26/01/18

Mark E. Smith: la musica perde uno dei suoi personaggi più distintivi e inimitabili

Mark E. Smith, prolifica e abrasiva leggenda del post-punk britannico, fondatore, leader e unico membro stabile del gruppo The Fall ci ha lasciato. Aveva 60 anni.
La manager, Pam Van Damned (!) ha detto che se n'è andato nella sua casa mercoledì. Non si conosce ancora la causa della morte.
I Fall hanno pubblicato 32 album in studio, l'ultimo, New Facts Emerge, nel 2017 e circa 25 dischi dal vivo nel corso della carriera.
Pur non avendo mai avuto un gran successo commerciale, la musica di Smith ha avuto un enorme influenza su moltissimi artisti. Non si contano gli omaggi e le collaborazioni: Gorillaz, Elastica, Coldcut, Mouse on Mars e moltissimi altri, con collaborazioni extramusicali come quella con il coreografo Michael Clark.

Nessun altro dei gruppi New Wave / Post/Punk originali ha avuto così lunga vita. Oltre 40 membri, 30 line-up, i Fall hanno inizialmente costruito la loro fama negli anni attraverso lunghi tour. 
Figura di culto enigmatica, con una reputazione terrificante per il carattere bizzoso, irritabile, irascibile e sempre intenzionalmente fuori moda, Smith non era esattamente il beniamino della stampa musicale. Bevitore incallito.
Leggende narrano di licenziamenti per un capriccio, di mogli e ex fidanzate abbandonate su un'autostrada in mezzo a una tormenta di neve, di voci su musicisti scaricati nelle foreste svedesi, storie di "tensione creativa" e torture psicologiche. Ma anche tante testimonianze (donne, amici, musicisti..) di generosità e gentilezza straordinarie: di come veniva loro in aiuto quando ne avevano bisogno, o di essere portati in giro per il mondo.

Parlando dei continui cambi di musicisti nella band: "Se vedi tua nonna e me che suono i bonghi su un palco, allora sei ad un concerto dei Fall!".
Il nome, The Fall, venne scelto dall'omonimo romanzo di Albert Camus (La Caduta, la storia dell'avvocato Jean-Baptiste Clamence, emblema dell'uomo che vive nell'assurdo..) del 1956.
Ho visto Mark E. Smith anni addietro in un mitico concerto a Roma, al Brancaleone, sempre visibilmente al comando, come un folle caposquadra di cantiere, aggrappato al microfono cantando (o piuttosto emettendo rumori) i testi come se fossero ordini, mentre la band, rannicchiata dietro di lui, martellava il suo tipico sound ipnotico, gelido e polveroso. Non un tipico live-rock, ma qualcosa più simile alla fantascienza musicale!
 
"Continuerò a farlo finché potrò". Il suo amore e il suo impegno per i Fall è stato totale. Dice tutto di lui il fatto che ha continuato a esibirsi fino alla fine, anche visibilmente malato e su una sedia a rotelle. Un personaggio unico e irripetibile..



















24/01/18

"Evil Spirits", il ritorno dei Damned e il mio Best of






I DAMNED sono stati uno dei gruppi più influenti non solo del punk rock: un'eredità pesante per generazioni di rockers. Il loro è stato un autentico viaggio musicale, che ha visto il quintetto in perenne evoluzione, esplorando coraggiosamente panorami e suoni ben oltre i loro esuberanti inizi. A circa dieci anni dall'uscita del loro ultimo album in studio,  So, Who's Paranoid?, molto apprezzato da critica e fan,  ritornano con il nuovo "Evil Spirits", che sarà pubblicato il 13 aprile su Search And Destroy / Spinefarm Records, ed è preceduto dal singolo "Standing On The Edge Of Tomorrow", da ieri streaming online e apripista per il prossimo tour nel Regno Unito a partire dal 26 gennaio. "Evil Spirits", è prodotto dal leggendario Tony Visconti, che ha lavorato con molti grandi nomi nel panorama Rock, e antico sodale di David Bowie, con cui ha realizzato una delle più grandi trilogie della musica alternativa. Visconti ha sfruttato appieno le sue attrezzature vintage per il nuovo disco Damned. C'è qualcosa di meraviglioso nei suoni degli anni settanta; dischi glam, rock e punk, suonano tutti alla grande. Ha fatto registrare tutti i brani in studio ma suonati.. dal vivo, con l'obiettivo di ottenere qualcosa che si avvicinasse il più possibile al vecchio sound graffiante  della band.
Riuniti con l'ex bassista Paul Gray (che con Vanian e Cap Sensible aveva suonato in "Black Album" e "Strawberries" nei primi anni ottanta ), i vecchi dannati hanno sfornato canzoni che possono sembrare abbastanza gioiose ed edificanti musicalmente, ma alcuni dei testi, come il nuovo singolo Standing On The Edge Of Tomorrow, risultano piuttosto oscuri.

BEST OF...
Per quanto riguarda il best, per i Damned è risultato ancora più difficile rispetto ad altri gruppi. Il mio amore per la band è di vecchissima data, incondizionato e immutato ancora oggi. Avendo tutta la discografia, compresi bootleg e rarità, è stata una stretta al cuore escludere brani. Alcuni dischi meritavano di essere inclusi per intero, come Strawerries  e Phantasmagoria, che rappresentato momenti diversi di evoluzione e innovazione.  Ma.. non si poteva.Troverete poi alcune canzoni in diverse versioni, perché essenzialmente i Damned sul palco sono sempre stati qualcosa di veramente travolgente. Quindi, meno di una settantina di brani proprio non ce l'ho fatta a ridurre. Buon ascolto comunque, per chi ama The Damned, contro la mediocrità imperante e l'intrattenimento plastificato dei nostri giorni,  so che sarà cosa molto gradita...
EVIL SPIRITS  download

                                                           

 
MY  BEST OF...THE DAMNED!
 




