26/09/13

Aloe Arborescens, le prodigiose proprietà

"Quattro vegetali sono indispensabili per il benessere dell'uomo: il frumento, la vite, l'olivo e l'aloe. Il primo lo nutre, il secondo ne rinfranca lo spirito, il terzo gli reca armonia, il quarto lo guarisce" Cristoforo Colombo

"Il medico del futuro non prescriverà farmaci al paziente, ma lo indurrà ad interessarsi maggiormente al proprio organismo, alla propria alimentazione ed alla causa ed alla prevenzione delle malattie"
Thomas Edison

La prima volta che ho avuto modo di imbattermi nelle possibilità terapeutiche dell'aloe è stato diversi anni fa, in occasione di una brutta forma di varicella, la quale, se contratta da adulti, può portare serie complicazioni, a livello organico e dermatologico. Il fisico era fiaccato da un lungo periodo di malattia e la pelle, viso compreso, aggredita da vistose e fastidiosissime pustole, che avevano tutta l'aria di non volersene andare senza lasciare segni indelebili. Mi venne in soccorso una collega, consigliandomi di assumere, più volte al giorno, del gel di Aloe Vera, sia ingerito, che applicato sulle lesioni.. Il sapore non era il massimo della gradevolezza, ma l'effetto fu decisamente ottimo. Mi rimisi rapidamente, e le lesioni guarirono del tutto, senza lasciare cicatrici visibili. Di recente, ho avuto modo di apprezzare nuovamente le straordinarie qualità di questo vegetale, stavolta nella varietà Arborescens.. e in occasione di una malattia molto più seria e aggressiva, quella che può essere considerata il vero e proprio spauracchio dei nostri tempi, come può esserlo il cancro.. Penso che condividere pubblicamente la mia esperienza in merito sia molto importante, e possa sul serio aiutare molte persone, per via della disinformazione diffusa che c'è, e della confusione che si fa, quando di parla di medicina tradizionale e "alternativa", e si cerca di informarsi seriamente.. ma prima di entrare nei dettagli di come si possano coadiuvare le pur necessarie cure mediche attuali con questo rimedio antico ma efficacissimo, voglio riportare qui alcune delle informazioni raccolte sulle caratteristiche della pianta e sulle sue svariate potenzialità di utilizzo.. 

Attraverso i secoli, molte civiltà hanno adoperato l'aloe per curare tutta una serie di disturbi interni ed esterni, ben prima dell'avvento delle pratiche mediche moderne e lo sviluppo dei farmaci. Si tratta inoltre di una vasta gamma di malattie e disturbi che non hanno alcun legame evidente tra di loro.. come l'artrite, l'acne, l'asma, il diabete, il colesterolo, l'ernia iatale, la sinusite, gli eczemi, l'ulcera, l'IBS (sindrome da intestino irritabile), la diverticolite, la stitichezza, la congiuntivite.. senza parlare, per l'appunto, delle possibili applicazioni in ambito oncologico.. Questo mi fa pensare che il suo effetto si basi su una forte capacità depurativa, oltre che sulla stimolazione del sistema immunitario, capace pertanto di rimettere in modo meccanismi organici inceppati o malfunzionanti.. Fatto sta che le proprietà toniche, antinfiammatorie e terapeutiche sono indiscutibili, e soprattutto basate sull'esperienza tramandata diretta della moltitudine di persone che ne hanno fatto e ne fanno uso.. Tuttavia, nonostante questo, nonostante centinaia di anni di uso documentato e la mole di prove aneddotiche, di cui il mio caso è uno dei tanti esempi, la medicina moderna tende a bollare tutto come folklore o mito, sulla base che non esiste nessuna significativa prova clinica, o sperimentazione accertata.. Eppure un approccio più olistico alla guarigione, che consideri l'importanza della complementarità tra ritrovati chimici e naturali, e riconosca come valida la loro interazione, non potrebbe che essere di enorme vantaggio.. per i pazienti, ovviamente, ma anche per i medici..
Esistono più di 250 diverse varietà conosciute di aloe, ma solamente due posseggono significative proprietà medicinali e terapeutiche. Si tratta dell'Aloe Barbadensis Miller, detta comunemente Aloe Vera e dell'Aloe Arborescens. Le loro caratteristiche e proprietà sono simili, ma mentre la prima è adatta per le varie patologie di cui si accennava e per la cura della pelle, la seconda è invece più specifica per l'uso nel caso di problemi oncologici, in quanto i principi attivi sono qui presenti in forma concentrata, anche 20 volte maggiori. Distinguere le due varietà non è difficile.. le foglie dell'Aloe Vera sono più grosse e carnose, quelle dell'Arborescens più sottili e spigate, inoltre la pianta è composta da più rosette.




Si ritiene che la parola "aloe" derivi dall'arabo alloeh, che significa "sostanza amara splendente". Questa pianta cresce solo in climi caldi, e si trova specialmente nelle regioni più aride delle Americhe, dell'Asia, dell'Europa, dell'Africa e dell'Australia. Ha l'apparenza di cactus, ma è in realtà una pianta grassa perenne appartenente alla famiglia delle Liliacee. Cresce comunque bene anche nelle nostre regioni, anche se non arriverà in questo caso alle dimensioni che raggiunge nei paesi di origine. E' sufficiente tenere la pianta in punti luminosi e arieggiati: può svilupparsi anche in appartamento, avendo l'accortezza di porla in punti non troppo ombrosi. L'importante è coltivarla in modo assolutamente biologico: per nessun motivo dev'essere aggiunto alcun tipo di fertilizzante, per quanto sopra ci sia scritto che è di origine naturale.. altrimenti c'è rischio di tossicità per l'organismo.


Sostanze contenute nell'Aloe e loro funzioni


L'Aloe è un vero ricettacolo di composti nutritivi: ne sono stati finora identificati circa 75. I principali sono:

Vitamina A (beta carotene): per la vista, la pelle, le ossa. Antianemia
Vitamina B1 (tiamina): per la crescita dei tessuti e per l'energia
Vitamina B2 (riboflavina): in combinazione con la B6 produce le cellule sanguigne
Vitamina Bjm\3 (nicotinammide): per la regolazione del metabolismo
Vitamina B6 (piridossina): come la B2
Vitamina B12 (cobalamina): si trova per lo più nella carne e nei derivati del latte, molto raramente nelle piante, e quindi risulta estremamente benefica per i vegetariani e i vegan. La mancanza di questa vitamina provoca anemia ed altri disturbi neuropatologici
Vitamina C (acido ascorbico): combatte le infezioni sostenendo il sistema immunitario
Vitamina E (tocoferolo): insieme alla vitamina C aiuta a combattere le infezioni e contribuisce alla guarigione
Acido folico: per la formazione del sangue
Calcio e Fosforo: per la crescita dei denti e delle ossa
Potassio (sorbato): regola i componenti fluidi del sangue e dei muscoli
Ferro: trasporta l'ossigeno nei globuli rossi e contribuisce alla resistenza dell'organismo alle infezioni
Sodio: insieme al potassio contribuisce all'equilibrio dell'acqua e degli altri fluidi corporei, e trasporta gli aminoacidi ed il glucosio nelle cellule del corpo
Colina: in quanto componente della lecitina è necessaria al metabolismo
Magnesio e manganese: aiutano a sostenere il sistema nervoso e i muscoli
Rame: per la formazione del sangue
Cromo: aiuta a mantenere i livelli di zuccheri nel sangue, il metabolismo del glucosio ed il sistema circolatorio
Zinco: stimola il sistema immunitario
Acemannano: Mucopolisaccaride in tempi recenti isolato da una società americana, la Carrington Laboratories. Opera interagendo con il sistema immunitario, favorendolo piuttosto che prevalendo su di esso. E' un potente stimolatore di macrofagi (i globuli bianchi che distruggono batteri, cellule tumorali, ecc.) per produrre agenti immunitari quali l'interferone e l'interleuchina. Nel 1990, durante la terza Conferenza Internazionale sulla Ricerca Antivirale tenutasi a Bruxelles, venne resa nota la scoperta che l'acemannano aveva inibito lo sviluppo di sarcomi impiantati nei topi e che, testato su gatti ammalati di leucemia felina, l'80 per cento di essi era guarito. L'Aloe è infatti molto utilizzato anche in veterinaria, anche se più all'estero che qui in Italia.
Aminoacidi Essenziali: Gli aminoacidi sono i mattoni che servono alla costruzione delle proteine ed influiscono su tutte le funzioni organiche. Essenziali vuol dire che il corpo non ne produce da solo. Sette degli otto aminoacidi classificati come essenziali sono presenti nell'aloe, come anche undici dei quattordici classificati come aminoacidi non-essenziali, che il corpo produce da sè. Isoleucina, leucina, lisina, metionina, fenilalanina, servono per l'assimilazione delle proteina; per il pancreas, la milza e il fegato; per il rinnovamento dei globuli del sangue; prevengono l'anemia e aumentano la resistenza alle malattie; la digestione; la formazione dei muscoli; aiutano a combattere l'insonnia e sono utili nelle terapie antidepressive.
Enzimi: Presenti nell'aloe numerosi enzimi tra cui: Bradichinasi, che stimola il sistema immunitario ed è analgesico e antinfiammatorio; Cellulasi, che aiuta la digestione della cellulosa; Creatinfosfochinasi, enzima muscolare; Lipasi, che aiuta la digestione.

Le proprietà terapeutiche

Agente disintossicante:
Quando viene consumata internamente come bevanda, l'aloe agisce da blando depurante e disintossicante, attraversando il sistema digerente e penetrando nei tessuti. In alcuni soggetti, l'aloina, la sostanza presente sotto la scorza della foglia, può agire come irritante intestinale, e provocare un'eccessiva azione lassativa. Per ovviare a questo problema, in caso dovesse presentarsi, è sufficiente usare soltanto il gel interno, eliminando la parte superficiale delle foglie. Tuttavia, se tale inconveniente è sopportabile, sarebbe meglio consumare la foglia integra, in quanto proprio nello strato superficiale risiedono i più importanti principi che supportano le difese immunitarie.

