05/11/11

Frullifer: Sul Ciclo di Eymerich


Valerio Evangelisti, scrittore ormai di culto,tra i più geniali ed originali nel panorama letterario italiano, tradotto e pubblicato in tutto il mondo. Noi di INTERZONE siamo fan accaniti del ciclo di Eymerich e in generale di tutta l'opera di Evangelisti, di cui è in imminente uscita il nuovo, monumentale romanzo, One Big Union, ambientato negli States a cavallo tra l'ottocento e il novecento, quando One Big Union significava una nuova concezione di sindacalismo, un fronte comune per opporsi al potere delle industrie, sempre più grandi ed organizzate.
Di seguito l'intervento di Jumpinshark,uno dei più lucidi e interessanti tra le tantissime pagine,recensioni,articoli in rete dedicati allo scrittore bolognese, fondatore e animatore del sito Carmilla on line.

Picatrix è il sesto romanzo del Ciclo di Eymerich, pubblicato nel 1998 direttamente su Urania [lo storico periodico di fantascienza della Mondadori], come i primi tre titoli della serie e a differenza dei due precedenti - Il mistero dell'Inquisitore Eymerich e Cherudek - proposti prima in Mondadori Superblues e quindi ristampati in Urania. Il ritorno alla pubblicazione originale su periodico [1] non significa per nulla una "retrocessione", proprio negli anni 1996-1999 esplode, su scala europea (Italia e Francia in testa), il fenomeno di Eymerich; Picatrix è infatti l'ultima opera di Evangelisti pubblicata in prima edizione in edicola, tutti i suoi testi successivi compariranno direttamente in libreria, in forma di (para)tascabili e, negli ultimi anni, di (para)rilegati (qui la distinzione vera si fa sul prezzo di copertina). La spiegazione forse più semplice della scelta di distribuzione editoriale di Picatrix è data dalla prolificità (o dalla profondità dei cassetti...) di Evangelisti in questa prima fase del ciclo di Eymerich - sei romanzi in tre anni e mezzo, da Ottobre 1994 a Marzo 1998 -, difficilmente contenibile nei limiti tradizionali dell'"offerta da libreria".
Lo scrittore non diminuirà il ritmo della sua produzione negli anni successivi, anzi all'opera narrativa si affiancherà un'importante attività critica, e in tutte e due queste manifestazioni la formazione di storico (con diverse pubblicazioni all'attivo e sporadici graditi ritorni) sarà sempre al lavoro. Il ciclo di Eymerich subirà invece un rallentamento drammatico (l'espressione non è assolutamente di circostanza per tutti i fan!): il tempo di attesa per gli quattro romanzi sarà di dodici anni e mezzo, da Marzo 1998 a Novembre 2010, data di uscita del volume finale, Rex Tremendae Maiestatis.