20/01/18

Margaret Atwood scrive sul movimento #MeToo

«Sembra ci sia un’intera nazione piena di giovani donne che non sanno chiamare un taxi»
Caitlin Flanagan

 Margaret Atwood, l’autrice di The Handmaid’s Tale si interroga su cosa significhi essere una “cattiva femminista” e invita alla cautela quando si tratta di ritenere colpevoli gli accusati di molestie

Da paladina del femminismo a cattivo esempio e accusatrice degli stessi movimenti femminili il passo di questi tempi è breve. La prolifica scrittrice canadese è divenuta negli ultimi anni un’icona di un rinnovato movimento di liberazione femminile dopo che alcuni suoi romanzi, in particolare Il racconto dell’ancella e L’altra Grace, sono divenuti delle popolari serie tv (The Handmaid’s Tale, che abbiamo più volte consigliato e Alias Grace) focalizzando l’attenzione sul ruolo spesso vilipeso delle donne. Ora però l’autrice è sotto attacco per le sue posizioni sul movimento #MeToo e per un suo editoriale pubblicato sul quotidiano canadese The Globe and the Mail.
Questa è la traduzione (e scusate qualche licenza che ci siamo presi) della lettera, in cui scrive che le donne non sono solo buone e angelicate, altrimenti non esisterebbe un sistema legale, che una persona non può essere colpevole solo perché accusata, e che «in tempi estremi, gli estremismi vincono», e si finisce per dividere in tifoserie situazioni complesse: da una parte chi sta con gli stupratori, dall’altra chi con gli illuminati.
La riteniamo (la lettera) un validissimo contributo, anche alla luce di nuovi episodi di presunti stupri, come quello di James Franco e del comico  Aziz Ansari, sputtanato online per.. "un appuntamento finito male"

"Sembra che io sia una "cattiva femminista". Posso aggiungere questo alle altre cose di cui sono stata accusata dal 1972, come scalare la fama su una piramide di teste decapitate di uomini, di essere una dominatrice incline alla sottomissione degli uomini (una persona retta, completa con una illustrazione di me in stivali di pelle e una frusta) e di essere una persona orribile che può annientare - con i suoi poteri magici di strega bianca - chiunque, nei salotti di Toronto, sia critico . Sono così spaventosa! E ora, a quanto pare, sto conducendo una guerra alle donne, come la cattiva femminista misogina e stupratrice che sono.
Come sarebbe una buon femminista agli occhi dei miei accusatori?
La mia posizione fondamentale è che le donne sono esseri umani, con tutta la gamma di comportamenti santi e demoniaci che questo comporta, compresi quelli criminali. Non sono angeli, incapaci di commettere errori. Se lo fossero, non avremmo bisogno di un sistema legale.

Né credo che le donne siano bambine, incapaci di agire o di prendere decisioni morali. Se lo fossero, torniamo al 19 ° secolo, con le donne che non dovrebbero possedere proprietà, avere carte di credito, avere accesso all'istruzione superiore, controllare la propria riproduzione o votare. Ci sono gruppi potenti in Nord America che spingono per questo programma, ma di solito non sono considerati femministe.

14/01/18

Disordine e anarchia: dove nasce l'arte

Laurie Lipton
Eh, le nostre stanze, le nostre case, le nostre.. passioni. Un buon studio per un artista è tutto, il posto forse più importante. E quelli più creativi (compresi i nostri!) possono a volte sembrare una discarica, o posti dove regna sovrano il disordine e l'anarchia. Ma è proprio in stanze come queste  che sono state create le più grandi opere d'arte, dove sono nate le idee più geniali.

Queste foto non sono glamour e mostrano gli artisti in uno stato naturale e quasi senza filtro. Questa è la storia dietro le quinte. Le immagini ci restituiscono gli artisti nelle loro quotidianità e nel loro lavoro, e tra mostri sacri, visionari, pop, avanguardisti, abbiamo scelto come al solito quelli di nostro gradimento, che sentiamo più vicini con la loro arte e personalità..
(via Bored Panda)





Pollock

Bacon


Alfred Roll

11/01/18

Hepcat, Marcus Garvey era un eroe nato in Giamaica

Marcus Garvey era un negro nato in Giamaica
Marcus Garvey era un eroe nato in Giamaica
Sposò due mogli di nome Amy e Aimee
Aveva due figli, quelli di Amy
Uno è un dottore
Uno è un insegnante
Alcuni dicono Garvey Ded-o
Alcuni dicono di no Ded-o
Alcuni dicono di conoscerlo
Alcuni dicono che non lo conoscono..
Ho incontrato alcuni fanatici
l'altro giorno
hanno un piano indescrivibile..


Hepcat - Scientific




10/01/18

Philip Seymour Hoffman ci manca

Philip Seymour Hoffman è uno degli attori e artista più amato qui su INTERZONE. Lo ribadisco dopo aver già espresso il concetto in altri post su questo blog. Protagonista e comprimario, in ruoli drammatici, comici, in film d'avventura, di fantascienza, biografici, commedie, schivo e riservato, lontano dallo star system, Philip Seymour Hoffman  ci manca, e tanto. 
 
Muore domenica 2 febbraio del 2014 a soli 46 anni.
Uno dei migliori attori della sua, della nostra generazione.
Ricordo le mie prime reazioni: shock e tristezza. Come è stato possibile? Giovane, dotato, un vero talento.
Philip “elevava qualsiasi film in cui recitasse” –  e con un volto e una personalità inconfondibili.
E poi le linee temporali hanno iniziato a essere riempite di clip, una dopo l'altra, più di due decenni di lavoro ricco, variegato e sincero: la cascata di link su YouTube ha confermato qualcosa che troppo spesso si dava per scontato: Philip Seymour Hoffman era un attore straordinario - credibile, sfumato, intelligente, spesso elettrizzante . E, soprattutto, versatile. Anche se aveva le sue specialità (sguardo triste, genio impaziente, ghigno compiaciuto..), non ha mai dato due volte la stessa interpretazione. Nel suo lavoro c'era un filo comune: era un attore di straordinario controllo. Molte delle sue migliori performance hanno trasmesso quel controllo, e anche quando ha interpretato personaggi dal carattere difficile e disordinato, non c'è stata mai la sensazione (e la paura) che Hoffman perdesse il controllo. E questo, più della sua età o della sua persona o dei dettagli sordidi della sua morte, è la cosa più sconvolgente della vicenda: aveva perso il controllo di una dipendenza paralizzante.

Lo shock della sua morte, su come sia avvenuta rispecchia l'affetto e l'amicizia che avevo provato quando Hoffman era andato in riabilitazione - non per l'alcol o per le pillole, tossicodipendenze più comuni nello star system, ma per liberarsi dell'eroina. È una cosa seria e, anzi, era una storia di dipendenza che risale ai suoi vent'anni. Una storia.. comune a molti. Ma nonostante questo, l'immagine del geniale Hoffman morto nel suo bagno, un ago nel braccio, ci porta in una dimensione molto diversa ad esempio, dalla morte simile di altri personaggi: prendiamo quella di John Belushi.