Agente rigenerante:
Spazza via le cellule morte superficiali, aiuta a rigenerarne delle nuove e favorisce un tessuto più sano, accelerando la guarigione di ferite, lesioni ed ulcere. Inoltre sortisce lo stesso effetto quando viene applicata esternamente sulla pelle lesionata. La capacità di favorire la rigenerazione delle cellule la rende un potente agente rigenerante per tutti i tipi di ferite, sia interne che esterne. Il dottor Ivan Danhof, ex docente di fsiologia presso l'Università del Texas e presidente del North Texas Research Laboratories, è una delle maggiori autorità mondiali nel campo dell'aloe, e ritiene che l'aloe può accelerare la guarigione delle ossa rotte stimolando l'assorbimento di calcio e fosforo, e che riesce a rigenerare un tessuto epidermico otto volte più rapidamente del normale. Essendo un naturale antisettico, antibiotico e antibatterico, l'aloe è in grado di curare una vasta gamma di infezioni, comprese quelle di origine micotica.

Agente idratante e coesivo:
L'aloe è uno straordinario idratante per la pelle, agendo su di essa in due modi: grazie alla sua capacità di trasportare nutrienti e idratazione attraverso i sette strati della pelle, ne facilita la penetrazione e l'assorbimento, ed inoltre, grazie al suo contenuto di polisaccaridi, crea una barriera che impedisce alla pelle di perdere acqua. Quindi è particolarmente adatta per la pelle secca e, dato che contiene un antistaminico e un antibiotico, è ideale anche per le pelli sensibili e allergiche. Queste proprietà contribuiscono perciò a renderla un agente ristrutturante veramente efficace.
L'aloe ha inoltre un grande potere ringiovanente, identificato nella capacità della pianta di aumentare la produzione di fibroblasti umani 6-8 volte più rapidamente del normale. I fibroblasti sono cellule che si trovano nel derma e sono responsabili della produzione di collagene. Con l'esposizione al sole e il normale processo di invecchiamento, i fibroblasti rallentano la produzione di collagene, che progressivamente si riduce. L'aloe non soltanto migliora la struttura dei fibroblasti, ma accelera anche il processo di produzione del collagene. Si ritiene che la chiave di tale processo risieda, ancora una volta, nei polisaccaridi e nelle loro proprietà idratanti e coesive.

Funzione digestiva:
L'aloe produce un generale effetto benefico su tutto il sistema gastrointestinale. Grazie al suo contenuto di lattato di magnesio è in grado di ridurre l'attività all'interno dello stomaco ed anche i sintomi, sia occasionali che cronici, nel tratto superiore dell'apparato gastrointestinale. Inoltre l'aloe migliora la digestione, svolge azione compensatrice nel normalizzare il ph, come un agente alcalinizzante, riduce il contenuto di fermenti e favorisce un maggiore equilibrio dei batteri simbiotici gastrointestinali. Inoltre è di particolar evalidità nei casi di disturbi queli l'indigestione, la sindrome da intestino irritabilie (IBS), le coliti e l'acidità di stomaco. Migliora la regolarità intestinale, oltre a provocare un autmoento dei livelli di energia e un generale senso di benessere.

Cardiopatie:
I sali di isocitrato di calcio contenuti nell'aloe possono essere di valido aiuto alle persone cardiopatiche o con precedenti famialiari di cardiopatia, come prevenzione. Nel 1984, i risultati di cinque anni di studio presentati all'American Collage di Angiologia su 5000 pazienti affetti da angina pectoris, hanno confermato questa scoperta. Il dottor O.P. Agarwal, principale fautore del progetto, ha riscontrato che dopo aver introdotto l'aloe nella loro alimentazione, i pazienti avevano mostrato una notevole riduzione dei livelli di colesterolo e della frequenza degli attacchi di angina. Dopo cinque anni i pazienti erano tutti vivi e non avevano mostrato alcun effetto collaterale. Ulteriori studi hanno dimostrato che dosi giornaliere di aloe possono ridurre il colesterolo nel sangue fino a 12-14 punti e che anche la pressione, dopo diverse settimane, tende a normalizzarsi.

Agente antinfiammatorio:
L'aloe viene ampiamente usata per la cura di affezioni quali l'osteoartrite, dove svolge una funzione simile agli steroidi senza averne gli effetti collaterali, e l'artrite reumatoide; inoltre può ridurre l'arrossamento, il dolore ed il gonfiore associati alla tensione muscolare, agli strappi e alle distorsioni, alle tendiniti e alle contusioni. Notevolissima è inoltre l'efficacia nelle scottature solari, oltre che su piccole ustioni, punture di insetto, dermatiti e acne.

Malattie neoplastiche e sistema immunitario:
Già da anni, solo per considerare la moderna medicina, senza contare i suoi secoli come antico e risaputo rimedio, sono stati ottenuti incoraggianti risultati su animali ammalati di cancro curati con l'aloe, e l'applicazione empirica di migliaia di persone, anche se finora non testata sperimentalmente in modo scientifico, avvalora l'ipotesi che un effetto simile si produca anche nell'uomo. La mia esperienza diretta, come accennato all'inizio, conferma la validità di questa pianta straordinaria, come coadiuvante, antinfiammatorio, analgesico e potenziatore delle difese immunitarie, anche e soprattutto in presenza di malattia neoplastica. A questo proposito è necessario però fare una doverosa precisazione: l'uso dell'aloe, in caso di malattie gravi, o gravissime, è certamente più che utile, ma va considerato come completamentare, mai come sostitutivo di cure mediche tradizionali. Anni fa, Maurizio Costanzo generò una vera e propria crociata mediatica contro l'aloe, proprio a causa di un tam tam generatesi dal web, che promulgava l'utilizzo della preparazione a base di aloe e miele come unico rimedio in caso di cancro, affermando nel contempo che la chemioterapia fosse inutile, se non addirittura dannosa. Ovviamente questo non è veritiero.. ma come spesso accade, la verità si trova nel mezzo.. Il progresso scientifico ha fatto passi da gigante in campo medico, ma intervento e chemioterapia restano i trattamenti fondamentali con i quali si può combattere la malattia.. tuttavia, gli effetti collaterali dei farmaci sono pesantissimi, a volte a tal punto da generare patologie secondarie che possono diventare a loro volta mortali. Inoltre, le difese immunitarie vengono duramente fiaccate, se non completamente distrutte, dallo stress provocato all'organismo dalle cure stesse, e questo può favorire la comparsa di recidive, anche quando in un primo momento esse sembrano avere successo. Nonostante questo, ritengo che si possa arrivare ad una guarigione completa, ma affinchè ciò sia possibile è necessario mettere a punto una strategia olistica, che contempli la sinergia di più elementi. La sola chimica non può riuscire a risanare un organismo provato nel profondo, ferito nel suo nucleo vitale.. ne possono farlo da sole le cure naturali, per quanto benefiche ed efficaci come l'aloe.. La strada giusta è che esse coesistano, lavorando assieme. Immagino la malattia come un giardino ormai arido, invaso da foglie secche.. Le cure tradizionali sono il giardiniere che ripulisce e rastrella via le foglie.. ma se non si fa anche in modo di rinverdire l'albero da cui esse cadono, questo sarà inutile. E i rimedi erboristici ed omeopatici sono quelli che aiutano a rigenerarlo, a ricreare la linfa vitale.. L'aloe è un fantastico coadiuvante in questo senso.. aiuta moltissimo a tenere sotto controllo gli effetti collaterali della chemioterapia, oltre a sostenere l'organismo nella convalescenza che segue un intervento, favorendo la cicatrizzazione delle ferite e la ripresa fisica. E non è assolutamente vero, posso testimoniarlo, che influisca con i farmaci somministrati o addirittura ne contrasti l'effetto, semmai il contrario.. Inoltre il suo utilizzo costante rafforza le difese immunitarie messe a dura prova, inducendo il corpo a reagire alla patologia e a contrastarla e combatterla.
Il dottor Danhof ritiene che l'aloe provochi il rilascio del fattore Alfa della necrosi del tumore, fattore che blocca il rifornimento di sangue per la crescita tumorale. Inoltre, uno studio del Dipartimento di Epidemiologia presso l'Università di Okinawa in Giappone ha rivelato che dosi giornaliere di aloe aiutano a prevenire l'insorgere del cancro ai polmoni nei fumatori. In generale l'aloe sembra esercitare un'influenza stimolante e riequilibrante sul sistema immunitario. In particolare è stata dimostrata la sua efficacia nei casi di ammalati di AIDS, aiutando a ristabilire l'equilibrio di linfociti T e B, ed è anche stata riconosciuta la sua funzione di protezione della pelle contro le radiazioni ultraviolette. Uno studio condotto presso la M.D. Anderson Clinic del Medical Center di Houston, ha esaminato gli effetti dell'esposizione ai raggi ultravioletti sulla pelle, ed è stato scoperto che quando veniva applicata l'aloe sulla pelle prima del test, le cellule immunitarie erano completamente protette.

Adattabilità
E' questa la proprietà più straordinaria, ossia la capacità dell'aloe di agire adeguatamente in risposta ad ogni problema specifico della persona che ne fa uso. L'utilizzo dell'aloe può riservare sorprese: ad esempio, una persona può scoprire che prendendo l'aloe per combattere l'asma o l'artrite, magari le gengive smettono di sanguinare, oppure l'aspetto della pelle migliora.


Modalità di preparazione del succo di Aloe

Visti gli innumerevoli benifici che si possono trarre dal consumare il succo di Aloe, viene da chiedersi quale sia la preparazione migliore per usufruire appieno delle sue proprietà. Secondo l'esperienza fatta, è inutile rivolgersi ai preparati in bottiglia di negozi e farmacie: anche i migliori, quelli con la certificazione del 99% di principio attivo, ne conterranno in realtà non più del 30%. Inoltre, non c'è la minima garanzia che la preparazione sia avvenuta realmente in penombra.. e questo è fondamentale, visto che il gel dell'aloe è altamente instabile, e esposto anche brevemente alla luce, persino quella artificiale, si ossida immediatamente. Inoltre, chiunque lo abbia preparato in casa, sa perfettamente che anche messo subito in frigo in contenitori stagni, sarà impossibile conservarlo integro per più di sette giorni al massimo.. per cui, la scritta "senza conservanti aggiunti" posta su bottiglie che si mantengono senza problemi per due mesi e oltre, lascia il tempo che trova.. La cosa migliora è acquistare e coltivare in casa la pianta, nella varietà Arborescens, maggiormente ricca di principi attivi, anche 20 volte di più della Barbadensis, o Aloe Vera. Dopodichè si può facilmente preparare da sè il succo, da ingerire giornalmente, in quantità variabile, a seconda della patologia che si vuole curare, e/o dell'uso, anche semplicemente preventivo che si vuole farne. La ricetta che segue, messa a punto da un frate brasiliano, padre Romano Zago, è da tempo famosa in rete, e si rivolge soprattutto ai malati oncologici, per via delle qualità più sopra illustrate. Tuttavia, diminuendo appunto la quantità da assumere, essa è ottima anche per tutti gli altri utilizzi a cui si è accennato. Direi che in caso di malattia neoplastica in corso, la quantità ottimale è di tre cucchiai da tavola la mattina a digiuno e tre cucchiai la sera prima di coricarsi. Per il mantenimento e la prevenzione di recidive, oltre che per altre patologie acute o croniche va bene un solo cucchiaio, sempre mattina e sera. Per chi invece intende assumere il composto in assenza di sindromi visibili, soltanto come tonico organico e riequilibratore generale, è sufficiente scendere alla dose di due cucchiaini al giorno. In tutti e tre i casi è importante che l'assunzione sia costante e metodica, con sospensioni di una settimana ogni mese circa, per ottimizzare i risultati, tranne che nel caso delle malattie oncologiche, in cui lo stacco deve essere di un giorno soltanto.

