13/02/16

Kureishi: Il racconto dello stronzo

Dieci storie, affreschi che ci dipingono la Londra multietnica di questo scorcio dl fine secolo. Storie di razzismo; di incomprensioni tra padri e figli nella comunità pakistana; di coppie che si fanno fotografare mentre fanno l’amore perche "vogliono immortalare il grande momento”; di vecchi amici, passati attraverso tutte le mode culturali che sono lo specchio dei successi e i fallimenti di una generazione. Storie di gente in fuga da se stessa, rassegnata perche sa che "oggi, dove si può fuggire?".
Anglo-pakistano, Hanif Kureishi nato a Londra nel 1954.  The Mother Country è del 1980 . Sceneggiatore dei film My beautiful Laundrette (1985) dl Stephen Frears (candidato all’Oscar), Intimacy,  Mio figlio, il fanatico  e Sammy e Rosie vanno a letto (1987). Il Buddha delle periferie,  The Black Album (1995)  e Nell' intimità (1998) i maggiori successi. "Il racconto dello stronzo"  è tratto da Amore blu (trad. di Ivan Cotroneo), del 1998,  pubblicato da  Bompiani. 



Il racconto dello stronzo
Sono a questa cena. Lei ha diciotto anni. Sei mesi che la frequento, e sono stato invitato a conoscere i suoi genitori. Ho, cosa che mi sorprende molto, quarantaquattro anni, la stessa età di suo padre, un professore, uomo arrivato ma non troppo. Lui mi sta guardando o, come immagino, mi sta esaminando attentamente. La donna-bambina che ha davanti sarà sempre sua figlia, ma per adesso è la mia amante. Le due sorelle minori di lei sono a tavola; sono belle anche loro, ma hanno una tendenza a ridacchiare, particolarmente quando sono rivolte dalla mia parte. La madre, un’insegnante, sta servendo a tavola una trota, rosa e soffice. Per una volta penso, si, questa è vita, quello che si dice una famiglia felice; hanno chiesto loro di incontrarmi, perché non mettersi tranquillo e godersi la situazione? Ma ecco quello che succede: nel momento in cui sono a mio agio devo fare una cacata. Io sono irregolare in tutte le mie cose. Da due giorni neanche una pallottolina secca. E quando me ne sto seduto con i miei migliori vestiti addosso, ecco che devo andare. Queste qui sono brave persone, ma un po’ severe. Ho degli svantaggi, la mia età, nessun lavoro -mai avuto uno - e le mie... tendenze. Mi piace dire, ma non lo farò stanotte a meno che le cose non mi sfuggano di mano, che la mia professione è il fallimento, cosa nella quale, dopo anni di pratica, ho raggiunto il successo. Lungo la strada mi sono fermato a bere un paio di bicchieri, senza i quali non avrei mai avuto il coraggio di varcare la porta, e adesso sorseggio vino e discuto degli ultimi film senza essere troppo sarcastico e le mani non mi tremano e la mia piccola ragazza è dall’altro lato della tavola, e mi sorride calorosa e incoraggiante. Tutto è normale, vedete, tranne che per questo mal di pancia, che diventa sempre più forte, sapete com’è quando si deve andare. Ma non mi lascerò smontare, farò una cacata, mi sentirò meglio e poi mangerò.

Chiedo a una delle sorelle dove si trovi il posto e gentilmente lei indica una porta. E vicinissima, grazie a Dio, e attraverso la stanza appena un po’ piegato in avanti; non voglio certo che la famiglia pensi che io sia gobbo. Mi siedo e mi preoccupo che sentiranno ogni tonfo nell’acqua ma è troppo tardi; la piccola testa nodosa già spinge per venire alla luce, un fiore che sorge dalla tetra, robusto e lungo, e non devo neanche sforzarmi, sento il suo movimento soffice attraverso il mio intestino, un pezzo unico che avanza. E l’avere aspettato il momento giusto che fa andare lisce le cose, come in amore. Chiudo gli occhi e mi godo la sensazione di sollievo, mentre il cadavere dei miei giorni passati scivola nella sua tomba acquatica.
Quando ho finito non riesco a trattenermi dal gettare uno sguardo in basso - cosa che fa anche la regina - e lo stronzo è li, intero, grande quanto una melanzana e violaceo; guardando più da vicino noto tracce di carota, ma, ah ecco, probabilmente é pomodoro, mi viene in mente che é praticamente la sola cosa che ho mangiato in ventiquattro ore. Tiro lo sciacquone e controllo il mio aspetto. Sono stanco e adesso tendo al grigio, ho un taglio sull’occhio e un livido sulla guancia, ma mi sono rasato e mi sento bene come meglio non potrei, e ho quel sorriso giovanile che dice non posso farti del male. E ad aspettarmi fuori c’é la ragazza che mi ama, l’ultima di molte, che mi inonda di vibrazioni di fiducia. La mia mano é gia sulla maniglia, quando do un ultimo sguardo e scorgo la prua dello stronzo che viene su dall’ansa del gabinetto. Oh no, sta galleggiando di nuovo nel vaso; mi piego per guardarlo meglio. E uno degli stronzi più grossi che abbia mai visto. Lo scroscio d’acqua lo ha sciacquato e non c’è dubbio che come stronzo é raffinato, variegato e intarsiato come un mosaico che ritrae, diciamo, una scena storica. Riesco a distinguere sagome che si avventano in lotta l’una contro l’altra. Le facce sono sicuro di averle già viste. Scorgo delle parole, ma non ho gli occhiali a portata di mano. Potrei fotografare lo stronzo, se avessi portato una macchina fotografica, se ne avessi mai avuta una. Ma adesso non posso gingillarmi, la trota si starà raffreddando e questa é gente troppo educata per cominciare a mangiare senza di me. ll problema è che lo stronzo sta venendo a galla. Aspetto che lo scarico si riempia di nuovo e ogni goccia è un’eternità, sento i momenti che si dilatano e la fuori ascolto il mormorio della famiglia del mio amore, ma non posso lasciare quel sottomarino li, che poi la madre entra e lo vede li che dondola. Lei lo sa che sono stato in clinica e può anche accorgersi che sto bevendo di nuovo. Ho assistito impotente alla mia distruzione, come si dice, ma evidentemente non riesco a fermarmi; allora lei prenderà sua figlia da parte e...