Tra Agosto 1997 e Agosto 1998 Evangelisti compare ben quattro volte in Urania con Picatrix (1330, Marzo 1998), le ristampe de Il Mistero dell'Inquisitore Eymerich (1316, Agosto 1997) e Cherudek (1342, Agosto 1998) e l'antologia Tutti i denti del mostro sono perfetti pubblicata originariamente nel numero 1322 del 1997 per festeggiare i 45 anni del periodico. La raccolta è il primo segno ufficiale del riconoscimento letterario e critico di Evangelisti. Mentre si propone genericamente come un omaggio ai 45 anni di Urania è nei fatti un primo tributo all'eccezionalità del Ciclo di Eymerich e alla rivoluzione portata nella letteratura di genere da Evangelisti. Tutti i denti unisce racconti di scrittori (allora identificati solo come) di genere (Dazieri, Vallorani, Masali, F. Forte, ovviamente Evangelisti) e di scrittori "letterari" (Ammaniti, Scarpa, Carabba, Voltolini, Mari [2]); la pubblicazione in edicola è la migliore testimonianza di come Evangelisti, in solitario e per sola forza narrativa, abbia in quegli anni inventato (filologi e patiti delle cronache italiane di fantascienza preferiscono dire: reinventato) la "science-fiction italiana" e quindi l'abbia fatta anche uscire dal "genere", attraendo colleghi scrittori, critici e pubblico non interni alla fantascienza.
L'esplosione Eymerich, il giallo/noir all'italiana e fenomeni letterari dalla grande eco mediatica come i "cannibali" e il "pulp italiano" hanno contribuito, negli anni Novanta, ad alimentare una più generale tendenza a collegare letteratura mainstream e di genere (o alta e bassa, se preferite). Se però nel giallo/noir, oltre ai capofila Lucarelli e Camilleri, vengono presto riconosciuti altri autori di grande rilevanza (e ognuno potrà decidere chi preferire tra i capofila e Carlotto, Fois, Dazieri ecc.), nel campo della science-fiction la figura di Evangelisti è assolutamente "incommensurabile" e gli altri professionisti italiani del campo (scrittori anche di ottimo mestiere, le cui capacità non si vogliono qui sminuire - il problema è appunto la pietra di paragone) restano molto distanti, nella coscienza della critica e nel cuore dei fan.
Dopo il 2000 questa spinta "verso il genere" si esaurirà: il giallo/noir (forte anche del lungo e continuo intreccio con la Letteratura Alta, da Gadda a Sciascia, da Soldati a Eco ecc.) diventerà un territorio letterario molto quotato (e subito vittima di speculatori...); i giovani scrittori "letterari" attenti alla "paraletteratura" avranno un'evoluzione piuttosto "mainstream" [3] (si pensi naturalmente ad Ammaniti e Scarpa, in anni ormai lontani assimilati al pulp cannibale e oggi vincitori del Premio Strega); la fantascienza italiana tornerà nel "ghetto", da cui, appunto con l'eccezione del "caso Eymerich", non era mai veramente uscita [4, e si noti bene: "fantascienza italiana" qui non comprende "fantasy italiana", che ha storia culturale ed editoriale piuttosto diversa].
All'interno del genere fantascienza si rileva subito come il modello di Evangelisti sia di troppo difficile imitazione e troppo eccentrico (nel senso che non può fare da perno per gli imitatori che gravitano intorno al maestro). Negli anni Novanta era da noi in voga il cyberpunk e qualcuno ha pensato di poter assimilare e quindi rifare Evangelisti in quel sottogenere che è lo steampunk. Gli esiti non sono stati molto felici, e dal punto di vista critico caratterizzare Evangelisti come steampunk o "fantagotico" - categoria critica che ha avuto più fortuna, e che, a quanto comprendo, dovrebbe essere una sorta di incrocio-traduzione tra science-fiction e gothic fantasy [5]- è poco utile alla comprensione dell'opera.

