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11/01/16
10/01/16
XTC - This is Pop
Finalmente ci siamo arrivati. Di tutte le band emerse dalla scena post-punk britannica, XTC è stata una delle più difficili da definire. Per i più, è stata una classica band di rock alternativo, con chiari riferimenti ai Beatles, mentre per molti, noi compresi, di certo uno dei gruppi "dinosauri" degli anni '80, uno di quelli che più hanno definito la new wave e appunto il post-punk. Guardando gli XTC attraverso la nostra lente, la band, che ha iniziato a Swindon, Inghilterra, nel 1976, con Andy Partridge cantante / chitarrista , Colin Moulding (basso), Terry Chambers (batteria) e l'ex King Crimson Barry Andrews alle tastiere, sostituito nel '78 da Dave Gregory, ha attraversato una carriera piena delle più affascinanti traiettorie musicali, fino al loro scioglimento nel 2000. Si sono evoluti da gruppo di folletti anfetaminici ad un robusto gruppo di rock moderno, cugini di secondo grado della migliore psichedelia made in Britain. Due talenti soprannaturali, Andy Partridge e Colin Moulding, hanno creato lavori che vanno dal profondo, al riflessivo, ma in generale sempre complessi. Sicuri che gli XTC sono stati sottovalutati, anche come musicisti:
Terry Chambers, ad esempio, è stato un batterista di una creatività
mostruosa, ancora di più ignorato rispetto agli altri: su ogni canzone,
ha un modo di suonare impeccabile. Anche con un inizio carriera folgorante, incanalando cinque lavori davvero incredibili, fino a English Settlement, che coglie il momento in cui da una giovane band diventano dei musicisti maturi, tutti i dischi che gli XTC hanno pubblicato, sono stati afflitti da vari drammi, che hanno ostacolato le loro possibilità a conseguire un vero riconoscimento di massa. Alcuni di essi sono stati autoinflitti, come l'ego smisurato e la testardaggine inerente di Partridge. Altri dovuti ai loschi rapporti di affari di un ex manager e di una cattiva gestione da parte della loro etichetta di lunga data, la Virgin Records. Aggiungete a questo il fatto che la band nel 1982 smise di andare in tour, paralizzata da attacchi di panico e paura del palcoscenico, la band ha concluso la sua storia nel 2000 con autentici disastri.
Ricordiamo il progetto parallelo della band, The Dukes of Stratosphere, nato quando Dave Gregory si unì alla band e con Partridge sbandierarono l'idea di registrare canzoni provenienti direttamente dal 1967, con l'obiettivo di rendere il suono il più vicino possibile al mondo dei psichedelici anni '60. Con questa premessa abbiamo semplicemente potuto ammirare quanto profondamente la musica della loro infanzia era affondata nelle loro menti così eclettiche e tanto impressionabili. Due dischi, Psonic Psunspot e 25 O'Clock che hanno alterato anche le nostre menti, nel modo giusto.
L'etichetta discografica ha rimasterizzato la maggior parte della produzione Xtc. E anche se non capiamo a volte il perché abbiamo bisogno di sostituire le nostre vecchie copie in vinile dei dischi che possediamo, in questo caso bisogna ammettere che le ristampe ...effettivamente suonano meglio. Su un buon impianto stereo, il suono risulta più grande, pulito, e più nitido, e gli strumenti sono più chiaramente differenziati. Inoltre, rispetto a molte altre ristampe, le note di copertina non sono avare, e la maggior parte contengono molte bonus track. Paragonando"Yacht Dance" in digitale con la versione in vinile, è come se qualcuno avesse spazzato via dal brano uno strato di sporcizia. E Drums and Wires suona davvero in modo diverso, meno "fangoso" rispetto all'originale.
Ricordiamo il progetto parallelo della band, The Dukes of Stratosphere, nato quando Dave Gregory si unì alla band e con Partridge sbandierarono l'idea di registrare canzoni provenienti direttamente dal 1967, con l'obiettivo di rendere il suono il più vicino possibile al mondo dei psichedelici anni '60. Con questa premessa abbiamo semplicemente potuto ammirare quanto profondamente la musica della loro infanzia era affondata nelle loro menti così eclettiche e tanto impressionabili. Due dischi, Psonic Psunspot e 25 O'Clock che hanno alterato anche le nostre menti, nel modo giusto.
L'etichetta discografica ha rimasterizzato la maggior parte della produzione Xtc. E anche se non capiamo a volte il perché abbiamo bisogno di sostituire le nostre vecchie copie in vinile dei dischi che possediamo, in questo caso bisogna ammettere che le ristampe ...effettivamente suonano meglio. Su un buon impianto stereo, il suono risulta più grande, pulito, e più nitido, e gli strumenti sono più chiaramente differenziati. Inoltre, rispetto a molte altre ristampe, le note di copertina non sono avare, e la maggior parte contengono molte bonus track. Paragonando"Yacht Dance" in digitale con la versione in vinile, è come se qualcuno avesse spazzato via dal brano uno strato di sporcizia. E Drums and Wires suona davvero in modo diverso, meno "fangoso" rispetto all'originale.
Negli oscuri e polverosi angoli dell'universo pop, dove quelli come me risiedono studiando attentamente le note di copertina di quasi tutti i dischi di questa band straordinaria e facendo regolari visite al bel sito (ed esaustivo) curato dai fan, con annessa mailing list Chalkhills, gli Xtc rimamangono dei titani della musica moderna e artigianale, che è andata a maturare con l'età. Eppure, anche da fan, non sono cieco davanti ai momenti in cui le loro idee e alcuni loro dichi sono scaduti nel mediocre. Ma anche dei loro fallimenti, comunque affascinanti per i tentativi di sperimentazione, varrebbe la pena di discutere.
XTC tutta la vita.
Postiamo, con il video dell'esibizione al Rockpalast del 1982, la possibilità di scaricare la maggior parte della produzione della band, insieme ad alcure rarità, un disco tributo di vari artisti, i lavori solisti di Andy Partridge e quello di Gregory. In più ancora, un XTC Live. Buon ascolto..
XTC - Complete DiscographyXTC tutta la vita.
Postiamo, con il video dell'esibizione al Rockpalast del 1982, la possibilità di scaricare la maggior parte della produzione della band, insieme ad alcure rarità, un disco tributo di vari artisti, i lavori solisti di Andy Partridge e quello di Gregory. In più ancora, un XTC Live. Buon ascolto..
XTC - White Music
SETLIST:
Respectable Street
Towers of London
Runaways
Jason and the Argonauts
Burning With Optimism's Flames
Snowman
Ball And Chain
Sgt. Rock (Is Going to Help Me)
No Thugs In Our House
Senses Working Overtime
Making Plans For Nigel
Living Through Another Cuba
Generals and Majors
Real By Reel
Life Begins At The Hop
AT MANOR
xtc beer is good |
Fine agosto 1980, gli XTC trascorrono il fine settimana al Manor
Studio di Richard Branson: c'è da registrare la versione finale di
"Tower of London", che sarebbe poi diventato il secondo singolo di Black
Sea, dopo "General and Majors". La BBC, sempre lungimirante,
prontamente inviò una troupe per documentare le registrazioni, e il
risultato fu il delizioso documentario di circa un'ora, "XTC at
Manor", che pubblichiamo sotto. Il "Manor" in questione era la
leggendaria tenuta che Branson, mecenate, appassionato di musica, sempre
avanti sui tempi, aveva acquistato nel 1971 e subito trasformata in
studio di registrazione. (Nel documentario lo si vede in bilico su uno
dei tanti tetti precari del palazzo!). Molti grandi album sono stati
registrati presso la tenuta, tra cui Tubular Bells di Mike Oldfield,
Metal Box dei PIL e The Bends dei Radiohead . Nel 1995 decise che era
finito il tempo di essere uno studio di registrazione.
XTC registrarono anche White Music e English Settlement al Manor. Il
documentario fu mandato in onda dalla BBC2 il 10 ottobre 1980. Un
must-see per tutti i fan sfegatati degli XTC come noi, che non potevamo
non pubblicare!
09/01/16
07/01/16
I nostri successi e quelli di una rockstar come D. Bowie
Nella doppia occasione, compleanno e l'uscita attesissima del nuovo album, qualcuno si è divertito nel prendere David Bowie come esempio di paragone, in uno strano ma interessante giochino. Sarà che sono persone come queste che ci fanno capire quanto poco abbiamo combinato nella vita. Pensieri che fanno riflettere.Tuttavia, qualche persona sicuramente riflessiva come noi ha deciso di creare un sito web dedicato ai nostri successi ottenuti durante gli anni, miseri se paragonati a quelli di David Bowie. Il sito si chiama What Did David Bowie Do at your Age?
