Kuruksetra |
Passo del tempo, a volte, davanti agli scaffali delle mie librerie, immobile, muovendo solo gli occhi a sbirciare tra i libri. Non è gratificazione, in realtà non riesco a spiegarne il motivo, pensando che per scrivere non servono mai i libri che si posseggono ma quelli che non si hanno e che vorremmo avere. Comunque un posto dove
ascoltare in lontananza i rumori della città e il luogo della mente, una specie
di stargate in cui, con una mano tesa all'orecchio, ascoltare i rumori del mio
lato interiore.
E ogni tanto un libro sparisce: lo cerco ma niente da fare. Ma i libri riappaiono, anche. Credo che la maggior parte dei libri è destinata ad essere letta e compresa senza problema alcuno, da chiunque. Anche i libri antichi – superata la difficoltà della contestualizzazione storica, sociale e politica.. Ci sono, però, dei libri che portano con se cifrari quasi incomprensibili, segni, stranezze, curiosità, angoli non spiegabili. Così è riapparso questo libro, la Bhagavad-gìtà . Bellissimo, rilegato in pelle, con testo in sanscrito originale e traduzione letterale, bellissime immagini. Ora, non è questo libro l'oggetto misterioso, quanto la sua storia. Perchè questa versione della Bhagavad-gìtà l'avevo ereditata da mio zio, fratello di mio padre. Cosa ci fa un volume del genere nella libreria di un uomo anziano, ateo un pò burbero, comunista della vecchia guardia, un uomo lontanissimo, in apparenza, dalla conoscenza spirituale, e esoterica? E perchè l'ha così gelosamente custodito? Perchè ancora, con l'avvicinarsi della fine, ha deciso di donarlo proprio a me?
Quando tutte le spiegazioni apparentemente logiche non riescono a spiegare i
fatti, allora bisogna cercare in quelle apparentemente assurde e lì troveremo un po' di verità..
La Bhagavad-gìtà é il dialogo tra Sri Krsna, Dio, la Persona Suprema, e Arjuna, Suo devoto, Suo intimo amico e discepolo. Arjuna rivolge alcune domande a Krsna, che risponde presentandogli la scienza della realizzazione spirituale. La Bhagavad-gìtà fa parte del Mahabharata, che fu compilato da Srila Vyasadeva, l’avatara-Scrittore, apparso sulla Terra 5000 anni fa per mettere per iscritto la saggezza vedica a beneficio delle generazioni future.
Il Mahabharata è la narrazione storica delle straordinarie imprese del grande re Bharata e dei suoi discendenti fino ai tre figli del re Vicitravirya: Dhrtarastra, Pandu e Vidura. Dhrtarastra, come figlio maggiore, avrebbe dovuto ereditare il trono, ma a causa della sua cecità congenita il potere toccò al fratello minore Pandu. Pandu ebbe cinque figli, Yudhisthira, Bhima, Arjuna, Nakula e Sahadeva; Dhrtarastra ne ebbe cento, di cui il maggiore si chiamava Duryodhana. Dhrtarastra non accettò mai la supremazia del giovane fratello e allevò i suoi figli animato dalla determinazione che un giorno essi avrebbero regnato sul mondo al posto dei Pandava, i figli di Pandu. Cosi Duryodhana e i suoi numerosi fratelli crebbero impregnati delle ambizioni paterne, del suo orgoglio e della sua avidità. Pandu morì prematuramente e i suoi figli furono affidati alle cure di Dhrtarastra. Quest’ultimo attentò più volte alla loro vita e a quella della loro madre, Prthà, chiamata anche Kunti. Ma le congiure del cieco Dhrtarastra furono sventate grazie soprattutto al santo intervento di Vidura, zio dei Pandava, e alla protezione affettuosa di Sri Krsna. I guerrieri e i comandanti dell’epoca, gli ksatriya, osservavano il codice di cavalleria che proibiva loro di rifiutare una sfida al combattimento o al gioco. Abusando di questo codice, Duryodhana ingannò al gioco i Cinque fratelli Pandava e riuscì a privarli del regno e perfino della libertà, costringendoli a un esilio di dodici anni. Trascorso questo periodo, i Pandava tornarono alla corte di Duryodhana per chiedergli un territorio su cui regnare, perché secondo il codice ksatriya un guerriero può svolgere soltanto la funzione di proteggere o di governare. I Pandava erano disposti ad accettare anche un solo villaggio, ma Duryodhana li schiaccia col suo disprezzo: non darà loro neanche la terra sufficiente a piantarvi un filo d’erba. Arjuna e i suoi fratelli non ebbero altra scelta che ricorrere alle armi. Cominciò cosi una guerra di enormi proporzioni. Tutti i grandi guerrieri della Terra si riunirono, chi per mettere sul trono Yudhisthira, il maggiore dei Pandava, chi per contrastarlo, e attaccarono battaglia a Kuruksetra.
