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di PASQUALE COCCIA (Alias)
Roma
Popolare è un termine che non si usa più, è stato cancellato innanzitutto dal linguaggio della politica. I politici negli studi televisivi, sostituiti da tempo alle piazze, ormai non parlano più di masse popolari, e neppure di iniziative popolari o dimanifestazioni popolari, eppure la crisi economica ci ha uniti per farci sprofondare nella povertà, una condizione comune a una moltitudine di persone, una condizione popolare, che ci rende tutti vittime dello spread, delle bolle e delle speculazioni. A rievocare il termine popolare e a unirlo allo sport ci hanno pensato i giovani di tanti centri sociali sparsi in varie parti d'Italia, in particolare nel centro-nord, per nulla preoccupati che quel termine fosse d'antan. Una decina di anni fa, presi dalla passione per lo sport, hanno dato vita alle palestre popolari, non solo nella definizione, ma anche nella politica sportiva attiva di tutti i giorni. Si era all'inizio del nuovo secolo, quando alcuni giovani dei centri sociali di varie parti d'Italia dettero vita ai corsi autogestiti, tendenti principalmente alla difesa personale, alle arti marziali, riservati esclusivamente ai militanti di quei centri. Un'iniziativa che ha avuto nel corso degli anni un certo successo, perciò a Roma nel quartiere popolare di San Lorenzo, in via dei Volsci, una strada alquanto famosa negli anni Settanta del secolo scorso per essere stata la sede politica di Autonomia Operaia, è nata la polisportiva popolare, anche se qualche centinaio di metri più avanti rispetto a quella storica sede. La polisportiva si definisce popolare, perché è andata ben oltre la ristretta cerchia dei militanti dei centri sociali e si è aperta al territorio, ai comitati per la casa, agli anziani e alle casalinghe, ai bambini, insomma al popolo, anche se con numeri non molto grandi, ma nel significato politico sì.
«Oggi a Roma esistono dodici palestre popolari, nate sul modello di quella di via dei Volsci a San Lorenzo - dice Simone Sallusti, istruttore di pugilato della federazione pugilistica del Coni e anima di una delle prime palestre popolari sorte in Italia -. Gli spazi dove si svolgevano i primi corsi non erano stati progettati per le attività sportive, ma si trattava di capannoni abbandonati, locali a destinazione commerciale di proprietà del comune di Roma vuoti da anni, case sfitte di enti pubblici rimaste inutilizzate, da noi occupati a seguito delle lotte politiche per la casa. Inizialmente le palestre popolari avevano una forte connotazione politica, poi con il passare del tempo abbiamo aperto i corsi ai territori e la gente che partecipava ci ha chiesto di variare l'offerta. Abbiamo seguito i corsi di formazione, che riguardavano principalmente le tecniche della ginnastica dolce, come lo shiatsu e lo yoga, per i corsi di queste discipline abbiamo utilizzato anche spazi a dimensione umana, come, ad esempio, le case occupate di 150-200 metri quadri».
Cambia, rispetto a un tempo, la prospettiva politica dei comitati di quartiere per la lotta alla casa, spazi non più concepiti quali luoghi esclusivi della discussione politica, dell'organizzazione dei cineforum e i conseguenti dibattiti, ma anche come spazi per l'organizzazione di corsi per il benessere del corpo. Sotto questo aspetto la nascita delle palestre popolari a opera dei centri sociali, rappresenta una svolta «politica» per il corpo, alcuni luoghi occupati per vivere e pensare diventano anche spazio per il benessere fisico, per la promozione della ginnastica dolce.
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«Negli ultimi anni ai corsi di shiatsu e yoga, se ne sono aggiunti di nuovi. Su richiesta dei ragazzi dei quartieri dove siamo presenti, organizziamo corsi di parkour, giocoleria e acrobatica aerea. Tutto quello che si muove in periferia, riguardo alle mode sportive dei ragazzi e rappresenta il nuovo, passa prima qui da noi e poi raggiunge i circuiti ufficiali», conclude con una punta di orgoglio il coordinatore delle palestre popolari.
L'esperienza della polisportiva popolare di San Lorenzo non solo ha fatto da apripista alle altre di Roma, ma negli ultimi dieci anni sono progressivamente nate, su quel modello, palestre popolari anche in altre città italiane come Milano, Perugia, Bergamo, Torino, Livorno, Lecce, Taranto, Cagliari e altri centri minori, tanto che oggi sono operative sul territorio più di sessanta palestre, e i promotori stanno pensando di federarsi in un organismo nazionale. Una rete, quella delle palestre popolari, che dal momento della fondazione a oggi ha consentito a circa diecimila persone di frequentare corsi per il proprio benessere fisico e a due passi da casa, ma soprattutto a prezzi, è il caso di dirlo, davvero popolari.
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