Si digita la età attuale, e viene fuori qualcosa che Bowie stava facendo a quell'età. Ecco alcuni esempi: quando aveva aveva 17 anni, ha pubblicato il suo primo disco, "Liza Jane / Louie Louie Go Home" nel giugno 1964, sotto il nome di "Davie Jones con i King Bees." Quando ne aveva 29, ha recitato nel film "L'uomo che cadde sulla Terra" del regista Nicolas Roeg. A 34 "Under Pressure" in collaborazione con i Queen ha sbancato le classifiche di mezzo mondo, poi incluso nell'album dei Queen del '82 "Hot Space".
"Questa pagina è stata creata per celebrare David Bowie, e ci ricordano di uscire dalla nostra pigrizia e iniziare finalmente a fare qualcosa di importante."
Questo è quello che ci ricorda l'incipit del sito del nostro buontempone. Intanto noi ci consoliamo e ammiriamo Bowie in una cocente versione di "Stay" all'Dinah Shore show: siamo nel 1976, esattamente 40 anni fa, esattamente il 3 gennaio:
Erano anni in cui Bowie viveva nella casa di Los Feliz, di proprietà di Glenn Hughes, bassista dei Deep Purple. Bowie completamente calato nella cocaina, era ossessionato dall'occulto e da illusioni paranoiche. Abbiamo parlato di quel periodo nel post... Il ritorno dell'esile Duca Bianco.
Intanto era protagonista nei panni di un alieno nell'eccellente L'uomo che cadde sulla Terra di Nicolas Roeg e pubblicava il magnifico Station to Station, forse il suo album più funky e anche tra i nostri preferiti di Bowie in assoluto. Erano gli anni del "Thin White Duke"e, per citare la sua stessa canzone, "Non sono gli effetti collaterali della cocaina / Sto pensando che deve essere l'amore." Il cronista primario di questo periodo è stato senza dubbio Cameron Crowe, giovane giornalistica di Rollin Stone, le cui gesta sono state narrate magnificamente in Almost Famous, Quasi famosi. Non solo Crowe scrisse di Bowie sul numero del 12 febbraio 1976, ma lo intervistò per Playboy, intervista che apparve sul numero di settembre del 1976. Fu un'intervista in cui la star rese diverse dichiarazioni notevoli, la più prominente fu che "sì, io credo fortemente nel fascismo." Sorprendentemente, Crowe che era un adolescente quando tutto questo stava accadendo, tornò alla carica nel luglio del 1977. Scrisse:
"Bowie annuncia che ha un nuovo progetto, scrivere la sua autobiografia. "Ho deciso di scrivere la mia autobiografia come un modo di vita. Potrà essere una serie di libri. Sono così incredibilmente metodico che sarei in grado di classificare ogni sezione che ne farebbe un'enciclopedia. Sai cosa intendo? David Bowie come il microcosmo di tutte le materie. "
A 29 anni, la vita di Bowie era già foraggio perfetto per un'autobiografia.
Si digita la età attuale, e viene fuori qualcosa che Bowie stava facendo a quell'età. Ecco alcuni esempi: quando aveva aveva 17 anni, ha pubblicato il suo primo disco, "Liza Jane / Louie Louie Go Home" nel giugno 1964, sotto il nome di "Davie Jones con i King Bees." Quando ne aveva 29, ha recitato nel film "L'uomo che cadde sulla Terra" del regista Nicolas Roeg. A 34 "Under Pressure" in collaborazione con i Queen ha sbancato le classifiche di mezzo mondo, poi incluso nell'album dei Queen del '82 "Hot Space".
"Questa pagina è stata creata per celebrare David Bowie, e ci ricordano di uscire dalla nostra pigrizia e iniziare finalmente a fare qualcosa di importante."
Questo è quello che ci ricorda l'incipit del sito del nostro buontempone. Intanto noi ci consoliamo e ammiriamo Bowie in una cocente versione di "Stay" all'Dinah Shore show: siamo nel 1976, esattamente 40 anni fa, esattamente il 3 gennaio:
Erano anni in cui Bowie viveva nella casa di Los Feliz, di proprietà di Glenn Hughes, bassista dei Deep Purple. Bowie completamente calato nella cocaina, era ossessionato dall'occulto e da illusioni paranoiche. Abbiamo parlato di quel periodo nel post... Il ritorno dell'esile Duca Bianco.
Intanto era protagonista nei panni di un alieno nell'eccellente L'uomo che cadde sulla Terra di Nicolas Roeg e pubblicava il magnifico Station to Station, forse il suo album più funky e anche tra i nostri preferiti di Bowie in assoluto. Erano gli anni del "Thin White Duke"e, per citare la sua stessa canzone, "Non sono gli effetti collaterali della cocaina / Sto pensando che deve essere l'amore." Il cronista primario di questo periodo è stato senza dubbio Cameron Crowe, giovane giornalistica di Rollin Stone, le cui gesta sono state narrate magnificamente in Almost Famous, Quasi famosi. Non solo Crowe scrisse di Bowie sul numero del 12 febbraio 1976, ma lo intervistò per Playboy, intervista che apparve sul numero di settembre del 1976. Fu un'intervista in cui la star rese diverse dichiarazioni notevoli, la più prominente fu che "sì, io credo fortemente nel fascismo." Sorprendentemente, Crowe che era un adolescente quando tutto questo stava accadendo, tornò alla carica nel luglio del 1977. Scrisse:
"Bowie annuncia che ha un nuovo progetto, scrivere la sua autobiografia. "Ho deciso di scrivere la mia autobiografia come un modo di vita. Potrà essere una serie di libri. Sono così incredibilmente metodico che sarei in grado di classificare ogni sezione che ne farebbe un'enciclopedia. Sai cosa intendo? David Bowie come il microcosmo di tutte le materie. "
A 29 anni, la vita di Bowie era già foraggio perfetto per un'autobiografia.
Visti, da vedere: visioni del 2015
Film, documentari: visti, da vedere e recensiti dell'anno appena trascorso.
HEAVEN KNOWS WHAT
"Le droghe sono cattive." Una lezione e un messaggio abbastanza semplice, giusto? Pensate alle vostre attività quotidiane, il lavoro, la famiglia, e cercate di sostenerle, una dopo l'altra, sempre, senza pause, e spronati sempre a dare di più. Potrebbe essere qualcosa di.. sano, come lavorare all'aria aperta, o di letargico, come rimanere a casa a guardare la tv via cavo per ore e ore. O qualcosa di disastroso, come sbattersi tutti i giorni per procurarsi la roba e strafarsi, o tagliarsi i polsi quando non ci si riesce. Ecco, quest'ultima attività magari non è a voi congeniale, mentre lo è per Harley e il suo giro di disperati nell'inquietante psico-dramma di Joshua Safdie, HEAVEN KNOWS WHAT, basato sulle memorie inedite di Arielle Holmes, che interpreta lei stessa nel ruolo della protagonista principale, appunto Harley.
Che è innamorata di Ilya, in una storia alquanto tormentata, vive per le strade di New York City o viene ospitata in case malfamate e misere. 94 minuti in cui si mette in evidenza le insidie infernali e tuttavia anche surreali di questa sfortunata scena. Malfamato, imprudente, è roba agghiacciante, ma è anche incredibilmente e facilmente riconoscibile nei tanti quartieri delle nostre metropoli. Il film è crudo e tagliente nella sua forma documentaristica, ma ci sono temi saggiamente paralleli alla droga, di come possono essere a volte crudeli le relazioni tra persone piene di energie e vitalismo, ma così intrecciate. Il film è dedicato all'ultimo fidanzato della Holmes, Ilya Leontyev, che è ritratto alla perfezione nella sua irascibilità da Caleb Landry Jones, ed è proprio il loro legame disordinato che ci attira dentro la storia. Potremmo scuotere la testa di fronte al loro amore fratturato, e spesso discutibile, ma..molti sono passati di lì. E alla fine, molti si rifiutano di smettere.