La lotta non durò che diciotto giorni ma causò la morte di 640 milioni di uomini, il che ci fa intuire il grado di perfezionamento raggiunto dalla civiltà vedica, soprattutto in materia di difesa. A quell’epoca non solo si conoscevano le armi nucleari (brahmastra), più sottili delle nostre, ma anche le armi fisiche e altre ancora, che agivano nell’acqua, nell’aria e nel fuoco, e tutte con un grande potere distruttivo. Torniamo ai primi istanti della battaglia: appena gli eserciti si riuniscono Sri Krsna tenta d’intervenire in favore della soluzione pacifica, ma trova Duryodhana deciso a governare la Terra a modo suo e pronto a disfarsi dei Pandava, la cui esistenza minaccia il suo diritto alla corona. I Pandava, puri devoti del Signore e di alte virtù morali, riconoscono Krsna come Dio, la Persona Suprema; mentre i figli di Dhrtarasrra, privi di tale virtù, non vedono la Sua natura divina. Krsna si offre di partecipare alla battaglia, rispettando i desideri degli avversari: Egli non combatterà di persona, ma ordinerà al suo esercito di raggiungere un campo, mentre Lui stesso andrà nell’altro, dove agirà come consigliere. I Pandava scelgono di avere Krsna dalla loro parte e Duryodhana vede unirsi alle sue forze militari l’esercito del Signore. Krsna diventa cosi il conduttore di carro del Suo caro amico e devoto Arjuna. Inizia la Bhagavad-gità. Gli eserciti sono schierati in ordine di combattimento e Dhrtarasrra, inquieto, chiede al suo segretario Sanjaya di descrivergli la situazione: “Che cosa hanno fatto i miei figli e i figli di Pandu ?”
La Bhagavad-gìtà è un Testo sacro molto diffuso, che espone la scienza di Dio; la Gita-mahatmya (“Le glorie della Bhagavad-gita’), che ne riassume il contenuto, consiglia uno studio molto attento di questo Testo sotto la guida di una persona che é devota a Sri Krsna e raccomanda di cercarne il significato senza darne un’interpretazione personale. La Bhagavad-gìtà stessa suggerisce come studiare e comprendere il suo contenuto attraverso l’esempio di Arjuna, che capì, senza interpretarlo, l’insegnamento ricevuto direttamente dal Signore. Chi ha la fortuna di ricevere questa conoscenza da una successione di maestri spirituali che risale a Krsna, e non vi introduce alcuna interpretazione personale, acquisirà una conoscenza superiore a quella contenuta in tutte le Scritture vediche e in tutti i Testi sacri del mondo. La Bhagavad-gita contiene non solo ciò che é in tutte le altre Scritture rivelate, ma anche verità che non si trovano in nessun altro testo. Questa e la sua particolarità. Quest’opera ci da la perfezione della scienza di Dio, perché fu enunciata direttamente dal Signore stesso, Sri Krsna. Il dialogo tra Dhrtarastra e Sanjaya, come lo riporta il Mahabharata, costituisce la base di questa grande filosofia, che il Signore, venuto in persona sul nostro pianeta per guidare gli uomini, rivelò sul Campo di battaglia di Kuruksetra (terra sacra, luogo di pellegrinaggio fin dai tempi immemorabili dell’età vedica). La parola dharma-ksetra (letteral. luogo dove si compiono riti religiosi) è molto significativa qui perché è Dio stesso, la Persona Suprema, che Si trova accanto ad Arjuna sul campo di battaglia di Kuruksetra. Il padre dei Kuru, Dhrtarastra, dubita molto che i suoi figli possano riportare la Vittoria e domanda al suo segretario Sanjaya: “Che cosa hanno fatto i miei figli e i figli di Pandu?” Egli sa bene che i propri figli e quelli di suo fratello minore Pandu sono riuniti sul campo di battaglia di Kuruksetra, decisi a battersi. Tuttavia la sua domanda é significativa. Vuole essere sicuro che i suoi figli e i loro cugini non siano giunti a compromessi, e allo stesso tempo vuole rassicurarsi sulla loro sorte. Dhrtarastra teme molto l’influsso del luogo sacro sull’esito della battaglia, perché i Veda ne parlano come di un luogo di sacrifici dove discendono anche gli abitanti dei cieli, e sa che il suo influsso positivo favorirà Arjuna e i Pandava grazie alla loro virtù.