Le piante da utilizzare devono avere necessariamente almeno 5 anni o più, altrimenti le foglie sarebbero troppo piccole, e oltre a contenere una quantità insufficiente di principio attivo, ce ne vorrebbero troppe per preparare un solo vasetto, e la pianta si esaurirebbe subito. Con una pianta adulta invece, meglio se con foglie grandi, sono sufficienti due o tre foglie per un vasetto, che durerà da tre/quattro giorni ad una settimana, a seconda della quantità assunta giornalmente. La ricetta originale fornisce dosi di preparazione molto elevate, da conservare in un contenitore grande. Io consiglio invece, a causa della veloce deperibilità del preparato in assenza di conservanti, di preparare un vasetto non più grande di quello riportato nella foto sottostante, che ho posto vicino ad una bottiglia, in modo da rendere meglio l'idea delle proporzioni:




Come si vede, il contenitore deve essere avvolto da carta di alluminio, in modo da opacizzarlo completamente, sempre per evitare l'ossidazione alla luce del composto. Questo è necessario, oltre allo svolgimento di tutta la preparazione in penombra (l'ideale è mantenere soltanto la luce di un televisore acceso nella stanza attigua a quella in cui si sta preparando l'aloe) e prendere anche la precauzione di assumere la dose giornaliera in una stanza ugualmente semibuia. Le foglie di aloe non vanno lavate, ma devono essere pulite con uno straccio asciutto, al massimo umido, come si fa con i funghi. Dopodichè si tagliano via con delle forbici le spine laterali, oltre alla parte vicina al punto in cui si è colta la foglia, anche questo per via della rapida ossidazione dovuta alla luce. Le foglie si tagliano poi a pezzetti dentro un frullatore, unendo due cucchiaiate piene di miele. Importante è che il miele sia assolutamente biologico, meglio se di un unico fiore e non il classico millefiori. La ricetta originale comprende anche l'aggiunta di un cucchiaio di grappa, la cui funzione sarebbe quella di veicolare meglio il principio attivo, attraverso la dilatazione dei vasi sanguigni. Tuttavia, per chi come me sopporta o digerisce male l'alcool, questo ingrediente si può omettere, oppure sostituirlo, se si desidera, con succo di limone, che unisce al composto le sue naturali proprietà antiossidanti. Le persone diabetiche, o con problemi di glicemia, elimineranno anche il miele, sostituendolo con il solo limone, in dose maggiore. Siccome l'aloe è tra l'altro un naturale riequilibratore della glicemia, questa andrà monitorata tramite le analisi del sangue nel corso dei mesi.. se, come è probabile, arriverà a regolarizzarsi da sè, si potrà poi procedere alla preparazione completa. Il composto così ottenuto, dalla consistenza semiliquida, andrà conservato in frigo. Quando le piante vengono innaffiate, bisogna evitare di raccogliere le foglie per due, tre giorni, in quanto il principio attivo risulterà momentaneamente diluito.

14 /09/ 013
by FATAMORGANA
fatam0rgana317@gmail.com


photo: Irene


25/09/13

La grande rapina e il formato Gif


great robbery


L'anno della Gif
E’ stata la notizia tecnologica degli ultimi mesi: Yahoo compra Tumblr per 1,1 miliardi di dollari. Perché un gigante della Rete in affanno si getta con tanta foga su una preda così giovane? L’odore che indica la strada è ovviamente quello dei soldi nelle tasche dei giovani consumatori a cui Tumblr parla ogni giorno attraverso un sistema di micro-blogging che al momento vanta più di 100 milioni di utenti. A fare la differenza è soprattutto il modo in cui lo fa, con un linguaggio personale in cui una delle monete di scambio principali si chiama Gif. Avete presenti quelle immagini animate che da qualche tempo hanno letteralmente aver invaso Internet? Dal colorato e ipnotico Nihan Cat dalla coda d’arcobaleno fino all’onnipresente e lampeggiante Keep Calm And Carry On, slogan in voga durante la seconda guerra mondiale e che ora è uno dei tormentoni del Web. Lo stesso che la Ceo di Yahoo Marissa Mayer ha utilizzato nel suo primo post su Tumblr per tranquillizzare la popolazione del social network impaurita per una possibile stretta su i contenuti di un ecosistema che ha fatto della propria libertà e originalità un punto di forza. Illustratori e artisti come semplici utenti sembrano essere impazziti per la possibilità di creare gif di ogni genere: dal campionare le migliori sequenze di show televisivi, tra cui gli ultimi chiacchieratissimi MTV Awards, a creazioni del tutto originali. I pubblicitari hanno seguito la carovana e non esiste oggi marchio di fama mondiale che non abbia una propria serie di animazioni personalizzate per diffondere i propri prodotti online. Ma le gif non erano una cosa del tutto superata? I più maturi tra di noi se ne ricordano come ammennicoli fastidiosi di cui erano infarciti i primi siti web personali, spesso ospitati dalla piattaforma Geocities anche questa acquistata anni fa da Yahoo per poi essere frettolosamente abbandonata. Cosa ha riportato in vita le gif al punto da farne una delle parole dell’anno 2012 per il dizionario Oxford?

Gli inizi
Il 15 giugno 1987, alla Compuserve, primo servizio online commerciale americano, il programmatore Steve Wilhite pubblica nei server dell’azienda un nuovo formato di compressione per le immagini in sostituzione del precedente standard RLE (Run Lenght Encoding). Questo nuovo Graphic Interchange Format, gif, rendeva possibile anche la creazione di piccole animazioni utilizzando la pubblicazioni di immagini in rapida successione. “ Credo che la prima gif fosse l’immagine di un aeroplano” ricorda lo stesso Wilhite che ha continuato a lavorare per la Compuserve durante gli anni novanta, periodo in cui la società fu acquisita da America Online (AOL) che facendo scadere il brevetto della gif rendendo a tutti gli effetti tecnologia libera di venire utilizzata ovunque in qualunque modo. E’ in questo periodo che la gif inizia a diffondersi in maniera endemica online, spesso con esiti discutibili. Tante piccole immagini animate invadono i primi siti personali come il classico “Lavori in corso” con la luce lampeggiante che accoglieva i navigatori sulle homepage ancora in costruzione . “ Non ero molto orgogliosa di quel formato” ricorda Olia Lialina “ avrei preferito lavorare con i video ma al tempo utilizzare le gif era l’unico modo di avere un’immagine in movimento dentro un browser”. Siamo nel 1997, Olia è stata la prima: pionera russa dell’arte digitale la sua prima creazione di questo genere fu il disegno di una finestra in bianco e nero illuminata come da un lampo, da subito manifesto di semplicità in contrasto con quanto stava accadendo nel resto del web. La diga è aperta e il potenziale suggestivo e iconografico della gif inizia ad essere messo in pratica.

Quella che mancava a questo punto era una piattaforma adatta sia dal punto di vista tecnologico che di un target di utenti in grado di apprezzare contenuti del genere: da quelli più emotivi come il lavoro di Olia fino a declinazioni più ironiche o nonsense. I siti personali degli utenti o i seriosi blog non erano certo l’humus adatto ad uno sviluppo del genere. La risposta definitiva arriva nel 2007 quando il giovane imprenditore e programmatore americano David Karp fonda Tumblr. Il minimalismo grafico e di strumenti di questo nuovo social network obbligano gli utenti ad affinare l’ingegno in uno sforzo di sintesi. Come riuscire a dire molto in poco tempo? La risposta è nell’utilizzo di immagini, meglio ancora se animate. Ecco che la gif esce dai territori della net.art dove era confinata da anni ed entra nelle case di milioni di adolescenti di tutto il mondo che si divertono a ridurre in una manciata di frame in movimento tutto quello che vedono. Dalle scene più divertenti di video YouTube fino a vecchie foto d’archivio ora improvvisamente come vive e dunque buffe. Niente e nessuno si salva dal potere iconoclasta della gif. I musei non rimangono a guardare e percependo la novità nell’aria da tempo è tutto un fiorire di mostre ed esposizioni dedicate alla gif. Dal Museum Of The Moving Image di New York alla Photographer’s Gallery di Londra sono tanti i curatori che si interessano all’argomento. Anche in Italia qualcuno si fa avanti in questo senso: qualche settimana fa il progetto Action Gallery ha lanciato la prima mostra nazionale di gif animate, tra i 10 artisti internazionali coinvolti anche l’italiano Walter Giordano.. 
Wired 









23/09/13

Misteri Romani

photo: Ged
Piccolo incipit: In questo momento e sul lungo periodo, nessuno si può prendere cura di me ..tranne me. E nessuno meglio di me. Perchè è sempre stato così:  l'unico modo in cui si imparano deavvero le cose è sbattendoci il muso. A volte dovrebbe bastare il solo terrore delle esperienze passate ad evitare che certe eventualità tornino a verificarsi. Ma tutti sanno che, spesso, le cose non vanno così. Forse perchè, in fondo,   si segue solo la propria natura. Dimentico di dare l'acqua alle piante, ma che posso fare?
Così, in un sabato pomeriggio in cui appunto cercavo di prendermi cura di me, ho trovato questo libricino, pubblicato, credo, nel 2005, che raccoglie racconti usciti sulle pagine di cronaca cittadina di Repubblica: Misteri Romani. Racconti di scrittori famosi e non,  con dieci illustrazioni di artisti , in un connubio in cui si racconta Roma attraverso i misteri di un amore, di un odore, di una fotografia, di un ritardo, di un presagio, dello zoo della città.. Racconti molto intimi per chi conosce la città, veri, intensi. Per chi non vive a Roma, un modo credo piacevole per accostarsi ai misteri di questa metropoli. In fondo poco è cambiato da quegli anni e come scrive Marco Lodoli nella prefazione..:"Una città come Roma ha milioni di abitanti, cioè milioni di misteri. Non esiste una sola persona completamente limpida e cristallina, nemmeno una che possa affermare: io sono ciò che vedete. Inoltre, ognuno di noi è un mistero per se stesso.."
Ritornando al piccolo incipit, diciamo tante parole solo per tacerne una che non osiamo ripeterci, nemmeno nella mente. Ci cuciamo addosso un vestito presentabile per coprire nudità  imbarazzanti, un fremito che non si placa, a volte una piaga vergognosa..

