Nelle sue ultime e migliori prove, interpretò ragazzini cresciuti troppo in fretta, costretti, per vivere, ad aggrapparsi agli ideali giovanili di un amore romantico e/ o familiare.
In una professione che cataloga gli esordienti in “estrosi, marginali, ma integri”, come Crispin Glover e John Lurie, oppure in “fotogenici e iper-commerciali” come Christian Slater e Robert Downey Jr., Phoenix era la classica eccezione, abbastanza sincero per stabilire un forte legame con i suoi coetanei, e abbastanza bravo per ricordare alle generazioni precedenti l’intensità che avevano perduto.
Dennis Cooper


#viper #river phoenix


05/04/15

Obblighi contrattuali: fuori i dischi

Dall'archivio INTERZONE
Moltissime band hanno avuto guai con le proprie case discografiche per motivi contrattuali. Spesso sono stati causati da manager sbadati o in malafede, in altri casi, le stesse band non si sono presi la briga di leggere per intero i contratti, o semplicemente per divergenze artistiche e di mercato. Di conseguenza, le controversie spesso hanno portato alla realizzazione di album solo per meri fini contrattuali, anche se i risultati in tali condizioni non sono sempre stati così terribili come si potrebbe immaginare. Nella maggior parte dei casi, però, sono venuti fuori dischi davvero..improbabili. Quì, una piccola lista dei più famosi album prodotti per soddisfare e rispettare i rapporti stipulati dagli artisti con le proprie case discografiche.


Mama & the Papas: People Like Us
Il gruppo flower power di California Dreamin. La band si divide nel 1968. Quando la loro etichetta discografica, la Dunhill, fu acquisita dalla ABC, qualcuno si rese conto che il gruppo, da contratto, doveva loro ancora un altro album. I Mama & Papas, non avevano nessuna intenzione di rispettare il contratto, impegnati com'erano nelle rispettive carriere soliste, ma minacciati di una querela da svariati milioni di sterline, prontamente cambiarono atteggiamento e sfornarono People Like Us. Il disco, scritto quasi per intero da John Phillips, fu il risultato di sovraincisioni e non piacque davvero a nessuno, scomparendo dal mercato senza lasciare traccia. Michelle Phillips dichiarò, onestamente, che il lavoro "era quello che era: il risultato di quattro persone che cercano di evitare una causa legale".

Rolling Stones: Cock sucker Blues (o il blues dello studente)
Già nel 1969, i Rolling Stones erano in rottura con la loro casa discografica, la Decca. Decisi a mettere su una propria etichetta, che  avrebbe permesso al gruppo più lauti guadagni, avevano il problema di rilasciare l'ultima traccia finale che li legava alla gloriosa Decca. A detta dei critici, venne fuori " la canzone più sgradevole che gli Stones potevano scrivere" : Cock Suker Blues, in cui Michael Jagger canticchia come un pervertito: "Oh where can I get my cock sucked? Where can I get my ass fucked?"
La Decca decise di non pubblicare la canzone, poi è arrivato Internet..


Van Morrison’s Contract Breaking Sessions
Era infelice nel rapporto con la Bang Records, la sua etichetta nella metà degli anni '60. Van Morrison voleva chiamarsi fuori. La Bang però chiedeva di incidere canzoni come Brown Eyed Girl, portando Van alla frustrazione e a serie difficoltà economiche, tanto da avere problemi perfino a trovare ingaggi per esibizioni live.Intervenne la Warner Music, che rilevò il suo contratto con la Bang Records, ma c'era ancora un piccolo dettaglio contrattuale. Morrison era obbligato a registrare esattamente 36 canzoni per la sua vecchia etichetta, Morrison non era esattamente un uomo paziente, e registrò più di 30 canzoni in un'unica sessione, con una chitarra non accordata e dai testi più che folli.
La Bang Records non apprezzò, e non pubblicò le canzoni, che videro poi la luce nella metà degli anni '90: sono la testimonianza della musica più strana (e spesso divertente) mai registrata da un artista mainstream.
I brani sono disponibili su Spotify..

Prince: Chaos and Disorder
Non molti artisti hanno avuto problemi con la loro etichetta discografica tanto da cambiare il loro nome e definirsi "schiavo" della propria etichetta.. Ma il principe Rodgers Nelson (Prince) dopo alcuni anni turbolenti con la Warner Brothers, nel disperato tentativo di chiudere i suoi 18 anni di collaborazione con la Warner, decise che non era il caso di farlo in bellezza. Assemblò insieme una raccolta di avanzi e scarti di precedenti lavori e li pubblicò in Chaos and Disorder, liberandosi finalmente dalle grinfie della Warner. L'album non è certo tra le sue cose migliori, né Prince ha mai fatto intendere che lo fosse.
Con il contratto debitamente adempiuto, il principe prontamente celebrò l'emancipazione, con un album triplo di 36 canzoni, Emancipation. Appunto!


The Band: Island
A metà degli anni '70, Robbie Robertson decise che ne aveva abbastanza della vita selvaggia  on the road con la Band (preferendo più tranquillamente sperimentare droghe con Martin Scorsese!)  Il suo ultimo concerto in assoluto con il gruppo,  The Last Waltz, doveva essere una incredibile reunion di all-star. La registrazione del concerto doveva essere poi pubblicato dalla sua nuova etichetta, la Warner, ma la Capitol, la vecchia casa discografica della Band, pretese un ultimo disco per recidere il contratto. Island fu  frettolosamente registrato: un lavoro irregolare, con tracce assolutamente sciatte, e dal suono cupo. Anche se in definitiva  non è poi così terribile, Island fu davvero l'ultimo album con la line-up originale del glorioso gruppo che per anni aveva accompagnato Bob Dylan.

Buffalo Springfield: Last Time Around
Il gruppo, famoso per in combattimento, ed ego delle dimensioni di Mount Rushmore, non è una sorpresa che Buffalo Springfield, con , mai minacciato i Rolling Stones nei pali longevità.
Last Time Around, fu il terzo album del gruppo che aveva nelle sue fila artisti del calibro di Neil Young e Stephen Stills, e fu pubblicato nel 1968, quando i Buffalo si erano ormai sciolti, per  l'abbondante abuso di droga. Non c'è un solo brano in cui suonano tutti i componenti della band e anche la foto di copertina è un montaggio. The Last Time Around fu compilato da Richie Furay e Jim Messina, con tracce registrate da vari membri della band l'anno precedente, solo per adempiere al contratto  con la ATCO Records. Nonostante la gestazione travagliata , è un bel disco,e talvolta geniale.