L' immagine di Belushi era quella di Bluto Blutarsky, in Animal House; quando pensiamo a Philip Seymour Hoffman, pensiamo al Lancaster Dowd di The Master, ispirato a Scientology (Coppa Volpi a Venezia ex aequo con Joaquin Phoenix) o al suo brillantemente astuto Gust Avrakotos ne La Guerra di Charlie Wilson, o al suo affamato Truman Capote in Capote (per cui ha vinto il suo Oscar) . Non si possono conciliare nell'uomo capace di queste interpretazioni, il potere dell'attore e quello della dipendenza, che lo ha portato alla morte. Ma ci sono altre performance che suggeriscono quei demoni mai soppressi. C'è il suo lavoro potente e silenzioso in Love Liza, (Per Amore di Liza) col web designer schiavo della benzina che usa come anestetico al dolore esistenziale dopo il suicidio di sua moglie. (Voci, dicono che le continue ricadute di Hoffman potrebbero essere causate da una separazione dopo 15 anni di convivenza..). C'è la sua poco apprezzata trasformazione nel notevole La doppia vita di Mahowny , storia vera di un bancario canadese con una dipendenza dal gioco d'azzardo incontrollabile, il tossico dirigente immobiliare disperatamente in cerca di denaro di Onora il Padre e la Madre: vederlo in questi film, il modo in cui il suo personaggio non solo suddivide la sua dipendenza, ma che diventa uno schiavo infelice, a quanto sembra, ora, sia illuminante. Altre performance che continuano a tornarci in mente, Il dubbio, accanto a Meryl Streep, per il suo ruolo di sacerdote sospettato di aver abusato di uno studente di colore dal giorno della notizia della tragedia; il suo Phil Parma in Magnolia di Paul Thomas Anderson. Anderson ha lavorato con Hoffman cinque volte, gli ha affidato parti che qualsiasi attore avrebbe voluto interpretare, dal depresso disperato di Boogie Nights al sudicio pericoloso in Punch-Drunk (Ubriaco d'amore) al carismatico prevaricatore e ingannatore in The Master. Tutto è stato scritto per Philip, ma la parte dell'infermiere di grande dolcezza e umanità in Magnolia, è sembrata un suggerimento che questo personaggio fosse il vero Phil. In questo magnifico film, mantiene un rapporto allegramente volgare con il suo paziente che sta per morire, (un sempre grande Jason Robards), è sensibile ai malumori della moglie selvaggia e instabile del suo paziente e quando gli viene chiesto di rintracciarne il figlio con cui non ha rapporti da anni, è impossibile dimenticare la telefonata con questo sconosciuto, così semplice, così contenuta, ma così potente. In questo grande e coraggioso film, pieno di tossicodipendenti e misogini e abusatori e vittime, Phil di Hoffman non è la stella del film, ma in molte scene, è un personaggio puramente reattivo e potente. Philip Hoffman era sempre così coinvolto nelle scene dei suoi film che non si può distogliere lo sguardo dai suoi personaggi, anche se non era la star.


Come dimenticare i suoi film "musicali", Quasi famosi, nei panni di Lester Bangs,  Jack Goes Boating, una commedia in cui veste i panni di Jack, personaggio timido e socialmente inetto, autista di limousine appassionato di reggae, il Dj di Radio Rock, e ancora Boogie Nights, Il grande Lebowski..

Probabilmente il miglior attore della sua generazione, uomo schivo e riservato, una moglie, due figlie, poco o nulla si sapeva di lui. Niente a che fare con lo star system, niente spot, niente gossip. Neanche bellissimo, ma affascinante, sì.
Oltre al suo trasformismo straordinario, questo è quello che ci mancherà forse di più..
 
 
 

 

06/01/18

All Blues..





All Blues

 

Chet Baker

The sea, the sky.
And you and I.
Sea and sky and you and I.
We are all blues.
All shades, all hues
We are all blues;
Some blues are sad.
And some blues are glad.
Dark and sad,
Oh, bright and glad.
We are all blues.
All shades, all hues... Yeah.
We are all blues.
The sea, the sky.
And you and I.
Sea and sky and you and I.
We are all blues.
All shades, all hues
We are all blues;
Some blues are sad.
And some blues are glad.
Dark and sad,
Oh, bright and glad.
We are all blues.
All shades, all hues... Yeah.
We are all blues.
All shades, all hues... Yeah.
We are all blues.
All shades, all hues... We are all blues.



04/01/18

5 Documentari su You Tube

Non abbiamo sempre desiderato saperne di più sui nostri scrittori preferiti Alcuni di essi sono timidi, solitari, bevono grandi quantità di caffè e alcol : non è facile scoprire a fondo le loro personalità. I documentari ci aiutano a volgere uno sguardo sul loro processo creativo, sulle loro ossessioni e su come scolpiscono le loro storie.
Interzone ha una predilezione per i documentari, ne abbiamo presentato molti su musica, cinema ed altro. Qui ne abbiamo scoperto alcuni su grandi scrittori di nostra preferenza, tutti disponibili su YOUTUBE, da guardare comodamente su pc e cellulare. Sono bellissimi, penetranti e stimolanti e permettono di ascoltare la voce di geni del calibro di JG Ballard, che ci racconta la sua fascinazione per le autostrade, Margaret Atwood, che approfondisce le tematiche del suo distopico e bellissimo The Handmaid's Tale, (Il racconto dell'ancella) da cui il pluripremiato serial, (che tutti dovrebbero vedere), Sylvia Plath che ci svela la fonte delle sue poesie.


JG Ballard
Pubblicato nel 2014 il documentario sull’autore di alcuni tra i più grandi capolavori della letteratura distopica dura meno di un’ora. Ripercorre una carriera durata cinquant’anni e ricorda i momenti di difficoltà, come quando un recensore definì Crash l’opera di un grave malato mentale.
Celebrato per la cosiddetta trilogia dei disastri urbani (Concrete Island, High-Rise, Crash), Ballard ci guida attraverso la sua carriera nell'arco di 50 anni, comprese le polemiche sulla pubblicazione di alcuni dei suoi romanzi. Oltre al suo interesse per la connessione tra erotismo e incidenti stradali, Ballard ci racconta la predilezione per i paesaggi urbani, le highways, i parcheggi a più piani e gli hotel abbandonati: tutti gli elementi costitutivi dei mondi immaginari in cui ci siamo immersi così tante volte. È ora di rileggere High-Rise.
 