Racconti di Camilleri, C. Raimo, Erri De Luca, F. Pacifico, Emanuaele Trevi, Valeria Viganò, Laura Pugno, Vincenzo Cerami, Fulvio Abbate, Valentino Zeichen, : Lagioia,  E. Albinati, C. Susani, M. Mazzucco, M. Lodoli, C.Lucarelli, L. Ravera, A. Picca, L. Guarnieri, A. Pascale  



P. Gandolfi
GIUSTO VENTI MINUTI
A. Pascale

Nemmeno ero arrivato a Roma e già conoscevo un gruppo di persone che praticavano meditazione buddista. Dicevano: da quando faccio meditazione trovo sempre posto sotto casa. La cosa mi faceva toccare i nervi, perché io non ci riuscivo mai. A trovare posto sotto casa, intendo. Cominciai a pensare a una congiura cosmica ai miei danni, un gruppo di persone convogliava tutte le energie positive del cosmo per prendersi il mio posto auto. Insomma, tutto questo sforzo meditativo per cosi poco. E invece ho dovuto ammettere che la loro era un'ossessione molto seria. Venivo da Caserta, dove la sera parcheggiavo la macchina sotto il balcone di casa. Quelle rare volte' che lasciavo la macchina a venti metri da casa, mio padre mi faceva scendere per spostarla: ma sta così lontana, mettila sotto il balcone. A Roma, se andava bene, la macchina la mettevo a centinaia di metri di distanza da casa. Qualche volta mi è anche successo di vivere un incubo mattutino. Scendevo e non mi ricordavo dove avevo parcheggiato.Per questi motivi, cioè in ordine:

l) per non convertirmi in tarda età e sperare dopo una buona pratica meditativa di trovare questo benedetto posto auto;

2) per non sentire mio padre, che ogni volta che veniva a trovarmi, pretendeva che scendessi a spostare la macchina sotto casa;

3) per non rischiare di chiamare un taxi solo per recuperare la macchina; per tutta questa serie di motivi, decisi di usare solo i mezzi pubblici. Mi feci pure l'abbonamento, e per forza, da quando stavo a Roma incontravo solo persone che dicevano: "Da casa al lavoro ci metto giusto venti minuti. E non sprechi tempo a trovare parcheggio”. Quest'ultima frase mi convinse.

17/09/13

Loro ci odiano

"La lotta di classe esiste. E noi la stiamo vincendo.."
Arthur Betz Laffer, economista statunitense, sostenitore della teoria dell'offerta, che divenne molto influente negli anni dell'amministrazione Reagan, tanto da esserne uno dei massimi consiglieri economici negli anni della sua presidenza. (Wiki)

"Bisogna restaurare l’odio di classe. Perché loro ci odiano, dobbiamo ricambiare. Loro sono i capitalisti, noi siamo i proletari del mondo d’oggi: non più gli operai di Marx o i contadini di Mao, ma “tutti coloro che lavorano per un capitalista, chi in qualche modo sta dove c’è un capitalista che sfrutta il suo lavoro”. A me sta a cuore un punto. Vedo che oggi si rinuncia a parlare di proletariato. Credo invece che non c’è nulla da vergognarsi a riproporre la questione.

E’ il segreto di pulcinella: il proletariato esiste. E’ un male che la coscienza di classe sia lasciata alla destra mentre la sinistra via via si sproletarizza. Bisogna invece restaurare l’odio di classe, perché loro ci odiano e noi dobbiamo ricambiare. Loro fanno la lotta di classe, perché chi lavora non deve farla proprio in una fase in cui la merce dell’uomo è la più deprezzata e svenduta in assoluto? Recuperare la coscienza di una classe del proletariato di oggi, è essenziale. E importante riaffermare l’esistenza del proletariato. Oggi i proletari sono pure gli ingegneri, i laureati, i lavoratori precari, i pensionati. Poi c’è il sottoproletariato, che ha problemi di sopravvivenza e al quale la destra propone con successo un libro dei sogni."
Edoardo Sanguineti



Happy Birthday ai Pirati!



The Pirate Bay, forse il sito di file sharing più frequentato e resistente, fu fondata il 9 agosto del 2003, ma fu lanciato il 15 settembre dello stesso anno. Il gruppo considera ufficiale la seconda data, così il 15 settembre 2013 The Pirate Bay ha compiuto 10 anni. Alla sua nascita, The Pirate Bay fu alimentata con solo quattro server Linux. Da allora, ha combattuto contro molteplici incursioni, problemi legali e di servizio, attacchi DDoS, blocchi ISP, sequestri di dominio, e si ha dovuto spostare in continuazione i suoi server in giro per il mondo. Nel gennaio 2008, i pubblici ministeri svedesi hanno inquisito i quattro fondatori del sito, con accuse di violazione di copyright e di download illegale di materiale protetto dal diritto d'autore. Nel febbraio 2009,è iniziato il processo e in aprile, Peter Sunde, Fredrik Neij, Gottfrid Svartholm e Carl Lundströmwere sono stati giudicati colpevoli dal tribunale, che li ha condannati a un anno di carcere con una multa di 30 milioni di corone svedesi (circa 3,5 milioni dollari l'anno).

Tutti e quattro hanno contestato il verdetto e ricorso in in appello: nel novembre del 2010 la Corte ha ridotto le pene detentive, ma ha aumentato le pene amministrative, e nel febbraio 2012, la Corte Suprema di Svezia ha rifiutato di esaminare il ricorso nel caso. Come risultato, il sito è stato inserito nella lista nera in diversi paesi nel mondo e le autorità hanno cercato inutilmente di bloccare gli ISP per impedire l'accesso agli utenti, che però sono sempre stati in grado di aggirare i blocchi accedendo al sito tramite server proxy.
Ecco il trionfante post sul blog del gruppo:

Ce l'abbiamo fatta. Un decennio di aggressione, repressione e lulz. Davvero non crededevamo di arrivare a questo punto. Non tanto per gli attacchi della polizia, della MAFIA o di politici corrotti. Ma perché abbiamo pensato che saremmo stati troppo vecchi per continuare con queste "stronzate". Ma hey!, il portare avanti questa nave, ci fa sentire giovani. E' così rimarremo giovani fino alla morte..
Grazie di tutto. Non saremmo niente senza di voi..

Per festeggiare il decennale, i pirati di The Pirate Bay, che grazie al grande decennio di condivisione con tutti noi hanno contribuito a cambiare completamente la cultura di massa, hanno organizzato una festa a Stoccolma in grande stile, e hanno lanciato un motore di ricerca interno, chiamato PirateBrowser per aggirare le restrizioni attraverso un sistema basato sul browser Firefox.
"Del gioco al gatto con il topo da parte delle major di Hollywood […] The Pirate Bay è un motore di ricerca e non è responsabile dei risultati delle ricerche”.

I siti torrent hanno infatti un funzionamento diverso dalle altre tecnologie peer-to-peer, come eMule o LimeWire ad esempio, perché forniscono solo keyword per trovare file condivisi da migliaia di computer sparsi in tutto il mondo.
Anche se un pò in ritardo, anche noi facciamo gli auguri a Pirate Bay, con la speranza che questa esperienza di libertà e condivisione, contro le assurde regole del copyright e per la libera circolazione della cultura e delle idee su Internet possa continuare. Appoggiamo senza reticenze la battaglia contro “il tentativo di mettere a tacere una delle voci più importanti in materia di diritti civili e di libertà presenti sulla Rete. È una censura politica, che ogni democratico deve condannare”.

INTERZONE STROKE BLOG

Questo uno dei tanti commenti postati sul sito Pirate Bay:

Buon compleanno TPB, questa è la vita dei pirati. Dio vi benedica, Dio benedica la Svezia, Dio benedica ogni sito di torrent, Dio benedica ogni persona che ha lavorato per programmare torrent e / o siti web di file sharing, Dio benedica tutti i pirati, Dio benedica ogni visitatore e ogni persona che usa i torrent!!

Pirate Bay Italia



11/09/13

Apocalypse Town

Case abbandonate, accasciate sulle loro fondamenta. L’erba alta e verde che ne avvolge l’interno, soffocandone i resti. Strade deserte e immacolate, attraversate dal moto veloce e silenzioso di un alce o di un coniglio. Rotaie arrugginite che corrono Verso gli scheletri tranquilli di qualche grattacielo in lontananza. Un terremoto oppure un uragano? La guerra aerea oppure quella atomica? San Francisco, New Orleans, Dresda, Nagasaki? Gli immaginari e la realtà della catastrofe hanno spesso assunto citta e metropoli come loro scene principali. Il copione e consolidato. Un violento choc esterno si abbatte sulla citta, determina la brusca interruzione della sua esistenza, ne annienta gran parte della popolazione disperdendone i sopravvissuti. Infine, come accade nelle rappresentazioni fantascientifiche, ne piega definitivamente l’habitat concludendone la storia. Eppure le rovine che abbiamo evocato non sono quelle generate da una grande catastrofe, bensì quelle accumulate da una quotidiana sottrazione di persone, capitali e attività umane dispiegatasi nell’arco di alcuni decenni. Nel caso delle citta della cosiddetta Rust Belt negli Stati Uniti - Detroit, Cleveland, Flint e Youngstown, fra le altre - non si è prodotto alcuno choc violento e improvviso. Ma solo una lunga agonia capace tuttavia di produrre un vertiginoso ammontare di macerie, sia materiali sia sociali.Gli effetti combinati del cambiamento economico, di quello sociale e delle forme d’insediamento umano sprigionatisi nella seconda meta del Novecento hanno reso metà del novecento hanno reso eccezionale il paesaggio di queste città, imponendone la lettura in termini negativi: territori post-urbani o al meglio de-urbanizzati che, ancor più di quelli scaturiti dalle grandi catastrofi, ci ricordano come le città possano ancora morire. Mentre New Orleans ha ripreso a crescere, Detroit continua infatti ad affondare. Le cronache - e di cronache si tratta: né di teorie interattive né di racconti apologetici - contenute in questo libro raccontano del violento declino di queste città e delle risposte che di fronte ad esso popolazioni e istituzioni hanno saputo organizzare, adattandosi progressivamente al contesto di città con sempre meno abitanti, posti di lavoro e servizi e con sempre più immobili abbandonati e spazi inutilizzati in via di rinaturalizzazione. Nelle città in declino, le condizioni di vita di popolazioni discriminate, impoverite e marginalizzate sono state cosi spinte al limite: nei deserti urbani della Rust Belt, curarsi e fare la spesa, studiare e spostarsi, lavorare e andare al cinema è diventato incredibilmente difficile, talvolta impossibile.