Frank Zappa: Läther
Nei primi mesi del 1977, Frank Zappa voleva risolvere il suo contratto con la Warner Bros. con un album quadruplo, tre ore di musica, e con materiale tutto nuovo . Gli fu detto che doveva consegnare quattro album singoli. E così fece. La Warner  però, non volle pubblicare i dischi e dichiarò, inoltre, che non avrebbe pagato Zappa,  rifiutando di lasciarlo libero dal contratto con l'etichetta.
Nell'era pre-Internet, Frank fece l'unica cosa che poteva fare: suonò tutto il materiale per la KROQ di Los Angeles, (in esclusiva) e chiese ai suoi fan di registrare il tutto, dando così il suo benestare per un bootleg. La  forma originale di  Läther sarebbe venuta fuori  30 anni dopo..


David Bowie: Scary Monsters
Dopo Lodger, Bowie pensava di essere libero dal suo contratto con la RCA, dal momento che la stessa Rca aveva preteso tre dischi per una risoluzione consenziente: Bowie aveva calcolato Lodger e considerava Stage, l'album doppio dal vivo, come due dischi, ma la casa discografica asserì invece che Stage valeva per uno. Dal momento che i dirigenti discografiche hanno sempre ragione, chiesero il terzo disco. Il risultato fu  Scary Monsters And Super Creeps, considerato (a ragione) come "l'ultimo grande album di David Bowie"


Marvin Gaye: Here, My Dear
Questo disco stranamente non fu  registrato per placare una casa discografica, ma piuttosto per accontentare la sua ex moglie, Anna Gordy, che lo aveva portato in tribunale. La sua abitudine alla cocaina  e lo stile di vita stravagante e irregolare, portò Marvin a non poter pagare l'assegno alimentare. Pertanto giunse ad un  accordo: la metà delle royalties del suo prossimo album  sarebbe andato ad Anna.
Come si può immaginare, Gaye non aveva voglia ne stimoli per produrre un altro capolavoro come What Goin 'On. Nonostante ciò, Here, My Dear è un ottimo album, tutto incentrato sul rapporto di coppia: "Perché devo pagare le spese legali / questo è uno scherzo / Ho bisogno di una sigaretta."..
Stranamente, alla sua uscita, l'album non fu accolto bene dalla critica e andò  abbastanza male, proprio come Gaye aveva inizialmente sperato. Oggi, è giustamente considerato come un capolavoro.


RemNew Adventures in Hi-Fi
Ai tempi in cui Q era una rivista che ancora valeva la pena  leggere, vi si potevano trovare ottime recensioni musicali. Due pagine furono dedicate a questo disco dei Rem, sottolineando che, magari tutti gli album pubblicati sotto obbligo contrattuale, fossero ottimi come New Adventures in Hi-Fi.  Nonostante fosse stato registrato in fretta per soddisfare i termini dell'accordo con la Warner Bros (appena prima i REM avevano firmato un nuovo contratto da 80 milioni di dollari, che era allora il più grande nella storia) si  rivelò una punta di diamante nel periodo più fecondo della carriera della band - la metà degli anni '90 - con una sequenza di album che comprendeva Automatic for the People, Monster e il molto sottovalutato Up.

#label #playlist



03/04/15

Musicisti e Cinema: Rock Cameo

I cameo dei musicisti nei film servono a ben poco di diverso da quello di farci divertire.
Alcuni di queste apparizioni simboliche sono volutamente esilaranti, come Alex Van Halen nei panni di Gurning, uno street-punk intervistato dai telegiornali in Robocop, mentre in altri casi c'è una grande disparità tra la serietà di intenti e la gravità dei risultati ( Phil Collins è sorprendentemente banale come detective della polizia in Hook, ad esempio).
Quì una serie di particolarmente improbabili e memorabili cammei di musicisti, dove scopriamo un mondo di omicidi brutali, sbronze a base di daiquiri, vampiri, mistici ingannatori..


TOM PETTY in The Postman (1997)
Flop post-apocalittico di Kevin Costner su un tizio che consegna lettere ai gruppi superstiti riuniti in varie enclave, assediate dai soliti prepotenti. Tom Petty appare nei panni del sindaco di Bridge City, e in una divertente gag, l'eroe Costner gli dice chiaro e tondo, "Io ti conosco. Sei ... .famoso. "Sorridendo ironicamente, il sindaco risponde:" Una volta lo ero. Più o meno. " L'implicazione è che Petty sta interpretando se stesso nell'ipotetico futuro, solo una delle tante cose di The Postman che non ha alcun senso.

MILES DAVIS in Scrooged (1988)
SOS fantasmi passa ogni Natale in tv con protagonista un Bill Murray ancora giovane, reduce dal successo di Ghostbusters (e proprio per questo quei gran geni degli italiani decisero di cancellare il titolo originale Scrooged e affibbiargli un bel SOS fantasmi per acchiappare un po' più di pubblico); proprio quel SOS fantasmi che altro non è che uno strambo rifacimento in chiave moderna del "Canto di Natale" di Charles Dickens, diretto da Richard Donner. L'apparizione di Davis è bizzarro quanto avvilente. Il principe delle tenebre appare quì brevemente come un busker, che intona con la sua tromba una versione jazz di "We Three Kings 'all'angolo di una strada. Uno dei più grandi musicisti jazz di tutti i tempi ridotto ad essere molestato da un buffo Bill Murray...


ANTHONY KIEDIS in Point Break (1991)
Nel 1991, il Red Hot Chili Peppers Anthony Kiedis ha sfruttat tutta la sua esperienza come frontman fastidioso per interpretare un ritratto perfetto di un fastidioso surfista nel bel film di K. Bigelow Point Break. 


PHIL COLLINS in Hook (1991)
Robin Williams apre in Hook un vero e proprio scrigno di cammei musicali. Jimmy Buffett, David Crosby, ma l'apparizione più strana è l'ispettore di polizia Good, Phil Collins. Collins, nel suo completo stretto-merlettato, è zelante e brillantemente superficiale. Nel 2003 ha inoltre lavorato con Steve Trenbirth per la realizzazione del film Il libro della giungla 2 dove ha interpretato la parte di Lucky (voce nella versione originale), come musicista nel film giallo di Taylor Hackford Due vite in gioco (1984). E ancora musicista nel film di Kevin Lima, Chris Buck Tarzan (1999), musicista nel film di David Green Buster (1988)

TOM WAITS in Domino (2005)
Tom Waits ha avuto ruoli di attore in diversi film nel corso della sua carriera, tra cui Coffee and Cigarettes, Mystery Men e Short Cuts, ma in questa inattesa e surreale sua breve apparizione in Domino di Tony Scott, con Mickey Rourke, ispirato alla vera storia di Domino Harvey, figlia di una modella e di un attore (Laurence Harvey), che intraprende la carriera di cacciatrice di taglie, ed è dedicato alla sua memoria.Waits ha un piccolo ruolo nel film come "un indovino vagante", un mistico del deserto, e ammise di aver accettato la parte perchè.."Mi hanno vinto in una partita di poker."


