07/02/16

Love & Gratitude

"A volte non sappiamo riconoscere il vero valore di un momento fino a quando questo non diventa un ricordo.."



IMAN to all fans...








06/02/16

New Dark Age: The Sound


<<C’é sempre la stazione ferroviaria>>. Alla fine, <<c’e sempre la stazione ferroviaria>>.

Al momento della sua improvvisa scomparsa, avvenuta il 26 aprile del 1999, Adrian Borland, cantante / compositore e leader dei The Sound stava finendo il suo nuovo album solista, Harmony And Destruction, e si preparava ad un nuovo tour a sostegno del precedente White Rose Transmission. Per questo, la sua morte apparve ancora più insensata, ponendo fine ad una carriera travagliata, a tratti triste e disperata ma affascinante, che aveva prodotto 14 album ambiziosi in studio, 10 altri LP (e un EP) tra varie collaborazioni, un best-of, e diversi progetti collaterali. Noi ricordiamo Adrian Borland con la sua prima band, The Outsiders, che leggenda vuole sia stato il primo gruppo in lingua inglese nella storia del punk, anche se il grosso, e con i The Sound, la band di culto che ha guidato dal 1979 al 1987.

Borland, cantante, compositore e chitarrista del gruppo post-punk The Sound, è stato profeta inascoltato della new/dark/age, ma i suoi demoni stavano sempre li, in agguato, pronti a farlo a pezzi. Adrian sentiva delle voci che provenivano dall’altra parte di se stesso, le sentiva ormai di continuo, voci di qualcuno che gli somigliava ma che non riconosceva, un estraneo fuori da sé. I Sound furono la più grande distrazione della dark-wave inglese, ignorati con accanimento quasi sistematico. In gran parte a causa della mancanza di un'immagine commerciabile. E i testi di Borland erano probabilmente troppo emotivamente nudi e crudi, troppo letterari per il grande pubblico. Ciò nonostante, il suono della band era l'anello mancante tra i Joy Division e gli Echo & Bunnymen e forse ci vorrà ancora del tempo perchè questo potrà essere riconosciuto.

L’epopea Sound è stata cadenzata da dischi che messi insieme offrivano una splendida sintesi della sconfitta e del fallimento e la caduta a ogni nuovo disco era sempre più rovinosa. I primi due capolavori, Jeopardy del 1980 e From The Lions Mouth del 1981, sembravano promettere a Adrian un sacco di cose, forse il successo. Un rapporto combattuto, quello tra Adrian e il successo: non lo cercava, cosi diceva, eppure, quando non arrivava, quando ormai era chiaro che non sarebbe più arrivato, ne soffriva eccome. Da All Fall Down del 1982 niente poté arrestare il loro precipitare inarrestabile nel limbo dell’indifferenza. Eppure, il loro non era uno spettacolo da lasciare indifferenti: Graham “Green” Bailey sanguinava sulle corde del basso e dovette ricorrere ai guanti, per poterlo ancora suonare a quel modo. Adrian, invece, era senza protezioni: affrontava la scena con la faccia da bambino triste e introverso che mangia troppi dolci per mancanza d’affetto, in preda al panico davanti al giudizio del ristretto pubblico che lo applaudiva, o davanti ai discografici, sempre diversi e sempre uguali, che gli chiedevano di vendere di più. I primi due album della band londinese avevano evidenziato la sensuale essenzialità del sound originario dei quattro. Jeopardy del 1980 e From The Lions Mouth del 1981 sono due album fondamentali per comprendere gli sviluppi del post-punk inglese del tempo che fu. Eleganza romantica e emozionale, sensibilità quasi decadente senza mai scivolare nel “maledettismo”.
Che ci facevano delle poche migliaia di copie di Shock Of Daylight del 1984 o di Heads And 'Hearts del 1985? Quest’ultimo disco vide manifestarsi, mostruosa e annichilente, alienante, la malattia mentale nei suoi primi sintomi. Thunder Up, del 1987, la rivelò chiara in alcune canzoni. I ricoveri in clinica per i malori causati dall’alcol e dalla sua schizofrenia erano sempre più frequenti. Come anche i tentativi di suicidio, due in quegli anni, anch'essi venati dall'insuccesso. Nei primi mesi del 1988 la band non può che arrendersi e annunciare il suo scioglimento ufficiale

Perseguitato da quelle voci che gli giravano continuamente in testa, decise di andare avanti, abbandonato anche dai suoi vecchi amici, sfiniti dalla follia e da quel girare a vuoto da un insuccesso all’altro. Cosi, nel corso degli anni mise insieme nuovi gruppi, i Citizens, con cui incise Alexandria nel 1989 e Brittle Heaven del 1992, anch'essi accolti con indifferenza, poi i Second Layer e i White Rose Transmission. Quindi, visto che continuava a fallire, prosegì da solo. Ma Adrian non era mai completamente solo. C’erano sempre le voci, a dirgli che sta sempre più male, che la sua musica non servirà a lenire la sua malattia. Beautiful Ammunition (1994), Cinematic (1995) e 5:00 AM del 1997 sono clamorosi insuccessi, anche da sole 1.000 copie - tra un disco e l’altro registra anche in completa solitudine a casa con una chitarra su un registratore a quattro piste e due microfoni le canzoni acustiche che nel 2000 verranno raccolte sotto il titolo di The Last Days Of The Rain Machine.
Adrian vaga per le strade di Londra, quelle strade in cui invano cercò la soluzione finale, buttandosi sotto un’automobile.

<<Ma c’e sempre la stazione ferroviaria». Glielo senti dire, il giorno prima che si recasse alla Wimbledon Station, la sua ex fidanzata, che era andato a trovare senza un motivo apparente; gli senti pronunciare proprio quella frase. Lei non capi subito cosa volesse dire; ci ripensò però qualche ora dopo quando chiamò il 999. Ormai aveva compreso.
Ormai dal 1985 della comparsa della sua infermità - era il 1999 - erano passati quattordici lunghi e dolorosi anni, e la depressione e la schizofrenia gli avevano sbranato il cervello. Con Harmony And Destruction ormai già quasi terminato, la reunion dei The Sound che si disperse in alcuni concerti londinesi in compagnia dei Sad Lovers And Giants, e dopo la morte per AIDS del tastierista, chitarrista e amico Colvin “Max” Mayers, nel 1993,  Adrian si avviò verso la sua capitolazione. Ogni fallimento, ogni indifferenza, erano state medicine sbagliate somministrate ai suoi disturbi.

New dark age
“Non è un bello spettacolo nella luce del mattino”, aveva cantato Adrian Borland, che si buttò sotto il treno. <<C’è sempre la stazione ferroviaria>>. Eccola finalmente. Il giorno seguente i pendolari di quel treno avrebbero letto sul giornale della morte del cantante, compositore e chitarrista del gruppo post-punk The Sound Adrian Borland, la gran parte senza neanche sapere chi fosse.

Discografia :
The Sound,Jeopardy (1980); 
From The Lions Mouth (1981); 
All Fall Down (1982); 
Shock OfDaylight (1984); 
Heads And Hearts (1985); 
In The Hothouse (1986 - live); 
Thunder Up (1987); 
Propaganda (1999 - postumo, prime registrazione della band). 
Adrian Borland, Alexandria (1989 - come Adrian Borland And The Citizens); 
Brittle Heaven (1992 - come Adrian Borland And The Citizens); 
Beautiful Ammunition (1994); 
Cinematic (1995); 
5:00 AM (1997); 
The Last Days Of The Rain Machine (2000 - postumo); 
Harmony And Destruction (2002 - postumo).




Recorded live at The Marquee, London, August 27/28 1985

Tracklist and musicians:
01. Winning
02. Under You
03. Total Recall
04. Skeletons
05. Prove Me Wrong
06. Wildest Dreams
07. Burning Part Of Me
09. Hothouse
10. Judgement
11. Counting The Days
12. Red Paint
13. Silent Air
14. Sense Of Purpose
15. Missiles

Adrian Borland: Vocals, Guitar
Graham Bailey: Bass
Colvin Mayers: Keyboards, Guitar and backing vocals
Michael Dudley: Drums


03/02/16

Unioni Civili: il buon senso di Galimberti, e l'arrogante morale cattofascista

Ecco Umberto Galimberti, che con la ragione LAICA e la filosofia mette a tacere la solita e arrogante morale cattofascista dello scrittore ed ex portavoce dell’Opus Dei, Pippo Corigliano. Il video è tratto dalla trasmissione Omnibus su La7. Sappiamo bene che nel nostro paese siamo al medio evo per quanto riguarda temi e leggi su diritti civili, famiglia, sessualità. E in questi ultimi giorni, si è scatenato il putiferio sulla legge Cirinnà sulle Unioni Civili e non abbiamo potuto fare a meno di ascoltare arringhe di politici e strani individui, dal solito Giovanardi a Gasparri (!), dalla Lega fino alla ridicola sceneggiata della Meloni che và a sbandierare la sua prossima gravidanza in una manifestazione di trogloditi. E a proposito di strani individui, a sorpresa uno come Sandro Bondi, fino a poco tempo fà servo fedele di Berlusconi si è esibito in un quasi appassionato discorso in difesa delle unioni civili. Tra tutto questo parlare, a noi è sembrato che la voce Galimberti, in questo battibecco con Corigliano che non sa argomentare senza appigliarsi al bigotto e stantio ritornello della "lobby omossessuale",  sia stata  la voce del totale buon senso, espressa con impeccabile pacatezza e chiarezza, da una persona dotata di cultura che cerca di infondere questo buon senso senza alcun tipo di offesa personale a un uomo che rappresenta e propone un pensiero oramai obsoleto, lontano da una società che si definisce moderna e attuale, e da un percorso di civiltà che a fatica si tenta di percorrere, e un pensiero che definiamo senza dubbio marcio fino al midollo. A voi (e a noi) il video.





