E' quando ti prende il collasso e ti senti il freddo salire, colando lava gelata sulla pelle, quando senti che il cielo si abbassa e non hai via di scampo, quando cupe vampate di calore ti squassano e ti avvolgono, quando rovesciato, chino, con il cranio alla terra, al..bagno, alla morte, vorresti liberarti di tutte le cattiverie del mondo, della tua anima stessa, se la tua anima è..infetta. Così da poter nuovamente levarti a guardare le stelle sopra di te, in questa notte in cui sei stato e stai ancora così male, in cui sei così solo ma anche ora cosi.. leggero..
Torno a casa. E' tardi, pioviggina, umidità e una leggera tramontana mi sferza il viso. I resti della notte giacciono sparsi davanti al cancello, li scalcio in un tombino, la sigaretta tra le labbra per le mani gelide, affondate nelle tasche. Estraggo le chiavi per entrare. Resto alcuni secondi lì, senza muovermi. In quel poco ma interminabile tempo mi scorrono davanti agli occhi arrossati immagini, ricordi riaffiorano.. Mi appare mio padre in una notte gelida e nebbiosa. Con il bavero del cappotto alzato, le mani dritte nelle tasche, la sua inseparabile cicca in bocca. Lo vedo camminare sul corso principale del paese, il corso, deserto, l'asfalto umido, sembra non aver meta, distratto e pensieroso. Ma io so che sta cercando me. Lo guardo affondato dal sedile posteriore della macchina, lo seguo con lo sguardo, non rispondo alle insinuazioni degli altri: questo è nuovo, la solita guardia in incognito che viene a spiarci. Ad ammonirci: noi sappiamo, vi conosciamo uno per uno, voi di buona famiglia e per questo ancora più odiosi, e siamo pronti a saltarvi addosso al primo scivolone. Siete furbi, tutte le notti a ciondolare e presidiare e imbrattare i muri, a sfotterci appena giriamo l'angolo. Il sabato sera e la domenica, quando il paese si veste a festa per lo struscio, la musica sparata dalle portiere aperte della vecchia Ford Escort di Mario, le bottiglie sul cofano.. Siamo qui, vi conosciamo uno ad uno, pronti a saltarvi addosso, anche noi..
Flebile, la voce di Emidio nella macchina: è tuo padre.. seguito da una smorfia di sorriso. Sono l'unico minorenne in un gruppo di adulti, ma nessuno si preoccupa o si agita. Ho già superato, precoce, tutte le prove, i riti di iniziazione. Brillantemente..
Non riesco a dir niente, lo seguo con lo sguardo, il suo incidere lento, affaticato. So che è stata mia madre a chiedergli di questa cosa, che lui non ha e non avrebbe mai fatto. So che i suoi pensieri sono altrove. So che per lui è umiliante, calarsi nella figura del padre premuroso, dopo tanto tempo.. Lo vedo scomparire così come era apparso, nella nebbia e nell'umidità della notte. La vecchia escort intanto si riempie di fumo..
Tutta la vita ho cercato di non assomigliarti, ma avevano ragione loro: siamo uguali, padre e figlio. Tutto quello che non hai sprigionato, qualcosa di vitale, di diverso, in quell'antidoto alla stanchezza, all'immobilità, all'indifferenza che colpisce e regola le esistenze.. Cercherò disperatamente di inseguire e sprigionare. Non sono tagliato per fare l'adulto come te, che sempre lo sei stato, e tutta la mia vita più vera è e sarà solo un tentativo di preservare i poteri dell'infanzia e i guai in cui sono andato a cacciarmi e le situazioni che vivo adesso sono solo un meraviglioso sistema per non crescere. Tutto scorre tranquillo per anni, ma nessuno pensa al sopraggiungere degli errori e.. degli orrori. Perchè tu sai bene, nonostante la tua caparbia.. anaffettività, che nessuno, forse, ha più bisogno di una famiglia dei lupi solitari, di una famiglia di altri eccentrici, di outsider, ma sempre di famiglia si tratta. Perché tu sai bene che l'inferno non è mai tanto scatenato quanto una donna.. offesa. Dovevi aderire ai tuoi affetti, non nasconderli, con la pretesa che fossero sempre gli altri a scovarli, in un labirinto che nel tempo si è rivelato solo disastroso. Non sono avido e risparmiatore di me stesso.. Sono pronto..
Mi rivedo ora e mi riverso in lui, con tutto quel che ho, con tutto quel che sono..
Volevo parlarne a mio padre, l ultima volta che ci siamo visti. Incredibilmente mi aveva chiesto di sedere e..di parlare un po'. Ho capito che aveva bisogno delle mie storielle, dei miei aneddoti e di sapere di come suo figlio avesse una vita stabile, benestante, inserito nel contesto e con un buon posto di lavoro. Ho capito come sempre che aveva bisogno di sentirsi dire che è tutto a posto, come sempre e allora la cosa è finita lì. Intelligente ma instabile, questa l'immagine che aveva di suo figlio In verità non ho mai capito cosa volesse, tranne il fatto di non avere fastidi e che agissi secondo alcuni principi. I suoi, chiaramente. Io volevo invece essere libero,volevo solo la libertà di decidere cosa volevo diventare. E come sempre in questi casi non facevo altro che trovare ragioni per giustificare il mio comportamento, la cattiva condotta e uno stile di vita non proprio consono a quei principi.
Ora, che non ci sei più, trascorro a volte il tempo a chiedermi se e quando arriverà il prossimo attacco di panico, quanto durerà, e quanto sarà terribile. Se sarò in grado di controllarlo o se dovrò ricorrere alla medicina, nel ricordo del tempo quando non c'era ansia e questo terrore e nonostante i nostri scontri, ero felice e piano di speranza..
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