THE ASSASSIN
Pochi hanno mai saputo fondere azione e filosofia così perfettamente come Hou Hsiao-Hsien nella sua ultima fatica, tanto attesa, The Assassin. Abbracciando le caratteristiche del cinema wuxia - un genere che abbiamo amato fin da bambini, che racconta le avventure di eroi marziali della tradizione cinese, secondo molti paragonabile all'occidentale "cappa e spada" - e la sua rivisitazione attraverso una lente profondamente contemplativa e iper-realistica, Hou racconta la storia di Nie Yinniang, la figlia di un generale che viene strappata alla sua famiglia quando ha solo 10 anni. I suoi rapitori, e in particolare un "sensei", la educano alle arti marziali, trasformandola nell' assassino del titolo del film. I due vivono e lavorano in armonia apparentemente per anni fino a quando l'ormai giovane donna vacilla in missione, non riuscendo a uccidere un tiranno di fronte al suo bambino. Per punirla, viene inviata presso la sua famiglia con una missione segreta: deve uccidere suo cugino, un uomo a cui era un tempo stata legata, e che ama ancora. Sublimando la tempesta di emozioni che eroga costantemente sotto una superficie ghiacciata, Shu Qi è stupefacente come Nie Yinniang, che vediamo impegnata in uno strenuo combattimento, contro i nemici e contro se stessa. E questo è un bel dire, insiema al resto del film che, dai costumi alle scenografie, fino alle coreografie delle scene di combattimento gli hanno valso il trofeo come miglior regia a Cannes di quest'anno.(2015)
GOING CLEAR
Presentato al Sundance Festival nel 2015 e trasmesso nello scorso marzo da HBO negli Stati Uniti, è il film/documentario sulla bocca di tutti: Going Clear - Scientology, Hollywood and the Prison of Belief, (La prigione della fede) lavoro del 2013 del documentarista Alex Gibney. Vincitore di numerosi premi e con alti riconoscimenti, basato sul libro del vincitore del Premio Pulitzer Lawrence Wright, Going Clear è un'indagine esaustiva e schiacciante sulla Chiesa di Scientology e su i suoi arbitri, in particolare del suo fondatore, autore di fantascienza L. Ron Hubbard, e dell'attuale leader, David Miscavige. Il film include diverse interviste con ex membri della chiesa, tra cui i dirigenti Mike Rinder e Marty Rathbun; collegamenti a John Travolta e Sylvia "Spanky" Taylor; il premio Oscar regista e sceneggiatore Paul Haggis (Crash). Gibney e il suo team hanno dovuto schierare un team di avvocati in anticipo - "probabilmente 160, come ha rivendicato il presidente della sezione documentari della HBO Sheila Nevins, per affrontare il fuoco di fila della controparte, in contenziosi per diffamazione e altre accuse. Alla potenza di Scentology Gibney, e il suo staff, con i numerosi soggetti intervistati, hanno difeso il loro lavoro e le proprie posizioni, reagendo in un modo che non è solo ammirevole, ma anche coraggioso alla luce delle circostanze. Un film ricco d'informazioni, una ricostruzione delle origini di Scientology e dei suoi metodi, dal condizionamento mentale, allo sfruttamento del lavoro, alla coercizione, insieme a metodi di spionaggio e stalking, raccolta di dati personali a scopo di intimidazione. Inquietante è a dir poco, il silenzio di importanti e potenti rappresentanti del credo nel mondo come Travolta e Tom Cruise.
Assolutamente da vedere.
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99 HOMES
"Il dolore per la perdita della casa in cui si vive, è in ognuno di noi: la casa è il posto sicuro dove possiamo andare, e quello che dice come siamo, e non può essere messo in discussione." Incentrato sulla storia di Dennis Nash, un uomo di famiglia che cerca ad ogni costo di riprendere la casa da cui lui e la sua famiglia sono stati sfrattati. Per riuscirci dovrà però lavorare con Rick Carver, agente immobiliare e causa per Nash di forte stress psicologico. Andrew Garfield e Laura Dern sono costretti a dire addio al loro" posto sicuro "... in meno di 10 minuti ... e Rick Carver è un sempre grande e inflessibile Michael Shannon, che osserva con ambivalenza accresciuta.
99 Homes fa male più di quanto lenisce. Sceneggiato da Ramin Bahrani e Amir Naderi e diretto dallo stesso Bahrani, è una una storia sordida sugli sforzi incrollabili di un uomo che lotta per salvare la sua famiglia e di come le lunghezze della legge si trasformano in peccati impensabili. Rick Carver, nichilistica di prima specie, ha una comprensione fin troppo realistica sul perché gli americani stanno drammaticamente e scioccamente buttando via la loro vita.Tutto il film non sarebbe così interessante in fondo se non fosse così tragicamente preveggente in America oggi. Come sempre un grande M. Shannon che noi adoriamo, candidatura per il Miglior attore non protagonista.
SPOTLIGHT
Spotlight è il runner-up dei film del 2015, con la sequenza d'azione in cui Mark Ruffalo furiosamente cerca di fermare un taxi. Narra le vicende reali e vergognose venute a galla dopo l'indagine del quotidiano The Boston Globe sull'arcivescovo Bernard Francis Law, accusato di aver coperto alcuni casi di pedofilia avvenuti in diverse parrocchie americane. L'indagine valse il Premio Pulitzer di pubblico servizio al quotidiano nel 2003.
Il notevole il film di Tom McCarthy è dedicato alla squadra di giornalisti che ha scoperto l'enorme insabbiamento di abusi sessuali nella Chiesa cattolica, ma chiamare questo un atto d'amore per il giornalismo investigativo è cercare di screditare il notevole lavoro di McCarthy, del co-sceneggiatore Josh Singer, e di tutto il cast. Queste persone non sono eroi nel tipico senso della narrazione, e non sono santi. Il film non richiede affetto o adulazione per le persone che segue. Hanno solo fatto il loro maledetto lavoro, non importa il costo. La trama di Spotlight offre un parallelo per i molti punti di forza del film, per portare alla luce questa storia orribile, è stato necessario molto: persone (avvocati, superstiti, registi, editori); fatti che non possono essere negati; errori schiaccianti ammessi; rischi presi che si sono dimostrati utili. McCarthy studia gli eventi senza batter ciglio, e forse il momento più sconvolgente appare, senza fanfare, nei momenti finali del film, dimostrando che a volte c'è solo una cosa necessaria per scuotere la gente: solo i fatti, signori, i fatti. Il film, negli Stati Uniti, è stato vietato ai minori di 17 anni non accompagnati da adulti, per la presenza di linguaggio e riferimenti sessuali.
IT FOLLOW
Potremmo parlare di metafore. O potremmo parlare dell'aspetto più importante di un film horror: se sia o no realmente pauroso. E ne consegue che si, spaventa, se non altro per la sua comunanza. Amiamo tutti lo Squalo, ma la maggior parte di noi non è stato minimamente terrorizzato da un grande squalo bianco-mangiatore di uomini. Halloween, potremmo citare, ma la maggior parte di noi non sono stati inseguiti da un serial killer. Ne consegue, d'altra parte, che questo film si basa sulla paura, molto più facilmente riconoscibile, di qualcuno, che lentamente cammina dietro di noi. Non indossano una maschera. Non ha un arma. Potrebbe essere un conoscente, ma il più delle volte, è un perfetto sconosciuto. Questo minimalismo è il mostro di David Robert Mitchell, che è spaventosamente facile da ricreare - almeno nel senso visivo di base. Questa cosa che ci segue potrebbe arrivare da qualsiasi luogo e essere chiunque, avvolge la periferia del Michigan come quella della nostra città. E' la perdita dell'innocenza che ci terrorizza, è di questo che il film ci parla. Impressionante.
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THE REVENANT
Non l'abbiamo ancora visto. Ma è difficile mettere in discussione il regista Alejandro González Iñárritu. Che nei suoi film privilegia stile e sostanza, estro e carattere. In The Ravenant, la sua ultima fatica è l'uomo contro la natura. La storia vera, ci dice il regista, di Hugh Glass (Leonardo DiCaprio) che viene abbandonato, creduto morto, dopo l'attacco di un orso. Le belle e lunghe carrellate non sono una novità per il regista, ma la sequenza di apertura della battaglia è impressionante quasi come quella vista in Salvate il soldato Ryan di Spielberg, nello sbarco del D-Day. Emmanuel Lubezki probabilmente vincerà il suo terzo Oscar consecutivo per la Miglior Fotografia, per il suo magnifico lavoro con la luce naturale. Colonna sonora del grande Ryuichi Sakamoto, con Alva Noto. Nel complesso, una collezione inquietante di stringhe lacrimose, synth e basso che rispecchiano il paesaggio e l'azione con risultati convincenti. Un film sull'amore e odio, che ci piacerà sicuramente.
