09/11/11

Noi c'eravamo: Black Angels Roma Sett. 2011

Uno di quei party a cui mai e poi mai mancare, quello di stasera. La nuova stagione dei concerti capitolini comincia a fare sul serio e, sarà per l’astinenza, sarà per il rinnovato interesse (hype?) sulla psichedelia d’oltreoceano, il Circolo degli Artisti è pieno.Sul palco, la pozione al fosfene dei Black Angels si conferma oltremodo collaudata. A prova di gradazioni altamente estive della scala Celsius. Circolo degli Artisti, Roma, 13 settembre The Black Angels, tre anni dopo. Chi era presente, in questa stessa sede nell’inverno 2008, ricorderà un live più tetro e in un certo senso più “sinistro” di quello di stasera. Sicuramente più grezzo e - senza togliere nulla all’intensità che ancora caratterizza la band - meno avvolgente, certamente meno sapiente ma, in termini di vibrazioni, più vicino all’estetica delle bad vibes che apre lo stesso Phosphene Dream. E soprattutto, chi era presente allora, ricorderà un pubblico di circa trenta persone, che tutt’oggi sfoderano un compiaciuto “io c’ero”, dopo aver passato mesi a chiedersi perché gli eredi dei 13th Floor Elevators non fossero un po’ più noti. Ebbene, con il terzo e più caleidoscopicamente garage Sogno al Fosfene, il quintetto di Austin ha messo d’accordo pubblico e critica, riempiendo i club della provincia dell’Impero (i nostri) come un qualunque locale sulla Bowery (quelli di New York): una constatazione che riempie di ottimismo i fedeli al culto psichedelico, salvo implicare future normalizzazioni basiche di una formula oggi ancora abbastanza acida da procurare good trip attraverso i fantasmi del passato (Nuggets, Doors,Velvet Ungerground). L’apertura della serata è affidata a The Night Beats, formazione di Seattle legata agli angeli texani attraverso il chitarrista di questi ultimi, Christian Bland, insieme al leader della band più giovane, Lee Blackwell, nel progetto The Ufo Club, presumibilmente qualcosa di molto vicino a ciò che prenderà forma sul palco per quelli che avrebbero dovuto essere i bis dei Black Angels. Garage rock alla Black Lips e look di discendenza grunge, per il trio di giovinastri che compiace il pubblico sottopalco con un’impetuosità 60s in un set riassumibile come “fast and furious”. Mentre in sala il pubblico aumenta insieme alla temperatura, al primo feedback dei Black Angels il fondale in stile optical art anni 60 sembra addirittura ondeggiare. Ma le Bad Vibrations con cui aprono il set sono ormai un ter-ritorio sicuro, conosciuto, e la penombra attraversata dalle luci rosse in cui si avvolgono Alex Maas e soci completano adeguatamente un live dal passo lento, solcato da un’ipnosi trance-oriented quando sono le doppie percussioni a dettare il ritmo, o più suggestivo in senso doorsiano quando sono gli organi ad essere usati in coppia. La voce di Maas sembra filtrare attraverso effetti stile electric jug, mentre i fumi di Phospene Dream stampano gongolanti sorrisi Thompsoniani sui volti degli astanti.Suono che arriva compatto, saturo, ad eccezione di una distur-bata Yellow Elevator #2, subito recuperata dalla prepotenza hard rock di Black Grease: è quando sono le chitarre a tracciare la stra-da psychica che i Black Angels sfoderano la loro anima più fosca ed oscura, sebbene l’esplosione festante su Telephone segni uno dei passaggi migliori della serata. Al bis richiesto a gran voce,risponde Christian Bland accompagnato dai Night Beats, che improvvisano una jam (da saletta) con tanto di citazione Floydiana (Lucifer Sam). Pure Texan good vibes.
Chiara Colli

Nessun commento:

Posta un commento