Di fronte al trauma di una crisi permanente, istituzioni e popolazioni hanno prima reagito muovendo le leve tradizionali dell’economia con l’obiettivo di tornare a crescere. ln seguito, dopo decenni d’insuccessi, il declino è stato assunto come inarrestabile e la crescita è divenuta un miraggio irraggiungibile. E' cosi che nelle città visitate nel corso del nostro viaggio sono oggi in molti a credere che il trovarsi ai margini dei grandi flussi dell’economia e della cultura globali non sia più il problema da risolvere, ma la grande occasione da non sprecare. Nei crateri dello sviluppo torna a fiorire l`utopia: visioni del futuro spesso ingenue e irrealistiche, ma che in territori espulsi dalla corrente principale della storia vengono a rappresentare forze potenti di trasformazione delle società locali e di identificazione da parte delle popolazioni residue che le compongono. Se molto del pensiero utopico del diciannovesimo e del ventesimo secolo voleva edificare nuove città abbandonando le vecchie, nella Rust Belt l’utopia si sperimenta proprio fra le rovine di queste ultime. Le sue città in crisi irreversibile diventano i luoghi perfetti per sperimentare quanto le retoriche dell’autosufficienza e della sostenibilità propongono in questo tempo di crisi. La riorganizzazione della produzione e dei consumi su base locale e la riconciliazione fra habitat umani e cicli della natura costituiscono i riferimenti principali di molte delle pratiche del vivere nel declino che abbiamo osservato. ldee non nuove, che tornano ad essere credibili in città che, per riprendere le parole di uno dei testimoni delle nostre cronache, <<sono morte abbastanza per poter rinascere>>.

Alessandro Coppola
APOCALYPSE TOWN
Cronache dalla fine della civiltà urbana


07/09/13

Five Years


Photo by Jimmy King


E' sabato, dalla finestra intuisco che è un altra bellissima giornata, l'ultima forse. Le previsioni per la settimana danno pioggia e un significativo abbassamento della temperatura. Non m'importa molto, lunedì si ricomincia. Questa breve convalescenza ha contribuito ad un piccolo ma radicale cambio di stile di vita, e comunque mi sveglio presto la mattima, dormo di meno, sono più lucido, attento, più affamato e meno affannato. Così quando squilla il telefono non ho esitazioni. E' Fatina Morgana, sempre la prima a volersi accertare che vada tutto bene. Instancabile, in questo periodo di inattività ha continuato a macinare musica, film, libri e quant'altro. Anche il documentario che sto vedendo di prima mattina, cosa inusuale per me, è stato un altro dei suoi bellissimi regali. Avevo iniziato solo per dargli uno sguardo, per vedere di cosa si trattava. Ok, va bene così, poi lo vedo con calma.. Ma  non riesco a spegnere. Altri cinque minuti, poi dieci, ma proprio non ci riesco. Così lo vedo tutto e la giornata prende decisamente un'altra piega, sterza in una direzione piacevole, decisamente entusiasmante. Il documentario di cui Fata mi ha fatto dono è Five Years ed esplora cinque anni chiave della carriera di David Bowie con una ricchezza di filmati inediti da brividi. Regista e produttore è Francis Whately, fan della prima ora del Duca Bianco, e il suo film è andato già in onda nel Regno Unito sulla BBC. Ha spiegato che l'idea gli era venuta quando ha saputo che Bowie stava allestendo una mostra a Londra e decise di fare qualcosa che fosse complementare, ma anche di completamente nuovo e diverso dai soliti documentari dedicati alle rock star. Ha deciso così di far parlare musicisti, , produttori, amici e critici musicali, oltre che Bowie stesso.


Bellissimo, emozionante: ore e ore di materiale e trascrizioni da radio, TV, interviste giornalistiche, materiale promozionale delle etichette discografiche. Canzoni, suoni, visioni .. Più che cinque anni, sono stati presi in considerazioni cinque periodi della carriera di Bowie: i primi anni '70 di Ziggy, il periodo americano di Young Americans, la svolta berlinese con Eno e Fripp, Scary Monster e infine la collaborazione con Nile Rodgers per Let's Dance. Cinque periodi fondamentali dagli anni '70 ai primi anni '80, in cui ha cambiato radicalmente direzione , contribuendo a far divenire Bowie un essere soprannaturale del pop.


Vedere Bowie sul palco pieno di make-up con Mick Ronson e gli Spiders from Mars, e poi pallido, magro, sottile come una sigaretta a Los Angeles, la rinascita a Berlino, e tanti eroi della mia adolescenza che ho visto dal vivo, o di cui avevo letto sul retro degli album ( Carlos Alomar, Earl Slick con l'immancabile chiodo, Dennis Davis ormai vecchietto, Rick Wakeman, Tony Visconti, Eno..) persone che erano leggende per me, è stato davvero rigenerante. In questi novanta minuti non ci sono nuove interviste (dal suo ritorno a gennaio ha rifiutato di tutte le richieste) e mancano in tanti: Iggy Pop, Lou Reed, i fratelli Sales, Adrian Belew..) ma capisco che per rappresentare l'intera carriera di Bowie non sarebbero bastate ore e ore di filmati e che per forza si è dovuto tagliare il materiale in maniera feroce e tristemente selettiva.
Proprio un bel sabato, non c'è che dire.
Buona visione a tutti..

Five Years
Five Years1




04/09/13

DROGHE, La Napoli d'innovazione sociale



Stefano Vecchio, Comitato Scientifico Forum Droghe

I dati sui consumi di sostanze psicoattive tra la popolazione europea dell’Osservatorio di Lisbona, al contrario delle letture allarmistiche della relazione governativa al Parlamento italiano, esigono un cambio radicale politico-culturale sui consumi di droghe. Si tratta di prendere atto che i consumi di sostanze psicoattive legali e illegali fanno parte della nostra vita quotidiana, della nostra cultura.
Fino ad oggi i Paesi europei, anche se con diverse e sostanziali differenze, hanno adottato politiche proibizionistiche e, in particolare, l’Italia con la legge Fini-Giovanardi, ha scelto la logica della repressione dei consumatori, della stigmatizzazione dei loro comportamenti e della medicalizzazione istituzionalizzante.
Questa politica ha fallito tutti gli obiettivi che si era data e nello stesso tempo ha creato e moltiplicato i rischi e i danni per i consumatori di droghe. L’illegalità del consumo e del mercato, infatti, spinge i consumatori verso comportamenti rischiosi e dannosi sia per la salute che per la socialità e ostacola l’apprendimento di comportamenti di consumo responsabili .
Ma vi sono segnali di una critica pragmatica a questa pesante realtà che provengono dalle città: da Milano a Torino, da Roma a Napoli e altre ancora, dove, da tempo, si realizzano politiche sociali e socio-sanitarie di riduzione del danno che aprono contraddizioni importanti nella politica nazionale. Parallelamente movimenti metropolitani diversi, insieme ad aggregazioni di consumatori, autonomamente praticano e diffondono forme di autoregolazione responsabile dei consumi.
Napoli, pur nelle sue contraddizioni di città meridionale, è un laboratorio di sperimentazioni e di innovazioni, che ha visto protagonisti i servizi e gli enti pubblici, in stretta connessione con il terzo settore e in dialogo costante con la società civile.
In particolare, si è tentato di superare il “modello unico” di servizio (basato su SerT e comunità terapeutiche) attraverso una differenziazione dei modelli di intervento e delle azioni socio-sanitarie e sociali, adeguate alla pluralità dei contesti nei quali si realizzano i variegati stili consumo: dai Sert, alle strutture intermedie e ai drop in, alle unità di strada, ai servizi per i nuovi consumatori socialmente integrati, alle equipe che operano nei contesti del divertimento, fino agli interventi in carcere. Si seguono i principi della riduzione del danno intesa come politica pragmatica, prospettiva culturale, scelta organizzativa.
L’obiettivo comune è la costruzione di un sistema a rete interistituzionale cittadino, flessibile e articolato che consenta un governo dei processi aperto alle innovazioni: capace, cioè, di riadeguare i servizi e le politiche, venendo incontro alle esigenze di salute e di convivenza dei consumatori, invece di andarvi contro.
Napoli, come le altre città, cioè, prova ad attenuare gli effetti negativi sulla salute e sulla socialità della legge antidroga nell’ambito di un ripensamento generale di una città più sicura in quanto più “ospitale”, impegnata non a reprimere, ma a regolare i fenomeni sociali.
Ma a Napoli, come nelle altre città, vi è stato un allentamento della tensione da parte delle istituzioni, anche per effetto della crisi del welfare, dei tagli ai Comuni e della crisi finanziaria delle Asl. Di queste contraddizioni discuterà l’appuntamento annuale di Summer school promosso da Forum Droghe e dal Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza, a Firenze (5-7 settembre).
E’ necessario un rilancio. Dalle città parta la ripresa di un welfare del “comune” e la sfida al governo per un cambio di rotta radicale delle politiche sulle droghe.

Info Summer School Drugs and the city su formazione.fuoriluogo.it.
ilmanifesto - 4 settembre  2013

02/09/13

Susumu Yokota e gli Eels

MUSIC MEGAPOST
Già, centra sempre Bowie, non c’è che dire. Così scovai una raccolta di artisti emergenti che rifacevano alcuni dei suoi successi e quello più convincente fu la rivisitazione di Golden Years fatta da Susumu Yokota. Artista nipponico poliedrico, musica, pittura, installazioni multimediali.. quella cover di Bowie mi colpì tanto da rovistare nel suo vasto catalogo (il primo lavoro è del 1992) senza, tra l’altro, nessun rimpianto. House, techno, ambient, sperimentazione con variazioni orientali, originale e affascinante. Grinning Cat è più che altro musica classica  d’avanguardia, rarefatta e tecnologica, romantica e decadente, concentrata fortemente sul pianoforte, in alcune parti fortemente campionato. Un disco minimale , con alcune tracce inquietanti e tristi ma dieci brani sinuosi e molto differenti tra loro, anche se non sembra. Da ascoltare con i primi scrosci di pioggia autunnali. (O mentre si osserva la città illuminata di notte, fumando sigarette dalla finestra d'ospedale). La ricerca continua..

