Da bambino, le uniche cose che mi facevano star buono quando stavo male e costretto a letto, erano il nostro gatto di casa, il giradischi e..la radio. Per le canzonette preferivo il giradischi mentre scoprii gli sceneggiati alla radio, appunto. Ascoltavo le avventure di Tex Willer, Diabolik e di altri eroi dei fumetti fino a Dylan Dog, poi i veri e propri readiodrammi, testi teatrali recitati da attori famosi: mi piacevano perchè potevo associare paesaggi e volti a ciò che sentivo, e non avere il limite di ricevere passivamente, come accade per la televisione. I radiodrammi e gli sceneggiati hanno poi conosciuto poi un certo declino, ma negli ultimi anni,
grazie alle molteplici possibilità offerte dall'editoria digitale,
stanno vivendo una seconda giovinezza grazie all'enorme diffusione di
questo genere in formato audiolibro. E dopo tanto tempo in cui mi addormentavo con gli occhi incollati al video, ho riscoperto il piacere di inforcare le cuffie e ascoltarmi sceneggiati, servizi giornalistici, riduzioni cinematografiche, commedie, spesso scaricati in formato podcast. Da ascoltare è il ciclo di Eymerich, del nostro Valerio Evangelisti, tre episodi andati in onda su Radio 2 e scaricabili qui e la riduzione di Blade Runner, 15 puntate curate da Armando Traverso
“Blade runner, cacciatore di androidi”, tratto dal romanzo di P.k.
Dick. - See more at:
http://www.rai.it/dl/portali/site/articolo/ContentItem-c6fb488e-4831-42b0-be06-0cd6659c0675.html#sthash.pTOHYJgF.dpuf
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"Grazie agli sviluppi tecnologici degli ultimi anni, che permettono non solo di fruire più facilmente dei radio documentari, ma anche di provare a sperimentare in modo amatoriale, abbiamo visto una notevole crescita nel numero di appassionati del genere. Viviamo in un mondo di stimoli visivi che ci ha resi spettatori assuefatti, e non partecipi. Abbiamo bisogno di ricominciare a immaginare. E io penso che nessuno si stancherà mai di ascoltare…”
Elisabetta Ranieri,28 anni, che ha iniziato come autodidatta, tagliando e incollando storie e voci raccolte per strada mentre lavorava come reporter per Radio Popolare. Uno dei suoi ultimi lavori, Di bianco c’è solo il telo, racconta la tragedia della ThyssenKrupp attraverso la voce di Antonio Boccuzzi, l’unico operaio sopravvissuto, ora deputato PD.
“È andata via la luce”
“Dove sei?”
“Qui”.
Doveva suonare più o meno così il dialogo fra Mary e Jack, i due protagonisti di A Comedy Of Danger, il primo radiodramma trasmesso dalla BBC. Era il 15 gennaio del 1924. Richard Hughes, scrittore e sceneggiatore di teatro, aveva messo in piedi un pezzo estremamente innovativo per l’epoca: uno spettacolo fatto solo di suoni e voci, senza immagini. L’ambientazione è una miniera allagata, dove tre visitatori rimangono intrappolati e, nel buio più totale, cercano una via d’uscita. I loro discorsi sono interrotti dagli scricchiolii e dai gemiti della miniera, da un’esplosione in lontananza che si riverbera sulle pareti, dal gorgoglio dell’acqua che sale, dal canto dei minatori. Il successo fu tale da conquistare le prime pagine dei quotidiani. Il mattino successivo, il “Daily Mail” titolava: “Drama Thrills by Wireless”, il teatro via radio elettrizza gli ascoltatori. Il 30 ottobre 1938, poi, un poco conosciuto Orson Welles interpretò uno sceneggiato radiofonico mandato in onda dalla CBS, dal titolo La Guerra dei Mondi, tratto dall'omonimo romanzo di Herbert George Wells. Nonostante gli avvisi che hanno preceduto e anche seguito il programma, questo racconto scatenò il panico tra la popolazione americana, la quale credette quasi senza ombra di dubbio che gli alieni stessero invadendo gli Stati Uniti d'America. Il giovane Welles si rese conto solo il giorno successivo dell'incredibile putiferio scatenato dalla sua recitazione. E pensare che lo stesso Welles era scettico riguardo la buona riuscita del suo lavoro, poiché considerava La Guerra dei Mondi un noioso adattamento del popolare romanzo.