Ecco invece "il buon senso" espresso dai partecipanti alla manifestazione in difesa della famiglia, il  Family Day al Circo Massimo contro il ddl Cirinnà. La manifestazione "a difesa della famiglia", che si dice spinta da valori universali come l'amore, e senza alcuna discriminazione di genere nei confronti di chi vive liberamente la propria sessualità. Alla faccia.. Sentiamo un pò questi cristiani e democratici cittadini..





02/02/16

Daniele Luttazzi Vs quella nullità di Andrea Scanzi

Il grande, si..il grande Daniele Luttazzi risponde ad Andrea Scanzi detto "Slurp", uno dei peggiori giornalisti (?!) italiani: ignorante, arrogante, offensivo, fazioso, servile. Lo avevamo già incrociato tempo fà, quando sulle pagine del Mucchio Selvaggio tentava disperatamente di parlare di musica: inconcludente, patetico, noioso. Scanzi e il Rock'n'Roll,  e sembra che Frank Zappa abbia parlato del giornalismo musicale dopo aver letto due righe dello "slurp": <Buona parte del giornalismo rock è gente che non sa scrivere, che intervista gente che non sa parlare, per gente che non sa leggere>. Luttazzi dal suo blog risponde dopo che Scanzi  se le presa con Benigni, reo di essere fiancheggiatore del governo, perchè voterà Sì al referendum che distruggerà la Costituzione, e a una filippica sulla satira che, secondo il nostro, sarebbe ormai defunta. Lasciamo parlare Luttazzi, che ritorna anche sulla censura a cui ancora è sottoposto e alla campagna diffamatoria sui suoi "presunti plagi".

Conosco Andrea Scanzi da quando era un giovane giornalista di belle speranze che scriveva di musica sul Mucchio Selvaggio e seguiva tutte le date toscane dei miei tour. Lo ricordo, con la dolce Linda, ospite squisito nella loro bella villa di Rigutino (AR). Un giorno mi chiese se potevo scrivere la prefazione al suo primo libro di racconti. In tono affettuoso, la mia introduzione parodistica sgamava un difetto di Andrea che, purtroppo, col tempo è peggiorato: il kitsch sentimentale. Luogo classico della retorica bassa, il kitsch sentimentale si compiace del patetismo, ed è l’errore artistico che vizia la cultura popolare, cui reca successo: ne originano quegli aspetti ridicoli che sono eufemizzati dal gusto camp (Luchino Visconti che guarda Sanremo per sghignazzare con gli amici).
Tollerabile nella cultura di massa, il kitsch sentimentale diventa, quando contagia un giornalista, una vera disgrazia: non per lui, che ne lucra consensi facili, ma per i suoi lettori. Forma e sostanza dei suoi pezzi, infatti, ne vengono così influenzati che la realtà raccontata non corrisponde più al vero.

Forma e sostanza del contenuto
Ogni pezzo di Andrea Scanzi ha la forma e la sostanza di un necrologio. Non solo quando si occupa di grandi artisti defunti che non hanno alcun bisogno della sua commemorazione commossa (Gaber e De André, da lui usati come vetrina personale come Koons ha fatto con Piazza della Signoria), ma soprattutto quando prende di mira fenomeni ancora vivissimi, di cui descrive una decomposizione che solo lui vede, e che non c’è. Il modello, che una volta notato diventa stucchevole (la stucchevolezza è il principale indizio di kitsch sentimentale), è sempre lo stesso: X, che una volta era un grande, ora non lo è più. Variante: anche se ora non lo è più, X era un grande. Il modello gli serve per denigrare, la variante per esaltare; ma l’effetto ricercato è sempre lo stesso: il kitsch sentimentale.

Andrea Scanzi, il Mogol dei coccodrilli
Gli ultimi due pezzi di Andrea sono un esempio flagrante del suo modus operandi. Il titolo del primo è tutto un programma: “Benigni, quel che resta di lui”. Siamo già all’ossario.
Andrea comincia accusando Benigni di incoerenza: “voterà sì al referendum che vuole sancire lo sfascio della Costituzione, lui che faceva sermoni sulla sacralità della Costituzione”. E’ un errore di ragionamento piuttosto comune: la petizione di principio. Che il referendum sfasci la Costituzione, infatti, lo sostiene Scanzi. Benigni la pensa diversamente. Non c’è incoerenza.
Posati i binari della premessa fallace, Andrea può farvi procedere il suo solito trenino a due vagoni. Nel primo, fa sedere l’artista che una volta gli piaceva; nel secondo, l’artista di oggi, che non gli piace più. Al suo fermodellismo manca il treno in cui l’artista evolve secondo criteri propri, non quelli scanziani, e quindi il lettore non può giungere ad altre destinazioni. Come se non bastasse, il tono del capostazione Andrea è spesso paternalistico (“voglio essere buono”): ma considerarsi superiori agli artisti è un pregiudizio giornalistico piuttosto diffuso, e non si possono addossare a uno le colpe di tutta una categoria. Sostenere però che un artista, siccome non la pensa più come te, non è più un grande artista, è un salto logico da purismo grillino.