ALICE COOPER in Prince of Darkness (1987)
Alice Cooper è veramente spaventoso nel caotico capolavoro horror di John Carpenter Il Pprincipe delle Tenebre, in cui interpreta un senzatetto, "Street Schizo", un vagabondo inquietante che uccide uno studente con un telaio di bicicletta. Il film ebbe successo, e la prestazione di Cooper fu così memorabile che la gente iniziò a riconoscerlo per strada anche senza il suo elaboratomake up.. L'omonima canzone da lui cantata è nel soundtrack del film.



CHET BAKER in Urlatori alla sbarra

Nel 1959, il grande compositore Piero Umiliani scelse Chet Baker come tromba solista per la colonna sonora del film di Nanni Loy L'Audace colpo dei soliti ignoti. La loro collaborazione proseguirà con il musicarello Urlatori alla sbarra di Lucio Fulci, nel quale apparirà anche in una particina. Crea un personaggio che si addormenta dovunque, nella vasca da bagno o sotto il divano del salotto, mente accanto a lui tutti eseguono dei balli scatenati. In una scena canterà anche la canzone Arrivederci di Umberto Bindi, in inglese. Tre anni dopo, interpreterà un cortometraggio (circa 15 minuti) da attore protagonista, Tromba fredda (Cold Trumpet) di Enzo Nasso. Un omaggio amichevole all'immenso Chet Baker.

LOU REED in Blue in the Face
Lou Reed è comparso nel film Blue in the Face (1995) di Paul Auster e Wayne Wang, accanto a Harvey Keitel e Jim Jarmusch. Interpreta se stesso, risponde a un’intervista. E racconta di sé: «La mia infanzia è stata così spiacevole,che non ricordo niente fino all'età di 31 anni». Parla della sua incapacità di vivere fuori da New York, del terrore che prova nei confronti di una società così ordinata come quella svedese e dei suoi occhiali «rivoluzionari». Appare anche in due opere di Wim Wenders. In Così lontano, così vicino (1993), ad esempio, interpreta un ex angelo. È invece se stesso in The Soul of a Man, documentario dello stesso regista. La pellicola esplora le carriere dei musicisti Skip James (interpretato da Keith B.Brown), Blind Willie Johnson (Chris Thomas King) e J. B. Lenoir. The Soul of a Man contiene brani dei tre musicisti eseguiti da altri, incluso Lou Reed. Come Nick Cave, ha collaborato anche a September Songs  La musica di Kurt Weill (1995) di Larry Weistein

YARDBYRDS (band) in Blow Up
L' apparizione del gruppo Yarbirds nel capolavoro di Michelangelo Antonioni, Blow up (1967) -  in cui impersonano loro stessi, durante un tempestoso concerto in un piccolo club - è una delle scene più famose del film. Blow up ha espresso al meglio la Swinging London e gli anni Sessanta e sembra che il regista ferrarese avesse chiesto in prima battuta ad Eric Burdon di suonare in quella scena. Keith Relf canta, alla chitarra Jimmy Page e Jeff Beck. Dietro di loro c'è Chris Dreja alla batteria. A un certo punto, durante l'esecuzione del pezzo Stroll on , con un gesto tipico delle esibizioni live di Pete Townshend, il chitarrista degli Who, Beck fracassa la sua chitarra sul palco gettandone i frammenti tra il pubblico. Il fotografo - interpretato dal bravo David Hemmings - raccoglie per puro caso il manico della chitarra e fugge inseguito dagli altri fan gelosi del suo trofeo, ma, fatti pochi passi e svoltato l'angolo, getta via il pezzo di strumento.

MARILYN MANSON in Ingannevole è il cuore più di ogni cosa
Marilyn Manson è uno degli attori di Ingannevole è il cuore più di ogni cosa diretto da Asia Argento nel 2004, adattamento cinematografico del libro omonimo di J.T. Leroy. È il secondo film dell'attrice in veste di regista, dopo i suoi esordi nel 2000 con il promettente Scarlett Diva . Manson interpreta la parte di un bifolco e fanatico religioso, quasi irriconoscibile, perché compare senza trucchi né inganni. È inaspettatamente normale e vero, ed interpreta, anche se brevemente, una delle parti più difficili del film. Ma non è la sua unica apparizione al cinema. Ha recitato la parte di un attore pornografico in Lost Highway (1997) di David Lynch. Compare nel 1999 in Amiche cattive di Darren Stein, in cui interpreta una scena di sesso con l'allora fidanzata Rose McGowan. Nel 2002 appare come se stesso nel documentario Bowling a Columbine di Michael Moore. Nel 2003,in Party monster, film del 2003 diretto dal duo Fenton Bailey-Randy Barbato e basato sulla vera storia di Michael Alig, il più noto organizzatore di feste notturne di New York. Nel 2007, nella Setta delle tenebre di Sebatian Gutierrez, interpreta la parte di un barista normale.

IGGY POP in Dead Man 
I cameo realizzati da Iggy Pop sono davvero numerosi, sia in tv che al cinema. Sono da segnalare in particolare quelli nei film di Jim Jarmusch. È Salvatore ’Sally’ Jenko nel western stilizzato Dead Man (1995), un cowboy vestito da donna, con stivali e pistole, che abita in un mondo che sembra aver scelto di proteggere solo i diversi. Uno dei tre sicari incontrati da William Blake (Depp) e l'indiano (Nessuno) è interpretato da Iggy Pop, peraltro da sempre un grande idolo musicale dello stesso Johnny Deep. In Da qualche parte in California, episodio di Coffee and Cigarettes (2004), sta in un bar della California con Tom Waits. Sullo schermo i due parlano e discutono di Gianni e Pinotto, di sigarette, di musica e di medicina. Da segnalare anche la sua collaborazione, accanto a Johnny Deep in Cry Baby (1990), il film di John Waters o ancora la sua apparizione ne Il colore dei soldi di Martin Scorsese, dove interpreta un giocatore per strada. E' uno dei protagonisti in  The man Whitin,del regista Yony Leyser, docufilm sulla vita dello scrittore William S. Burroughs e un breve cameo insieme alla moglie Suchi in Sid e Nancy di Alex Cox sulla storia di Sid Vicious, bassista dei Sex Pistols interpretato da un grande Gary Oldman.