Nessuna di queste tipologie, con l'accento posto su di una o poche componenti e tradizioni, può infatti descrivere lo shock culturale che si prova con il Ciclo di Eymerich. Ho avuto la fortuna di leggerne come primo romanzo Il Mistero dell'Inquistore Eymerich (nella ristampa su Urania), e ricordo ancora perfettamente l'emozione e l'incredulità di fronte ad un'opera d'arte che riusciva nell'impresa di unire: sapiente equilibrio tra "storia" ed "invenzione" all'interno del romanzo, con ricostruzioni ed interpretazioni storiografiche anche originali perfettamente mimetizzate dentro la vicenda e i personaggi; magistrale architettura narrativa, con superbo virtuosismo nel portare avanti "vicende su piani temporali distinti" - ognuna di essa narrata non linearmente (ovvero in ognuna vi è differenza fra trama e intreccio, per usare la classica distinzione) - infine incrociate con genio visionario; scatenata "pseudo-scienza" o "scienza-altra" utilizzata in funzione di disvelamento critico dei "pregiudizi culturali"; tradizionale racconto apocalittico di un vicinissimo futuro distopico presentato però con passione immaginazione e furore assolutamente non tradizionali; grande impegno ideologico (dentro la struttura dell'opera) molto diverso dalla tradizionale "fantascienza sociologica" e con evidenti radici nei movimenti culturali e sociali degli Anni Settanta.
Riassumere la trama (o meglio le trame) di Picatrix (e degli altri romanzi di Eymerich) è impresa ardua e futile, come forse si è già intuito dalle righe precedenti. Chi, con grande pazienza, si mettesse a raccontare la storia, le storie del romanzo - per citarne solo alcune: il libro empio Picatrix, il vicinissimo mondo post-apocalittico delle guerre mediatiche e dei bambini di sabbia africani, lo "scienziato pazzo" Frullifer e le ricerche parascientifiche, le pratiche dell'Inquisizione e i turbamenti di Eymerich di fronte all'archetipo femminile Myriam, la tolleranza e l'odio religioso nella Spagna del Trecento, tra cattolici eretici mori ebrei e nicodemismi vari- riuscirebbe solo a slabbrare i fili di un racconto-coacervo, che Evangelisti riesce con grandissima padronanza tecnica a tenere insieme e a comporre - talvolta ricorrendo a inevitabili trucchi del mestiere. Ad esempio, uno degli argomenti usuali di Eymerich di fronte a "fenomeni innaturali" e a "libri esoterici" che si accavallano gli uni sugli altri e paiono sempre sul punto di far crollare la struttura di riferimenti incrociati è l'unità finale delle trame del Maligno: l'Inquisitore sa che le numerose ed eterogenee tradizioni occultiste e "magie perverse" trovano una superiore composizione nel loro essere al servizio di Satana, e questa è la suprema verità e giustificazione (anche in senso narrativo). Evangelisti con grande ingegno e qualche consapevole forzatura riesce ad unire differenti "universi culturali" in opere che sono al tempo stesso romanzi-saggio, storie di libri e movimenti intellettuali religiosi popolari, e romanzi dal denso intrigo. In Picatrix il mistero delle "ruote" e delle "belve" si complica sempre di più, per l'accumulazione di tradizioni che vengono a lungo indagate e discusse dai personaggi dell'opera, e l'intrigo è tanto nell'azione quanto nella deduzione culturale delle azioni, nelle storie di libri misteriosi.


Evangelisti diverte qui il lettore con tutto l'armamentario del romanzo gotico, nero, "anticattolico" del Settecento inglese rivisitato dal Surrealismo, e quindi dalla psicanalisi [1] che, lo ricordiamo, oggi è una "scienza popolarizzata" - nel senso che la personalità schizoide di Eymerich, il suo rifiuto della femminilità, le "ambivalenze" degli inquisitori di fronte al nesso tortura-umiliazione-attrazione-sesso ecc. sono subito riconosciuti e interpretati dai lettori in chiave pop-psicanalitica. Diverte con un linguaggio insistentemente formulare e feulleittonesco, che non perde una sola occasione per far scendere un brivido lungo la schiena e udire urla che non hanno più nulla di umano, abusando insomma di tutte quelle espressioni che Umberto Eco ha analizzato nei suoi studi e riproposto con inquieta ironia nel Pendolo di Foucault (romanzo in molti aspetti vicino ai migliori episodi di Eymerich). Diverte con scene ricorrenti basate sull'eccezionale personalità dell'eroe, a gratificazione dell'affezionato lettore: Eymerich che nel momento di maggiore pericolo riacquista la massima calma; Eymerich che si scaglia sferzante contro un amico troppo sensibile ma subito dopo si raddolcisce; Eymerich che, sicuro della sua coscienza e del suo status di Inquisitore, non ha paura di nessuno e rintuzza potenti cavalieri e re; Eymerich che, con stupore fastidio e onestà intellettuale, deve riconoscere ingegno e passione in ebrei, musulmani, persino nella donna, simbolo del peccato. Diverte infine con tutti gli elementi del romanzo di fantascienza sociale post-apocalittico virato qui in preciso apologo politico (Picatrix viene scritto intorno alla metà degli anni Novanta, i riferimenti contemporanei sono quindi i massacri etnici in Africa e nella ex-Yugoslavia, e più generalmente il fanatismo religioso), in estremo orrore e pietà corporale per i "bambini di sabbia" (l'espressione "carne da macello" non è mai stata più appropriata), in critica "demistificante" - per usare una terminologia antica, ma credo cara all'autore- delle guerre già allora televisive e in generale della società dell'informazione (una scena molto potente è centrata sull'invenzione di un finto pericolo per pochi bianchi in grado di richiamare l'attenzione internazionale molto più di milioni di vittime africane).
Con le due opere che qui abbiamo (con diverso dettaglio) analizzate Evangelisti conferma di giocare a nascondino con le comode classificazioni letterarie: non è uno scrittore di genere, e neanche di più generi contemporaneamente, ma non è neanche uno scrittore postmoderno che usa con ironia questi modelli (al limite quella di Evangelisti è una ironia strutturale, ovvero una riflessione sulla letteratura di genere come strumento di conoscenza). Non è uno scrittore di romanzi storici anche se è possibile "decostruire" le sue opere sino a trovarne le fondamenta nel romanzo storico e in quel sottogenere "deviante" di romanzo storico che è la storia alternativa (molto noto l'esempio di Fatherland di Harris); il futuro del Ciclo di Eymerich è spesso un'ipotesi politica sul presente, e vuole mostrare al lettore quanto il futuro finto sia simile al presente infine demistificato - aggettivo usato sopra, per evitare di dover usare l'espressione troppo noto di "colonizzazione dell'immaginario"-, ma ora appunto è necessario ricordare che il romanzo storico, del passato e del futuro, in Evangelisti ha l'ambizione di costituirsi come romanzo contro la colonizzazione dell'immaginario del presente. Non è uno scrittore popolare nel senso deteriore del termine ovvero di scrittore che scrive per compiacere nelle proprie convinzioni un pubblico predeterminato, anche se è uno scrittore che adotta una strategia comunicativa "senza barriera all'entrata", capace di conquistare i lettori più diversi per formazione e cultura.
SF è l'acronimo di science fiction, ma anche del meno noto speculative fiction, espressione che attutisce il legame con la letteratura di genere e il "positivismo". Valerio Evangelisti è uno scrittore senza aggettivi, ma tra tutte le classificazione errate quella di scrittore di speculative fiction, di narrazioni speculative, che conquistano e inquietano, mi pare tra le meno infelici.