Satira R.I.P.
Nell’altro pezzo, in un’esagerazione di pompe funebri, Andrea fa addirittura il necrologio a tutta la satira televisiva italiana. Infatti il titolista, che ha capito il trucchetto, compone un fenomenale “Pace alla satira sua”; ma la materia è troppo vasta per l’articolista, e la sua corona di fiori non basta per tutte le bare.
Come da modello, sul primo vagoncino di Andrea troviamo la satira tv di una volta, sul secondo quella di oggi. Il viaggio comincia con la domanda: “Che fine ha fatto la satira in tv?”, e procede bene nel ridente panorama storico ricostruito, ma a un certo punto il trenino scambia le cause con gli effetti, e deraglia. Per riportarlo sui binari, allora, occorre precisare che la nostra assenza dalla Rai, prima, e da altre emittenti, poi, non fu un fenomeno accidentale, di quelli atmosferici, ma un atto di censura, deciso ed eseguito da dirigenti scelti alla bisogna; e quindi sottolineare quali, fra le cause elencate da Andrea, sono invece conseguenze: alcune strategiche (le tv invase da programmi e intrattenitori comici dissimulano l’avvenuta censura alla satira), altre inevitabili, ma che non c’entrano con la sparizione della satira dalla tv italiana (all’estero, il ruolo meno dominante della tv e i gusti delle nuove generazioni non hanno intaccato la quantità e la qualità della satira tv), altre comprensibili, ma non determinanti (l’autocensura dei comici, poiché la censura funziona e stronca carriere; o l’impreparazione satirica dei nuovi). Se nella tv italiana non c’è più satira, ma solo divertimento e caricature irrilevanti, la colpa è esclusivamente della censura di questi anni di inciucio. Dirigere l’attenzione altrove è una mistificazione che sminuisce la portata dell’azione censoria.
Scrive Andrea: “Berlusconi era il nemico e il tuo pubblico naturale lo accontentavi quasi sempre. Oggi è tutto più complicato.” Le cose non stanno così. Innanzitutto non fai satira per accontentare il tuo pubblico naturale: il pubblico naturale non esiste, e la satira non è consolazione. Inoltre, l’unico nemico della satira è il potere, di cui i bersagli non sono che incarnazioni. Ieri si faceva satira su politica, sesso, religione e morte; e oggi pure. Il problema ce l’ha solo chi si serve della satira per fini partitici, cioè di propaganda; ma non c’entra con la scomparsa della satira dalla tv italiana.
Andrea lamenta giustamente la mancanza di una satira tv urticante, per esempio sui teo-con che organizzano manifestazioni contro i diritti civili. Ovvio, la satira la fai sull’attualità. Per questo dà fastidio ai politici, che le impediscono l’altoparlante tv. Riportami in tv e te ne faccio quanta ne vuoi. Nel frattempo, è ancora democrazia?
Scrive Andrea: “Il satirico si sostituiva al politico (…) e a quel punto c’era chi si fermava prima di diventare politico (Luttazzi, Corrado Guzzanti), chi si fermava a metà (Sabina Guzzanti), e chi si faceva megafono di una protesta trasversalmente condivisa (Grillo).” Ahi ahi ahi, qui il giornalista si fa propagandista grillino. Grillo infatti è un megafono solo su Gaia: in Italia, ha fondato un movimento partitico.
Sulla distinzione fra politico e partitico i giornalisti italiani, per vari motivi, hanno serie difficoltà. Repetita juvant: la satira è sempre politica, ma non è più satira quando diventa propaganda partitica. La differenza è che la satira è arte, e lascia l’uditorio libero di decidere sul da farsi, mentre la propaganda partitica è marketing del potere, e ti dice per chi votare. Se fondi un partito, sei encomiabile: ma da quel momento non riuscirai più a fare satira. Non perché lo dico io, ma perché satira e propaganda partitica sono inconciliabili.
Che io mi sia fermato “prima di diventare politico” è, dunque, una riduzione dell’angolo visivo; mi fermai, chiudendo il blog nel 2006,* perché vedevo la deriva del pubblico che cercava nel satirico un leader senza macchia. Mi fermai per non favorire un circuito perverso di cui vedevo tutti i pericoli. Invitai anche Grillo a chiudere il suo blog, ma non lo fece: abbiamo capito perché.
* Lo riaprii nel 2007 per denunciare pubblicamente la chiusura pretestuosa di Decameron. Lo chiusi nel 2011. La storia completa del mio blog è qui: https://luttazziflashback.wordpress.com
Ma Andrea mi ha già messo nel secondo vagone, quello patetico: “Il satirico si è sostituito al politico (…) situazione anomala e scivolosissima che ha visto negli anni smarrirsi lo stesso Luttazzi, tornato in tv con il monologo strepitoso a Raiperunanotte (2010) e poi inciampato nella querelle plagio e in un ostinato mutismo rancoroso che fa male tanto a lui quanto a noi.”
Non mi sono mai smarrito in vita mia, caro Andrea, e sono alquanto prodigo di ciarle, per un muto ostinato e rancoroso. Ho continuato a fare satira, politicamente: come ho spiegato in tutte le interviste possibili, ho deciso di non fare teatro finché non potrò tornare in tv. La censura, eseguita nell’ombra, va portata alla luce: è il senso politico della mia assenza dalle scene, che nessun giornalista ha ancora raccontato. Nel frattempo ho scritto due bei libroni satirici. Li hai letti?
Oh, certo, ricevo proposte per nuovi programmi tv ogni anno, ma tutto si incaglia sempre su scogli di natura legale: le tv vogliono poter tagliare il materiale che non condividono, poiché temono le cause giudiziarie, anche se le mie vittorie giudiziarie dimostrano ampiamente che non sono un irresponsabile. Io tengo il punto: la satira o è libera, o non è.
Raiperunanotte fu uno squarcio nella censura: riuscì grazie alla determinazione di Michele Santoro, ma la stampa italiana minimizzò il più possibile il risultato del mio monologo, trattandolo alla stregua degli altri interventi. Quei 15 minuti di monologo non solo raddoppiarono lo share del programma, ma crearono alcuni record in Rete, compresi le 800mila visualizzazioni in un giorno su YouTube e i 5700 tweet/ora su Twitter. Nessuno ne parlò. Per capire l’anomalia del trattamento: quando Corrado Guzzanti, con Aniene, totalizzò su YouTube 600mila visualizzazioni in una settimana, Repubblica dedicò due pagine al suo successo (meritatissimo).
Non commettere anche tu l’errore di confondere la realtà vera con la realtà creata dai media. E’ il caso della querelle plagio. Dopo quel monologo che denunciava l’inciucio bipartisan, alla minimizzazione seguì una campagna stampa diffamatoria che strumentalizzava falsità diffuse in Rete da anonimi incompetenti. Non c’era alcun plagio, né i comici stranieri gentilmente informati dai diffamatori mi hanno fatto causa. L’orda considerava plagio, fra l’altro, la mia battuta su Giuliano Ferrara, che fu il pretesto con cui Campo Dall’Orto chiuse Decameron; ma una sentenza del 2012 afferma che non era affatto plagio: mi hanno risarcito con un milione di euro. Parlare ancora, dopo sei anni, di generica querelle plagi, è un modo per continuare la gogna a mezzo stampa, parandosi il culo. Continua pure. Se però vuoi approfondire davvero la materia, nelle mie interviste sul Fatto trovi tutti i riferimenti utili. Scoprirai, fra l’altro, che uno dei responsabili di quel killeraggio ha confessato la mascalzonata (nascosero la parte rilevante della vicenda per darmi del disonesto) e mi ha chiesto perdono.
Che bella storia, eh? Puro kitsch sentimentale. Buon appetito.

30/01/16

Johnny Lydon ha 60 anni! Gli auguri di Interzone e di M. McLaren e Blondie

Qui non festeggiamo i compleanni, ma  Johnny Lydon se li merita tutti, i nostri auguri. Si, perchè Johnny il 31 gennaio compie 60 anni! Se li merita perchè ci ha guardato dritto negli occhi, dal palco dell'Atlantico Live nel bellissimo concerto tenuto nella capitale e ci ha gridato: <<"tutti voi, vi conosco tutti, uno per uno!"..>>
L'aura carismatica, il narcisismo del dandy, l'aria furba da sacro barbone che possiede..la saggezza. Si, quella sera Johnny, con lo sguardo profetico dell'indemoniato, lo sguardo di chi ha visto tutto, è stato il nostro pifferaio che ci ha guidato all'acqua. Johnny è come una specie di specchio, dove riflette gli altri, noi. Con lui e attraverso la sua musica e il suo modo d'essere abbiamo sfogato la nostra rabbia e i nostri sensi di colpa e, come genialmente ebbe a dire Malcom McLaren..<<abbiamo fatto dei nostri fallimenti un nobile scopo..>>. Facciamo gli auguri a Johnny Lydon proprio con le parole di Malcom McLaren, l'uomo che inventò i Sex Pistols, quello delle intuizioni geniali, l'archeologo della cultura pop, quello che trasformava i disastri in cose buone.. per poi ritrasformarli in disastri, Malcom che ci regala una postfazione del punk e con Deborah Harry, Blondie per tutti, che invece introduce quello che fu il punk negli U.S.A. e ci racconta il suo amore per i gruppi inglesi.



I MANIFESTI SI scrivono sempre a posteriori, Guardando indletro, se si volesse scrivere un manifesto del punk, si potrebbe partire proprio da questo: il punk ha dato alla gente la possibllità di essere un abbagliante fallimento piuttosto che un tiepido successo. E stata questa la sua grandezza, avere fatto del fallimento un nobile scopo. La musica, la moda, lo stesso movimento, è stato tutto come un'unica affermazione artistica, nata dai miei giorni in accademia. Ricordo che dopo essere stato cacciato percorrevo Kings Road con uno scopo: trovare un posto nel quale la gente come me potesse dare sfogo ai prori bisogni creativi. Volevo gettare un ponte tra l'accademia e la strada. E' stato il destino a far si che andassi a flnire al World's End, un buco scaato in fondo al lato più scuro di Kings Road. Li ho messo su un negozio che vendeva oggetti del passato, ricordi degli anni Cinquanta, dischi e vestiti autentici, che avevano contratto un debito con la cultura pop, ma che in breve si sono trasformati in cultura pop.
PER COMINCIARE, QUEL negozio, per me e per qualche amico, era come il paradiso. Ben presto é arrivato un gran numero di persone disilluse, stufe del mondo. Venivano a sedersi al SEX, volevano fare parte di questa cosa che stavamo creando. Cominciavano a sentirsi diversi e a sembrare diversi. Il look te lo creavi da solo. Se non potevi permetrerri uno dei vestiti in vinile sartoriali che facevamo io e Vivienne Vestwood, ti ficcavi addosso un sacco dell'immondizia e andava bene lo stesso. Per prendere vita, questa nuova moda, questo nuovo modo di pensare, aveva bisogno di un'identità musicale. C'erano quattro ragazzi,li, che spiccavano tra la folla. Hanno preso il nome del negozio, SEX, e io gli ho consigliato di aggiungere la parola "Pistols". Ero in cerca di qualcosa che avesse implicazioni sessuali, qualcosa che potesse funzionare come metafora. E cosi in un attimo avevamo una band che poteva sparare, e che poi ha sparato, dritto contro le cose che non ci piacevano, e cioé praticamente tutto. Ovviamente l'esplosione era troppo forte per essere contenuta e, una volta uscita allo scoperto, la cosa è arrivata fino alle passerelle, nellazona più scura di Soho, poi è sbarcata nei club, e infine é entrata nelle accademie d'arte di tutto il paese. A partire da un negozietto di Kings Road, avevamo creato un modo di vivere, dei valori, un'identità: in poche parole, avevamo costruito l‘infrastruttura per una società alternativa.
(Punk, tutta la storia)