NICK CAVE in  Il cielo sopra Berlino
Nick Cave e i suoi Bad Seeds compaiono nello splendido film di Wim Wenders Il cielo sopra Berlino (1987) dove eseguono sul palco The Carny e From Her to Eternity . Lo stesso anno esce nelle sale il film australiano indipendente Ghosts... of the Civil Dead di John Hillcoat , che vede Cave nelle vesti di attore e di compositore delle musiche originali (insieme a Blixa Bargeld e Mick Harvey, componenti dei Bad Seeds). Nel 1991 interpreta la rock star Freak Storm nella commedia di Tom Dicillo Johnny Suede. Nel 1995 partecipa a September song - La musica di Kurt Weill di Larry Weistein. Ambientata in una grande fabbrica metallurgica dismessa, è una successione di «numeri»cantati e/o danzati con le musiche di K. Weill (1900-1950), sia del periodo tedesco che di quello americano. Alla fine del 2007 ha realizzato insieme a Warren Ellis, la colonna sonora de L'assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford diAndrew Dominik, in cui interpreta un cantastorie, e ha un apparizione in Lawness, film da lui stesso scritto di cui abbiamo parlato in un post precedente.

DAVID BOWIE in Miriam si sveglia a Mezzanotte, Fury
David Bowie è un caso a parte. Compare nel ruolo di se stesso durante un suo concerto live, in Christiane F - Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino (1981), il film di Uli Edel; da notare che all’interno della colonna sonora vengono utilizzate diverse canzoni del musicista. In particolare ( Helden , la versione tedesca di Heroes ). Ma non è certo questa la prima collaborazione di Bowie a un film e tantomeno la più importante. Oltre ad essere apparso diverse volte sullo schermo in piccole parti (come nel 1969 in The Virgin Soldiers di John Dexter), si è anche imposto nel ’76 come l’alieno de L'uomo che cadde sulla Terra di Nicholas Roeg. Tra le sue collaborazioni più importanti, si possono ricordare Gigolò di David Hemmings, Furyo (Merry Christmas Mr. Lawrence) di Nagisa Oshima e Miriam si sveglia a mezzanotte di Tony Scott (1983). E' protagonista inLabyrinth - Dove tutto è possibile, il film fantastico del 1986 diretto da Jim Henson,sempre nel '86 appare (e partecipa alla colonna sonora)  in Absolute Beginners di Julian Temple. Nel 1988 fa un ruolo piccolo ma importante ne L'ultima tentazione di Cristo di Martin Scorsese dove interpreta Ponzio Pilato.Ha disegnato un interessante Andy Warhol in Basquiat di Julian Schnabel nel 1996.  Gira anche in Italia,voluto da Giovanni Veronesi nel clamoroso flop Il mio di West, ( costato più di 10 miliardi di lire,non arrivò nemmeno ai 4 miliardi di lire d'incasso) accanto a Leonardo Pieraccioni.

JOE STRUMMER in Walker
Oltre a Screamin' Jay Hawkins, Jim Jarmusch ha anche chiamato per Mystery Train (1989), Joe Strummer l'ex leader dei Clash, il gruppo rock più amato dal regista. Per il terzo episodio, scrive il ruolo di Johnny appositamente per lui. Nel 1987, Strummer era già apparso nel film di Alex Cox Walker , del quale ha anche scritto le musiche. Lo stesso anno aveva interpretato Simms, in un altro film di Cox, Straight to Hell . Nel 1990, infine, fa una breve apparizione in Ho affittato un killer di Aki Kaurismaki, dove fa la parte di un chitarrista in un pub e canta Burning Lights e Afro-cuban Be bop. Tante le partecipazioni a documentari musicali: Rude Boy e The Future is Unwritten sui Clash, End of the Century e Let's Rock Again sugli amati Ramones, The King of Comedy.

MARIANNE FAITHFULL in Made in Usa, Marie Antoinette
Negli anni sessanta, il regista della nouvelle vague, Jean-Luc Godard - a seconda delle persone che incontrava la sera precedente o durante il fine settimana - amava portare alcune guest-star sul set dei suoi film. Durante le riprese di Made in Usa (1966) , fu la volta di Marianne Faithfull di passaggio a Parigi che accettò di fare un cameo nel film che stava girando. La scena si svolge in un bar, c'è una coppia seduta davanti a
una tazzina di caffé. Lei: «Dis-moi quelque chose!», Lui: «J'en ai marre!» (Sono stufo), e si alza e se ne va. La ragazza a quel punto attacca, senza musica, As Tears Go by. Negli ultimi anni, all'attività di cantante ha affiancato quella di attrice, partecipando ai film Intimacy (1999) di Patrice Chéreau, Marie Antoinette (2006) di Sofia Coppola (dove interpreta l'imperatrice Maria Teresa d'Austria) e soprattutto Irina Palm (2007) di Sam Garbarski, dove nel ruolo della protagonista, ha suscitato unanimi consensi di critica e di pubblico.

ALEX VAN HALEN in Robocop
Batterista dei Van Halen, Alex appare per  15 secondi in Robocop di Paul Verhoeven come Keva Rosenberg, disoccupato - un disadattato che viene casualmente intervistato per strada da un telegiornale, sulla crescente disgregazione economica e sociale di Detroit. Con il suo sguardo ghignante, che sia stato attentamente pianificato o completamente improvvisato, la sua parte  è semplicemente perfetta.


aggiornamenti: Interzone



02/04/15

Rock e disco music: gli albori (della disco rock)

Agli albori della contaminazione tra disco music e rock..

La disco - phenomenon non aveva ancora raggiunto il suo picco, che già proliferava l’anti-disco movement.
Ma davvero la disco era (è) una musica priva di emozione e creatività? Oggi assistiamo a spettacoli penosi: ancora c’è gente che si ostina a chiamare rock roba come l’ultimo dei Kasabian, o gli Artic Monkeys o Franz Ferdinand, quando non è altro che disco mascherata, e nemmeno di buona fattura. Eppure la disco ha una storia nobile. Come ogni fenomeno di massa, disco era una parola composita -- un tronco principale e tante ramificazioni ad allargare l’ombrello, e un giro d’affari.