Grinning Cat








Di Eels abbiamo già parlato, perchè è uno dei nostri preferiti: per definizione, uomo poster per l'insicurezza, la sofferenza, la delusione. Che poi sono la forza trainante di Mark Oliver Everett e la sua band. Questo Wonderful Glorius, decimo album, ce lo regala di umore più combattivo, con canzoni "ricche di vita e di tribolazioni che lo rendono più che utile" ,  prove di un uomo che combatte per la sua vita , la sua sanità mentale , e sempre alla ricerca di un senso .Un disco che è un viaggio vivace e dinamico,  più positivo e rilassato, anche se non mancano i momenti di rabbia e delusione, più della sua instancabile malinconia. Come non essere d'accordo sull' inciviltà della vita moderna cantata in  " Bombs Away"? Wonderful Glorius è un disco ad intermittenza, ma di un'intermittenza piacevole, meno confessionale ma sempre con la sua consueta onestà emotiva. Canzoni che lasciano cicatrici, con una prospettiva però, di un pò 'più di speranza e ottimismo. E gli Dei solo sanno quanto noi ne abbiamo bisogno..

Quì la versione DeLuxe, con tredici  bonus track, sette delle quali registrate dal vivo.

Wonderful Glorius

Torrent



29/08/13

Rainer Werner Fassbinder: Tutto ciò che è ragionevole non mi interessa.

Nessun artista tedesco produceva tanto quanto Rainer Werner Fassbinder. Nessun altro regista della RFT si preoccupava tanto nevroticamente del proprio ego come Rainer Werner Fassbinder. 

CONVERSAZIONE CON R. W. FASSBINDER, di W. Limmer e F.Rumpler

Produttività e egocentrismo sono forse le due facce di una stessa medaglia?
Innanzitutto non Credo di essere l’unico ad occuparsi principalmente di se stesso. In certo modo anche Alexander Kluge lo fa, solo adopera un certo distacco. ll fatto che io produca più degli altri lo spiego come una sorta di malattia, oppure come il tentativo di venire a capo di questa malattia, una malattia mentale.

07/08/13

Dispacci

"A Saigon andavo sempre a letto strafatto, cosi spesso mi perdevo i sogni, e tanto valeva probabilmente, tuffato nel profondo e nell’indistinto sotto quelle informazioni, riposa quel po’ che ti riesce, svegliati scippato di tutte le immagini tranne quelle che ricordavi dal giorno o dalla settimana prima, con nient’altro che il cattivo sapore di un brutto sogno in bocca, come se avessi masticato durante il sonno un rotolo di vecchi centesimi sporchi. Avevo osservato delle reclute addormentate che sparavano i REM da sotto le palpebre come raffiche nel buio, sono certo che a me accadeva lo stesso. Dicevano (io glielo domandavo) che nemmeno loro ricordavano cosa sognavano quando erano in zona d’operazione, ma in licenza o in ospedale i loro sogni diventavano costanti, aperti, violenti e chiari, come accadde a quell’uomo all’ospedale di Pleiku la notte che mi trovai li. Erano le tre del mattino, terrificante e sconvolgente come sentire una lingua per la prima volta e in qualche modo capirne ogni parola, la voce forte e sottile al tempo stesso, insistente, chiamava: <<Chi é? Chi é? Chi c’e nell’altra stanza?>>. C’era un’unica luce schermata sul tavolo in fondo alla corsia dove stavo seduto con l’inserviente. Riuscivo a vedere soltanto alcuni letti, i primi, era come se ce ne fossero centinaia che si rifugiavano nel buio, ma in realtà ce n’erano soltanto venti per fila. Dopo che l’uomo ebbe ripetuto alcune volte quel richiamo, il suo tono cambiò, Come se per un attimo la febbre fosse cessata, sembrava un bambino implorante. Vedevo accendersi delle sigarette in fondo alla corsia, brontolii e lamenti, feriti che ritornavano alla coscienza, al dolore, ma l’uomo che prima sognava continuò a dormire nonostante tutto... Quanto ai miei sogni, quelli che persi laggiù si sarebbero fatti strada più tardi, avrei dovuto saperlo, certe cose, è naturale, si limitano a seguirti finché non hanno attecchito. Sarebbe giunta la notte in cui sarebbero stati vividi e persistenti, la notte d’inizio di una lunga catena, allora avrei ricordato e mi sarei svegliato con il dubbio di non essere mai stato per davvero in nessuno di quei luoghi.."

06/08/13

Agosto 2.0 (GIF)

Kilyos Beach , Istanbul

Alzarsi una mattina e non poterne più. Lasciarsi andare a pensieri ingovernabili, armarsi di improvvise intenzioni e scaricare in maniera imprevedibile e distruttiva ogni frustrazione possibile. 
Oppure, alzarsi una mattina e prendere confidenza in maniera un pò più decisa con le solite questioni che tormentano da sempre, provando a organizzare finalmente una reazione in maniera saggia, ponderata e imprevedibile.
Oppure, semplicemente, alzarsi, lasciare tutto così com'è e andarsene senza nemmeno prendere fiato..




House fly



High Def

Per un osservatore dalla nebulosa di Andromeda, il segno della nostra estinzione non sarebbe più appariscente di un fiammifero che si accende per un secondo nel cielo..
Stanley Kubrick


05/08/13

Hakim Bey Vs la cultura poliziesca

Alla luce del brutale omicidio di Trayvon Martin pubblichiamo un estratto da T. A. Z. (Zone Temporaneamente Autonome) di Hakim Bey, scritto nel 1995 ma quanto mai attuale


RISOLUZIONE PER GLI ANNI NOVANTA (e 2000!)
BOICOTTARE LA CULTURA POLIZIESCA!!!

Se si può dire che ci sia stata una figura immaginaria che abbia dominato la Cultura popolare degli anni Ottanta (e Novanta), quella è lo Sbirro. Polizia fottuta dovunque ti giri, peggio che nella realtà. Che rottura incredibile. Sbirri Potenti - proteggono i deboli e gli umili - alle spese di una mezza dozzina di articoli della Costituzione - “Dirty Harry”. Simpatici sbirri umani, alle prese con la perversione umana, se ne escono fuori agrodolci, sai, duri e scafati, ma sempre teneri dentro - Hill Street Blues - lo show tv più malvagio che ci sia mai stato. Sbirri negri furbetti che fanno battute buffe, battute razziste contro poliziotti bianchi di campagna, ma che lo stesso arrivano ad amarsi l'un l’altro: Eddie Murphy, Traditore di Classe. Per il brivido masochista abbiamo sbirri cattivi e corrotti che minacciano di rovesciare la nostra confortevole realtà del consenso dall'interno come vermi disegnati da Giger ma naturalmente vengono spazzati via, appena in tempo dall’Ultimo Sbirro Onesto. Robocop, è un amalgama ideale di protesi e sentimentalismo.

Siamo stati ossessionati con gli sbirri fin dall’inizio - ma i pulotti di allora facevano la parte di idioti saputelli, i KeyStoneKops Car 54 Where Are You, bobby sciocchi messi su per essere sgonfiati e schiacciati da Fatty Arbuckle o Buster Keaion. Ma nel dramma ideale degli anni Ottanta, l‘ometto" che un tempo sparpagliava centinaa di bottiglie blu con la sua bomba da anarchico, innocentemente usata per accendersi la sigaretta - il Vagabondo, la vittima dall’improvviso potere del cuore puro - non trova più posto al Centro della narrazione. Una volta "noi" eravamo quell'hobo, quell’eroe Caotico quasi surrealista che vince col Wu-Wei sui risibili favoriti di un Ordine disprezzato e irrilevante. Ma "ora", siamo ridotti allo stato di vittime Senza potere, oppure criminali; non più gli eroi delle nostre storie, siamo stati emarginati e rimpiazzati dall'Altro, lo Sbirro. Cosi lo Sbirro Show ha solo tre attori - vittima, criminale e ufficiale di polizia - ma primi due non riescono a essere pienamente umani - solo il maiale è reale. Abbastanza stranamente, la società umana negli anni Ottanta (come viene vista negli altri media) appare a volte consistere degli stessi tre archetipi/clichè. Prima le vittime, le minoranze piagnucolanti che si lamentano sui “diritti” - e chi non apparteneva a una "minoranza" negli anni Ottanta? Merda, anche gli sbirri si lamentavano dei loro "diritti" che venivano abusati. Poi i criminali: largamente non-bianchi (nonostante l' integrazione" obbligatoria e allucinante dei media), largamente poveri (oppure oscenamente ricchi, quindi ancor più alieni), largamente perversi (gli specchi proibiti dei “nostri” desideri). Ho sentito che, in America, una casa su quattro viene rapinata ogni anno e che quasi mezzo milione di noi viene arrestato solo per aver fumato erba. Di fronte a tali statistiche (anche assumendo che siano “dannate bugie"), uno si domanda chi NON è o vittima o criminale nel nostro stato-polizia-di-coscienza. La giusta deve mediare per tutti noi, per quanto nebbiosa l'interfaccia - sono solo preti-guerrieri, per quanto profani.

04/08/13

Pompeo 2013

"TUTTO QUELLO CHE VEDO E' UN MINUSCOLO PUNTINO.."
Talking Heads, Drugs - Fear of music



<<Pompeo s'era svegliato nel suo letto  e preparava con soddisfazione la prima pera della giornata, nel modo che preferiva, cioè senza levarsi dal letto, avendo l'occorrente, compresa acqua e limone, apparecchiato a portata di mano prima di coricarsi. Mentre premeva lo stantuffo in un ennessimo risucchio, lo sguardo spillato si posò su uno dei numerosi orologi che formavano la sua "piccola collezione", senza però cavarne alcuna informazione, scivolando poi sul primula dalle sedici memorie inusate, affondato tra le pieghe del piumino. Dovette allora, scalzo, correre nello studio per rimettere al suo posto la cornetta dell'altro telefono di casa, che egli sollevava ogni notte per tema d'essere disturbato. Se avesse semplicemente staccato le spine, la suoneria, autonoma, avrebbe trillato lo stesso.  Se ad essere sganciato fosse stato il ricevitore del primula, il segnale acustico l'avrebbe tenuto sveglio. Tornò a letto , accese una sigaretta, ripiegò il cuscino dietro la nuca, allungò un braccio a raccogliere il libro che stava leggendo dal tappeto di moquette, e lo sistemò, aperto sul petto col dorso in alto. Quindi prese il telefono e compose il 190, ultime notizie Rai. Ascoltò le prime due. Non era successo niente, riattaccò e chiuse gli occhi...