A NEW YORK, il punk é nato nel 1973. Era una scena molto piccola, sconosciuta, a malapena menzionata dalla stampa locale. Non era una realtà evoluta, non era stata ancora né commercializzata, né sfruttata. I Blondie non avevano alcun contatto con il mondo esterno del rock mainstream, e le case discografiche non prestavano la minima attenzione a quel clue stava succedendo. Eravamo solo noi e le altre band del giro: Television, Patti Smith, Talking Heads, Ramones, Abbniamo costruito tutto strada facendo, sperimentando per trovare un nuovo sound. Il nostro pubblico era composto da amici, altri gruppi e ragazzi del Lower East Side. A New York, l'estetica punk era frutto di una sensibilità camp. Eravamo tutti senza soldi, quindi ognuno di noi si inventava il proprio personalissimo stile. Era un miscuglio di glam, classica pelle nera, magliette strappate e elementi mod, perchè era questo il tipo di vestiti che  trovavi facilmente a N.Y. In Inghilterra invece il movimento punk era molto più politicizzato. Ce ne rendemmo conto non appena arrivati lì. Quel che accadeva intorno plasmava la loro visione politica, che si rifletteva anche nella musica. Al centro di tutto c'era l'economia, che era andata a puttane. Un'altissima percentuale di persone viveva grazie al sussidio di disoccupazione. Non c'era davvero alcun futuro per quei ragazzi. La gente dimentica che disasrro fosse quel posto all'inizio clegli anni Settanta. Ricordo molto bene il primo concerto dei Blondie in Inghilterra. Il pubblico era piu che espansivo, direi tribale. Ballavano, saltavano, pogavano e sputavano. L'atmosfera era calda, selvaggia, eccitante. Gli americani, a confronto, erano molto più chiusi. E la loro musica era straordinaria: Stranglers, Clash, Siouxsie Sioux, Slits, Poly Styrene. Sopratrutro i Sex Pistols: erano meravigliosi. Mi ricordavano Beethoven, avevano lo stesso tipo di maestosità. Le esibizioni di quel gruppo erano atti criminali. Non si prcoccupavano di avere o non avere credibilità; vivevano nel loro mondo, pensavano solo all'anarchia. C'era una forte retorica politica in quello che facevano, ma volevano anche i soldi. E le etichette, pur di sbarazzarsi di loro, glieli diedero tutti. Fu davvero la più grande truffa del Rock'n'roll. Ammiravo il modo in cui alcuni ragazzi seguivano e facevano parte della scena punk inglese perché, anche se non suonavano in alcun gruppo, erano tutti molto attenti a crearsi un loro caratteristico look. Il punk trapelava dalla musica che suonavi, dal modo in cui ti vestivi e dai posti che frequentavi. Era inevitabile che finisse per lasciare il segno. Sebbene ora chiunque ci sappia fare ricsce a distinguersi dalla massa, il punk è tutta un'altra cosa ed e ancora tra noi, E stata un'esplosione: la prima vera espressionc di rottura.
(Punk, tutta la storia)


The Greatest Hits, so far











Musica e cinema: ancora un binomio da celebrare

Alcuni dei migliori momenti del cinema sono stati definiti dalla musica - che si tratti di film biopic, che si concentrano sulle star della musica internazionale, o di film con la partecipazione vera e propria di musicisti o semplicemente film con una grande colonna sonora. Ci sono tutta una serie di modi in cui la musica può fare la differenza tra un assassinio o un bacio, e qui cerchiamo di celebrarne alcuni  in tutto il loro splendore. Ricordiamo che INTERZONE ha dedicato più post e pagine a musica e cinema, come i nostri personali best, (best-musical-film), le nostre migliori Biopic (le-migliori-e-le-peggiori-biopic), i cameo di alcuni grandi rocker al cinema (rock-cameo), alcuni grandi film dedicati al Punk (un-altro-stato-mentale-punk-e-cinema), o ancora all'influenza del Rock nel cinema Horror (best-horror-soundtrack)

Molti dei film documentari che raccontiamo sotto sono di difficile reperimento, ma chi ha un pò di pratica nel mondo della rete.. niente è introvabile!
Ancora tanta roba, basta fare una piccola ricerca nel nostro blog, anche attraverso i Tag, e telecomando alla mano, per tutti gli amanti di musica e cinema..

Iniziamo con questo meraviglioso..
Standing In The Shadows Of Motown (2002)
Nel 1959, Berry Gordy mise insieme alcuni dei migliori musicisti jazz e blues della fiorente scena di Detroit e con loro iniziare con una nuova casa discografica. Dopo circa quattordici anni, questi diventarono il cuore battente, con brani come "My Girl", "Bernadette," I Was Made to Love Her ", e con tantissime altre hit, dell' epopea Motown a Detroit. Alla fine della loro fenomenale carriera , questo gruppo di musicisti avevano sfornato più numeri uno in classifica di gente come Beach Boys, i Rolling Stones, Elvis e Beatles messi insieme- il che li rende la più grande macchina di successo nella storia della musica popolare. Si chiamavano i Funk Brothers.
Quarantuno anni dopo il loro primo disco per la Motown, i Funk Brothers si sono riuniti di nuovo a Detroit per suonare la loro musica e raccontare la loro storia indimenticabile all'ombra di una delle più gloriose case discografiche del mondo.
Erano i tumultuosi gli anni sessanta, e gli eroi non celebrati della Motown prendono per mano gli spettatori in un viaggio avvincente nel tempo in cui tentano di tracciare l'evoluzione di quel Sound dalle sue origini a Detroit fino al declino durante gli anni Settanta. Attraverso gli occhi dei personaggi c'è la rilettatura di come il gruppo governava lo studio di Hitsville di giorno e la scena dei club di Detroit, di notte: si entra in un mondo davvero senza precedenti e nell'emozione dei Funk Brothers che rivisitano i luoghi delle loro radici musicali, i loro trionfi e le delusioni.
Per più di quattro decenni, dalle piste da ballo di tutto il mondo, alle sommosse di Detroit del 1967, alla guerra in Vietnam, la musica che i Fratelli del Funk hanno creato ha svolto un ruolo importante nel tessuto culturale di tutta una generazione. Nonostante la loro importanza e gli enormi successi ottenuti, c'è voluto questo Standing In The Shadows Of Motown, documentario del 2002 per portare alla ribalta e ottenere il giusto credito per questi artisti che hanno inciso canzoni del calibro di "The Tears Of A Clown" (grande cover poi ne fecero i Beat!) 'e "I Heard It Through The Grapevine" .
Miglior momento musicale: Il giorno in cui i Funk Brothers si mettono in contatto con Chaka Khan per incidere 'What's Happen'. 



Boyz N The Hood - Strade violente (1991)
Oramai un moderno classico americano. E in seguito ha avuto ancora più risonanza se si considera che i disordini avvenuti dopo il famigerato pestaggio di Rodney King scoppiarono nella stessa città solo un anno più tardi: Los Angeles.
Ice Cube e Cube Gooding Jr. (quando ancora cool) furono le star di un film potente, che ha ispirato in seguito un intero filone, una serie di "remake"sfacciati, sulla guerre tra bande nelle città. Bisogna dire che pochi sono stati intelligenti o memorabili come questo capolavoro del regista John Singleton.
Quì assistiamo al passaggio di Ice Cube dalla musica al cinema, e fu un successo clamoroso, per la sua interpretazione di 'Dough Boy', dipingendo il suo carattere alternando impressionante grinta e moderazione. Questo è stato un film che diede un ulteriore forte voce all'orgoglio dei neri e all'hip-hop inizio decennio, che fece esplodere alcune delle complesse questioni - violenza, uso delle armi da fuoco, istruzione, privazione dei diritti civili - colpendo al cuore la comunità afroamericana .
La sua importanza viene ancora rimarcata dal fatto che nel 2002 è stato scelto per la conservazione nel National Film Registry della Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti.

Miglior momento musicale: i brani salienti della Soundtrack, che comprendono musiche di Ice Cube, 2 Live Crew, Monie Love and Run DMC.


Ferris Bueller's Day Off - Una pazza giornata di vacanza (1986)
« La vita scappa via in fretta, se uno non si ferma e non si guarda intorno, rischia di sprecarla ».
Anche se non è strettamente un film musicale, questo - come tutti i film di John Hughes - ha contribuito moltissimo alla conoscenza della musica indie al mainstream.
Commedia giovanile interpretata da Matthew Broderick, dalla onnipresente "chick-to-chick-aah" all'utilizzo gratuito di pezzi deiThe Beat, The Flowerpot Men, Sigue Sigue Sputnik e.. "of course" la splendida 'Please, Please, Please Let Me Get What I Want' degli Smiths' nella scena del museo, 'FB's Day Off'include perfettamente musica iconica nella sua trama leggerae come dicono gli inglesi..un pò "goofy" (sciocca).
Stranamente, John Hughes rifiutò di pubblicare la colonna sonora come entità separata, pensando che a nessuno sarebbe stato interessato d ascoltaree Yello e Wayne Newton sullo stesso CD. Il che significa che volendo, si deve solo guardare il film e sentirli nel contesto in cui erano destinati.

