26/04/11

300, Wu Ming e Ted Nugent

Ero andato a vederlo molto dopo la sua uscita,come sempre, dopo aver visto in tv un servizio sul make up del film,un dietro le quinte in cui si raccontano e si svelano le nuove tecniche e trucchi usati per alcune delle scene e nel documentario si vedeva Snyder che ha fotocopiato alcuni riquadri dal fumetto originale, con cui poi ha progettato le scene precedenti e seguenti.In effetti tutto il film è un riadattamento fotogramma per fotogramma del fumetto, sulla scia di Sin City.Assistere a questo gruppo di palestrati dai bicipiti ben oliati e depilati che su di un carrello cercano di infilzare..il niente,l'aria, mi era parso alquanto esilerante,e dava già l'impressione di una pellicola..truzzissima. Ero andato anche per trascorrere un paio d'ore senza spremersi le meningi,godersi lo spettacolo di questi 300 cinghialoni che combattono all'ultimo sangue contro un armata di cinghialoni,se le danno di santa ragione per tutto il film,senza aspettarsi più di tanto. Appassionato di comics,il fumetto di Miller (da cui è tratto il film) non mi aveva mai impressionato,anche se ben disegnato,pulito nei tratti e comunque,ogni scena di scontri e battaglie nel film sono stati girati e montati con una minuzia e tecniche cinematografiche quanto meno spettacolari.Altro particolare che mi aveva invogliato erano stati le migliaia di manifesti con cui i fascisti di casa pound avevano tappezzato Roma,con il faccione di Gerald Buttler con tanto di lancia e scudo in primo piano,appropriandosi(ridicoli tentativi anche nel caso di Borsellino,la Palestina e,addirittura di Rino Gaetano!!) del film con la solita retorica degli eroici guerrieri senza macchia che combattono e muoiono in nome della gloria e della..libertà(!!),particolare che dà tempo non mi impedisce di confrontarmi con una certa cultura reazionaria,cercando di scrollarmi di dosso i refusi da terza internazionale e che mi fà apprezzare,ad esempio,alcune sfumature dei futuristi di Marinetti fino al Ted Nugent (tamarro chitarrista americano,sostenitore dei neocon e delle lobby delle armi..) di Double Live Gonzo. 

Dopo la visione,la sensazione di aver visto un pippone ideologico era più che una certezza. Tralascio gli strafalcioni sui fatti storici realmente accaduti,300 si può tranquillamente definire un film ideologico oltre che tamarro,una specie di comizio appunto neocon,di pura propaganda americana d'assalto,il mito della guerra portato ai massimi vertic,con i paladini del mondo occidentale che combattono contro il male sostenuto da Serse e i Persiani che ma ideologicamente si scaglia contro quegli stati canaglia (l'Iran,la Siria,la Corea..) che gli americani volentieri ridurrebbero in cenere, con un razzismo poco e male velato,(esaltazione del perfetto guerriero tutto muscoli e coraggio contro il disabile storpio e traditore),disprezzo per il diverso(l' omessessualità carattere distintivo dei cattivi persiani,con Serse che se ne va in giro nudo col perizoma e un mucchio di pearcing in faccia!!) e le religioni non cristiane e cattoliche,e dove gli spartani sono rappresentati come deboli e sfruttati mentre non lo erano affatto.Insomma tutto il film è pieno zeppo di riferimenti di questo tipo(con dialoghi in perfetto stile epico:arrendetevi,gettate le armi! No,venite voi a prenderle!) e risulta irritante perchè non tiene conto delle verità storiche,come ad esempio che fu proprio Ciro il grande,imperatore persiano,uno dei primi a parlare di diritti umani e che che mantenne integro l'impero attraverso una politica avveduta, fondata nel conferire libertà ai popoli sottomessi e nel rispetto delle loro usanze. Infine,un film godibile con la sua indubbia forza visiva ma stumentale all'ideologia reazionaria e guerrafondaia dei nuovi conservatori americani,che ha fatto felice qualche naziskinello(neanche più di tanto,dato che dubito della capacità di analisi dei nazi..) e quelli di casa pound,fedeli arditi del popolo romano.Ecco,i Wu Ming si cimentano sull'antica questione se è lecito e del tutto ammissibile e legittimo apprezzare la sola estetica di un'opera senza per questo sminuire il disprezzo per il suo contenuto e altre allegorie. Buona lettura.





ALLEGORIA E GUERRA IN "300"
di Wu Ming 1


You know it's bad when the audience laughs at your main villain and,
when they boo as the end credits begin to roll, all there's left to do is
whisper -- not scream -- "This is Sparta?"
- Erik Davis, Berlinale Review: 300, 14/02/2007

Voglio parlare di 300 in entrambe le sue forme, il fumetto di Frank Miller e il film di Zack Snyder (di cui Miller risulta consulente ed executive producer). Ho visto il film in Toscana, al Cineplex di Pontedera, dove mi trovavo di passaggio.
Un grande studioso di miti, l'americano Joseph Campbell (1904-1987), ha paragonato il cinema a un tempio e l'attore-personaggio a una divinità:

...la persona che vedi sullo schermo è anche, nello stesso momento, da qualche altra parte: questo è uno degli attributi della divinità. Ancora, quello che vediamo sullo schermo non è realmente lui eppure è proprio "lui", l'attore. Ci sta di fronte grazie alla molteplicità delle forme, alla forma delle forme, da cui tutto proviene [2].