Tornando a casa, Pompeo pensa:
Vivo sulla lama, mi com/muovo nei bassifondi, parlo con ricercati dallo stato, brigo, mi procuro e dilapido milioni, poi, rischio, mi struggo, mi umilio, mi arrendo, poi..mi faccio e tutto torna bello, più splendente di prima !!
L alternativa è la birreria, il lavoro, il risparmio, il normale sfaldarsi del corpo, lo studio, lo scemo naturale, il simpatico, l'antipatica, due + due fa quattro, sveglia alle otto, viaggi, incidenti, cene d'affari, e non valgono quei personaggi più di quell'altri, mutuati della felicità. Palle, anche lì..palle peggio di qua. Vuoi mettere risorgere, risorgere, risorgere..Vuoi mettere..>>




POMPEO è un poema che il disegno segue, ed esaspera, sottolineandone il carattere istantaneo, diaristico della sua scrittura. A proposito dell'eroina, Andrea narra in questa storia tutto l'orrore, la bassezza che sono parte caratteristica dell'argomento, e la narra quasi con amore, ma come se volesse per questo salutare tutto ciò.. La vera forza del racconto sta nella sfrontatezza,  e durezza delle sue pagine, che pure rivelano il coraggio di chi si mette sempre nella condizione di non avere niente da perdere, ma nella struggente dolcezza e dolce successione delle sue parole..
Maria Comandini Pazienza 



Pompeo in Cold Turkey

 
Un libro da leggere nelle scuole - Visionario, allucinato, ricchissmo di citazioni, testi e ipertesti, rimandi subliminali in 180 pagine, Gli ultimi giorni di Pompeo è il libro che si dovrebbe far leggere in tutte le scuole se si vuole comunicare, senza ipocrisia e senza sconti, ai giovani cosa significa essere tossicodipendenti, quale sia la spirale di godimento e autodistruzione che avvinghia un essere umano in preda alla roba, e a quali svolte brutali e vicoli ciechi porti. Pompeo è un magma, un viaggio nell'inconscio e anche la tragicomica cronaca di una vita scandita dalle dosi, dai conflitti interiori, dalla rabbia per essersi autodivorati e dall'orgoglio di non voler mai cedere del tutto al senso di colpa. Il tratto di Paz è vulcanico, cita la storia dell'arte, quella del fumetto, ha dentro la rabbia punk e la malinconia di una vita borghese raggiunta e aborrita in un secondo. La storia del disegnatore di successo tormentato da un amore finito e dalla seduzione-lotta tossica echeggia la vita di Andrea, questo è ovvio, ma va oltre. Diventa parabola, diventa quasi mitologia (da qui la scelta di nomi epici come Pompeo e Mallardo, rifilati per accostamento irriverente a peromani persi nel vuoto di una vita risucchiata dalle siringhe e dai "tirelli"). Diventa memoria di un sé consumato, diverso dal "supereroe" ventenne che affascinava il mondo con i suoi disegni e stregava le donne con il suo fascino tenero e malandrino.
C. Sanna 

Pompeo in Pdf





03/08/13

Un briciolo d'onore

Il Financial Times all'indomani della sentenza della Corte di Cassazione che ha confermato la condanna a quattro anni per la sentenza Mediaset nel confronti dell'ex presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. "Cala il sipario sul buffone di Roma, dopo il verdetto, il Senato dovrebbe cacciare Berlusconi" che "ha accusato i magistrati di parzialità politica" nei suoi confronti "ma non è riuscito a produrre alcuna prova a sostegno delle sue affermazioni".

"Alcuni ritengono che il reato per il quale Berlusconi è stato condannato è poca cosa rispetto all'enorme quantità di tasse che paga -si legge nell'editoriale- ma non è mai corretto ingannare il fisco. I politici hanno una particolare responsabilità nel dare l'esempio, specialmente in Italia, dove la diffusa evasione fiscale è una delle principali ragioni del terribile stato delle finanze pubbliche ". Per il Financial Times, "i giudici di Roma dovrebbero essere lodati per la loro indipendenza" e "il verdetto dimostra che nessuno è al di sopra della legge".
"Se Berlusconi avesse un briciolo d'onore, ora darebbe le dimissioni. Risparmierebbe ai suoi colleghi senatori l'imbarazzo di dover espellere un ex primo ministro". Infine, per il FT, che ricorda come l'ex premier abbia già promesso battaglia e che molti membri del suo partito potrebbero seguirlo, in Italia "i tempi sono maturi per l'emergere di un partito di destra che sia pronto a liberarsi del frenetico populismo di Berlusconi per abbracciare il liberismo economico. Dopo anni di inefficace protagonismo, l'Italia ne beneficerebbe molto", conclude l'editoriale.

Financial Times / Repubblica.it

Ma lui, l'onore non sa proprio cosa sia e il suo "esercito" di moderati, in quanto moderati, per bocca di quel moderato di Bondi arriva a minacciare la guerra civile. Solo per vedere Bondi, Cicchitto, Santalacchè, Polverini, Lupi..in mimetica ed elmetto. Al comando dell'esercito dell'amore, logicamente, Belpietro e  Sallustri. Che spettacolo, sarebbe!
Ma si..contiamoci, una volta e per tutte..!



02/08/13

Robottoni vs Godzilloni: Pacific Rim, un cult

"Ci sono cose che non puoi combattere - cause di forza maggiore. Vedi un uragano in arrivo, ti levi di mezzo. Ma quando sei in uno Jaeger puoi finalmente combattere l'uragano. Puoi vincere"

I visionari sono quelli come Bergman, ma anche quelli come Del Toro. L’immaginario comune occidentale è una spugna di robot, dinosauri giganti, effetti speciali e personaggi stereotipati, ben rappresentata nelle due ore abbondanti di questa pellicola.
Pacific Rim esaurisce la trama in pochissimi minuti, con tanto di didascalia in apertura a spiegare chi sono i cattivi e chi i buoni. Kaijū, termine giapponese per indicare i mostri alieni che devastano la Terra. Jaegers, parola tedesca per indicare i macchinari che l’uomo ha inventato per difendersi a suon di cazzotti e scontri fisici diretti. Il regista (che è anche co-sceneggiatore, insieme a Travis Beacham, autore del soggetto iniziale) si diverte come un bambino con un nuovo giocattolo, passando sul corpo della sceneggiatura senza troppi pensieri (solo delle persone tristi possono seriamente criticare film del genere per la mancanza di senso di alcuni particolari). C’è una scena in particolare (ma è bene non svelare nulla con descrizioni particolari) in cui viene da alzarsi in piedi e urlare, applaudendo, “alabarda spaziale”.

La forza del film è nella potenza visiva, che è un affresco di particolari in cui perdersi per giornate intere. Dai nomi dei robot alle loro armi, passando per la conformazione dei vari mostri invasori: niente è originale, ma nulla di simile ha mai raggiunto questo livello di tecnologia ed efficacia. Se Hollywood si avvia davvero verso la decadenza, come teorizzato recentemente da Lucas e Spielberg, Pacific Rim è una delle vette più alte di spettacolo concepibile. Nessun impegno, nessun messaggio profondo. L’umanità si difende sull’orlo dell’apocalisse, con un gruppo di eroici piloti di robot (di ogni colore e nazionalità).

Del Toro mancava dalla regia in prima persona da ormai cinque anni. L’ambizione sembra essersi gonfiata con lo scorrere dei mesi, pari ai milioni di costo. Qualcuno ha storto il naso per la molta pubblicità e il trailer lanciato rende poco onore alla qualità della pellicola. In realtà, lasciando da parte ogni pretesa, accettando di vedere quello che è puro intrattenimento, si esce dalla sala quasi tramortiti. La colonna sonora di Ramin Djawadi (già dietro Il Trono di Spade e Iron Man, tra gli altri titoli) aiuta a cancellare ogni legame con il mondo reale, immergendosi completamente nel colossal adatto tanto ai nerd quanto ai neofiti del genere.
Non spicca la recitazione, ovviamente, ma non è richiesto dal tipo di film in questione. L’unica ovvia eccezione è quella di Ron Perlam (già Hellboy), che ricorda a tutti perché Del Toro ha avuto la possibilità di accedere a risorse così ampie.
Un’ottima consolazione per chi ancora non si è ripreso dalla decisione che tolse a Del Toro la regia de Lo Hobbit.
Non si rischia niente, così come niente è stato rischiato dagli sceneggiatori e dagli attori: è un piccolo gioiello “garantito”, non un capolavoro. Senza sorprese, ma archetipi e luoghi comuni, per uscire sazi, più che stuzzicati.
Con la soddisfazione di aver visto il mondo salvato da robot giganti.

Dmitrij Palagi

01/08/13

De Gregori: Non sparate sul cantautore e il processo del '76

De Gregori rilascia un intervista al Corriere della Sera e la rete si scatena. Le dichiarazioni del cantautore romano, politico per eccellenza, infiammono gli animi. Ma cosa ha detto per così tanta animazione?  De Gregori spara sulla sinistra italiana: <<Secondo lei cos'è oggi la sinistra italiana?>> <<È un arco cangiante che va dall'idolatria per le piste ciclabili a un sindacalismo vecchio stampo, novecentesco, a tratti incompatibile con la modernità. Che agita in continuazione i feticci del "politicamente corretto", una moda americana di trent'anni fa, e della "Costituzione più bella del mondo". Che si commuove per lo slow food e poi magari, "en passant", strizza l'occhio ai No Tav per provare a fare scouting con i grillini. Tutto questo non è facile da capire, almeno per me>>. 
Dire che è come sparare sulla Croce Rossa è un..eufemismo. Dichiara che vanno tutelate le fasce più deboli della popolazioni, a favore della scuola pubblica e della meritocrazia e che la ricchezza in quanto tale non "vada punita". E, giustamente, per favorire queste prospettive ha votato Monti e Bersani. Si dice sconvolto da quelli che gridano all'inciucio quando i due grandi partiti cercano un accordo per fare qualche riforma!! Potete poi leggervela tutta l'intervista sul Corriere: ce ne per tutti, da Veltroni a Moretti, da Castro fino ai 5 Stelle. Ma la ciliegina sulla torta è la sua "nuova passione": non si salva proprio nessuno?
<< Papa Francesco, la più bella notizia degli ultimi anni. Ma mi piaceva anche Ratzinger. Intellettuale di altissimo livello, all'apparenza nemico del mondo moderno e in realtà avanzatissimo, grande teologo e per questo forse distante dalla gente. Magari i fedeli in piazza San Pietro non lo capivano. Ma il suo discorso di Ratisbona fu un discorso importante>>. 
Sembra proprio una moda: non bastava il poco lindo Giovanni Ferretti, passato in poco tempo dal bolscevismo al berlusconismo, poi al razzismo della Lega e infine approdare alla celeste via di Ratzinger. Di sicuro, il cantante di Buonanotte fiorellino incendiario non lo è stato mai. Davvero uno strano paese, questo, con strani personaggi. Per non tirarla per le lunghe, tra i tanti commenti e risposte all'intervista, quella più appropriata ci sembra proprio quella dei giovani Pd: caro Francesco, stai invecchiando male! E del De Gregori che non voterà più a sinistra, ce ne faremo una ragione. 