Miglior monento musicale: La versione Twist and Shout dei Beatles cantata da Ferris (Broderick).
Questa comunque la completa e intrigante tracklist:
  1. Love Missile F1-11 - Sigue Sigue Sputnik
  2. Beat City - The Flowerpot Men
  3. Please, Please, Please Let Me Get What I Want - The Dream Academy
  4. Danke Schoen - Wayne Newton
  5. Twist and Shout - Beatles
  6. Radio People - Zapp
  7. I'm Afraid - Blue Room
  8. Taking the Day Off - General Public (The Beat)
  9. The Edge of Forever - The Dream Academy
  10. March of the Swivelheads - The Beat
  11. Oh Yeah - Yello


Monterey Pop (1968)
Il precursore del più famoso Woodstock, il film davvero cattura l'essenza del festival - e dell'estate dell'amore - del 1967 e imposta alta l'asticella per i documentari sui concerti a venire. Girato da D.A. Pennebaker, con la collaborazione di Richard Leacock e Albert Maysles, esperti documentaristi. Con la partecipazione di più di 200.000 persone, fu organizzato dal produttore discografico Lou Adler, dai cantanti Paul Simon, Michelle Phillips e John Phillips dei The Mamas & the Papas, dal produttore Alan Pariser, con un un “comitato di garanti” di cui facevano parte fra gli altri Donovan, Paul McCartney, Mick Jagger, Smokey Robinson e Brian Wilson. Come cambiano i tempi !
Il film vanta un cast invidiabile, tra cui gli stessi The Mamas & The Papas, Otis Redding, Canned Heat, The Who e The Animals, ma non i Grateful Dead, all'epoca all'apice, che ritennero troppo commerciale il progetto (!).

Miglior momento musicale: Hendrix che brucia e distrugge la sua chitarra alla fine del 'Wild Thing', naturalmente.



Blur: No Distance Left To Run (2010)
E' un film documentario sulla brit/pop band britannica Blur, uscito nelle sale il 19 gennaio 2010. Davvero esauriente, cattura la band durante il tour della reunion del 2009 e il film include anche filmati di repertorio e interviste mai apparse prima. E 'stato pubblicato anche in DVD, includendo la registrazione del concerto di Hyde Park del 2009, incluso nel secondo disco. E' il secondo film documentario dedicato della band, dopo Starshaped del 1993.
Una retrospettiva della vita e dei tempi della band alla luce sempre così (leggermente) malinconica della loro reunion dopo lo scioglimento.

Miglior momento musicale: Alex che alla stazione radio giapponese dice "Ciao, sono Alex, lo stupido dei Blur ... voi fichette smettete di mangiare le balene.. ", un Graham ubriaco alle prese con una bottiglia di vino nel backstage del 'The Great Escape' tour (prima che il suo alcolismo fosse ritenuto tutt'altro che 'un bluff'), e la sorprendentemente 'Superman' eseguita dal vivo a Harlow, Essex nel 1989.

Beastie Boys; Awesome I Fuckin' Shot That! (2006) 
Awesome; I Fuckin' Shot That! è il titolo del documentario diretto da Adam Yauch (nome d'arte per quest'opera, Nathanial Hörnblowér): secondo DVD per il gruppo statunitense dei Beastie Boys, la cui copertina presenta la versione censurata del titolo: Awesome; I... Shot That!.
Sono 90 minuti, il set dal vivo che i Beastie Boys tennnero al Madison Square Garden di New York il 9 ottobre 2004. In quell'occasione, cinquanta fans del gruppo hip hop newyorchese furono muniti di telecamera, in modo che lo spettacolo potesse essere successivamente visionato in cinquanta angolature diverse. Ne è uscito fuori un particolare ed unico racconto di un concerto della band newyorkese.
Ecco un concetto pulito: prendere in prestito un po 'di telecamere, dispensarle a 50 super-fan e dare loro due sole istruzioni: "Basta accendere e riprendere".
Editing frame-perfetti, centinaia di ore di filmati in successione garantiscono il punto di "vista dei fan" in questo innovativo spettacolo dei Beastie Boys al Madison, diverso da qualsiasi altro DVD live messo in commercio.

Miglior momento musicale: La partecipazione diDoug E. Fresh e DMC (dei Run DMC), e Ben Stiller che rappa insieme alla sua signora.



Heavy Metal A Baghdad (2007)
Heavy Metal in Baghdad è un film documentario che segue la band heavy metal irachena Acrassicauda dalla caduta di Saddam Hussein, nel 2003 fino al 2007. Suonare heavy metal in un paese musulmano è sempre stato un difficile (se non impossibile), ma dopo che il regime fu rovesciato, ci fu un breve periodo in cui la vera libertà sembrava possibile, anche per il R'n'R. Quella speranza andò rapidamente in frantumi, delusa, quando l'Iraq è caduto in una rivolta sanguinosa, e ancora oggi, nel 2016, il paese è completamente nel caos. Dal 2003-2006, mentre tutto si disintegrava intorno, gli Acrassicauda hanno continuato a lottare per stare insieme e mantenere il gruppo in vita, rifiutandosi sempre di lasciare morire i loro sogni di metallo pesante. La loro storia riecheggia le speranze non dette di un'intera generazione di giovani iracheni. Il film è stato girato dal fondatore di Vice, magazine on line ormai famosissimo, un vero black metal norvege, Suroosh Alvi: <E' stato rischioso, e pericoloso. La gente diceva che era davvero fottutamente stupido per noi affrontare questo progetto. Ma, sai, le regole dell'Heavy Metal!.>

Miglior momento musicale: Vedere gli Acrassicauda mettere in pericolo le loro vite, per suonare e scatenarsi in diretta.



Singles - L'amore è un gioco (1992)
"Singles" sia chiaro, non è un film d'avanguardia. Ma si può più volte sorridere durante il film: è facile con i personaggi di Cameron Crowe e il suo cast di giovani eccentrici dalla faccia pulita che dividono un appartamento. Vi è la rappresentazione di un processo di vita che è, per sua stessa natura, inconcludente: la ricerca della felicità. Il film fu accusato di aver ridotto l'auto-lacerante rabbia contro-culturale del grunge quasi ad una puntata di Amici, ma non ritenuto abbastanza un tradimento della scena (come fecero i puristi al momento, Kurt Cobain lo odiava, per esempio). Dopo tutto, Soundgarden, Pearl Jam e Alice In Chains, tutti hanno appaiono nella pellicola in piccoli camei.
E c'è anche un riferimento ai Mudhoney, forse la band che più ha rappresentato il movimento nella sua ala più originale e dura.

Miglior momento musicale: '‘Would?' La breve esplosione degli Alice In Chains ", sicuramente una delle canzoni più pesanti mai apparse in un film mainstream.  

Glastonbury (2006)
Glastonbury è il film, o meglio il  rockumentary del 2006 diretto da  Julien Temple che racconta la storia del Festival di Glastonbury dal 1970 al 2005. E' andato in porto dopo due tentativi falliti di fare un film sul festival. Composto da filmati girati da Temple nelle edizioni del 2002, 2003, 2004 e 2005, con l'aggiunta di riprese inviate dal pubblico e frequentatori del festival, dopo un annuncio tramite il sito web e alcuni giornali specializzati. Inoltre ci sono anche filmati girati da Channel 4 e dalla BBC durante la  copertura mediatica dell'evento, dal 1994.Il DVD è molto interessante perchè ha caratteristiche completamente interattive, che consentono agli spettatori di fare la propria esperienza del festival, selezionando i filmati preferiti. Un'edizione rivisitata (mandata in onda dalla BBC nel 2012) è stata completata nell'estate del 2011 da Temple (in associazione con la Somerset Film).
Dall'apertura, con il fango che invade l'area del festival per le grandi pioggie, questo documentario fa quello che poi fanno tutti i grandi documenti - ti fa venire voglia di essere proprio lì nel bel mezzo di quel casotto. Poi, interviste, esibizioni, riprese amatoriali: la cartolina finale dal più grande festival del mondo, che non pretende di coprire il bender tentacolare nei minimi dettagli, ma piuttosto offrire un'istantanea di tutta l'esperienza.

Miglior momento musicale: Ri-organizzare i brani tramite le opzioni interattive per creare la propria setlit, con Paul McCartney, The White Stripes e The Killers.

 
 

 

I Jefferson Airplane ti amano, dal tetto

Un grande saluto e un abbraccio. Paul Kantner ci ha lasciato pochi giorni fa, il  28 gennaio 2016, nella sua amata San Francisco. Era nato nel 1941 ed è stato  fondatore e chitarrista dei Jefferson Airplane. Uomo dai grandi ideali e esploratore galattico della mente, ha  cambiato il rock , e in definitiva, ha contibuito alla crescita spirituale dell'intero pianeta..
 


Di sicuro l’estate dell’amore (summer of love) mantenne le promesse. Dopo 1967 anni, l’età delle tenebre era sul punto di terminare. Stava nascendo una nuova Terra, capace di riunire individuo e l'Universo, di armonizzare teosoficamente i destini comuni degli uomini in una prospettiva di bene fraterno...