È passato quasi un secolo da quel primo racconto orale della storia della radiofonia, di cui purtroppo non è rimasta nessuna registrazione. Da allora, l’etere si è arricchito di migliaia di radio documentari, features e radiodrammi. A differenza delle notizie di cronaca e delle interviste, queste produzioni esaltano l’esperienza auditiva, mischiando voci, musica ed effetti sonori. A seconda dell’argomento trattato e delle finalità, vengono contaminati da diverse forme narrative: dal giornalismo d’inchiesta all’entertainment, dalla storia orale al teatro. Che durino quattro minuti o mezz’ora, devono avere la potenza di sradicare l’ascoltatore dal divano o dalla pensilina del bus e trasportarlo in un campo di rifugiati siriani o in cima a un grattacielo a New York. Sono divertenti da fare e da ascoltare, perché danno spazio alla creatività dell’autore nel montaggio e all’immaginazione dell’ascoltatore, che non si limita a ricevere passivamente, ma è libero di associare paesaggi e volti a ciò che sente. Sono generi molto diffusi nei paesi anglofoni, Gran Bretagna e Stati Uniti in testa, ma anche in Francia e in Germania. L’Italia, che era all’avanguardia negli anni cinquanta, se n’è gradualmente disinteressata, fino a cancellarli quasi totalmente dai palinsesti.
“Produrre un audio documentario è spesso considerato troppo costoso, anche se non sempre è vero” spiega Anna Maria Giordano, conduttrice di Radio 3 Mondo e cofondatrice di Audiodoc, un’associazione che dal 2006 riunisce autori e autrici indipendenti determinati a riportare i racconti sonori sulle scene italiane. “Certamente, però, il format non è adatto al nostro pubblico che, a differenza di quello francese o inglese, è meno abituato ad ascoltare documentari audio”.
In un programma di tre ore come Today, la punta di diamante dell’attualità su BBC Radio 4, passano in media sei mini documentari di 4 minuti, detti packages, che approfondiscono una notizia di attualità o raccontano una storia, dalla fuga di Edward Snowden alla chiusura dell’ultima agenzia per spedire i telegrammi in India. In ogni canale radio della BBC esistono poi spazi più lunghi dedicati ai documentari, che siano reportage di guerra o speciali sui Beatles, tutti scaricabili come podcast. E quest’anno il Sony Radio Academy Awards, il prestigioso premio per il giornalismo radiofonico, ha dedicato il primo posto a Witness, un format di dieci minuti in cui viene raccontato un evento storico attraverso i suoni originali e le voci delle persone che erano presenti.
In Italia, oltre agli sceneggiati trasmessi da Radio 2, Radio 3, Radio 24 e Radio Popolare sono i network nazionali che ancora trasmettono radio documentari, ma si parla di numeri decisamente inferiori. Perché? Tiziano Bonini, autore radiofonico e ricercatore in sociologia dei media allo IULM, ha una visione molto lucida:
“I problemi sono due: i costi di produzione e il gusto del pubblico. In Italia nessuno investe più in radio documentari e il servizio pubblico, che è il maggior acquirente in altri paesi, ha smesso di comprarli. Questo ha fatto sì che si perdesse l’abitudine all’ascolto nel pubblico: le nostre generazioni avrebbero bisogno di essere ‘riabiutate’ ad ascoltare una bella storia. Anche tra gli autori freelance, spesso, c’è un’ingenuità di fondo. Manca lo stile e la narrazione che invece fanno scuola in altri Paesi.”
Sceneggiati alla radio
Audiodoc
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