Intanto, nell'articolo che segue, ricordiamo un altro De Gregori e altri tempi: la contestazione e "il processo" che il cantautore subì nell' aprile 1976 durante il famoso concerto al Palalido di Milano, da parte di una frangia del "movimento". La ricostruzione è di Alberto Piccinini ed è comparsa sul numero 27 di Alias del luglio 2011.

LASCIA QUI' L'INCASSO !
Passò alla storia come il <<processo a De Gregori>>. Processo politico, s'intende. Venerdi 2 aprile 1976, al Palalido di Milano, un centinaio di persone fermò a metà il concerto sold out del cantautore romano di fronte a seimila spettatori. Rimmel, uscito l’anno prima, era stato in classifica 40 settimane, vendendo la cifra record di 500.000 copie. Proiettato in una nuova dimensione di popolarità, De Gregori aveva un album in uscita: Buffalo Bill. La tourneè la organizzava il Piccolo Teatro di Milano. Sullo sfondo c'e la Rca, la casa discografica del cantautore. ll biglietto costa 1500 lire. Prima del concerto della sera, accanto al botteghino, vengono distribuiti volantini <<contro i padroni della musica>> firmati da Stampa Alternativa: <<Decine di migliaia di incazzati hanno capito che i Palalido sono i loro Vietnam, i loro campi di battaglia>>. Soltanto due mesi prima, nello stesso Palalido, uno  spettrale Lou Reed (2000 lire) é stato costretto a interrompere il concerto tra lanci di sassi e bottigliette. Per evitare altri attriti si aprono precauzionalmente le porte a tutti. E il concerto si svolge con le luci accese. <<Vedevo la gente che applaudiva appena salivo sul palco, cosa mai successa prima. - é il ricordo De Gregori raccolto dal giornalista Claudio Bernieri -  Poi c’erano quelle luci accese>>.  Dopo una prima interruzione (<<gli strapparono la chitarra di mano», ricorda il batterista Carlo Marcovecchio), e la lettura dal palco di un comunicato contro l’arresto di un compagno a Padova, il concerto riprende. De Gregori e la sua band finiscono come possono, poi tomano nei camerini.
E’ qui che-va in scena il processo vero e proprio. I <<verbali>> li scoviamo nella cronaca che il giorno dopo usci sul Corriere della Sera:
“Quanta hai preso stasera?” urla un giovane.
“Credo un milione e due... “ sussurra con un filo di voce De Gregori – ma poi c'é la SIAE.  “Se sei un compagno, non a parole ma a fatti, lascia qui l'incasso”, ribattono.
Fu il critico Mario Luzzatto Fegiz a firmare il pezzo. Calcò la mano:
<<Al microfono si alternano volti lombrosiani e giovani che sembrano colti da raptus isterico...>>.  Secondo i testimoni un vero e proprio processo neppure ci fu: il Palalido si stava svuotando, il diverbio tra i contestatori e De Gregori si sarebbe svolto tra il sottopalco e i camerini. D’altra parte la cronaca, pure romanzata, coglie bene la centralità drammatica che quell’evento avrà nella storia  successiva della canzone italiana. Continuiamo a leggere: Prende la parola un uomo con la barba bianca, d’età indefinibile: <<La rivoluzione non si fa con la musica. Prima si fa la rivoluzione, poi si potrà pensare alle arti o alla musica. Lo diceva anche Majakowski che era un vero rivoluzionario e si é suicidato. Suicidati anche tu!>>. De Gregori ascolta pallido e silenzioso. Con scarsa convinzione mormora al microfono: <<Forse sono una vittima dell'industria...>>.
Di chi erano quelle voci? In un’intervista televisiva recente De Gregori chiedeva che almeno si facessero vedere. A quasi 40 anni di distanza. E’ rimasto qualche nome. Gianni  Muciaccia, punk della prima ora, chitarrista dei Kaos Rock, poi perso nei gorghi del socialismo milanese. C’era sicuramente Marcello Baraghini, che dell’arcipelago di Stampa Alternativa era il volto più noto. Accetta di rovistare nei ricordi di un evento del quale sono rimasti, dice, solo pochi flash: <<No, non ero io quello dj Majakowskij. - sorride - Non avevo la barba bianca. Penso fosse Gianluca, che adesso non c’è più. Gianluca faceva teatro, guidava un furgone col quale abbiamo girato il mondo e la cosa più incredibile è che non aveva mai documenti  con se. Scendeva, parlava con le guardie, ripartiva>>.
“Non ricordo molta violenza quella sera. - riprende Baraghini - Esasperazione, si. C’erano nel nostro gruppo delle frange accese, autonomi, che però in genere riuscivamo a calmare. Naturalmente una parte del pubblico si incazzò. Ricordo bene De Gregori, stizzito. Avrebbe potuto spiegarsi, ma non lo fece>>. <<Mancava solo l'olio di ricino>>, fu invece il commento del cantautore riportato ancora dal Corriere. <<La contestazione é quando tu prendi una persona e gli contesti delle cose (...) Un’aggressione è quando io ti prendo a cazzotti e ti dico che sei  stronzo. .. Quella fu un aggressione, cioè non ci fu nessun dialogo>>.
Quest’ultimo commento lo ha raccolto un cronista/musicista che allora collaborava con L’Unità, Claudio Bernieri. Ne fece un libro, Non sparate sul cantautore - preziosa raccolta di interviste a cantautori della meta degli anni '70, da tempo introvabile, che il prossimo settembre viene ripubblicato dalle edizioni Vololibero con allegati i nastri originali delle conversazioni. <<C’era quest’area libertaria, moralista se vuoi – ricorda oggi Bernieri – Riteneva che si dovesse suonare a un prezzo politico,  saltare l’intermediazione di quelli che chiamavano i padroni della musica. Erano cani sciolti. Andavano a vedere con quale macchina arrivavano a suonare i musicisti, facevano i conti in tasca>>.  Moralismo a parte, l‘idea della “musica gratis” non godrà mai di grande considerazione, né allora e né mai. Sull‘utopia, pericolosa o naif che fosse, vinse fin da subito una specie di necessario realismo mercantile. Per due anni in Italia non si fecero grandi concerti. Poi, negli anni '80, si ricomincio daccapo. Su quelle contestazioni Bernieri ha un`altra idea: <<Per capirci, é come se oggi si riuscisse a impedire il download gratuito dalla Rete. Che succederebbe?>>.
Ancora. Chi ce l‘aveva con De Gregori, e perché? Re Nudo e Andrea Valcarenghi avevano chiesto al cantautore di organizzare il concerto di Milano, ricevendo in cambio un garbato rifiuto (da qui la scelta di coinvolgere il Piccolo Teatro). Con Lotta Continua, poi, c'era stato uno scontro a proposito del rimborso chiesto in occasione di un Concerto militante. Il giornale sfotteva cosi:  <<E’ venuto compiendo un pericoloso viaggio da Roma centro alla periferia di Roma tale De Gregori, pare celebre, il quale ha chiesto 400.000 lire per esibirsi, e ha preso 400000 pernacchie>>. De Gregori, da parte sua, si difese con un lettera al giornale facendo notare ai compagni che <<la musica é ancora in mano ai Tony Santagata, e non ai proletari>>.
E c’era Muzak, il mensile di musica e politica diretto da Giaime Pintor. La stroncatura di Rimmel (e dell’ermetico “canto degregoriano”) comparsa su quelle colonne a firma dello stesso Giaime é rimasta celebre: <<Non é un caso da sottovalutare che la fortuna dell'ermetismo dati anni '30-'40, e cioé si collochi programmaticamente come isolamento dal fascismo, isolamento nell‘attività pubblica e nella poesia come risposta "privatistica" alla retorica mussoliniana. (...) Una poetica ermetica, dell’intuizione lirica, é una poetica tendenzialmente idealista, dunque di destra, arretrata negli anni '70, dunque incapace di rispecchiare tensioni, di farsi portatrici di valori positivi e rivoluzionari>>.
Più prosaica e velenosa risultò tuttavia una cronaca-coeva di Enzo Caffarelli per Ciao 2001, Raccontava il De Gregori privato cosi: <<Lo sguardo sbigottito mentre gioca a poker e beve champagne all’Hotel Belle Vue di Rimini, categoria di lusso, una stanza tutto escluso 38.000 lire a notte, mentre cala il sipario. Ma tutto questo Alice non lo sa>>. Fu quella che colpi nel segno, eccitando il moralismo dell'epoca? Per uno scherzo del destino la maniera dylaniana di De Gregori, nei testi e nello stile, si allargò in quegli anni fino a investire il volto pubblico del cantautore, il difficile rapporto con il tumultuoso “vogliamo tutto” di quegli anni. Sembrava la storia di quell'”immondiziologo” che nel 1965 si era messo a frugare nella spazzatura di Dylan per scoprire le prove del tradimento. Dylan era scappato a gambe levate verso il rock elettrico, nascosto giorno e notte dietro i Ray Ban scuri . <<Dylan - attaccò una volta Giaime Pintor – è solo il ripiegarsi su se stesso dell'intellettuale giovane americano>>.
Il paradosso lo spiegò una volta lo stesso De Gregori <<“Dylan non è mai stato inquadrabile politicamente al contrario di me che invece quando mi chiedono per che partito voto non ho nessun problema a dirlo>>. Dopo quella brutta serata, il cantautore minacciò di smettere del tutto, di non cantare più. Per più di un anno non suonò in pubblico. Lo avvistarono a fare il commesso in una libreria di Trastevere..