 

 

02/01/18

Dalle tombe al mainstream. Ecco a voi il 2018! Bauhaus Live 1998


31/12/2017
Lavoro pressante, con aspettative sempre troppo alte. E poi, bilanci esistenziali, il clichè per cui durante le festività nataliziea bisogna essere tutti felici. Un mix esplosivo di sentimenti e condizioni, che alcuni chiamano il Christmas Blues. L'obbligo di dover festeggiare che si percepisce e che deriva dall'idea stereotipata del Natale e del Capodanno, veicolata soprattutto dai media e dalla pubblicità. E allora vai con il senso di tristezza e depressione,  disturbi vari e attacchi di panico. E' una sorta di 'effetto post partum natalizio', diceono gli esperti. Ma noi, di fronte alle feste ed ai rituali, ce ne freghiamo.. E contrapponiamo al Capodanno istituzionale con feste chiassose, concerti in piazza con le solite mummie imbalsamate, balli con musica disco che ci rivolta, botti e pistolettate varie, una buona cena tra gli intimi, tanta birra scura, vino bianco, candele e tanto, tanto..buon vecchio Goth.
Sul Goth abbiamo letteralmente messo una pietra tombale con questo post di un pò di tempo fa, con tanto di glossario e playlist, ma vogliamo chiudere quest'anno con una delle band della nostra formazione. Non mi dilungo: i primi giri di basso che ho cercato di riprodurre sono proprio quelli di David J dei Bauhaus. Buon anno comunque a tutti, e se vi va, godetevi questo live del 1998, registrato all'Hammerstein Ballroom di New York City, il 9 e 10 Settembre. CHEERS!!!!

06/11/17

Fortissimi Cramps!

L’Irving Plaza è una vecchia sala dove agli inizi del novecento si esibivano i migliori teatranti dell’immigrazione europea, anche se, ancora prima, era stato il tempio della lirica, con il foyer rosso, i tappeti sgargianti, candelabri, cornici dorate e specchi giganti. Insomma, perfetto per accogliere i Cramps e i loro fan, che fanno a gara nello sfoggiare i migliori abiti demodé della loro collezione. Incredibili tute leopardate, zatteroni stratosferici, cappelli piumati a coprire capigliature impomatate, make up pesantissimi. Lo spettacolo, prima dello spettacolo, è grandioso. L'evento è sold-out, nonostante l'esibizione del gruppo qualche giorno prima al Warsaw di Brooklyn. Ad aprire i Von Bondies, senza infamia e poca lode scompaiono presto dal palco, dopo appena due brani.

 Lux Interior è inguainato in un involucro nero e argento, Poison Ivy (Rorschach) è sempre uguale a se stessa, lo sguardo fermo da femme fatale fende la folla ammaliata. Sono sempre gli stessi, lontani da ogni moda, e in fondo è questo che entusiasma i fan che ancora seguono e adorano la band. Sempre lontani dai cliché imperanti, i Cramps non si curano della loro staticità: d'altronde, se i due non avessero deciso di formare un gruppo a Akron, in Ohio, Lux avrebbe continuato a fare il Dj per qualche oscura radio Usa, sempre con la testa proiettata indietro di 20 anni.
Un ora e mezza di originale e devoluto psycobilly, urticante mescolanza di sonorità rock'n'roll e frenesie psicotiche: questi sono i Cramps, all'Irving: 45 minuti di riscaldamento e poi uno show che diventa davvero ..lurido. Di tanto in tanto Lux si sfila i decolté che sputano acqua come fontane, il sudore fuoriesce dai polsini della maglia, dal colletto, una signora di mezza età che applaude dal primo piano della sala. l'ultima parte del set Lux se la gioca con un dancefloor ricavato sul momento da una delle casse sospese sulla sala, finge orgasmi, l'asta del microfono né la sua maitresse.
L'industria si può impossessare di tutto, del low-fi, della science-fiction ma vedere sul palco gente come i Cramps che ha continuato a suonare ad una età in cui il resto dell'umanità si lascia ingoiare dalla routine dell'ufficio, si concede di bere solo il venerdì sera e aspetta di incanutire, è davvero una panacea..

Prima della prematura scomparsa Lux Interior rispondeva come 25 anni prima alla domanda di come trascorreva il tempo lontano dal palco:
<<Scopo con mia moglie e ascolto musica!>>.
La signora Ivy, vero nome Kristy Wallace  si è sempre dedicata all'arte della chitarra: soprattutto una Gibson ES 295 del 1962, mai usata dal vivo e ben custodita a casa. Negli spettacoli invece usava sempre una Gretsch del 1958. I Cramps ascoltavano  Rock'n'Roll degli anni '50 e '60, ma anche blues e un po' di roba anni '40 su vecchi dischi a 78 giri. Il suo entusiasmo per gli strani e più oscuri suoni della prima epoca rock era pari solo a quello di Lux.

<<Qualcosa di veramente singolare accadde alla musica strumentale tra il 1963 e il '64, la gente pensa che tra il Rockabilly e la British Invasion ci sia stato semplicemente il vuoto, ma quello che è invece il periodo in cui è fiorito il rock strumentale ed era davvero qualcosa di selvaggio. Non so come chiamare quel genere, non era certo rockabilly, lo definirei più 'stomping dance music' strumentale. La chitarra elettrica era ancora uno strumento nuovo per l'epoca e la gente restava impressionata dal tremolo o dal riverbero, tutti pensavano che quello fosse il suono del futuro, ecco perché senti la prevalenza di tanti sperimentalismi futuristici applicati a quella musica.>>
Era un piacere discorrere di musica  con Lux.



Fiends of Dope Island è stato l'ultimo disco dei Cramps, dopo quasi 6 anni di silenzio discografico, ed è stato prodotto dalla Vengeance, l'etichetta della band fondata nel 1978, e che Lux Interior e Poison Ivy Rorschach hanno rilanciato nel 2001pubblicando il loro intero post-I.R.S. catalogo (ad eccezione di Flamejob) su CD ampliati e rimasterizzati e su LP in vinile colorati. Ancora una volta pagando il loro tributo ai B-movie: il titolo deriva direttamente da The Fiends of Dope Island, pellicola del 1961 con uno dei più amati Tarzan cinematografici, Bruce Bennett, nei panni di un Robinson Crusoe sadomaso che colonizza una piccola isola dei Caraibi. Non contento di coltivare marijuana e contrabbandare pistole, ci porta pure una sexy dancer Glory La Verne per suo piacere!