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SICARIO
Un grande Benicio del Toro per una storia che ci fa riflettere. Certo non c'è spiegazione ragionevole del perché il Sicario è stato escluso da ogni categoria al Golden Globe Award: questo tesissimo dramma poteva gareggiare come Miglior Film, Miglior Regista per Denis Villeneuve e soprattutto per il miglior attore non protagonista, un gigantesco Del Toro, presenza laconica ed inquietante, misterioso e magnetico, qui ai suoi massimi livelli. . Non ha senso. Nonostante le snobbe tipo Jobbs, Sicario rimane uno dei migliori (e più recensiti) film dell'anno: un resoconto reale e brutale della disastrosa guerra americana alla droga, che come sempre travalica i confini tra il giusto e sbagliato, tra i cattivi e le vittime, vincitori e vinti. L’agente della CIA cialtrone e bugiardo per il quale il fine giustifica ogni mezzo, il “collaboratore” mosso soltanto dalla sete di vendetta che persegue un obiettivo personale, l’agente dell’FBI rigorosa ed idealista, una “legalitaria” che si illude di combattere dalla parte giusta e i narcos, che dominano con il terrore. Alla fine, ognuno resta in piedi, su entrambi i lati. Il film non offre risposte o soluzioni, ma la carneficina che vediamo sullo scherma sta lì a suggerire che l'attuale strategia, da entrambe le parti, è totalmente nel più totale caos. L'agente dell'FBI Kate Macer (Emily Blunt), lo impara nel modo più duro, e con risultati devastanti. Una meditazione su vicende reali (e in corso) è ciò che mantiene i nervi degli spettatori illuminati e sfilacciati. Anche dopo la scena finale, con la Blunt sconvolta in piena luce e totalmente vulnerabile, mentre Del Toro resta avvolto dall’oscurità, autentico angelo della morte che si rivela un attimo prima di venire inghiottito dalle tenebre, sentiamo di avere ancora molto da temere. Davvero un grande film.
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MAD MAX: FURY ROAD
Vale la pena di vederlo anche solo per Coma, aka Doof Warrior, una creatura cieca, folle, che nel film è in cima a questa camion/macchina da guerra, equipaggiata con muraglie di amplificatori e un piccolo esercito di batteristi nel retro. Quassù potete osservarlo mentre si diverte con la sua chitarra a doppio manico: magari non ci avete fatto caso ma la chitarra è anche un lanciafiamme! George Miller ci parla di guerre cruente tra popoli per il controllo di un territorio dall'aspetto post-apocalittica, in una landa arida e dai fastidiosi colori giallino bruciato.
Il protagonista passa la prima metà del film a fare la sacca di sangue sballottato sul cofano di una macchina-kamikaze, e per le esplosioni e i disastri che sono così scenografici, tornare alla realtà è davvero un casino. Fury Road è la migliore e più coerente pellicola a grosso budget di Hollywood ultimo periodo, un opera rock lunatica e un un master class femminista ed è tante altre cose: una visione dell'inferno distopica che non potrebbe essere più divertente a riguardarlo più e più volte. Alla fine è Doof il vero protagonista del film, i cui suoni sono opera di Nick Zinner degli Yeah Yeah Yeahs.
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THE LOOK OF SILENCE
Abbiamo dedicato più post ai documentari, che quì su INTERZONE SONO MOLTO CONSIDERATI. E il compito del film documentario è di ricordare - per contrastare le forze che reprimono e cercano di cancellare la memoria, anche quando queste forze sono e rimangono saldamente al potere. Come il suo predecessore del 2013, The Act of Killing, di cui anche abbiamo già parlato, The Look of Silence ci ricorda che è stato girato con molti rischi. Innumerevoli sono i nomi nella sequenza dei titoli di coda, sostituiti con un semplice "Anonymous". E' la testimonianza inquietante che, per le famiglie e i sopravvissuti alle uccisioni di massa indonesiane del 1965 e nel 1966, che l'orrore persiste. Il film è concentrato su i responsabili, un'esplorazione affascinante su come degli assassini, responsabili di orribili crimini di massa razionalizzano le loro azioni. The Look of Silence gira la lente sui sopravvissuti, costretti a interagire con questi assassini su base giornaliera, e così facendo dipinge un quadro più completo di una società in guerra con se stessa. Il nucleo emotivo del film è Adi, un ottico il cui fratello è stato ucciso in quei massacri. Adi affronta gli uomini responsabili di aver ucciso il fratello e milioni di altre persone innocenti. Il regista Joshua Oppenheimer sfrutta a pieno l'effetto, forzando un confronto che vede Adi determinato a raggiungere la verità, anche se questo significa mettere a rischio la propria vita. Il fratello di Adi è morto solo perchè.. era comunista.
The Look of Silence non è il più potente film documentario del 2015; è il film più potente, punto. Esso dovrebbe essereproiettato nelle scuole, per gli studenti di storia, sì, ma anche per gli studenti dell'umanità. Nel caso in cui vi state chiedendo chi sono gli studenti dell'umanità, vi dico che dovremmo essere noi tutti.
AMY
In Amy è la stampa, o meglio i tabloid di fama anglossassoni il mostro feroce, come neanche in un film horror. I media sono il protagonista di questo film. Insaziabili, parassiti, succhiano la vita delle celebrità ad ogni scatto dei potenti teleobiettivi e a ogni titolone sparato in prima pagina del quotidiano locale.
Asif Kapadia non fa mistero e non ha dubbi su chi sia il principale colpevole della morte prematura di Amy Winehouse, stella del pop britannico. Il suo film insinua, mette dentro le prime immagini della vita della cantante per evocare una reazione viscerale di disgusto.
O forse è la disperazione, perché c'è una verità in agguato sotto la superficie che ci mette a disagio e ci fa pensare: la colpa è nostra, di tutti noi.
Amy è un film difficile da guardare e non solo per la sua tragica fine. Kapadia attraverso ore di filmati inediti presenta un ritratto intimo della Winehouse, di come era fuori dai riflettori. Quello che vediamo è una giovane donna tormentata, insicura, e irresistibilmente affascinante, ma impreparata a vivere una vita in cui era stata infilata. Facendo affidamento così pesantemente nei filmati, girati a volte con i telefoni, tratti dalle web cam, e altri video in prima persona, il film sottolinea la difficile situazione delle moderne celebrità: semplicemente non si può scomparire. Tutto della propria vita diventa foraggio per giornalismo pop, i difetti messi a nudo, e la vita è resa invivibile. Amy ci pone di fronte al dilemma: si puòvivere..vivresti così?
streaming
In Amy è la stampa, o meglio i tabloid di fama anglossassoni il mostro feroce, come neanche in un film horror. I media sono il protagonista di questo film. Insaziabili, parassiti, succhiano la vita delle celebrità ad ogni scatto dei potenti teleobiettivi e a ogni titolone sparato in prima pagina del quotidiano locale.
Asif Kapadia non fa mistero e non ha dubbi su chi sia il principale colpevole della morte prematura di Amy Winehouse, stella del pop britannico. Il suo film insinua, mette dentro le prime immagini della vita della cantante per evocare una reazione viscerale di disgusto.
O forse è la disperazione, perché c'è una verità in agguato sotto la superficie che ci mette a disagio e ci fa pensare: la colpa è nostra, di tutti noi.
Amy è un film difficile da guardare e non solo per la sua tragica fine. Kapadia attraverso ore di filmati inediti presenta un ritratto intimo della Winehouse, di come era fuori dai riflettori. Quello che vediamo è una giovane donna tormentata, insicura, e irresistibilmente affascinante, ma impreparata a vivere una vita in cui era stata infilata. Facendo affidamento così pesantemente nei filmati, girati a volte con i telefoni, tratti dalle web cam, e altri video in prima persona, il film sottolinea la difficile situazione delle moderne celebrità: semplicemente non si può scomparire. Tutto della propria vita diventa foraggio per giornalismo pop, i difetti messi a nudo, e la vita è resa invivibile. Amy ci pone di fronte al dilemma: si puòvivere..vivresti così?
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"Le droghe sono cattive." Una lezione e un messaggio abbastanza semplice, giusto? Pensate alle vostre attività quotidiane, il lavoro, la famiglia, e cercate di sostenerle, una dopo l'altra, sempre, senza pause, e spronati sempre a dare di più. Potrebbe essere qualcosa di.. sano, come lavorare all'aria aperta, o di letargico, come rimanere a casa a guardare la tv via cavo per ore e ore. O qualcosa di disastroso, come sbattersi tutti i giorni per procurarsi la roba e strafarsi, o tagliarsi i polsi quando non ci si riesce. Ecco, quest'ultima attività magari non è a voi congeniale, mentre lo è per Harley e il suo giro di disperati nell'inquietante psico-dramma di Joshua Safdie, HEAVEN KNOWS WHAT, basato sulle memorie inedite di Arielle Holmes, che interpreta lei stessa nel ruolo della protagonista principale, appunto Harley.
Che è innamorata di Ilya, in una storia alquanto tormentata, vive per le strade di New York City o viene ospitata in case malfamate e misere. 94 minuti in cui si mette in evidenza le insidie infernali e tuttavia anche surreali di questa sfortunata scena. Malfamato, imprudente, è roba agghiacciante, ma è anche incredibilmente e facilmente riconoscibile nei tanti quartieri delle nostre metropoli. Il film è crudo e tagliente nella sua forma documentaristica, ma ci sono temi saggiamente paralleli alla droga, di come possono essere a volte crudeli le relazioni tra persone piene di energie e vitalismo, ma così intrecciate. Il film è dedicato all'ultimo fidanzato della Holmes, Ilya Leontyev, che è ritratto alla perfezione nella sua irascibilità da Caleb Landry Jones, ed è proprio il loro legame disordinato che ci attira dentro la storia. Potremmo scuotere la testa di fronte al loro amore fratturato, e spesso discutibile, ma..molti sono passati di lì. E alla fine, molti si rifiutano di smettere.