Disco significa <danza>, ma ha racchiuso anche industria discografica, riviste, stazioni radio e shows televisivi, moda. Un tempo significava un luogo autosufficiente di raccolta, di intrattenimento, ennesima combinazione di divertimento, sessualità. Un intero muovo stile di vita che aveva, ricordo bene, la sua ragione di esistere nell’arena degli anni 70 e 80, la discoteca, e piantando radici dappertutto, dal proletariato al jet-set, ed era di gran lunga <<quell’altra>>. Disco sembrava evocare in molti la dualità fra Bene e Male in musica che chiunque, per i più strampalati motivi, finisce sempre per trovare nella musica che lo circonda. La solita abitudine di mettere alcuni fra i <<buoni» ed altri fra i “cattlvi>>, laddove per buono si intende creativo, emotivo, valido, e per cattivo si intende tutto ciò che possa portare alla perdizione, qualunque essa sia. Dimenticando che generalmente Bene e Male stanno dovunque insieme – (ma tanto il critico, o quello che parla di musica.. è pur sempre un fan, e l’obiettività sempre una causa persa). Cosi, sta di fatto che tutti coloro che sono venuti dal rock videro subito la forza del male nascondersi dietro i sospiri asmatici di Love to Love You Baby e il vocione da orco di Barry White.
La Disco é una musica platealmente distaccata da qualsiasi valore culturale, questo lo possiamo dire senza paura, la definizione più incisiva che ho raccolto è stata “musica per la persona non-pensante», e molti nel suo avvento videro in metafora perfino la decadenza ultima della società occidentale. Per i rasta, ad esempio, cioè “quelli che cercano la Verità”, la disco music é una bestemmia fatta di debolezza spirituale e vuoto religioso: il reggae è la <<vera» musica>>, che fa danzare e pensare insieme. Non sono gli unici a crederlo: in effetti, sono ancora in tanti a considerare la disco una forma di sfruttamento commerciale delle tradizioni musicali nere, e a disprezzare la sua totale mancanza di intenti non-danzerini.

Io non sono mai stato cosi rigido da pensare che milioni di ascoltatori siano accumunati dalla piattezza del loro encefalogramma. Equivarrebbe a dire che tutti coloro che hanno un disco di Dylan siano poeti e intellettuali, e che tutti i possessori di un disco punk siano arrabbiati cronici. Ricordo anni in cui, e questo accadeva soprattutto in Italia, il “divertimento puro e semplice» era considerato come Male. Divertimento, astrazione, frivolezza, disimpegno.

Tutto quello che rappresentava in ltalia andava sotto il nome di <<riflusso>> (anche noi abbiamo le nostre ondate).

Negli USA degli anni '60 e ’70 , la musica assumeva spesso un significato politico sociale, e parte di quel significati era arrivato fino agli anni 80. Vennero i problemi razziali, liberazione femminile, violenza della polizia e del Governo, l'amministrazione nixoniana, il Watergate. Ora non c’è niente, nessun argomento che abbia abbastanza fascino per infiammare un nuovo movimento di massa. Ora, se ascoltate anche quelli che dovrebbero opporsi, sbraitano di famiglia, i giovani non possono costruirsi una famiglia, non possono sposarsi e avere bambini, la villetta, un buon lavoro. Queste sono le aspirazioni del nuovo millennio. Nessuno resta a casa da solo a fumare e ascoltare un disco: tutti vogliono solo divertirsi. Non c'é più gente veramente arrabbiata nel nostro paese. Abbiamo quello che vogliamo (loro ce l’hanno...), paghiamo le tasse. La gente vuole socializzare, ha bisogno di energia collettiva. Il Rock? Lasciamo perdere..


ROCK ON DISCO
La musica anti-disco per eccellenza è sempre stato il rock’n’roll. Alcuni hanno insultato e insultano la disco-music e poi non suonano altro che un rock ugualmente finto e presuntuoso. Ma il Rock’n’Roll ha sempre filtrato con la danza.
Considerata solo una moda effimera, rapidamente divenne la forma musicale più popolare. Dalla <culla> statunitense invase l’Europa, sbarcata in Africa, fatto capolino in terra cinese - le foto della festa di fine d’anno '78 in un locale di Pechino sonorizzato disco» fecero il giro del mondo. Ormai non era più una febbre. “Disco” era la parola magica.

Discoteca, disco-party, disco-dance, disco-look, disco-star, disco-film ... Flagellati dalle case discografiche e dai mass-media, molti musicisti rock iniziarono a scrivere melodie orientate su ritmi ballerini; e per molti di loro significò Ia via aperta a una nuova celebrità. Ora per tali riciclaggi e cambiamenti repentini di pelle, non bisogna assolutamente strapparsi i denti o bruciarsi la chioma nel rogo dell’hi-fi. O peggio; atteggiarsi a moralisti. La storia del rock’n’roll è lastricata di tradimenti, di riconversioni industriali, di <<venduti al dio dollaro>>, di idoli e miti trasformati nel giro di un disco in <<inutili idioti>> e <<servi sciocchi del capitalismo. Potremmo risalire addirittura al clamoroso caso di Bob Dylan.

Quando al Festival di Newport, nel 1965, il menestrello beatnick lasciò la chitarra acustica per una Fender elettrica e rombante, il pubblico lo subissò di invettive, gridò allo scandalo. La stampa lo definì un tradimento del movimento folk. Oggi, sulle enciclopedie del rock quel concerto di Dylan viene definito come <<evoluzione>>. Quindi, rockettari credenti, attenzione al J’accuse. Due stili di musica cosi violentemente contrastanti ma ambedue motivati, a pensarci bene, dagli stessi sentimenti di alienazione e di angoscia. La musica rock e la disco-music erano in fondo due modi diversi di rispondere all’attacco di rincoglionimento della Società.
Cosi qualcosa da spartire in fondo c’é. Artisti rock lavorarono per combinare questi due mortali nemici, prendendo il meglio dalle due forme e creando veramente una musica eccitante e originale.

I Rolling Stones erano occupati in studio nella registrazione del loro “Black and Blue», e da questo 'album vienne estratto, “Hot Stuff», il primo 45 giri <<disco>> degli Stones. Un lavoro, venato di un clima reggae, che sposa in modo un po’ imbarazzante le sinuosità ritmiche della <<disco>> e che lascio un po’ perplessi noi gagliardi fans di Jagger e Rlichard. Ad ogni modo divenne un hit sia nelle classifiche americane di rock che in quelle <<disco>>. I Rolling Stones continuarono ad esplorare i ritmi disco, da“Some Girls» in poi, “Miss You” fu stampato immediatamente come maxi-single ad uso discoteca, oltre otto minuti di musica, dove la tradizionale sfrenatezza rockettara é stemperata da un arrangiamento e soprattutto da un missaggio prettamente stile disco, in particolar modo il basso dello alieno Bill Wyman e le percussioni di Charlie Watts. I Rolling furono forse i primi, ma poi Rod Stewart, Do You thing I’m sexy, I Grateful Dead, quelli delle vibrazioni e dell’Lsd infilarono nell’album Terrapin Station, anche loro, anche loro, un brano disco: una versione bruttina, di un vecchio classico di Martha and the Vandellas, “Dancing’in the Streets”. I Beach Boys poi fecero una versione disco di Here comes the night e Paul McCartney con i suoi Wings spopolarono con il loro primo singolo super disco, J.M. Jarre con Oxygene, di nuovo Dylan con Changing of the guards. Ma tra i prodotti più raffinati di questa tendenza da citare soprattutto Brian Ferry con “Take me to the river», nell’ album solo. Anche in “Manifesto», album della rifondazione dei Roxy Music, la vena disco era presente in molti brani. Con “Love is drug», i Roxy Music tentarono un primo appannaggio con la metrica disco. Anche Lou 'Reed volle dire la sua, e nel suo “The Bells» incise un brano disco dove ripete unicamente: “Disco-Mistic,Disco-Mistic ,... »,