Ho fatto un’endovena alla mia piccola ragazza. “Che modo delizioso di prendere droghe,” dice lei dolce. Vuole provare tutto. Su questo argomento non voglio discutere e non voglio incoraggiarla. Comunque lei é un affarino biondo molto determinato, e per i suoi amici farlo è una cosa alla moda e eccitante. Mi sa che si è messa in testa di diventare tossicodipendente. Mi ci sono voluti giorni per trovare la roba migliore per lei, roba farmaceutica. Erano cinque anni che non mi facevo, ma l’ho presa insieme a lei per essere sicuro che non facesse errori. Se non che un suo ex ragazzo ci ha raggiunto dopo che l’avevamo fatto, mi ha gettato sulla strada e mi ha spaccato la faccia perché l’avevo rovinata. Comunque lei salta la scuola per stare con me e visitiamo Kensington Market e Chelsea, di cui io spiego l’importanza nella storia della moda e della musica. I dischi che le dico di ascoltare, i libri che le passo, le band con cui ho suonato, le persone creative di cui le parlo, le profonde chiacchierate che ci facciamo, valgono quanto le cose che sente a scuola. Lo so bene. Ma comunque sono terrorizzato da quello in cui mi sono messo.
Finalmente tiro di nuovo lo sciacquone. Ragazze come lei... E’ molto facile parlare di sfruttamento, e in effetti lo fanno tutti. Ma é tempo e incoraggiamento quello che io do loro... lo so per esperienza, si, quanto possono essere critici e quanto possano buttare giù i genitori, e io invece dico prova, dico si, dico sperimenta qualsiasi cosa... E in cambio per loro sono qualcuno di cui occuparsi. E una cosa che mi spezza il cuore, ma ho al massimo due anni con lei prima che si accorga che non posso essere aiutato in nessun modo; poi passerà oltre per entrare in mondi interessanti in cui io non posso accedere. Prego solo che non si stia tirando su la manica e lisciando i lividi, immaginando che chi la conosce possa rimanere impressionato da quei portafortuna, le cicatrici autoinflitte dell’esperienza; ragazze come lei hanno una passione per la verità, adorano mostrare ai loro genitori quanto possano essere ribelli. Vado alla porta, l’acqua é chiara e immagino che lo stronzo stia già nuotando in direzione Ramsgate. Ma no, no, no, non guardare giù, cos’e quello, il bombardiere marrone deve avere un avversione per il mare aperto. Lo stronzo mostruoso non va da nessuna parte e nemmeno io finché rimane una ricorrenza eterna. Scarico ancora e aspetto, ma non lascia il suo porto, e cosa devo fare?, questo deve essere uno di quei momenti chiave dell’esistenza, tutti i miei giorni devono essere confluiti in questo posto. Tremo e grondo di sudore, ma non ho ancora perso. Mi arrotolo la manica del mio abito italiano, e Vecchio, si, ma e la giacca migliore che ho, non ho molti vestiti, metto quello che la gente mi da, quello che trovo nei posti in cui finisco e quello che rubo. Dentro di me urlo a squarciagola, sapete, ma non posso fare nient’altro che infilare la mano giù nella tazza, nell’acqua pisciosa, esatto, scura, scura, scura e cercare finché le mie dita non si infilano nello stronzo; stringo il pugno nella massa fangosa e lo tiro fuori dall’acqua. Per un momento sembra diventare vivo: si agita come un pesce.
L’istinto mi dice di calmarmi, e cerco nella stanza da bagno un posto per spaccarlo, pero non voglio spappolarlo dappertutto, non voglio che pensino che avevo in mente di sporcare per protesta...Adesso avranno cominciato a mangiare. E cosa sto facendo io? ,Me ne sto qui con uno stronzo gigante nel pugno. E non e solo questo, le mie dita sembrano attaccate allo stronzo; pezzetti di carne vengono strappati via e la mano mi diventa marrone. Devo avere mangiato qualcosa di insolito, perché le unghie e le palme delle mani stanno assumendo il colore di un sugo di carne. Gli occhi luminosi della mia ragazza, la sua adorabile dolcezza. Pero é un tipo esigente, in tutti i sensi. Insiste a provare altre droghe; di pomeriggio giochiamo come bambini, ci travestiamo e inventiamo personaggi, finché la mia bussola non smette di puntare sulla realtà. Sono il suo assistente e lei prova i limiti del mondo. Quanto può arrivare lontano e ritornare comunque a casa puntuale per il te?