Pochi hanno mai saputo fondere azione e filosofia così perfettamente come Hou Hsiao-Hsien nella sua ultima fatica, tanto attesa, The Assassin. Abbracciando le caratteristiche del cinema wuxia - un genere che abbiamo amato fin da bambini, che racconta le avventure di eroi marziali della tradizione cinese, secondo molti paragonabile all'occidentale "cappa e spada" - e la sua rivisitazione attraverso una lente profondamente contemplativa e iper-realistica, Hou racconta la storia di Nie Yinniang, la figlia di un generale che viene strappata alla sua famiglia quando ha solo 10 anni. I suoi rapitori, e in particolare un "sensei", la educano alle arti marziali, trasformandola nell' assassino del titolo del film. I due vivono e lavorano in armonia apparentemente per anni fino a quando l'ormai giovane donna vacilla in missione, non riuscendo a uccidere un tiranno di fronte al suo bambino. Per punirla, viene inviata presso la sua famiglia con una missione segreta: deve uccidere suo cugino, un uomo a cui era un tempo stata legata, e che ama ancora. Sublimando la tempesta di emozioni che eroga costantemente sotto una superficie ghiacciata, Shu Qi è stupefacente come Nie Yinniang, che vediamo impegnata in uno strenuo combattimento, contro i nemici e contro se stessa. E questo è un bel dire, insiema al resto del film che, dai costumi alle scenografie, fino alle coreografie delle scene di combattimento gli hanno valso il trofeo come miglior regia a Cannes di quest'anno.(2015)

Presentato al Sundance Festival nel 2015 e trasmesso nello scorso marzo da HBO negli Stati Uniti, è il film/documentario sulla bocca di tutti: Going Clear - Scientology, Hollywood and the Prison of Belief, (La prigione della fede) lavoro del 2013 del documentarista Alex Gibney. Vincitore di numerosi premi e con alti riconoscimenti, basato sul libro del vincitore del Premio Pulitzer Lawrence Wright, Going Clear è un'indagine esaustiva e schiacciante sulla Chiesa di Scientology e su i suoi arbitri, in particolare del suo fondatore, autore di fantascienza L. Ron Hubbard, e dell'attuale leader, David Miscavige. Il film include diverse interviste con ex membri della chiesa, tra cui i dirigenti Mike Rinder e Marty Rathbun; collegamenti a John Travolta e Sylvia "Spanky" Taylor; il premio Oscar regista e sceneggiatore Paul Haggis (Crash). Gibney e il suo team hanno dovuto schierare un team di avvocati in anticipo - "probabilmente 160, come ha rivendicato il presidente della sezione documentari della HBO Sheila Nevins, per affrontare il fuoco di fila della controparte, in contenziosi per diffamazione e altre accuse. Alla potenza di Scentology Gibney, e il suo staff, con i numerosi soggetti intervistati, hanno difeso il loro lavoro e le proprie posizioni, reagendo in un modo che non è solo ammirevole, ma anche coraggioso alla luce delle circostanze. Un film ricco d'informazioni, una ricostruzione delle origini di Scientology e dei suoi metodi, dal condizionamento mentale, allo sfruttamento del lavoro, alla coercizione, insieme a metodi di spionaggio e stalking, raccolta di dati personali a scopo di intimidazione. Inquietante è a dir poco, il silenzio di importanti e potenti rappresentanti del credo nel mondo come Travolta e Tom Cruise.
Assolutamente da vedere.
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"Il dolore per la perdita della casa in cui si vive, è in ognuno di noi: la casa è il posto sicuro dove possiamo andare, e quello che dice come siamo, e non può essere messo in discussione." Incentrato sulla storia di Dennis Nash, un uomo di famiglia che cerca ad ogni costo di riprendere la casa da cui lui e la sua famiglia sono stati sfrattati. Per riuscirci dovrà però lavorare con Rick Carver, agente immobiliare e causa per Nash di forte stress psicologico. Andrew Garfield e Laura Dern sono costretti a dire addio al loro" posto sicuro "... in meno di 10 minuti ... e Rick Carver è un sempre grande e inflessibile Michael Shannon, che osserva con ambivalenza accresciuta.
99 Homes fa male più di quanto lenisce. Sceneggiato da Ramin Bahrani e Amir Naderi e diretto dallo stesso Bahrani, è una una storia sordida sugli sforzi incrollabili di un uomo che lotta per salvare la sua famiglia e di come le lunghezze della legge si trasformano in peccati impensabili. Rick Carver, nichilistica di prima specie, ha una comprensione fin troppo realistica sul perché gli americani stanno drammaticamente e scioccamente buttando via la loro vita.Tutto il film non sarebbe così interessante in fondo se non fosse così tragicamente preveggente in America oggi. Come sempre un grande M. Shannon che noi adoriamo, candidatura per il Miglior attore non protagonista.

Spotlight è il runner-up dei film del 2015, con la sequenza d'azione in cui Mark Ruffalo furiosamente cerca di fermare un taxi. Narra le vicende reali e vergognose venute a galla dopo l'indagine del quotidiano The Boston Globe sull'arcivescovo Bernard Francis Law, accusato di aver coperto alcuni casi di pedofilia avvenuti in diverse parrocchie americane. L'indagine valse il Premio Pulitzer di pubblico servizio al quotidiano nel 2003.
Il notevole il film di Tom McCarthy è dedicato alla squadra di giornalisti che ha scoperto l'enorme insabbiamento di abusi sessuali nella Chiesa cattolica, ma chiamare questo un atto d'amore per il giornalismo investigativo è cercare di screditare il notevole lavoro di McCarthy, del co-sceneggiatore Josh Singer, e di tutto il cast. Queste persone non sono eroi nel tipico senso della narrazione, e non sono santi. Il film non richiede affetto o adulazione per le persone che segue. Hanno solo fatto il loro maledetto lavoro, non importa il costo. La trama di Spotlight offre un parallelo per i molti punti di forza del film, per portare alla luce questa storia orribile, è stato necessario molto: persone (avvocati, superstiti, registi, editori); fatti che non possono essere negati; errori schiaccianti ammessi; rischi presi che si sono dimostrati utili. McCarthy studia gli eventi senza batter ciglio, e forse il momento più sconvolgente appare, senza fanfare, nei momenti finali del film, dimostrando che a volte c'è solo una cosa necessaria per scuotere la gente: solo i fatti, signori, i fatti. Il film, negli Stati Uniti, è stato vietato ai minori di 17 anni non accompagnati da adulti, per la presenza di linguaggio e riferimenti sessuali.

Potremmo parlare di metafore. O potremmo parlare dell'aspetto più importante di un film horror: se sia o no realmente pauroso. E ne consegue che si, spaventa, se non altro per la sua comunanza. Amiamo tutti lo Squalo, ma la maggior parte di noi non è stato minimamente terrorizzato da un grande squalo bianco-mangiatore di uomini. Halloween, potremmo citare, ma la maggior parte di noi non sono stati inseguiti da un serial killer. Ne consegue, d'altra parte, che questo film si basa sulla paura, molto più facilmente riconoscibile, di qualcuno, che lentamente cammina dietro di noi. Non indossano una maschera. Non ha un arma. Potrebbe essere un conoscente, ma il più delle volte, è un perfetto sconosciuto. Questo minimalismo è il mostro di David Robert Mitchell, che è spaventosamente facile da ricreare - almeno nel senso visivo di base. Questa cosa che ci segue potrebbe arrivare da qualsiasi luogo e essere chiunque, avvolge la periferia del Michigan come quella della nostra città. E' la perdita dell'innocenza che ci terrorizza, è di questo che il film ci parla. Impressionante.
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THE REVENANT
Non l'abbiamo ancora visto. Ma è difficile mettere in discussione il regista Alejandro González Iñárritu. Che nei suoi film privilegia stile e sostanza, estro e carattere. In The Ravenant, la sua ultima fatica è l'uomo contro la natura. La storia vera, ci dice il regista, di Hugh Glass (Leonardo DiCaprio) che viene abbandonato, creduto morto, dopo l'attacco di un orso. Le belle e lunghe carrellate non sono una novità per il regista, ma la sequenza di apertura della battaglia è impressionante quasi come quella vista in Salvate il soldato Ryan di Spielberg, nello sbarco del D-Day. Emmanuel Lubezki probabilmente vincerà il suo terzo Oscar consecutivo per la Miglior Fotografia, per il suo magnifico lavoro con la luce naturale. Colonna sonora del grande Ryuichi Sakamoto, con Alva Noto. Nel complesso, una collezione inquietante di stringhe lacrimose, synth e basso che rispecchiano il paesaggio e l'azione con risultati convincenti. Un film sull'amore e odio, che ci piacerà sicuramente.