<<Ogni volta che cercavamo di lavorare al nuovo disco succedeva qualcosa: prima un overdose del nostro produttore, poi mentre discutevamo del nuovo contratto, è stato arrestato. In seguito, abbiamo affrontato uno dei nostri potenziali editori in tribunale, per non parlare del rapporto disastroso con la Epithaph. Nel frattempo abbiamo comprato una fantastica Buick Riviera del '72 e deciso di produrci il disco in proprio, senza scadenze e contratti da rispettare.. Così è nato The Fiends of Dope Island.>>

A Lux Interior, Erick Purkhiser all'anagrafe, appassionato di arte e sciamanesimo, LSD e fan di Alice Cooper piaceva molto la fotografia. Possedeva più di 150 macchine fotografiche, tanto che per la copertina dell'album fu scelta una sua immagine. L'idea di mettere Poison Ivy sulle copertine degli album precedenti dei Cramps fu sua, pensava che avrebbero venduto di più. Dal vivo i Cramps hanno sempre spaccato, a differenza di altre band simili che sul palco sembrano ripetere un copione senz'anima. Come sempre gli show prevedevano una scaletta che pescava soprattutto dagli album vecchi, con Lux ad affogare il microfono nel suo condotto vocale, grande, rauco e spettrale; invocava demoni e vampiri. All'epoca dei concerti al CBGB e al Max's Kansas City andavano via più di una dozzina di microfoni a serata, ingurgitati, violentati durante i set furibondi. chi osava avvicinarsi alla chitarra di Ivy si beccava sonori calcioni ovunque capitasse. Fortissimi Cramps!

Coniugando una bizzarra mescolanza di rockabilly, b-movie degli anni '50, sesso perverso i Cramps furono una creazione veramente molto americana in cui affluivano 50 anni di cultura pop a stelle e strisce: il mondo dei mostri al drive-in, delle Cadillac, dell'hamburger, di Jayne Mansfield e della Fender Stratocaster,   mai con la stessa risonanza psichica dell'originale, i Cramps hanno celebrato tutto ciò che è sporco e brutto con una gioia perversa che ha attirato migliaia di fan: con la loro decadenza carnosa,  l'intera scena psichobilly sarebbe impensabile senza di loro. La loro influenza sulla rinascita del movimento rockabilly e su tutta la scena rock alla fine degli anni settanta, anche se poco riconosciuta, è stata primordiale.
Non bisogna dimenticare l'apporto dei due chitarristi che hanno affiancato Ivy nei Cramps: Bryan Gregory, che con le sue distorsioni e i suoi rumori diede il tratto primitivo alla band che presto iniziò ad attirare sia i fan che i rumors con i loro spettacoli al CBGB e al Max's Kansas City.  Gregory lasciò senza preavviso il gruppo, e circolarono voci riguardo a un suo presunto interesse per il satanismo, ma Lux e Ivy smentirono queste voci, sostenendo che i problemi di Gregory erano più probabilmente il risultato della sua dipendenza dall'eroina. La band si spostò da N.Y. a Hollywood, dove reclutarono Kid Congo Powers, chitarrista dei Gun Club. Ai tambuti Nick Knox sostituisce Miriam Linna, sorella di Gregory e va a fondare Kicks Magazine frenetica rivista culturale.
Nel febbraio 2009, la triste notizia: Lux Interior se n'è andato, all'età di 62 anni, al Memorial Glendale Hospital dopo aver subito una dissezione aortica.

Tantissimi fino ad oggi i tributi riservati a Lux e alla sua singolare figura. Under Sacred Music: Early Singles 1978-1981 è un bellissimo boxset dove ci sono le riproduzioni dei primi dieci 45 giri in vinile, i primi dieci singoli dal 1978 al 1981, più cartoline e altra memorabilia.
Esiste anche una versione in CD, di questo che è  un'introduzione o un promemoria notevolmente vicino alla perfezione della carriera dei Cramps .

Smell of Female  è invece un tempestivo richiamo alla passione, alla prescienza e all'originalità che era inerente alla musica dei Cramps. Buon ascolto..





03/11/17

Dead Kennedys Live CrossRoads Roma




Le bellissime foto di Roberto Scorta del concerto dei Dead Kennedys al CrossRoads di Roma 28-10-2017  - (click per ingrandire)
Noi c'eravamo!





Opening



Fun


DH Peligro


Bay Ray Guitar


Skipp & Ray


Skip


Bay Ray



Fun


Klaus & Ray



Skip


D. K.






 

14/10/17

D.B. Cooper, la misteriosa storia di un «nondescript man»


Siamo inciampati in questa storia, pubblicata dal Il Post e la riproponiamo. D.B. Cooper entra di diritto e per direttissima nelle Spiritual Guidance di INTERZONE. Senza ombra di dubbio. Buona lettura...

Dan Cooper è un poco conosciuto personaggio di fumetti creato in Belgio negli anni Cinquanta: è un aviatore canadese, famoso tra le altre cose per la sua abilità nell’usare il paracadute.

Dan Cooper è anche il nome con cui un uomo si presentò all’aeroporto di Portland, in Oregon, la mattina del 24 novembre 1971. L’uomo andò al banco della Northwest Orient Airlines, e comprò un biglietto sola andata per Seattle, nello stato di Washington: un volo corto, di circa mezz’ora, con un Boeing 727-100. Una volta a bordo Cooper fumò qualche sigaretta Raleighs, ordinò un bourbon e soda e poi chiamò accanto a sé l’assistente di volo Florence Schaffner. Le diede un bigliettino su cui c’era scritto che aveva una bomba e le mostrò una valigetta al cui interno c’erano cavi e cose che sembravano confermarlo: per non farla esplodere chiese 200mila dollari (pari a più di un milione di dollari di oggi) e quattro paracadute, da farsi consegnare all’aeroporto di Seattle-Tacoma. L’aereo atterrò, Cooper ottenne quanto aveva chiesto, lasciò andare quasi tutte le persone che erano a bordo e, tenendo qualche membro dell’equipaggio sull’aereo, ordinò di prendere il volo. A un certo punto, poco dopo, prese un paracadute e si lanciò dall’aereo con i 200mila dollari. Non fu più visto da nessuno.

Sono passati quasi 45 anni e Cooper non è mai stato trovato. Ci sono state indagini, ipotesi e teorie, ma niente di sicuro: non sui soldi, non sulla sua vera identità, non sul fatto che sia o meno riuscito a sopravvivere al lancio. Il 12 luglio di quest’anno l’FBI, l’ente investigativo della polizia federale degli Stati Uniti, ha detto di aver deciso di «destinare altrove le risorse investite richieste dell’indagine su Cooper». Il comunicato dell’FBI sembra quindi essere l’ultima evoluzione di una stramba e spettacolare storia da film. È divisa in due tempi: del primo, quello fino al lancio con il paracadute, si sa quasi tutto; nel secondo ci sono invece molte pochissime cose certe.

Il cognome del protagonista è Cooper, ma già sul suo nome iniziano i problemi: all’aeroporto disse di chiamarsi Dan, quasi certamente con un implicito riferimento al personaggio dei fumetti. Per via di un errore di qualche giornalista nei primi giorni in cui si parlò del caso il suo nome è diventato per tutti D.B.. Persino l’FBI ha sempre parlato di “caso D.B. Cooper”, pur ammettendo che al banco dell’aeroporto lui disse solo di chiamarsi Dan Cooper.
 