“Per ragioni di sopravvivenza», come ammise lui stesso, anche uno dei re del blues, B.B. King, sfornò un album vicino alla disco. Completamente “discotizzate” nell’ambito della black music, e con risultati straordinari gli Earth, Wind and Fire di Maurice White: tutti li conoscono ancora per l’ adorabile “September», ma ricordiamo che prima era un gruppo di R&B e soul moderno. Il i tastieristi Chick Corea, George Duke, che era stato con F. Zappa, i Weather Report (soprattutto nelibrani firmati da Jaco Pastorius eccetera. Abbiamo ricordato che “La musica anti-disco per eccellenza è sempre stato il rock’n’roll”, e nel suo periodo di massimo splendore (della disco) l’antagonista era incarnata dalla new wave. L’estrema limitatezza tecnica del punk creò un muro di diffidenza e un solco profondo, e anche la consapevolezza che ne avrebbe fatto una cosa non duratura.

NEW WAVE ON DISCO
Ma anche tra i gruppi della <<nuova ondata>> ci fu chi fece il “botto” nelle discoteche: i primi? I Blondie con “Heart of Glass». Brano straordinario che si giovò molto dell’immagine lecca-disco di Deborah Harry.
Pero tra gli artisti rock, capaci di possedere una attitudine creativa verso la disco, predominano soprattutto David Bowie, Brian Eno, lggy Pop e Talkink Heads. Bowié fu uno dei primi ad usare moduli disco nel suo album piu politico in senso diretto_ “Young Americans». Sollevò molto clamore il cambiamento dell’archetipo del rock decadente inglese in un soul singer. La scelta “disco” sembrava ancora più bizzarra alla luce del tema dell’album.

L’operazione di Bowie fu di prendere e riportare in superficie il significato implicito e sommerso della disco-music. I testi dell‘album parlano di potere, le sue origini, le sue manipolazioni, cercando di analizzare la politica come metafora di ogni relazione umana.
Sia i Talking Heads che Iggy Pop furono stati identificati con il movimento punk. I primi come una delle band piu importanti, Iggy come uno dei padri fondatori della Nuova Ondata. Ma nessuno dei due suonava punk-rock nei convenzionali tre accordi di chitarra; ambedue, invece, cercavano di assorbire lo stile disco e soul. ll primo ad apparire sulla scena fu Iggy Pop. I dischi incisi con la sua vecchia band, The Stooges, negli anni settanta, definirono virtualmente lo stile punk; poi la band si sfasciò nel '73 divenne una di quelle oscure, mezze dimenticate figure carismatiche della cultura rock. Nel ’77 Iggy ritorna con un album prodotto da Bowie, <<The ldiot>> che divenne subito un lavoro controverso per l’uso di stilemi cosiddetti disco.

lnfatti Iggy rileva i ritmi e gli arrangiamenti della <<disco>> per aumentare il volume della musica; L’angoscia era ancora la; ma ora era rifinita, più riflessiva, in un nuovo senso di piacere e gioia di vita. Fondamentale per decifrare l’evoluzione del rock fra le maglie della disco-music fu l’ascolto di “Before and after the science” di Brian Eno;`che ritroviamo anche come produttore dei  Devo, un altro gruppo della nuova ondata alle prese con la grammatica ritmica della <<Disco>> (la versione robotica di Satisfaction). Questi ritmi computerizzati raggiunsero nuove forme di complessità e precisione. . Disumanizzante con i Kraftwerk, il gruppo di avanguardia tedesco che raggiunse grande popolarità nel 1974 con Autobahn, prima del boom della discomania. I tratti del volto di Ian Dury erano senz’altro non indicati per invitare qualcuno su una pista da ballo, ma Sex, Drugs and R’n’R ci riuscì benissimo, insieme alla seguente Hit Me, che miscelavano cocktail di ritmi disco e sonorità.. efferate. Forse la musica dei primi anni ottanta nacque proprio dal contatto del rock con la disco-elettronica. Chissa: se si considera che sia il rock che la disco-music hanno in fondo le stesse radici: il Rhythm and Blues..


01/04/15

Non c'è niente di così interessante come la realtà. Thomas Hoepker



Quando guardi quet'immagine, le prime domande che ti fai sono:" "Come può il disastro abbattersi su una giornata così bella ? Come potrebbe questo gruppo di persone, giovani tranquilli, sereni, a non sedersi in modo rilassato e apparentemente non toccati dalla madre di tutte le catastrofi che si sta svolgendo sullo sfondo? Era questa l'insensibilità di una generazione, che aveva visto troppa CNN e troppi film horror? O era solo la menzogna subdola di una fotografia, che ignorava il tempo, quello prima e dopo che il fotografo premesse sul pulsante di scatto? "
Chi ha scattato questa foto, questa scena quasi pastorale dei cinque giovani che chiacchierano amichevolmente mentre le torri bruciano, è il tedesco Thomas Hoepker: era "in stato di shock, emozionalmente confuso, spaventato, disorientato. E naturalmente, l'11 settembre non è stato l'unico giorno traumatico nella carriera di Hoepker, che nel corso degli anni ha spesso dovuto mantenere la calma in situazioni difficili, come quando scoprì la carestia in Etiopia, o la prontezza di scattare velocementecome, come nel caso della famosa fotografia del pugno di Mohammed Alì. Amararamente, questo scatto potrebbere essere visto come un simbolo preveggente di indifferenza e di amnesia. L'America si sa è un paese che ama andare avanti, e in modo veloce.