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SICARIO
Un grande Benicio del Toro per una storia che ci fa riflettere. Certo non c'è spiegazione ragionevole del perché il Sicario è stato escluso da ogni categoria al Golden Globe Award: questo tesissimo dramma poteva gareggiare come Miglior Film, Miglior Regista per Denis Villeneuve e soprattutto per il miglior attore non protagonista, un gigantesco Del Toro, presenza laconica ed inquietante, misterioso e magnetico, qui ai suoi massimi livelli. . Non ha senso. Nonostante le snobbe tipo Jobbs, Sicario rimane uno dei migliori (e più recensiti) film dell'anno: un resoconto reale e brutale della disastrosa guerra americana alla droga, che come sempre travalica i confini tra il giusto e sbagliato, tra i cattivi e le vittime, vincitori e vinti. L’agente della CIA cialtrone e bugiardo per il quale il fine giustifica ogni mezzo, il “collaboratore” mosso soltanto dalla sete di vendetta che persegue un obiettivo personale, l’agente dell’FBI rigorosa ed idealista, una “legalitaria” che si illude di combattere dalla parte giusta e i narcos, che dominano con il terrore. Alla fine, ognuno resta in piedi, su entrambi i lati. Il film non offre risposte o soluzioni, ma la carneficina che vediamo sullo scherma sta lì a suggerire che l'attuale strategia, da entrambe le parti, è totalmente nel più totale caos. L'agente dell'FBI Kate Macer (Emily Blunt), lo impara nel modo più duro, e con risultati devastanti. Una meditazione su vicende reali (e in corso) è ciò che mantiene i nervi degli spettatori illuminati e sfilacciati. Anche dopo la scena finale, con la Blunt sconvolta in piena luce e totalmente vulnerabile, mentre Del Toro resta avvolto dall’oscurità, autentico angelo della morte che si rivela un attimo prima di venire inghiottito dalle tenebre, sentiamo di avere ancora molto da temere. Davvero un grande film.
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MAD MAX: FURY ROAD
Vale la pena di vederlo anche solo per Coma, aka Doof Warrior, una creatura cieca, folle, che nel film è in cima a questa camion/macchina da guerra, equipaggiata con muraglie di amplificatori e un piccolo esercito di batteristi nel retro. Quassù potete osservarlo mentre si diverte con la sua chitarra a doppio manico: magari non ci avete fatto caso ma la chitarra è anche un lanciafiamme! George Miller ci parla di guerre cruente tra popoli per il controllo di un territorio dall'aspetto post-apocalittica, in una landa arida e dai fastidiosi colori giallino bruciato.
Il protagonista passa la prima metà del film a fare la sacca di sangue sballottato sul cofano di una macchina-kamikaze, e per le esplosioni e i disastri che sono così scenografici, tornare alla realtà è davvero un casino. Fury Road è la migliore e più coerente pellicola a grosso budget di Hollywood ultimo periodo, un opera rock lunatica e un un master class femminista ed è tante altre cose: una visione dell'inferno distopica che non potrebbe essere più divertente a riguardarlo più e più volte. Alla fine è Doof il vero protagonista del film, i cui suoni sono opera di Nick Zinner degli Yeah Yeah Yeahs.
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THE LOOK OF SILENCE
Abbiamo dedicato più post ai documentari, che quì su INTERZONE SONO MOLTO CONSIDERATI. E il compito del film documentario è di ricordare - per contrastare le forze che reprimono e cercano di cancellare la memoria, anche quando queste forze sono e rimangono saldamente al potere. Come il suo predecessore del 2013, The Act of Killing, di cui anche abbiamo già parlato, The Look of Silence ci ricorda che è stato girato con molti rischi. Innumerevoli sono i nomi nella sequenza dei titoli di coda, sostituiti con un semplice "Anonymous". E' la testimonianza inquietante che, per le famiglie e i sopravvissuti alle uccisioni di massa indonesiane del 1965 e nel 1966, che l'orrore persiste. Il film è concentrato su i responsabili, un'esplorazione affascinante su come degli assassini, responsabili di orribili crimini di massa razionalizzano le loro azioni. The Look of Silence gira la lente sui sopravvissuti, costretti a interagire con questi assassini su base giornaliera, e così facendo dipinge un quadro più completo di una società in guerra con se stessa. Il nucleo emotivo del film è Adi, un ottico il cui fratello è stato ucciso in quei massacri. Adi affronta gli uomini responsabili di aver ucciso il fratello e milioni di altre persone innocenti. Il regista Joshua Oppenheimer sfrutta a pieno l'effetto, forzando un confronto che vede Adi determinato a raggiungere la verità, anche se questo significa mettere a rischio la propria vita. Il fratello di Adi è morto solo perchè.. era comunista.
The Look of Silence non è il più potente film documentario del 2015; è il film più potente, punto. Esso dovrebbe essereproiettato nelle scuole, per gli studenti di storia, sì, ma anche per gli studenti dell'umanità. Nel caso in cui vi state chiedendo chi sono gli studenti dell'umanità, vi dico che dovremmo essere noi tutti.
05/01/16
Wings, il primo film della storia con un bacio gay
Il primo bacio della storia del
cinema ci riporta al 1896, per un film presentato da Thomas Edison. Ora
riavvolgiamo il nastro e presentiamo il primo bacio tra persone dello
stesso sesso nella storia del cinema (o almeno uno di quelli più
conosciuti). Questa scena pre-Brokeback Mountain, il pluripremiato film
del 2005 diretto da Ang Lee con Heath Ledger e Jake Gyllenhaal, ha avuto
luogo in un film del 1927, Wings - il primo e unico film muto (solo in
seguito sonorizzato) a vincere l'Academy Award proprio per il miglior
film. Buddy Rogers e Richard Arlen sono le star della pellicola, nei
panni di due piloti di aereo da combattimento che si contendono
l'affetto della stessa donna (Clara Bow). Questa è la trama. Ma
l'affetto per la donna non è niente al confronto dell'amore che provano
... l'uno per l'altro. Il film è famoso per l'innovazione del
posizionamento delle macchine da presa sulle ali degli aeroplani,
stratagemma grazie al quale fu possibile ottenere delle inquadrature di
grande effetto. Tuttavia durante le riprese, un pilota militare rimase
ucciso in un incidente di volo. Sicuramente, questo film all'epoca fece male non poco al fegato di John Edgar Hoover, l'allora giovane agente FBI diventato poi livoroso e controverso direttore del più famoso servizio investigativo del mondo, dal 1935 al 1972.
Cucchi: abusi, violenze, complicità. Ma tutti contro Ilaria
L'intervento di Luigi Manconi sul Manifesto.info
Hanno oltraggiato per anni le
vittime e i loro familiari. E ora sono tutti lì con il dito alzato. La
voglia di mandarli al diavolo è irresistibile
Non è accaduto a me che uno stretto familiare trovasse la morte in un carcere o in una caserma o in un reparto psichiatrico. Dunque, non ho mai conosciuto l’incancellabile dolore provato da Ilaria Cucchi: e da Patrizia Moretti Aldrovandi, Claudia Budroni, Lucia Uva, Caterina Mastrogiovanni, Domenica Ferrulli, Natascia Casu, Donata Bergamini, dalla moglie di Riccardo Magherini, e dalla madre e dalla sorella di Riccardo Rasman e da altre ancora…
Non è accaduto a me che uno stretto familiare trovasse la morte in un carcere o in una caserma o in un reparto psichiatrico. Dunque, non ho mai conosciuto l’incancellabile dolore provato da Ilaria Cucchi: e da Patrizia Moretti Aldrovandi, Claudia Budroni, Lucia Uva, Caterina Mastrogiovanni, Domenica Ferrulli, Natascia Casu, Donata Bergamini, dalla moglie di Riccardo Magherini, e dalla madre e dalla sorella di Riccardo Rasman e da altre ancora…
E da parte di queste donne, nel corso
di tanti anni, non una parola di vendetta, né una domanda di condanna
esemplare, non una richiesta di rivalsa, né un’espressione d’odio. Tra
quei familiari, paradossalmente, si ritrova una inesausta fiducia nella
giustizia come in nessun’altra circostanza a me nota, nonostante tutto e
tutti, e malgrado umiliazioni e frustrazioni senza fine.