In base a quanto raccontato dalle persone che lo videro all’aeroporto di Portland e poi sul volo verso l’aeroporto di Seattle-Tacoma, Cooper era alto circa un metro e 80 centimetri, aveva tra i 40 e i 50 anni e indossava mocassini, un completo scuro con camicia bianca e un impermeabile. Cooper aveva anche una cravatta nera J.C. Penney con un fermacravatta di madreperla (cravatta e fermacravatta furono trovati sull’aereo). L’FBI ha sempre parlato di lui come di un «nondescript man», una persona ordinaria, senza nessun segno particolare. Cooper pagò in contanti il suo biglietto sul volo 305 e salì a bordo con la sua valigetta. Iniziò così quella che l’FBI ammette essere «uno dei più grandi misteri irrisolti della sua storia».
 

16/07/17

"Nessuno mi conosce veramente". Johnny Thunders


...Johnny Thunders
 
"Molte persone mi amano, molte persone mi odiano - non c'è via di mezzo. Ed è così che preferisco".
 
"Non cambierei niente, tranne il mio conto in banca".
  - Johnny Thunders

"Le sole cose tecniche che conosco sono treble, volume e reverb, ecco tutto".
  - Johnny Thunders

"Le N.Y. Dolls erano un atteggiamento, se non altro... un ottimo atteggiamento".
  - Johnny Thunders




Poche righe per Johnny Thunders (15 luglio 1952 - 23 aprile 1991), nato John Anthony Genzale, Jr., chitarrista, cantautore e punk rocker americano. Alla ribalta nei primi anni '70 come membro delle New York Dolls, in seguito con gli Heartbreakers e come artista solista. Johnny è nato nel Queens, New York, nel 1968 inizia a frequentare il Fillmore East e la Bethesda Fountain a Central Park nei fine settimana. Mariann, sua sorella maggiore, gli stila i capelli come Keith Richards: Johnny assiste a un concerto degli Stones con la sua fidanzata, Janis Cafasso, al Madison Square Garden nel novembre 1969, nasce così suo progetto di mettere insieme una band, proprio sulla scia di Jagger/Richards.
Verso la fine del 1970, incontra al Nobodys, un club su Bleecker Street nel West Village le future bambole Arthur Kane e Rick Rivets. La band si chiama Actress che più tardi, con David Johansen, Sylvain Sylvain e Billy Murcia, si tramuta nelle New York Dolls. Cambia anche il suo nome in "Johnny Thunders", ispirato da una canzone omonima dei Kinks..e da un eroe di un fumetto. Il resto è tutta una cavalcata in puro e semplice stile Rock'n'Roll. I Dolls hanno influenzato tutti quelli che sono arrivati dopo. Kiss, Bowie, Aerosmith e tanti altri, hanno tutti copiato dal loro look pazzesco: travestimenti, trucco pesantissimo, zatteroni e un sound mai sentito prima correlato da testi mai banali. Due album troppo avanti per i tempi, insuccesso commerciale e l'uso smodato di droghe presto distruggono la band, nonostante Malcom McLaren, arrivato dall'Inghilterra per dare nuovo slancio alla band: le bambole si esibiscono con la bandiera rossa con falce e martello sullo sfondo, ma i fan non apprezzano.

Compositore di immenso talento, grandissimo innovatore, antieroe per eccellenza fautore di caos musicale e creativo, avanguardia della cultura della strada e un stile unico alterna performance straordinarie ad eccessi con alcol e droghe. Con l'amico Jerry Nolan alla batteria, Richard Hell dei Television al basso e Walter Lure alla seconda chitarra forma gli Heartbreakers. Autentica macchina da guerra del R' n' R , precursori con un sound potente e rivoluzionario subiscono l'ostracismo dei discografici americani e non vengono capiti dal pubblico, tanto che è in Inghilterra che troveranno un contratto e una fama riconosciuta dopo aver partecipato all'Anarchy Tour con Sex Pistols e Clash.
L.A.M.F.(Like A Mother Fucker) viene pubblicato nel 1977 dalla Track Records, con Billy Rath che sostituisce Hell al basso ed è l'unico album di studio del gruppo statunitense. Anche se la registrazione del disco è problematico, sofferto, con un mixaggio approssimativo e le vicissitudini personali dei componenti del gruppo ad influenzare le session, L.A.M.F è un album epocale, un classico con un misto di punk, R&B e rock and roll al fulmicotone e un singolo che diviene un inno di un intera generazione: Born to Loose. E' un album che mi ha colpito al cuore, sempre tra i primi dei miei ascolti, nonostante la bassa qualità sonora. L'album è accolto bene dalla critica ma come sempre non viene premiato dal grande pubblico: canzoni come Baby Talk, All By Myself , I Wanna Be Loved, It's Not Enough, Chinese Rocks (scritta con Dee Dee Ramone), Get Off The Phone, Pirate Love verranno esaltate solo negli anni a venire e dopo la scomparsa di Johnny. Dopo una serie di tour estenuanti e la pubblicazione di album live anche gli Heartbreakers si frantumano. Johnny inizia una carriera solista che porta alla pubblicazione nel 1978 di un album bellissimo, So Alone, con brani che restano nella storia non solo del punk: Pipeline, You Can't Put Your Arms Around a Memory, London Boys, Leave me Alone.
Johnny Thunders pubblica altri album da solista con varie collaborazioni, Diary of a Lover,  In Cold Blood, Hurt Me, Que Sera Sera,  Copy Cats, album sempre troppo personali, intimi e originali per essere compresi. Subisce la medesima sorte di molti artisti geniali, l'ostracismo e la diffidenza, la sua musica non vende e Johnny si abbandona. L'eroina che lo ha accompagnato per quasi tutta la sua vita artistica lo uccide a New Orleans il 23 aprile del 1991. Viene trovato in un motel da un altro bad boy e leggenda del Rock, Willy De Wille, che all'epoca abitava di fronte.




Scaricate e ascoltate..

L.A.M.F.






27/05/17

Project-TO, dal collettivo torinese trip-hop,dark ambient ed electro-techno



Riceviamo e volentieri pubblichiamo

Project-TO – Roger

Ritmica incessante che fonde trip-hop con astrazioni interplanetarie in perenne andirivieni tra stratificazioni dark ambient ed electro-techno: il collettivo elettronico torinese presenta il secondo video-single estratto dall'apprezzatissimo esordio “The White Side, The Black Side”.
Genere: techno, electronic, dark ambient, trip hop
Label: A21 Productions / Machiavelli Records
Release Date: 15.05.2017






Roger è il brano che chiude il primo lato di The White Side, The Black Side, elogiatissimo album di debutto di Project-TO, collettivo elettronico torinese composto da Riccardo Mazza (Battiato, Chick Corea, Gaber), Laura Pol e Carlo Bagini (Statuto, Righeira, Rettore).
Anche il video, parte integrante della videostory, conclude in modo simbolico il percorso onirico della protagonista, che dopo aver affrontato viaggi temporali e spaziali, essersi rapportata con l'altro e con il proprio doppio, affronta le paure più recondite rappresentate da un'invasione di insetti digitali. Il richiamo ai viaggi nello spazio esprime il superamento dell'angoscia esistenziale nello slancio verso il cosmo.