Si disse: "I giovani nella foto di Hoepker non sono necessariamente insensibile. Sono solo americani. "

Oggi tante persone, foto editor e i esperti, ma anche gente normale, possono dire cosa pensano di una fotografia in particolare e che significato assume realmente per loro . Il problema è che a volte le situazioni sono complesse, e non è facile capire le storie dietro un immagine. Hoepker fu accusato di non aver cercato di accertare lo stato d'animo dei soggetti della fotografia appositamente, per fraintendere quel momento. Hoepker rispose che "l'immagine ha toccato molte persone proprio perché rimane confusa e ambigua in tutta la sua nitidezza assolata," soprattutto molto tempo dopo l'evento. Si ritorna così alla domanda che apre questo post: solo una menzogna subdola di una fotografia, che ha ignorato il tempo? Questa foto è stata e rimane al centro di un dibattito, a livello però metaforico, nonostante Hoepker la pensi esattamente come noi:"Non c'è niente di così interessante come la realtà."

Fotografo della Magnum e membro della Leica Hall of Fame, ha lavorato a tempo pieno per la rivista STERN, è noto per le sue immagini senza pretese e sottili, privo di qualsiasi tipo di sensazionalismo. Con le sue intense dichiarazioni visive e la sua incredibile sensibilità, ha influenzato il foto giornalismo come pochi altri.
Ha scattato alcune fotoche sono diventate vere e proprie icone della storia contemporanea, ritraendo politici e personalità illustri, documentando le sofferenze e la vita di ogni giorno in tutto il mondo. Inoltre, ci ha svelato un paese, la Germania orientale, la DDR, che ha girato e documentato nel corso di un periodo di circa 30 anni. Le sue foto sono uno sguardo unico nella vita quotidiana dei tedeschi dal momento in cui il muro di Berlino fu eretto fino alla sua demolizione. Le immagini sono state raccolte nel bellissimo volume Views of a Vanished Country.
Inoltre ha catturato anche molte immagine gioiose e le meraviglie della natura, come le maestose formazioni rocciose dell'Arizona e le romantiche cascate della Repubblica Dominicana. Come queste esperienze avranno influenzato la sua visione del mondo?
"Il mondo è pieno di sorprese positive e negative, ogni giorno", ci sono cose e situazioni brutte e c'è la bellezza, spesso nello stesso tempo e a volte nella stessa posizione". Semplicemente lui cercava di vedere entrambe le cose.

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Nel 1966 a Thomas Hoepker, che all'epoca lavorava per Stern Magazine in Germania, fu affidato l'incarico di fotografare il campione del mondo dei pesi massimi, che da poco aveva cambiato il suo nome da Cassius Clay a Muhammad Ali. Ciò che ne seguì fu una serie di fotografie intime e spontanee che hanno documentato l'ascesa di Ali e il viaggio che Hoepker intraprese in quel periodo tumultuoso della storia degli Stati Uniti.

il pugno


ali e belinda

In giro per Londra: Apocalypso..now

L’estate scorsa me ne andavo in giro per Londra, fortunatamente in una giornata tiepida, con un bel sole. Londra era in preda alla sua solita frenesia, in pieno movimento: era la vigilia del carnevale di Notting Hill, la grande festa di tre giorni in cui la città svela il suo volto e la sua natura di grande metropoli multietnica. Notting Hill Gate, Portobello Road, Landbroke Grove e tutti i quartieri a ridosso erano in attività, carri con enormi amplificatori, orchestrine improvvisate, costumi e make up, artisti con le loro creazioni. Durante gli ultimi tre giorni del mese d`agosto è la festa del Calipso e dei gruppi dell’isola di Trinidad, ormai celebre come il carnevale di Notting Hill. In epoche passate teatro di scontri, anche molto violenti, tra gli immigrati supportati da punks bianchi, squatter e da tutta la galassia anarchica della città e polizia, oggi è piacevolissimo seguire le steel-bands per le strade: impiantate sui camions, nelle strade del Gate, sgranano senza stancarsi sempre nelle stesse melodie. Sono scortate da una schiera di ballerini travestiti, ubriachi o impazziti, che si fermano soltanto per mangiare le specialità delle Antille che si vendono dappertutto. Sound System, mostre di vestiti rasta, stands di libri politici, gentili poliziotti in pattuglia, strilloni che vendono la Voce dei Rasta, turisti accompagnati dai loro ragazzi, ballerini travestiti da uccelli esotici, scendono giù per Portobello Road fino a Portobello Green. Per tutto il pomeriggio dei gruppi reggae suonano su una scena pianificata, musica semplice, piena di feeling, e <<look>> molto rasta.

E i negozi, che si preparavano a difendersi dai writers e da qualche scalmanato armato di vernice, montando grandi pannelli di legno su porte e vetrine. Davanti a uno di questi, pieno di splendidi vestiti e orpelli goth, si ferma una ragazza con macchina fotografica al collo, la commessa del negozio (una ragazzetta dark filiforme e aggressiva) si fa avanti e intima di non scattare, il negozio vieta pubblicità sgradita, ma con grande sorpresa, anche mia, la ragazza con la macchina spiega che non è minimamente interessata al negozio e chiede a me se poteva fotografarmi. Saranno gli occhiali, il cappello o lo spolverino che indosso, gli stivali.. Anche questa è Londra.. Nel piccolo mercatino in cui sono si sentono le note del reggae che suona a tutto volume. La bottega a cui mi avvicino e il tizio al banco vendeva, oltre che dischi, vinile, cd, 45 giri rigorosamente separati nuovo dall’usato, anche tutto il materiale indispensabile al buon Rasta: caschetto per nascondere i dreadlock, sandali di cuoio, cinture coi colori dell'Etiopia, ritratti del Negus e citazioni del profeta Marcus Garvey*.

* "I neri non possono conquistare in America nè la libertà nè l'indipendenza nè il rispetto di se e debbono per questo lasciare l'America ai bianchi e ritornarsene in africa,alla loro terra d'origine". (M. G.)

Marcus Garvey, discendente dai Maroon fondò l'U.N.I.A. (Universal Negro Improvment Association) che aveva come scopo il rimpatrio in Africa, fu il primo a delineare un legame reale tra i neri d'America e l'Africa. I suoi erano appelli potenti: "lavoriamo insieme per creare una nazione libera,redente,possente!"

Mi sono accontentato di prendere una copia di un ciclostilato Rasta, che esorta ancora tutti i brothers and sisters a prepararsi spiritualmente e intellettualmente al ritorno in Africa**.