Dunque, non posso e non devo — e non voglio — valutare queste ultime affermazioni della sorella di Stefano Cucchi. Non ho alcun titolo morale per giudicare, pur precisando che personalmente non avrei scritto quelle parole, ma per un motivo: quello di non aver vissuto in prima persona un tale strazio. Se invece così fosse stato, la mia incrollabile fedeltà al garantismo e alle sue dure leggi probabilmente non mi avrebbe trattenuto dallo scrivere le parole di Ilaria Cucchi, dopo che la Procura di Roma ha definito un «violentissimo pestaggio» quello subito da Stefano.
E la si potrebbe finire qui. Ma altre due considerazioni vanno aggiunte.
Viviamo in un paese dove alcuni sindacalisti felloni e pavidi, che dicono di rappresentare le forze di polizia perché ne difendono gli esponenti più criminali, da anni oltraggiano i familiari delle vittime. E in un paese dove politici senza vergogna e senza Dio così hanno definito Stefano Cucchi: «tossicodipendente anoressico epilettico larva zombie»; e un pubblico ministero, responsabile della prima e sgangherata inchiesta sulla morte del giovane geometra, invece di perseguire i responsabili così parlava della vittima: «tossicodipendente da quando aveva 12 anni». E ora tutti questi sono lì, col ditino alzato e l’aria severa, che impartiscono lezioni di galateo a Ilaria Cucchi. E’ davvero irresistibile la voglia di mandarli, come minimo, al diavolo.
Infine, qualche settimana fa, sul Post.it, mi sono rivolto alla senatrice Roberta Pinotti, responsabile politico — per il suo ruolo di ministro della Difesa — dell’attività dell’Arma dei Carabinieri. Le ho ricordato che in una manciata di giorni si erano verificati tre episodi che vedevano coinvolti appartenenti all’Arma. Avevo precisato prudentemente che le tre vicende non erano direttamente collegate né rispondevano a una regia unitaria. Rientravano, bensì, insieme ad altri fatti non troppo dissimili, in un clima in una cultura, in una mentalità. Questi i tre fatti: le rivelazioni a proposito della fine di Stefano Cucchi; le testimonianze contro i carabinieri per il fermo e la morte di Magherini, a Firenze; la prescrizione di quasi tutti i reati a carico dei militari che avevano trattenuto illegalmente Uva, in una caserma di Varese. Ripeto: tre storie diverse, ma in ognuna di esse si manifestano la disponibilità all’abuso e alla violenza e una catastrofica imperizia, una rete di complicità e di vera e propria omertà all’interno di larghi settori dell’Arma, e una certa tendenza alla sudditanza psicologica da parte di ambienti della magistratura. Su tutto ciò — sul proliferare di episodi simili e sulla drammatica carenza di formazione civile e tecnica che rivelano — un intervento del ministro della Difesa sarebbe stato davvero opportuno: a tutela dei diritti dei cittadini e dei diritti della gran parte dei carabinieri perbene. Ma, a distanza di tanti giorni, non ho avuto, come si dice, un cenno di risposta. Il che ferisce il mio amor proprio, e poco male, ma soprattutto rivela una sensibilità non particolarmente affinata per questioni non certamente marginali. E noi siamo qui, pensosi, a discettare dello stile di Ilaria Cucchi.
Dunque, non posso e non devo — e non voglio — valutare queste ultime affermazioni della sorella di Stefano Cucchi. Non ho alcun titolo morale per giudicare, pur precisando che personalmente non avrei scritto quelle parole, ma per un motivo: quello di non aver vissuto in prima persona un tale strazio. Se invece così fosse stato, la mia incrollabile fedeltà al garantismo e alle sue dure leggi probabilmente non mi avrebbe trattenuto dallo scrivere le parole di Ilaria Cucchi, dopo che la Procura di Roma ha definito un «violentissimo pestaggio» quello subito da Stefano.
E la si potrebbe finire qui. Ma altre due considerazioni vanno aggiunte.
Viviamo in un paese dove alcuni sindacalisti felloni e pavidi, che dicono di rappresentare le forze di polizia perché ne difendono gli esponenti più criminali, da anni oltraggiano i familiari delle vittime. E in un paese dove politici senza vergogna e senza Dio così hanno definito Stefano Cucchi: «tossicodipendente anoressico epilettico larva zombie»; e un pubblico ministero, responsabile della prima e sgangherata inchiesta sulla morte del giovane geometra, invece di perseguire i responsabili così parlava della vittima: «tossicodipendente da quando aveva 12 anni». E ora tutti questi sono lì, col ditino alzato e l’aria severa, che impartiscono lezioni di galateo a Ilaria Cucchi. E’ davvero irresistibile la voglia di mandarli, come minimo, al diavolo.
Infine, qualche settimana fa, sul Post.it, mi sono rivolto alla senatrice Roberta Pinotti, responsabile politico — per il suo ruolo di ministro della Difesa — dell’attività dell’Arma dei Carabinieri. Le ho ricordato che in una manciata di giorni si erano verificati tre episodi che vedevano coinvolti appartenenti all’Arma. Avevo precisato prudentemente che le tre vicende non erano direttamente collegate né rispondevano a una regia unitaria. Rientravano, bensì, insieme ad altri fatti non troppo dissimili, in un clima in una cultura, in una mentalità. Questi i tre fatti: le rivelazioni a proposito della fine di Stefano Cucchi; le testimonianze contro i carabinieri per il fermo e la morte di Magherini, a Firenze; la prescrizione di quasi tutti i reati a carico dei militari che avevano trattenuto illegalmente Uva, in una caserma di Varese. Ripeto: tre storie diverse, ma in ognuna di esse si manifestano la disponibilità all’abuso e alla violenza e una catastrofica imperizia, una rete di complicità e di vera e propria omertà all’interno di larghi settori dell’Arma, e una certa tendenza alla sudditanza psicologica da parte di ambienti della magistratura. Su tutto ciò — sul proliferare di episodi simili e sulla drammatica carenza di formazione civile e tecnica che rivelano — un intervento del ministro della Difesa sarebbe stato davvero opportuno: a tutela dei diritti dei cittadini e dei diritti della gran parte dei carabinieri perbene. Ma, a distanza di tanti giorni, non ho avuto, come si dice, un cenno di risposta. Il che ferisce il mio amor proprio, e poco male, ma soprattutto rivela una sensibilità non particolarmente affinata per questioni non certamente marginali. E noi siamo qui, pensosi, a discettare dello stile di Ilaria Cucchi.
Luigi Manconi
01/01/16
Buon Anno con gli UB 40 Live
AUGURIAMO BUON ANNO A TUTTI, con una delle migliori band inglesi, gli UB40 divennero sinonimo negli anni '80 della combinazione di reggae and rock. Gruppo multiraziale, portatori di un sound funky, molto allegro. Riviviamo il periodo di massimo splendore della band con questo live datato 1982, concerto in cui possiamo ascoltare i primi successi come "Present Arms", "Sardonicus", "Silent Witness", " "No Slow Down", "Love Is All Is Allright", "Politician", "One in Ten", Tyler..."
Un bel pezzo di storia, e una produzione di grande fascino. E 'bello vedere uno spettacolo senza tanti fronzoli, come spesso era al Rockpalast, e gli UB40 prima della svolta "pop", e produttori di tanti hit da classifica. Il Dub quì regna ancora, la giovane età di Ali Campbell e degli altri componenti del gruppo e l'abbigliamento primi anni 80 è ancora fresco e sorprendente al tempo stesso. Come la musica daltronde. L'esibizione, che fu filmata ed è disponibile su Dvd, contribuì ad accrescere la loro popolarità in Europa, mentre sette anni dopo decollarono negli Stati Uniti.
Un bel pezzo di storia, e una produzione di grande fascino. E 'bello vedere uno spettacolo senza tanti fronzoli, come spesso era al Rockpalast, e gli UB40 prima della svolta "pop", e produttori di tanti hit da classifica. Il Dub quì regna ancora, la giovane età di Ali Campbell e degli altri componenti del gruppo e l'abbigliamento primi anni 80 è ancora fresco e sorprendente al tempo stesso. Come la musica daltronde. L'esibizione, che fu filmata ed è disponibile su Dvd, contribuì ad accrescere la loro popolarità in Europa, mentre sette anni dopo decollarono negli Stati Uniti.
01 Intro
02 Present Arms (5'15'')
03 Sardonicus (5'00'')
04 Silent Witness (4'20'')
05 Don't Do The Crime (3'50'')
06 Don't Let It Pass You By (7'00'')
07 I Won't Close My Eyes (3'45'')
08 Don't Slow Down (3'50'')
09 The Piper Calls The Tune (4'15'')
10 Love Is All Is Alright (5'50'')
11 Forget The Cost (4'10'')
12 Politican (5'35'')
13 On In Ten (4'25'')
14 Food For Thought (4'55'')
15 Burden Of Shame (6'20'') 16 Tyler
31/12/15
Il Capodanno di Caino: Alex Trocchi
Capodanno.