Devo provate, continuare a esercitarmi, perché lei è la mia consolazione. Con lei sto vivendo di nuovo la mia vita, ma troppo in fretta e tutto in una volta. E alla fine, per liberarsi, per vivere la sua vita, lei mi lascerà; o, per darle una possibilità, devo lasciarla io. Sogno, comunque, il matrimonio e sogno di portare i bambini a dormire la sera. Ma per tutto questo, mi hanno detto, e già troppo tardi. Quanto in fretta tutto diventa troppo tardi, prima ancora che uno si sia acclimatato! Guardo incredulo lo stronzo e noto qualcosa, oh no, si, è vero, oh, no, non é vero, vedo dei dentini nella sua testa vellutata e una piccola bocca che si apre e mi sorride, oh no, sta sorridendo e cos’è questo?, mi sta facendo l’occhiolino, si, il pezzo di merda mi sta facendo l’occhiolino, e che cos’è quella all’altra estremità, una specie di coda, si muove, si, si muove, e oh Gesù, sta cercando di dire qualcosa, di parlare, no, no, credo che voglia cantare. Anche se si dice che la verità si può trovarla dappertutto e che l’universo dello sporco può mandate strani messaggeri per parlare con noi, l’ultima cosa che voglio, a questo punto della mia vita, e uno stronzo canterino.
Voglio ficcare di nuovo lo stronzo giù nell’acqua, e tenerlo sotto e scappare fuori di lì, ma la madre, quando la madre entra e io mi sto abbuffando di trota e lei si tira giù i mutandoni, poi sto li a preoccuparmi che lo stronzo nascosto sotto l’ansa salti su come un piranha e si attacchi alla sua fica, magari dopo avere cantato un’arietta sarcastica; lei ne ricaverebbe un impressione di me che non voglio che abbia. Ma non voglio fermarmi a pensare questo, ho intenzione di riflettere costruttivamente se è possibile, anche se i suoi piccoli occhi scintillano e la bocca si muove e ha sviluppato delle squame sotto le quali la fanghiglia". Non pensarci. E cosa sono quelle? Piccole ali.. Afferro il rotolo di carta igienica, strappo più di un chilometro di carta e comincio a avvolgerla intorno allo stronzo, intorno e intorno, cosi quegli occhi non mi guarderanno più, né sorrideranno in quel modo. Ma anche nel suo sudario di carta e caldo, diventa sempre più caldo, caldo come la vita, e pulsa e emana odori. Guardo disperatamente nella stanza in cerca di un posto in cui ficcarlo, un tubo, o dietro un libro, ma puzzerà, lo so, e se comincerà a muoversi potrebbe finite dovunque nella casa. Qualcuno bussa alla porta. Una voce amica: il mio amore. Sto per rispondere oh amore amore quando sento altre voci più alte e memo affettuose. Nasce una discussione. Qualcuno gira la maniglia; un’altra persona prende a calci la porta. Quasi mi viene addosso, stanno cercando di buttarla giù!
Lo getterò fuori dalla finestra! Appoggio lo stronzo sul davanzale e afferro il telaio della finestra con tutt’e due le mani. Ma improvvisamente il cielo mi fa fermare. Da bambino mi mettevo steso sulla schiena a guardare le nuvole; da ragazzo giuravo che in un futuro memo movimentato avrei contemplato il cielo finché la sua bellezza non mi fosse entrata nell’anima, come i quadri rilassanti che volevo studiare, immergendomi nei colori e nelle trame della pittura, le città che volevo attraversare, oziando, le conversazioni inutili che volevo avere, un giorno, fatte di un’inutilità costruttiva. Adesso il vento mi soffia sul viso, mi solleva e quasi cado. Ma tengo duro e lancio lo stronzo lontano, come un piccione caldo, e urlo, fuori, fuori nell’aria, uccello stronzo via via via. Mi lavo le mani nel lavandino, carico di nuovo il gabinetto e ritorno alla vita. Andiamo, andiamo, si va, nonostante tutto, senza sapere perché o come.



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