The White Side, The Black Side
https://soundcloud.com/project-to/sets/the-white-side-the-black-side

Project-TO nasce da un’idea di Riccardo Mazza (compositore, docente presso la Scuola di Alto Perfezionamento Musicale di Saluzzo, artista multimediale specializzato nella ricerca sonora sperimentale e nell’interactive design) e la fotografa e videomaker Laura Pol. E’ un progetto “autoriale" di musica elettronica e visual che, insieme al tastierista Carlo Bagini già noto per aver collaborato insieme a band come gli Statuto, Righeira e Rettore, si sviluppa dall'interazione di elementi puramente elettronici con composizioni originali eseguite dal vivo insieme agli elementi visivi anch’essi eseguiti in tempo reale durante il live set. Un progetto in continua evoluzione che trasforma lo spazio in cui vive, generando performance live differenti ad ogni esibizione.


Contatti
www.project-to.com
www.facebook.com/projectto




07/04/17

1981: Post Punk e New Wave in 9 playlist

Per molti anni, il blog Musicophilia è stata una fonte importante per la condivisione di playlist  strettamente tematiche, riguardanti il meglio tra i vari generi musicali, con particolare interesse verso il  postpunk. Si chiama Mix 1981 quello che Ian Manire, il suo curatore, aveva messo insieme nel 2004/2005 come un cofanetto con nove playlist messe a disposizione per amici e appassionati, con il solo costo per la spedizione. Queste sono le 9 playlist che compongono 1981: Feet”, “Convertible, 'Brain’,‘Heart’,‘Cassette’,‘Computer’,‘Fire’,‘Amplifier’e‘Ice’

Cramps, Flipper, Bad Brains, Klaus Nomi, Kraftwerk, Magazine, Ramones, Siouxsie & the Banshees, i Pretenders, Gang of Four, PIL, New Order, Talking Heads, Depeche Mode, Grace Jones, e Echo & the Bunnymen. Ma anche Comsat Angels, The Durutti Column, Lizzy Mercier Descloux, Bush Tetras, Cybotron.  L'obiettivo era di condividere l'infezione di ossessione, e si spera di ottenere un sacco di gente a comprare un sacco di musica e sostenere così gli artisti e le etichette responsabili
Quasi un'ossessione per questo genere di musica, che aveva raggiunto la sua massima profondità, ampiezza e la fecondità nel corso del 1981, e molti anni di gestazione e appassionato lavoro per esplorare e realizzare 251 tracce e 13 ore di musica, materiale mai reso disponibile per il download
Oggi, per la prima volta, Manire reso l'intero catalogo scaricabile, grazie anche  a Mediafire che ha eliminato il limite della dimensione dei file da scaricare. L'avvertenza però che questo download non sarà per sempre, quindi preparate il disco rigido,  non rimarrete delusi.
Sempre su  Musicophilia, si possono scaricare le 9 playlist anche singolarmente.
 
1981   Download 9 playlist


'The Dawning'

Sempre da Musicophilia noi abbiamo scelto un nuovo mix che segue alcuni degli artisti Post-Punk e New Wave attraverso il 1980 e in seguito, una miscela tra l'intelligenza dell' post-punk e le ambizioni maistream, con la gioia di vivere della nascente New Wave. L'arte dell'elettronica, dei sequencer e dei campionatori con l'organico dell'acustica e la strumentazione elettrificata: 'The Dawning'.
Forse questa musica può essere descritta ora come post-moderna . Una musica che non aveva paura di essere più che semplicemente “nuova”, che parla al corpo, alla mente, all'anima e al cuore. Opere di artisti maturi, tra cui The Blue Nile, Heaven 17, Dif Juz, Tears For Fears, Thomas Dolby, Talk Talk, Scott Walker, Scritti Politti, Arthur Russell, David Sylvian, This Mortal Coil e altri.  Una fonte di ispirazione per le persone che hanno un altrettanto sofisticata visione umanistica, come Bjork, CFCF, Matmos, Antony and the Johnsons, Fennesz, Junior Boys, Caribou, Terra, Joanna Newsom, The Knife, Anja Garbarek, Erykah Badu, Massive Attack, Stina Nordenstam, Sade, Portishead e innumerevoli altri. Una colonna sonora per passeggiate nei boschi e per le strade vuote della città. Questa playlist abita l'etereo e il fisico, la cinematica e l'intimo, il pastorale e il raffinato, l'orchestrale e il sintetico, il notturno e la luce nascente.
Vi rimandiamo comunque a Heart, una delle playlist contenute in 1981, antenato spirituale di 'The Dawning, la compilation che presentiamo qui, che segue i percorsi più spigolosi e più elettronici del post-punk.

'The Dawning’
(1981-1989)

Tracklist completa

Part I
01 [00:00] The Blue Nile – “Over the Hillside” (Hats, 1989)
02 [05:00] Heaven 17 – “Let Me Go” (The Luxury Gap, 1983)
03 [09:16] Hot Gossip – “Morale” (Geisha Boys and Temple Girls, 1981)
04 [12:18] Dif Juz – “The Last Day” (Extractions, 1985)
05 [16:13] Tears for Fears – “Start of the Breakdown” (The Hurting, 1983)
06 [21:03] Mick Karn – “Tribal Dawn” (Titles, 1982)
07 [25:12] Thomas Dolby – “The Flat Earth” (The Flat Earth, 1984)
08 [31:34] Peter Gabriel – “Zaar” (Passions, 1989)
09 [35:56] Nona Hendryx – “Off the Coast of Love” (Skin Diver, 1989)
10 [40:23] Cocteau Twins – “Lazy Calm” (Victorialand, 1986)
11 [44:34] Talk Talk – “I Believe In You” (Spirit of Eden, 1988)