L’Eden era San Francisco: i negozi alternativi fungevano da chiese profane, la stampa underground era la nuova Bibbia, il gospel, come sempre, si stendeva sulla musica. Per tradizione, la citta della Baia era sempre stata aperta a un gioioso carnevale di stili, ben distante dai sentieri commercialmente battuti. ll jazz e il folk avevano largo seguito ma, eccezion fatta per occasionali apparizioni di artisti locali, la presenza di San Francisco nelle classifiche nazionali si limitava a Tony Bennett, romantico cantore di << funivie stellari >>. Gli artisti di rock muovevano qua e là, senza coesione; quando qualcuno fece capolino (cosi i Beau Brummels di Laugh Laugh e Just A Little, nel 1965) più che stile cittadino vero e proprio si poteva parlare di pure coincidenze. Il <<partito della riscossa» non perse tempo, ispirato dalla << novità elettrica >> di Dylan, dalle rispettabili proposte di Beatles e Stones, dalla esperienza piu facilmente riscontrabile di pionieri come Byrds e Lovin’ Spoonful. Gli Spoonful, in special modo, riuscirono ad aprire gli occhi ai giovani della città, quando visitarono la Baia nei giorni caldi di Do You Believe In Magic. In primavera, i Jefferson Airplane (che avevano preso la sigla da un ipotetico cantante di blues, Blind Thomas Jefferson Airplane) seppero diventare in breve i portavoce piu tipici del rock cittadino. Gli adesivi, i "bottoni" che li propagandavano recavano la scritta << I Jefferson Airplane ti amano >>, eco nell’atmosfera che animava San Francisco, luogo d’inatteso nirvana. I Trips Festival avevano riscoperto il ballo, inserito nella dimensione di piu esperienze artistiche, Bill Graham (con il Fillmore) e quelli della Family Dog (con l’Avalon) avevano plasmato l`intuizione, dandogli precisa struttura; le nuove <<feste danzanti» divennero luogo creativo dove tutto poteva accadere e dove spesso tutto accadeva. Il "libero sballo"  (perdersi completamente nelle luci stroboscopiche, nell’esperienza dell’acido) divenne un nuovo stile di vita mentre musicisti di ogni tendenza prestavano orecchio al canto delle nuove sirene, come se da tempo l’attendessero. Grateful Dead, Quicksilver Messenger Service, Mystery Trend, Big Brother and the Holding Company elaborarono le prime improvvisazioni che poi avrebbero fatto scuola. Grace Slick; già nota come cantante della Great Society, portò con sé due canzoni del suo repertorio classico, Somebody To Love e White Rabbit...

Surrealislic Pillow mise in rilievo proprio il proverbio di White Rabbit (“Nutri la tua testa”) sull’onda di Somebody To Love. Il gruppo si caricava sulle spalle sogni e speranze di una intera generazione, portando alla ribalta d’America i rappresentanti di San Francisco; lo stesso effetto sortirono i manifesti di Wes Wilson, il primo Be-In (gennaio 1967) e il Pop Festival di Monterey. All’interno degli Airplane nessuno accettava volentieri un ruolo marginale. Cosi, la presenza di Grace Slick si fece sempre più rilevante, l’importanza di Grace aumentò ancor più dopo un paio di dischi di successo, finendo col logorare la compattezza del complesso, rendendo incerta la sua evoluzione. Mentre all‘Haight Ashbury ci si sforzava di contenere l’<< esplosione demografica >> di quell’estate (la massiccia immigrazione da ogni parte d’America minacciava la fragile struttura della comunita), gli Airplane lottavano per coprire l’intera gamma dei desideri' della nuova generazione. Ferita nell’intimo, la << bella gente» della Baia dichiarò precipitosamente <<la morte dell’hippie>>, due mesi dopo la fatidica estate; una volta messo in moto il meccanismo, non ci si fermo più.


Paul e Grace
Il Sistema, anziché crollare sotto l’assedio dei beniamini dell`amore, irrigidi la sua resistenza, vincendo brutalmente con il trionfo delle droghe pesanti e della criminalita; la nuova generazione intese finalmente che non si poteva liquidare tanto facilmente il fardello della storia pretendendo magari che non esistesse. Per gli Airplane e il resto della scena` di San Francisco la lezione s’imponeva in questi termini; volenti o nolenti, i nuovi complessi dovevano continuare ad aflidarsi all’industria musicale se volevano portare la propria musica alle orecchie dell’intera nazione. Molti artisti si tennero fuori dal compromesso, per quanto possibile, allestendosi <<feste alternative », schierandosi dalla parte della gente, scoprendo infine che ogni soluzione era un ' rischio' legato ai mutevoli umori del pubblico. I << Tre giorni d’amore, di pace e di musica >> di Woodstock potevano facilmente diventare l’Orrido Carnevale di Altamont.
<<Avevamo tutto quello che ci serviva, stimolanti artificiali compresi», ricorda il chitarrista Jorma Kaukonen. Gli Airplane ebbero il pregio di capire tutto ciò; spartendosi tra Yin e Yang, comparvero in tutte e due le manifestazioni.

Nell’ottobre del 1967 per le strade di Haight Ashbury era stato gia celebrato il funerale dell’hippie: l’estate dell’amore era finita, il 1968 è l’anno della contestazione, e in Crown Of Creation gli acidi e la cultura psichedelica si fanno strumento politico. In copertina c’e l'esplosione atomica con loro dentro, intorno la guerra del Vietnam e leader neri (Martin Luther King) e bianchi`(Robert Kennedy) assassinati. Un presidente che se ne va (Lyndon ]ohnson), e uno che viene (Richard Nixon). La Convention democratica che finisce nei disordini trasmessi alla TV. Grace Slick canta in televisionc Crown Of Creation col pugno guantato di nero delle Black Panthers sollevato come i velocisti di colore statunitensi Tommie Smith Clohn Carlos, vincitori delle Olimpiadi di Citta del Messieo.
Il 1969 di Volunteers.
<Siamo tutti fuorilegge agli occhi dell’America. Per sopravvivere noi rubiamo, imbrogliamo, inganniamo, falsifichiamo, imboschiamo e traffichiamo / Siamo osceni, senza legge, orrendi, pericolosi, sporchi, violenti e giovani>, We Can Be Together. <La nostra vita è troppo bella per lasciarla morire [...] Tutta la vostra proprietà privata è un bersaglio per i vostri nemici / e i vostri nemici siamo noi / Noi siamo le forze del caos e dell’anarchia. Tutto ciò di male che dicono di noi, lo siamo e siamo molto fieri di noi stessi>.

Più che di uno scioglimento, si trattò d’uno smantellamento.
I pezzi di Crown of Creation e di Volunteers vennero divisi tra le varie fazioni all’interno del complesso; tutto ciò portò inevitabilmente a scelte solistiche, anche se Bless Its Pointed Little Head, primo disco dal vivo, dimostrò che gli Airplane avevano ancora la forza di vincere molti rivali.
L’aeroplano Jefferson si era trasformato in un’astronave. Il viaggio nel cielo psichedelico era ormai finito. Alla fine ce n’era uno nella galassia delle chart dell’easy listening da FM. Anche se Grace Slick continuava forte con le sue droghe sformando piano piano il bel corpo che esibiva qualche anno prima denudandosi il seno in alcuni live. Il seno ora cadeva come il suo sex appeal da diva ex hippie e tossica.

<Una pillola ti fa diventare più largo, e una pillola ti rimpicciolisce. E quelle che ti da tua madre non hanno alcun effetto. Prova a chiederlo ad Alice, quando è alta dieci piedi>, (White Rabbit)
Grace era diventata una star tossica, arresa a una rivoluzione a cui era ormai inutile credere. Grace e Paul, a sigla Paul Kantner-Grace Slick, pubblicano Sun Hughter, il ritorno sulla terra ha il sapore rancido della chimica in fondo alla gola: <Madre Terra, i tuoi figli sono qui lacerati da cocaina ed eroina>, recita Earth Mother. E Diana 2:
<Ricordatevi quelli che conoscevate / ricordate come danzavamo e ricordate quel che cantavamo in America molti, anni fa> .