Sanjaya è discepolo di Vyasa perciò possiede, per la grazia del suo maestro, il privilegio di vedere ciò che accade sul campo di battaglia senza spostarsi dal palazzo del re Dhrtarastra. Conoscendo il suo potere, Dhrtarastra gli chiede di descrivere ciò che accade sul campo di battaglia. Dhrtarama svela qui i suoi pensieri: sebbene i suoi figli e i figli di Pandu appartengano alla stessa famiglia, egli sostiene che soltanto i primi sono Kuru, escludendo cosi i Paudava dall’eredità di famiglia. E chiara qui la posizione che Dhrtarastra assume verso i nipoti, i figli di Panu. E appare evidente, fin dall’inizio di questa narrazione, che il figlio di Dhrtarastra (Duryodhana) e i suoi seguaci saranno spazzati via dal luogo santo di Kurukgetra dove Si trova Krsna, il padre della religione; saranno estirpati come erbacce in un campo di riso, e le persone profondamente virtuose, guidate da Yudhsthira, trionferanno per la grazia del Signore.
“La realizzazione della Verità Assoluta comporta tre stadi, che sono conoscibili da colui che l’ha attuata fino in fondo. Questi tre aspetti --Brahman, Paramatma e Bhagavan- formano un Essere Unico.” Per illustrare questi tre aspetti della realizzazione della Verità Assoluta prendiamo l’esempio del sole, che possiede anch’esso tre aspetti: i raggi, la superficie e l’astro in sé. Il neofita Studia solo i raggi, lo studente più istruito esamina la superficie, mentre il più avanzato riesce a conoscere l’astro stesso. Lo studente comune che si accontenta di studiare la luce del sole come presenza diffusa, cioè l’irradiamento impersonale del sole, si può paragonare a colui che riesce a realizzare solo l’aspetto Brahman della Verità Assoluta. Lo studente più istruito, invece, giunge a osservare il disco solare, che corrisponde all’aspetto Paramatma della Verità Assoluta, mentre lo studente capace di entrare nel cuore dell’astro e come colui che realizza l’aspetto personale della Verità Assoluta. Sebbene coloro che cercano la Verità abbiano tutti uno stesso oggetto di studio, i bhakta sono gli spiritualisti più avanzati, poiché conoscono Bhagavan, ovvero l’aspetto ultimo della Verita Assoluta. I raggi, il disco solare e la vita sull’astro sono intimamente legati, ma sono fonte di tre distinti oggetti di studio secondo tre livelli di comprensione. Parasara Muni, padre di Vyasadeva, che ha grande autorità in materia, spiega così il significato del termine sanscrito bhagan: colui che possiede senza limiti la bellezza, la ricchezza, la fama, la potenza, la saggezza, e la rinuncia. Ci sono migliaia di persone che sono ricche o potenti, belle e celebri, erudite o capaci alla rinuncia, ma nessuno può dimostrare di possedere integralmente tutti questi attributi. Solo Krsna può, perché egli è Dio, la suprema Persona. Nessuno gli è uguale o superiore. Egli è Bhagavan, il signore originale, chiamato anche ..Govinda, ed è la causa suprema di tutte le cause..
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