Part II
12 [50:40] Comsat Angels – “After the Rain” (Fiction, 1982)
13 [54:31] King Crimson – “Two Hands” (Beat, 1982)
14 [57:48] Bel Canto – “Without You” (White Out Conditions, 1987)
15 [61:43] Scott Walker – “Dealer” (Climate of Hunter, 1984)
16 [66:33] Scritti Politti – “Absolute” (Cupid & Psyche ’85, 1985)
17 [70:53] Arthur Russell – “This Is How We Walk On the Moon” (Another Thought, 1984)
18 [75:34] David Sylvian – “Orpheus” (Secrets of the Beehive, 1987)
19 [80:20] Durutti Column – “Love No More” (Vini Reilly, 1989)
20 [83:06] Kate Bush – “Never Be Mine” (The Sensual World, 1989)
21 [86:42] David Byrne – “Ghosts” (The Knee Plays, 1985)
22 [89:54] Colin Newman – “I Can Hear You” (Commercial Suicide, 1986)
23 [94:16] This Mortal Coil – “Ivy and Neet” (Filigree & Shadow, 1986)
24 [99:04] Orchestral Manoeuvres in the Dark – “Of All The Things We’ve Made” (Dazzle Ships, 1983)

Total Time: [1:42:27]

 'The Dawning’  Download

05/04/17

Musica e arti grafiche: Cover d'elite

La copertina di un album è sempre stato un esempio calzante, un contributo spesso fondamentale per descrivere la direzione emotiva dell'intera opera. Il mondo dell’arte e quello della musica sono sempre stati collegati, e molte delle cover più importanti sono state realizzate non solo da fumettisti e disegnatori visionari, ma da studi e fotografi illustri (Andy Wharol è l'esempio più lampante).
Abbiamo spesso dedicato post alle cover, non solo musicali, ma anche editoriali, libri, fumetti ed altro. Oggi abbiamo scelto alcune cover per noi significative, e tralasciato, come sempre, quelle più famose e più rappresentate (Dark Side of the moon, Nirvana etc..), e non potevamo però inserire l'unicità della Banana di Wharol o l'essenza di Never Mind the Bollocks. Abbiamo scelto non in base ad una bellezza estetica o a virtuosismi stilistici, ma perché la copertina di un disco è la fotografia della società al momento in cui essa viene realizzata, è l'espressione del contesto, oltre che la percezione di quello che andremo ad ascoltare.
Il rapporto tra musica e arti grafiche era strettissimo nell’epoca del vinile, quindi iniziamo la nostra carrellata proprio dagli anni '50, per proseguire con l'intensificazione della sinergia nel corso degli anni ’60, ’70 e ’80. Ricordiamo che molti dischi sono ricordati per la loro copertina prima ancora che per la loro musica.

Elvis Presley - Elvis Presley 1956
La prima cover nel suo genere. Quella del debutto del Re del Rock'n'Roll che schizzò direttamente al top, n°1 della classifica Bilboard negli States. L'iconico album rappresenta l'alba del rock, con la chitarra posta al centro (quindi all'attenzione) invece del pianoforte, fino ad allora lo strumento predominante sulle copertine dei dischi. Era il 23 Marzo del 1956 e nessuno aveva visto una cosa del genere" . A poco meno di quattro dollari per copia, si trattò del primo album della Rca ad aver incassato oltre un milione di dollari a un solo mese dalla pubblicazione. Elvis Presley è poi diventato il primo album in assoluto ad aver venduto più di un milione di copie. La foto per la cover fu scattata da William V. “Red” Robertson durante uno show a Tampa. Quell’immagine, datata 1955, è diventata un'icona. Così tanto da non essere solo usata sui giornali e le locandine per pubblicizzare gli show del "Re", ma come vedremo tra poco, finire anche su dischi altrui.
 





The Clash - London Calling   1979
Spartiacque tra due decenni fondamentali per la musica. Insieme al precedente due classici album e due classiche cover. Anche a sguardi meno curiosi rivela la similitudine tra le due foto e le stampe. Senza malizia e perché consideriamo i Clash come una delle band che più ha contribuito al rinnovamento del rock diciamo che fu un tributo a Elvis. Al limite, gli copiarono solo il celebre.. ciuffo! Ray Lowry, curatore della grafica riportò fedelmente i colori ed il lettering di Elvis Presley e colloca il nome del disco nella identica posizione usata dal grafico del Re. La foto fu scattata alle 22.50 del 21 settembre 1979 al Palladium di New York da Pennie Smith.






John Coltrane - Blue Train 1957
Raramente un etichetta discografica ha prodotto così tante cover diventate poi "classiche" come la Blue Note, la seminale label di musica Jazz. Più di tutti hanno avuto un approccio consistente e evocativo, tanto da essere considerata la migliore arte grafica degli anni '50 e '60. Blue Train non fa eccezione. Fu il brillante secondo album del geniale sassofonista, di cui abbiamo parlato in questo post: The giant- John Coltrane






The Beatles - Revolver 1966
 Avremmo potuto scegliere la cover di Sgt. Pepper, che ha una classe a se stante. Tuttavia l'innovativo lavoro creato un anno prima da Klaus Voormann, un loro amico dai tempi di Amburgo, appunto la cover di Revolver, fu altrettanto creativa e influente nei tempi successivi: dopo tutto, dopo la mitica copertina di Sgt Pepper tutto sarebbe cambiato.
Revolver fu uno dei primi album dell'era psichedelica. Il collage di disegni e foto di Voormann riflettevano gli esperimenti con l'LSD dei Beatles durante la sua produzione.
“Voormann dichiarò al Guardian che John Lennon gli si avvicinò durante le registrazioni: “Hai qualche idea per la nostra nuova copertina dell'album?’ Ho pensato: Si! Dovevo fare una cover per la band più famosa del mondo!In momenti come questo, si potrebbe improvvisamente dimenticare che una volta erano stati dei ragazzini trasandati di Liverpool."
"Quando ho sentito la musica, ero scioccato. Era incredibile. Ma era anche spaventosa, perché l'ultima canzone era ‘Tomorrow Never Knows '".

Il testo di Tomorrow Never Knows, era stato adattato dal libro di Timothy Leary, The Psychedelic Experience: Un manuale basato sul Libro Tibetano dei morti e combinato con i loop estratti da nastri, vecchie registrazioni e il drumming ipnotico di Ringo Starr contribuì a creare l'atmosfera psichedelica - e l'arte della copertina di Voormann.
A Londra, lavorò tre settimane nel suo minuscolo appartamento, con penna e inchiostro nero per creare i quattro grandi disegni dei Beatles. Vennero combinati con un collage di foto in bianco e nero scattate da Bob Whitaker.
Il lavoro di Voormann su Revolver gli valse un Grammy per la Miglior Copertina per Album Musicali, che però non lo rese ricco. La casa discografica dei Beatles lo pagò solo circa 50 sterline.
“Io lo avrei fatto anche per niente", dichiarò. E ci crediamo, davvero!