Nel 1971 per poco Grace non rimane uccisa in un terribile incidente stradale, schiantandosi addosso a un muro in un tunnel vicino al Golden Gate Bridge a San Francisco. L'aeroplano Jefferson ha il motore in avaria. Nel 1974 partirà il razzo Jefferson Starship. Una navicella musicale da classifica lontana anni luce dall’aereoplano. Grace, sempre più in preda alle droghe, discenderà dall’astronave a fine anni Settanta. Rientrerà in seguito, alternandosi a discutibili prove soliste, si sposerà un ragazzino poco piu che ventenne, il suo tecnico delle luci Skip Johnson, e la polizia la fermerà con la roba addosso. Le era già successo, a una festa della compagna d’università figlia di Richard Nixon, durante la presidenza del padre. Nel 1987, decide di lasciare del tutto quel mondo e la band, che ormai ha perso per strada la sigla Jefferson, per ritirarsi e dedicarsi alla pittura (quadri dipinti in poco tempo di solito ubriaca venduti a qualche migliaio di dollari) e alle sue memorie intitolate Somebody To Love. ll tempo di un breve ritorno di fiamma nel 1989 con la Slick, Kantner, Balin, Kaukonen e Gasady che riaccendono il motore dell’aereo Jefferson per l’episodio di un disco intitolato Jefferson Airplane, e basta. Quello che ci sarà dopo, chiamato Jefferson Starship: The Next Generation o Jefferson Starship-TNG (per non parlare dell’altro progetto Starship Featuring Mickey Thomas) era roba che non volava. Alla fine non rimane che il ricordo di una breve trasvolata di un manipolo di piloti della psichedelia a segnare con la sua scia indlelebile il cielo dei sogni rock. Passando davanti al 2400 di Fulton Street, forse non lo riconoscerebbero neanche più, quell’edificio in stile vittoriano. La facciata oggi èstata ridipinta di diverso colore. Quello del coniglio...

Jefferson Airplane - (1967) - Surrealistic Pillow (Gold Collector's Edition) [FLAC]

Durante la sua fase marxista / maoista, il regista francese Jean-Luc Godard si recò a New York per filmare i Jefferson Airplane che (giustamente..) considerava come esempi dell'avanguardia rivoluzionaria americana, e che suonavano sul tetto di un edificio a Midtown, Manhattan. L'esibizione, priva di permessi delle autorità, si svolse la mattina del 7 dicembre 1968.

L'evento fu organizzato per il progetto di di Godard, One American Movie. Il film vide anche la partecipazione del leader delle Black Panthers Eldridge Cleaver, Rip Torn, LeRoi Jones e Tom Hayden e di rendere in generale un quadro sulla nuova sinistra rivoluzionaria americana. Quando Godard finì per abbandonare il progetto, il film fu montato come One PM da D.A.Pennebaker, nel 1972.

I Jefferson suonano una lunga, quasi minacciosa versione di "House at Pooneil Corner": si può vedere lo stesso Godard nei primi secondi, sventolare da lontano la fotocamera . Ora, ci meravigliamo, e ci chiediamo da dove Paul McCartney ebbe la grande idea per il concerto sul tetto di Let It Be dei Beatles...






26/01/16

Quando la solitudine diventa reato: The Lobster

Quello che ormai governa la nostra società non è più certamente la politica ma bensì l’economia. Il potere è saldamente nelle mani delle grandi corporazioni che, potendo gestire grandi quantità di denaro, possono a loro piacimento imporre candidati e presidenti, deputati e governatori. Hanno il potere saldamente nelle loro mani. E al potere delle multinazionali non piace la solitudine. Non piacciono i single. Perché non è conveniente. Dove non c’è famiglia c’è poca spesa. Non si consuma abbastanza. E poi, al potere ha dato sempre fastidio le persone che pensano. Che riflettono. E a star da soli c’è più tempo per pensare.

In una società del futura il potere odia e punisce la solitudine amorosa. Se ti ritrovi single per un qualsiasi motivo, vieni spedito in un albergo / prigione, costretto con altri solitari a trovare una compagna/o in base ad affinità di gusti e personalità. Si ha tempo 45 giorni, scaduti i quali si viene trasformati in un animale, almeno questo viene stabilito su propria scelta. Nell’albergo / prigione, durante il soggiorno, vi sono regole e manifestazioni allucinanti, come ad esempio una caccia all’uomo per allungare i giorni di detenzione e avere più tempo e chance di trovare l’anima gemella, provare a vivere con un braccio solo e dove è vietato anche masturbarsi, il tutto per dimostrare quanto sia malvagio e frustrante vivere da soli. E’ questo quel che succede al nostro Colin Farrell in The Lobster, piccolo gioiello cinematografico del greco Yorgos Lanthimos.
Tornando per un attimo alla trama, chi non è disposto a subire questa follia imposta dall’alto non ha altra scelta se non il suicidio o quello di rifugiarsi nei boschi, alla macchia, dove operano un gruppo di resistenti, di rivoluzionari dalle regole dispotiche e feroci: sono banditi matrimoni, fidanzamenti, persino il corteggiamento. La coppia è considerata il male assoluto. Un universo antagonista in cui è bandito l’amore, i sentimenti nelle sue molteplici forme, clandestini sottomessi ad un potere dispotico che tramite la disciplina intende governare la vita collettiva e individuale. Senza eccezione alcuna. Quindi un rimedio peggiore del male che vorrebbe combattere, con norme talmente assurde e insensate da essere non meno selvaggio e totalitario del potere che si vuole combattere. The Lobster è un film tutto da guardare, anche se alcuni media hanno riportato che in alcune proiezioni qualcuno del pubblico abbia esternato il proprio sdegno, uscendo poi dalla sala. In termini politici, mi è sembrato di cocente attualità e consono alla situazione del nostro paese, in cui la forza che si autodefinisce come unica opposizione al potere corrente, si sta rivelando per quello che è, cioè una struttura gerarchica totalmente prona, e che fa riferimento ad una società che ha come suo obiettivo principale il profitto. Con le sue regole assurde e crudeli (pensiamo al sistema delle espulsioni ad ogni deragliamento dalla linea del capo) non diverse da quelle che ci vengono imposte da chi ci governa, sarebbe una follia sostituire una stortura con un'altra, non meno folle.

The Lobster è una denuncia profonda anche della deriva a cui la nostra società sta andando incontro, in termini di controllo della nostra vita privata. Un sistema che attraverso le nuove tecnologie tutto vuole sapere e disciplinare, che odia l’individualismo bonario e costruttivo. E uno sberleffo a tutti quei rapporti costruiti e perpetrati sulla paura della solitudine, costruiti e sostenuti sulla finzione, sulla menzogna e l’ipocrisia. Anche se è un film che ha avuto un effetto potentissimo su di me, tanto da poter essere benissimo un mio biglietto da visita.. culturale, The Lobster ci riguarda tutti da vicino, da molto vicino. E’ surreale, scorretto, geniale, pieno di ironia verve comica e alla fine ci lascia con una sfilza di domande su temi quali il rapporto con la solitudine, la sessualità, i compromessi, l’ipocrisia dei rapporti umani.

Colin Farrell panciuto è clamoroso, ben coadiuvato da una Rachel Weiz sempre splendida, anche senza trucco. Le sonate di Beethoven ben si sposano con le atmosfere surreali del film, insieme a Nick Cave. E a proposito di musica e di ironia, c’è un dialogo in cui il capo dei resistenti, Léa Seydoux, bellissima, anche lei quì senza ombra di trucco, in una perfetta versione di donna leader, spiega le regole al nuovo arrivato Farrell e in relazione alle patetiche serate da ballo organizzate nell’albergo /prigione allo scopo di far socializzare i solitari.. :<<Qui non sono ammessi balli in coppia, qui si balla da soli ed è per questo che noi ascoltiamo solo musica elettronica!..>>

Quì in Streaming e Download, in lingua originale (consigliato)



24/01/16

40 Anni di una Cultura Sovversiva: Punk 1976 - 2016

Punk 1976 - 2016! Siamo in pieno anniversario e a Londra iniziano i festeggiamenti per i 40 anni del punk. Si svogeranno per tutto l’anno, e verranno coinvolti diversi locali, istituzioni, organizzazioni. Punk London – 40 Years Of Subversive Culture, ricorderà la “cultura sovversiva” che ha contagiato i giovani di tutto il mondo allora e che continua ad influenzare oggi musica, moda, cinema, il mondo dell’arte. L’intento è quello non solo di esplorarne le radici, ma anche di evidenziare come il punk continui a propagare la sua onda nel tempo.
Tra gli eventi seminali di quel 1976 c’è anche il 100 Club Punk Festival, una due giorni di festival che si tenne proprio al The 100 Club in settembre e che ospitò nomi allora sconosciuti ai più ma destinati a rimanere nella Storia: Subway Sect, Siouxsie And The Banshees, The Clash, The Damned, The Vibrators e i Sex Pistols stessi sono sfilati su quel palco, ignari di quel che il destino aveva in serbo per loro. Mentre dal 4 al 10 gennaio nel club si è svolto anche il Resolution Festival, con numerosi gruppi che si sono avvicendati per riportare alla memoria la maratona musicale di allora.
Per sottolineare la portata epocale del movimento, tutti possono aderire alla manifestazione e dare il proprio contributo: basta ideare il proprio evento e registrarsi sul sito www.punk.london/.

Hanno già aderito e parteciperanno:
British Fashion Council, British Film Institute, British Library, Design Museum, Doc ‘n Roll Films, Institute of Contemporary Arts, Live Nation Merchandise, Museum of London, The Photographers’ Gallery, Rough Trade, PYMCA, Premier and On|Off, Roundhouse and Universal Music Catalogue.