** La scelta dell'Etiopia come simbolo dell'Africa e della cultura africana affonda le sue radici nella storia nera. Per i rasta l'Etiopia è stato uno dei più antichi centri di civiltà ed essi pensano che Adis Abeba fosse l'antica Sion. Il legame tra Garvey e i rasta è profondo e risale ad una sua antica profezia:"Guardate all'Africa quando un re nero sarà incoronato perchè il giorno della liberazione sarà vicino.." Nel 1930 Ras(principe) Tafari venne incoronato Hailè Selassiè (potenza e strumento della trinità)l'imperatore d'Etiopia,Negusa Negast,leone Conquistatore delle tribù di Giuda,eletto da Dio per il riscatto di tutta la gente nera.L'invasione dell'Etiopia,voluta da Mussolini nel 1935 e la sconfitta di Adua del '41 furono eventi che confermarono la missione divina dell'Imperatore:per la prima volta in Africa un esercito di neri aveva sconfitto e scacciato gli stranieri. Nelle strade di Kingstone i predicatori itineranti asserivano la loro fede nella divinità dell'Imperatore d'Etiopia come Dio vivente,Messia ritornato. Anche se i rasta credono che Hailiè Selassiè fosse figlio di Dio/Jah non pensano che tutto quello che abbia fatto sia stato 'buono',anche lui come Cristo era limitato dalle sembianze umane. Più che altro mettono l'accento sui lati positivi,l'abolizione della schiavitù,lotta contro l'analfabetismo sorvolando sui bombardamenti dell'Eritrea,i massacri di studenti e oppositori,l'asservimento agli Stati Uniti.Ai rasta la politica interna interessa meno della facciata esterna e bisogna ammettere che pubblicamente Selassiè si battè sempre per i diritti della razza nera.

 
Credevo di essere un esperto in musica reggae ma ho dovuto abbassare la cresta quando ho messo mano agli scaffali. ln nessun posto come a Londra il numero dei cantanti e dei gruppi che ancora registrano per piccole etichette artigianali è cosi sorprendente. Se a questo si aggiunge la produzione giamaicana ci si trova davanti ad una lista di nomi che fanno perdere la speranza che un giorno il problema potrà essere risolto. Nelle classifiche specializzate i nomi passano in tutta fretta e scompaiono in qualche mese. I dischi sono venduti in qualche migliaio di esemplari nei circuiti di colore, e il denaro guadagnato é reinvestito in un nuovo titolo, con la speranza di registrare un album, metterlo in rete, e raggiungere un pubblico più vasto. Il tempo sembra essersi fermato, agli splendori degli anni ’80: alcune etichette sono create ancora dai negozianti nei retrobottega e si occupano di due o tre artisti, la differenza con il passato è che la speranza non è di strappare un contratto a qualche discografico importante, per assicurarsi una distribuzione a livello nazionale. In questo le cose sono cambiate di parecchio. Civuole sempre tanto tempo per fare il giro dei negozi, anche se ci dicono che molti sono chiusi: adesso si trovano a tutti gli angoli delle strade banchetti fai da te. La musica si riversa direttamente sul marciapiede per il piacere di ragazzi che fanno capannello davanti. L'interno di uno di questi negozietti sopravvissuti é stretto e buio. Un buon odore di erba vagheggia in permanenza, e qualche buffo tipo mette a soqquadro gli scaffali per cercare il disco preferito da mettere sul piatto. Entro timidamente e tutti mi squadrano da capo a fondo. Non sono molto simpatici per me. ll commesso è sulla quarantina ed ha l’aria del.. sopravvissuto. Sembra affascinato dal suo amplificatore che maneggia continuamente senza fermarsi. Cerco di attaccar bottone con qualche nome di gruppo ma la musica è troppo forte e la mia voce debole é completamente soffocata dai riverberi della batteria. Un po’ infastidito tende l’orecchio e mi fa segno di ripetere. Heptones, Mighty Diamonds, Gladiators. Culture. I gruppi che cito non lo entusiasmano affatto.

Il commesso si chiama Robert, e la musica che preferisce è il dub, dub e sempre dub. Tutti sono d‘accordo: un bel basso molto saturato, una batteria sporca e crepitante, una chitarra discreta e piena d'eco, e la voce piena di raucedine, é tutto ciò che eccita veramente i ragazzi del quartiere.

Il Dub
E' la grande invenzione dei musicisti jamaicani. Nato per necessità in quanto,non avendo mezzi per finaziare il lato B dei 45 giri i musicisti usavano la stessa base del lato A stravolgendola con echi e dilatazioni ritmiche. Ora è una vera e propria corrente. le canzoni possono essre manipolate a piacimento con grande sodisfazione di musicisti e pubblico che ama moltissimo questo stile per ballare. Con l'evoluzione dell'elettronica e dei computer e l'interessamento di molti musicisti bianchi nel tempo il Dub è divenuto più accessibile all'orecchio occidentale.

Un manifesto appeso ai muro: Sound System. Sir Coxsone International “Caro mio, Coxsone era proprio ll migliore!» , Sir Coxsone era un Disk-Jockey. Il piu famoso di Londra, negli anni a cavallo i ’70 e gli ’80 davanti Jah Shaka, Fatman Hi-Fi e Moa Ambessa. Con il loro sound system animavano notti intere nei minuscoli locali vecchi che si trovavano nei quartieri neri della periferia di Londra. Casse fabbricate a mano, amplificatori sofisticati, camere d`eco e dischi di club, trasportavano tutto ciò in un vecchio camion, assistiti da un’equipe di <<tecnici>>. Sono fortunato, siamo in vena di ricordi e racconti.
Il FourAces. Un club era appena più grande di un garage a Dalston Junction, a nord-est di Londra, Il camion di Coxsone arrivava verso mezzanotte. Scaricavano il materiale. Un'ora più tardi, le luci calavano e le manovre dei DJ iniziavano. Gesti precisi e misteriosi. Girava i potenziometri dell’amplificatore, ascoltava attentamente la musica in cuffia e dava gli ordini ai suoi assistenti.
Qualcuno non riusciva a staccare gli occhi da lui, affascinato. Ci restavano ore ad osservare e sognare di prendere in mano il microfono per parlare e cantare sui dischi come fa lui. Il DJ era un moderno stregone ammirato e rispettato. Scherzi, giochi sonori a base d’eco, lavoretti sul suono, improvvisazioni vocali, faceva di tutto per animare le decine di tipi che se ne restavano addossati al muro.

C’è il tempo per una requisitoria contro la sua musica Rock. “La gente ha bisogno di amore e di sensualità. La musica e le storie dei Rasta sono sorpassate. Nemmeno un accenno alle nuove contaminazioni, qui ancora il dub la fa da padrone e in questi giorni di fine estate risorge anche il lovers/rock, miscela di reggae e di soul music. Sono la giusta colonna sonora e a me non poteva andare meglio...