02/06/11

Filippo Casaccia (Rolling Stones Magazine) si sfoga..

Di FILIPPO CASACCIA

C’entra su Rolling Stone, scritto da un cialtrone come me? Non lo so, ma per Hard Rock Cafone ho già delirato sulla mia città adottiva, Milano, più volte, ferocemente indignato per l’atroce violenza posteriore perpetratale da una signora che già ci aveva devastato l’istruzione (complici Berlinguer fratello e Gelmini non dico cosa). Fatto sta che mentre scrivo, la signora col capello color Mirigliani che ha imposto la dittatura culturale del non fare un beato cazzo, se non affidare qualche consulenza lucrosa (come a Red Ronnie, forse per affinità tricotica), bene, quella lì, la mamma di Batman con la faccia da Stanlio, non è più sindaco da qualche minuto. Non sono serviti gli eleganti appelli contro il ladro d’auto, amico di centri sociali, zingari e writers (VIVA!), né l’apertura di cantieri finti della metro né inaugurazioni di giardini pubblici già esistenti da decenni ma semplicemente ribattezzati. No, Lady Mestizia oggi non ce l’ha fatta. Ho aspettato a scrivere fino all’ultimo seggio scrutinato, perché in vita mia ho perso sempre (pure 9 mondiali di calcio!), ma è stata sconfitta lei e la compagine governativa, che – da Napoli fino a Sucate – ha preso quella che tecnicamente viene definita una sequoia secolare nel culo.
Ora, bisogna ridare dignità culturale a una città su cui sembra sia passato Pol Pot. Non si suona a San Siro (ci hanno schifato Springsteen, McCartney e Ac/Dc) ma neanche in club da 200 posti, perché ultimamente son state chiuse diverse Arci e anche la vivace Casa 139: il problema è serio (e Manuel Agnelli non sa più dove passare le serate!). Manca la musica e c’è da ricostruire una rete tra società civile, mondo della cultura, imprenditoria e potere politico, perché Formentini (lo ricordate, quello col sorriso deflagrato?), Albertini e Moratti hanno fatto il deserto e l’han chiamato pace, emarginando le periferie e anestetizzando il centro con gli aperitivi della stramaledetta Fiera del mobile. E poi servono dieci, cento, mille Cattelan che mettano un dito medio nel grasso culo degli speculatori che hanno glassato con cumshot di cemento la metropoli. C’è da lavorare, insomma, e tanto. Per cui: forza, diamoci dentro tutti! (Ah: e se Red Ronnie me lo fate interrogare sul rock come dico io, piange e confessa in 5 minuti, ve lo assicuro). Ciao, bella gioia


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