Si è detto da più parti che 300, coi suoi fondali sintetici demiurgicamente creati al computer, con la quasi totale abolizione del profilmico, traghetta il cinema via dal ghetto del reale, verso una nuova epoca d'epica. Sono pure questi attributi del divino: l'esistere su diversi piani di realtà (attori "veri" che si muovono in ambienti virtuali) e la capacità di creare mondi.
Eppure, quando ho visto 300, la sala non pareva affatto un tempio e la divinità era sì chiamata in causa, ma con espressioni scurrili, terragne, plebee. Il pubblico scherzava e sghignazzava, interagendo con la pellicola in maniera creativa. In una scena del film l'attore brasiliano Rodrigo Santoro - che veste (si fa per dire) i panni di Serse - si abbandona a un muto scoppio d'ira. Muto non perché trattenuto, ma perché sovrastato dalla musica. Egli grida, ma noi non sentiamo le parole. Si è incaricato di supplire a tale mancanza un ragazzo seduto alle mie spalle, "doppiando" Serse con una bestemmia, dove si accostava il Padreterno al sus domesticus, parole odoranti di campi e prosaico letame.
La recensione di Stefano DisegniHo raccolto diverse testimonianze di comportamenti del genere da parte degli spettatori. Il disegnatore satirico Stefano Disegni, autore di una bellissima recensione di 300 in forma di strip, testimonia di battutacce durante la visione in un cinema di Roma [3]. Alla Berlinale 2007, la prima del film è stata accolta con fischi, boati e risate [4].
D'altro canto, si ha anche notizia di platee di militanti neo-fascisti impegnati a salutare ogni scena di vittoria col saluto romano [5]. In una sala di Latina «nel momento in cui la moglie di Leonida ha infilzato [Terone] c'è stato un "Olè" da goal di Totti nel Derby» [6]. E si ha anche notizia di platee silenti.
L'accoglienza in Europa è stata, insomma, molteplice nelle forme e nei contenuti, ma con una lieve preponderanza - almeno così mi è parso - della fruizione ironico-beffarda. Ed è forse questa la reazione più salutare, di fronte a un film statunitense che ti salta addosso, impone il punto di vista americano, ti aggredisce e sbatte sul tuo grugno da vecchio mondo la Weltanschauung statunitense, passando a mo' di rullo compressore su ogni discrepanza, contraddizione e manifestazione di complessità. Di questo film ho disprezzato l'ideologia, il razzismo, la mortifera coerenza dell' impianto allegorico, eppure mentre guardavo scoprivo in me sentimenti di immedesimazione e addirittura di commozione. Il film si rivolge agli ormoni, è probabile che nessun maschio, per quanto critico del proprio genere, del proprio ruolo e dei propri comportamenti, possa restare indifferente di fronte a una simile apologia della Maennerbund, del cameratismo maschile di guerra. Il legame tra i maschi del branco umano si tempra nella lotta contro un nemico e si esprime nella forma più alta al momento della vittoria, dove collassa ogni distinzione e affondiamo nel carnaio del sacro: per un orgasmico istante si oblitera il mondo, il colpo decisivo annichilisce la realtà e la fa scomparire, c'è solo l'arma che affonda nella carne, il nemico che stramazza, i compagni intorno a me. Se sopraggiunge la morte ci stringiamo la mano e pronunciamo la parola "onore". Viva la muerte!, grida il mio cervello rettile.
Persino il doppiaggio italiano concorreva a rapirmi: di solito detesto il doppiaggio, ma quello di 300 (fatta eccezione per Serse, della cui voce dirò più avanti) mi è suonato perfetto per gli scopi espressivi del film. Almeno alle mie orecchie, qualunque accento dell'Europa continentale s'intona a quella storia (europea) più dell'American English. In quel contesto le voci italiane riverberavano d'antico, in particolare quella del narratore Delio, unico (e immaginario) sopravvissuto alla mattanza, poiché scelto da Leonida per tornare a Sparta e raccontare l'impresa. Una voce, quella di Mimmo Mancini, non "rotonda", non eccessivamente "maschia" (non alla Pannofino, per intenderci), un po' incrinata, dolente, lievemente stridente. Voce vera, di quelle che senti per strada. Il fatto che tale voce dia testimonianza di quel che accade, per giunta parlando al presente come in una telecronaca, rende Delio uno di noi. Per suo tramite ci commuoviamo quando Leonida si scopre il capo ("...l'elmo lo soffoca..."), trepidiamo mentre getta lo scudo, ci commuoviamo al comprendere il motivo di quei gesti.
Tutto questo mi ha inquietato: 300 è un film che porta lo spettatore vigile e critico alla schizofrenia, costringendolo ad accomodare lo sguardo, per conciliare distanza dal contenuto e intimità con l'espressione. Se guardi il paesaggio scompare il vetro, se guardi il vetro si sfoca il paesaggio.
Quella che voglio esercitare nei confronti di 300 - e di Frank Miller - è un'ironia diversa da quella beffarda dei miei compagni di visione al Cineplex. Si tratta dell'"ironia erotica" di cui parlava Thomas Mann, l'amore per ciò che sto tradendo, nel caso specifico per l'opera che intendo uccidere con la parola analitica, per forza di cose crudele [7].
Non "uccidere" nel senso di prevalere sull'opera, stroncandola e rispingendola nel nulla pre-creativo. Io "ucciderò" perché scomporrò un'opera che si presenta come un tutto unico, monolite inscindibile e quindi non analizzabile. 300 non è un film che chiede di essere scomposto, come ad esempio The Prestige di Christopher Nolan. È un film che si presenta come esperienza unitaria, da prendere in blocco o lasciare in blocco. È una falange spartana, muraglia di opliti che urta e travolge. Tuttavia, noi abbiamo il dovere di scomporre, scompaginare, fare ciò che il film non chiede di fare e che - con ogni probabilità - chi l'ha girato non vorrebbe fosse fatto.

Il resto qui

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