[1] Ricordo, per i giustamente fanatici, che Urania e le altre pubblicazioni da edicola Mondadori, nel 1996, cambiano profondamente aspetto, adottando un formato e una grafica molto simile ai tradizionali "tascabili"; le copertine, nel caso di Urania, non sono più tutte con immagine centrale e sfondo bianco ma personalizzate nello stile e nei colori, il testo non è più sulle penitenziali due colonne, la cura editoriale è più attenta ecc. Lo sforzo di "dignificare" con l'operazione di restyling l'uscita in edicola e renderla simile ai tascabili da libreria è evidente (e qualche tempo dopo Mondadori, con i "Miti", compirà in senso contrario la stessa operazione, con grande successo).
Il primo romanzo di Evangelisti a non presentare più l'"aspetto storico" è la ristampa de Il Mistero dell'Inquistore Eymerich. Ma la copertina, come da migliore tradizione, "non c'entra nulla".
[2] Di Mari viene ripreso lo splendido racconto "Le copertine di Urania", una delle sue cose più perfette (scrivo questo per compensazione della nota precedente, dove non si voleva certo sminuire la grandezza di Karel Thole).
[3] Con "mainstream" virgolettato intendo semplicemente dire che le loro opere della maturità non hanno forti legami con le varie tradizioni della letteratura di genere.
[4] Wu Ming 5 (con la trilogia Libera Baku, ora, Havana Glam e Free Karma Food) mi pare tra i pochi scrittori "non specializzati" ad aver cercato vie nuove all'interno della sf italiana, con l'ulteriore merito di una notevole autonomia rispetto al "modello Evangelisti".
[5] Gothic fantasy e "fantagotico" contengono nel nome un preciso riferimento al romanzo gotico del fine Settecento, in cui abbondano inquisizioni e preti cattolici crudelissimi (non c'è bisogno di notare che si tratta per lo più di opere scritte da probi protestanti). Dark fantasy è un termine meno storicamente connotato, usato anche per narratori, al pari di Evangelisti, cupamente straordinari come Gene Wolfe e G.R.R. Martin.
[6] Naturalmente il Praz è sempre lì a disposizione come primo riferimento per comprendere l'influenza del romanzo nero sulla cultura europea fino alle avanguardie storiche e oltre. Ma gli studi in proposito sono tantissimi (il tema era tornato in grande voga a inizio anni Ottanta, in Italia anche per il successo de Il Nome della Rosa). 

jumpinshark


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