In questa piccola rassegna ripercorriamo gli inizi del movimento Punk, le basi pre-punk, dagli Stooges e New York Dolls, fino a filmati incendiari dei Pistols, Damned e co, dal 1976, fino ai primi mesi del 1977.

Punk’s Prologue Pt 1. The Stooges – TV Eye (1970)
La Rosetta Stone dell'attidudine punk rock, ma c'è di più per Iggy & Co nell'esibizione al Cincinnati Pop Festival del burro di arachidi: infatti, Iggy passa parte del concerto in mezzo al pubblico, tornando poi sul palco cosparso di burro di arachidi. The Stooges inaugurano un suono positivamente selvaggio e l'introduzione di uno sconcertato Jack Lescoulie è esilarante: "Loro di certo non entreranno nello show-biz con questo spettacolo ..."





Punk’s Prologue Pt.2 New York Dolls - Personal Crisis
Ancora nel 2016, guardare le Dolls in scena abbiamo l'impressione che provengano da un altro pianeta. (Comefaceva Johnny Thunders ad avere quei capelli?); Dio sa come dovevano sembrare al pubblico nel 1973!. In Germania, Malcolm McLaren rimase folgorato quando li vide e nel 1975, diventò il loro manager. Il gruppo arrivò ad esibirsi sventolando sul palco una bandiera con falce e martello che campeggiava sullo sfondo. I Dolls fecero cinque concerti a New York con questo nuovo look ideato da McLaren, vestiti di pelle fetish colorati, e supportati dai Television. Quando li perse,semplicemente li ricostruì nei i Sex Pistols.



Ramones - Havana Affair (1976)
Da un concerto di Max Kansas City nel mese di ottobre del '76, rimane uno dei migliori video del gruppo sul web, più che sufficiente a giustificare il culto e l'adorazione delle punk band britanniche per i Ramones. No Dee Dee, no Paul, no Sid..  Il Melody Maker accolse così le prime esibizioni del gruppo: <I Ramones sono l'ultima di una lunga serie di band presuntuose e prive di talento, il ​​cui risultato più importante fino ad oggi è la loro incapacità di oltrepassare i confini di New York City. Quì sono stati accolti dall'adulazione di un esercito di fan ingannati: musicalmente, non vanno per il sottile e non hanno variazioni di qualsiasi tipo. La loro regola è quella di essere più incompetenti possibile. Per una band che vorrebbe essere la proiezione per i giovani d'America della vita suburbana, anticonformista, del sesso e della lotta, o di qualsiasi altra cosa,falliscono miseramente...>



Sex Pistols - Pretty Vacant (1976)
Esibizioni scabrose dei Pistols in un brillante weekend a Londra, e un bel documentario sulla scena crescente del punk britannico, girato e presentato dal pioniere della TV culturale inglese, Janet Street Porter. Possiamo riconoscere il futuro produttore dei Clash Guy Stevens dirci di come fosse annoiato con la musica dei Led Zeppelin e di altri dinosauri del rock dell'epoca. Very Cool!. quì





The Damned – New Rose (1976)
Un promo piacevolmente frammentario e sconnesso, New Rose fu il primo singolo in assoluto pubblicato da una punk band nell'ottobre 1976 nel Regno Unito. New Rose è attribuita a Brian James, chitarrista e membro fondatore, pubblicata su etichetta Stiff Records e ebbe come B-side la cover di Help! dei The Beatles, suonata due volte più rapidamente dell'originale. New Rose è stata poi coverizzata dai Guns'n Roses in The Spaghetti Incident e dai Poison Idea, band hardcore punk di Portland in Pajama Party. Ditemi se non suona ancora incredibile!.




Sex Pistols da Bill Grundy (1976)
Alle 17.30 del 1° Dicembre 1976 si presentarono a Today, programma televisivo presentato da Bill Grundy ed erano già sbronzi. lniziò a provocarli, parlando di grandi compositori - Mozarl, Bach e Beethoven. Johnny Rotten d'improvviso vomitò in un angolo, esclamando.. "Merda!". Grundy invitò John a ripetere quel che aveva detto e fu immediatamente accontentato, mentre lui si rivolgeva a Siouxies (dei Bansheens, che era una delle accompagnatrici della band..) chiedendole un appuntamento per dopo la trasmissione. A quel punto Steve Jones gli disse che era un vecchio sporcaccione, rincarando la dose chiamandolo lurido stronzo e una maledetta carogna! Finì lì. Grundy aveva ben rappresentato tutta l'ipocrisia con cui le istituzioni avevano risposto al punk. Il giorno dopo il Daily Mirror se ne uscì con una famosa copertina che titolava a tutta pagina "The Filth and the Fury!" ("Oscenità e furore!") e i buoni borghesi iniziarono a intasare le linee telefoniche della Tv protestando inferociti per quello spettacolo "di depravazione e privo di decenza". Alcuni dichiararono di aver preso a calci il televisore e la rissa verbale scatenatasi in diretta (con tutti i suoi strascichi polemici), distrusse letteralmente la carriera pubblica di Grundy.





Sex Pistols - Anarchy in the UK (1976)
I Sex Pistols eseguono 'Anarchy in the UK' nel programma di Tony Wilson Granada Pop Show - So It Goes, in quella che fu loro prima apparizione televisiva. Tony Wilson, presentatore alla Granada Television e creatore della Factory Records, era stato uno dei 42 spettatori (insieme ad alcuni membri chiave della futura scena musicale di Manchester, come Peter Hook e Bernard Sumner prima Joy Division e poi New Order, Morrissey degli Smiths, il produttore Martin Hannett, Mark E Smith dei The Fall, Paul Morley, influente giornalista musicale e Mick Hucknall dei Simply Red) che il 4 giugno del 1976 assistette al concert dei Pistols al Lesser Free Trade Hall, invitati da Howard Devoto e Pete Shelley dei Buzzcocks. In seguito portò la crema del punk americano e britannico e le fasce New Wave al pubblico del suo acclamato spettacolo televisivo che andava in on onda a tarda notte. Nel video possiamo vedere il maldestro tentativo del cameraman di censurare la svastica che aveva al braccio Jordan, un'altra delle accompagnatrici di Rotten e compagni.





The Clash – BBC Clash Documentary ‘The Clash New Year’s Day ’77’
La BBC, il giorno di Capodanno, ha trasmesso questo splendido documentario sulla leggendaria punk rock band The Clash, girato da Julien Temple circa 38 anni fa, prima che il mondo avesse mai sentito parlare dei The Clash .
Ora, è possibile guardare l'intero filmato, di 75 minuti, qui sotto.
Temple, che ora ha 62 ed è un regista di successo, ha diretto video per artisti come Janet Jackson, Neil Young, Rolling Stones, Talking heads e tanti altri, insieme ad un controverso, prospettico biopic su Marvin Gaye, era un giovane aspirante cineasta quando incontrò i tre principali membri di The Clash nel 1976. Ben presto diventò amico di Joe Strummer, Mick Jones e Paul Simonon, e iniziò a filmare alcune delle loro prime prove e spettacoli dal vivo. Questo lungometraggio stupefacente costituisce gran parte del documentario della BBC sui Clash, ed ha come fulcro la performance dal vivo il primo gennaio del 77, tre mesi prima della pubblicazione del loro album di debutto, intitolato semplicemente, The Clash. Lo spettacolo si tenne al Roxy Club, una ex discoteca angusta e decrepita nel quartiere di Covent Garden di Londra, che per i suoi brevi 100 giorni di vita fu considerata l'epicentro della musica inglese e della rivoluzione culturale nota come "punk rock". Il filmato, che è certamente di grande valore non solo per gli appassionati ma per i suoi riferimenti culturali e storici, non era mai stato trasmesso prima.




Sex Pistols – Seventeen (1977)
Documentato da Don letts in Super 8, il debutto di Sid Vicious con i Sex Pistols al Green Cinema di Londra, il 4 Marzo 1977. E' il celebre The Punk Rock Movie (conosciuto anche come The Punk Rock Movie from England), il film del 1978 sulla scena punk rock britannica assemblato da filmini in Super 8 girati da Don Letts, disc jockey del club The Roxy di Londra durante gli anni di punta del movimento punk del '77. Contiene riprese dal vivo di esibizioni di The Clash, Sex Pistols, Wayne County & the Electric Chairs, Generation X, Slaughter and the Dogs, The Slits, Siouxsie and the Banshees, Eater, Subway Sect, X-Ray Spex, Alternative TV e Johnny Thunders & The Heartbreakers. Inoltre sono presenti anche immagini fuori scena di alcune band, come i Generation X, le Slits e i Siouxsie and the Banshees.

Tutte le esibizioni furono girate al Roxy, tranne, appunto, quella dei Sex Pistols, che proviene invece dal concerto tenutosi al cinema The Screen On The Green di Londra. Il concerto vide l'uscita di Glen Matlock, considerato troppo poco "punk" e fu il primo con Sid Vicious in formazione.






The Damned – Fan Club (1977)
"Nessuno pensava,  in quei momenti, che tutto questo stava per cambiare il mondo."






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