Mattina presto. Pochi minuti dopo le due. Avevo scritto:

Mattina presto. Pochi minuti dopo le due. Avevo scritto:
<Mia moglie entrerà com’è uscita, come un cattivo attore in una cattiva commedia, e quando m’avvicinerò a lei farà il gesto di resistenza, perché il mio atto è per lei l’imbeccata a resistere; e il suo viso s’irrigidirà nei tratti spaventosamente stupidi per rompersi dove ella sorride mentre inciampa e dice: ‘No..mi smaglierai una calza!’>
Riprovai la nota sensazione di considerare tutta la mia vita come un introduzione a quel momento presente davanti al quale m’ero arrestato come davanti a una specie di cosmico punto interrogativo. In quel momento ero alla mercè di qualsiasi distrazione, voci esterne, un suono di passi, la sirena d’un rimorchiatore, il senso della mia ombra là nella cabina. Sembrava senza importanza. Qualunque fosse l’aumento d’entropia nel mondo esterno, la mia reazione era pertinente. L’universo potrebbe restringersi o espandersi. Io resterei cosciente, una piccola sacca di coerenza nella città della spaventevole notte. Ma lo resterei? La droga può essere traditrice, guidando attraverso i vuoti recessi e le caverne del panico. Un’identità scivola via e non si può più scegliere d’essere immerso, di lasciarsi voluttuosamente abbindolare. Ricordo che fui costretto a coricarmi e a chiudere gli occhi..
Non riuscivo a tornare direttamente ai miei pensieri, quali che fossero, e la mia identità precedente si disintegrava come il riflesso d’un volto che s’allontana sulla mossa superficie dell’acqua. Sento che se avessi guardato in uno specchio senza scorgerci alcun riflesso non mi sarei eccessivamente spaventato. L’uomo invisibile..
<Perché non lo ammetti, babbo? Non hai lavorato per un quarto di secolo. Nemmeno io lavoro, dunque sto seguendo le tue orme. Dovresti essere fiero di me. Quando incontriamo uno dei tuoi amici dovresti dire: "Questo è Joe, il minore dei miei figli. E’ disoccupato. Naturalmente non è ancora all’altezza del suo babbo perché non è inutilizzabile, ma nutro grandi speranze per lui perché ha avuto un istruzione assai migliore della mia">
Questo lo divertì. <Sei un demonio, figliolo!> Scosse la testa . Poi si fece più serio. <Ma presto dovrai deciderti a fare qualcosa>.
<Tu non l’hai fatto. Questa è l’unica differenza..Il tuo guaio, babbo, è che ti sei sempre vergognato d’essere disoccupato e così non hai mai imparato a goderti l’ozio. Santo Dio, non andresti a riscuotere il sussidio nemmeno se crepassimo di fame!>
Mettersi in coda con quella maledetta..tribù!> <Il proletariato?> Fece un sorrisetto da patatina, distante, che significava: meglio non scendere in particolari…
<..Io non mi vergogno di te, babbo> <Lo so..lo so..>
Tornando a casa, in tram, mi chiesi se era mera fantasia che io stessi rivivendo la vita di mio padre, tranne che il mio atteggiamento era diverso. Mi chiesi se m’ingannavo. Avevo appena litigato con Moira. Era lo stesso anno nuovo.
Un uomo non smette, Tom. Quando pensa di smettere vuol dire che ha il vizio. Ci sono vari gradi di assuefazione, e la parte fisica non c’entra poi molto. L’abitudine fisica viene subito e immagino che allora tu abbia il vizio, tecnicamente. Ma con le medicine adatte te ne liberi in poche settimane. I gradi di assuefazione che contano sono..psicologici, come, intellettualmente, da quando sei un vegetale? Prendi l’eroina si o no? Il tuo guaio, Tom, è che la droga tu la disprezzi sul serio. La usi continuamente, la cerchi, ma non fai che disprezzarla, parlare di tagliar corto. Non è la merda che ti ha preso per il collo. Eludi il problema quando ragioni in questi termini. Non fai che parlare di procurarti la roba e di piantarla. Ubriacati e calma i nervi.
Ci sono medici, pittori, avvocati che si drogano e se la passano bene. Il popolo americano è alcolizzato, il che è assai peggio. Un alcolizzato non è più buono a niente. Devi alzare il sedere da quella panca e piantarla di bere la loro propaganda., Tom. E’ troppo se la bevono anche i tossicomani. Ti dicono che è la droga e quasi tutti questi ignoranti di bastardi ci credono anche loro. E’ una bella e tangibile spiegazione della delinquenza giovanile. E non coinvolge la maggioranza, che è alcolizzata. Hanno a disposizione una banda di macilenti bastardi da processare come corruttori dei loro figli. Dà qualcosa da fare alla polizia e siccome i tossicomani e i fumatori di marijuana sono relativamente facili da prendere perché devono correre tanti rischi per procurarsi la droga, un’eroica polizia può fare arresti spettacolari, gli avvocati possono fare buoni affari, i giudici possono fare discorsi, i grossi trafficanti possono mettere insieme una fortuna, i giornali scandalistici possono vendere milioni di copie. L’onesto cittadini può tornare a sedersi con la coscienza tranquilla a guardare il male che riceve la giusta punizione. Ecco il mondo della droga, amico. Tu ne caverai qualcosa tranne il drogato. Se è fortunato può strisciare fino all’angolo a prendere una cartina. Ma non è stata la droga che l’ha fatto strisciare. Questo devi gridarlo dai tetti!
“Di nuovo solo. Potrei dire amen ma non voglio o non posso. Il mio sistema non è quello dei Sansara, agitare fragili artigli per il pane e sputare sulle donne. Io devo camminare in luoghi affollati, fino ad essere assassinato dal mio disprezzo. Sono di nuovo solo e lo scrivo per darmi un’àncora contro i miei venti sediziosi..”
Chi parla, non sa; chi sa, non parla.
Il libro di Caino, Alex Trocchi
Il libro di Caino, Alex Trocchi

28/12/15
I Wanna Be Sedated: Ramones.gif
"Mettimi su una sedia a rotelle,
fammi raggiungere lo show / Presto, presto, presto, prima che divento
pazzo / non posso controllare la mia dita, non posso controllare le mie
dita dei piedi."
"I Wanna Be Sedated" è un brano breve, semplice, orecchiabile. Sempre prevedibili ma simpatici e irresistibili, spesso grotteschi e assurdi, "I Wanna Be Sedated" è suonato e cantato con tale brio e gioioso abbandono - completo di battiti di mani - che la sedazione è poco probabile..
"I Wanna Be Sedated" è un brano breve, semplice, orecchiabile. Sempre prevedibili ma simpatici e irresistibili, spesso grotteschi e assurdi, "I Wanna Be Sedated" è suonato e cantato con tale brio e gioioso abbandono - completo di battiti di mani - che la sedazione è poco probabile..
26/12/15
Si festeggia in Israele
Estremisti ebrei ballano, cantano e celebrano la morte del bimbo palestinese bruciato vivo in Cisgiordania nel luglio scorso. Le immagini, registrate una decina di giorni fa e pubblicate dal sito del quotidiano Haaretz, mostrano il gruppo di ebrei ortodossi: alcuni danzano con pistole e coltelli, uno, con il volto coperto, ha una bomba molotov in mano, un altro pugnala la foto di Ali Dawabsheh. L'immagine poi passa di mano in mano finchè non viene distrutta.
Il piccolo, 18 mesi appena, morì nella casa paterna incendiata da ignoti ultra" ebrei, nel villaggio di Duma, in Cisgiordania. Il padre Saed, era deceduto l'8 agosto nell'ospedale israeliano di Soroka. Poco dopo, anche Reham Dewabsheh (27 anni), madre del bimbo e moglie di Saed, bruciati vivi dai coloni, muore per le ferite riportate. A rimanere gravemente ustionato era stato anche un altro figlio, di 4 anni.
Il piccolo, 18 mesi appena, morì nella casa paterna incendiata da ignoti ultra" ebrei, nel villaggio di Duma, in Cisgiordania. Il padre Saed, era deceduto l'8 agosto nell'ospedale israeliano di Soroka. Poco dopo, anche Reham Dewabsheh (27 anni), madre del bimbo e moglie di Saed, bruciati vivi dai coloni, muore per le ferite riportate. A rimanere gravemente ustionato era stato anche un altro figlio, di 4 anni.
25/12/15
Una gigantesca collezione di cassette in download
Mix Tape Culture
"La cassetta, servitrice dell'umanità.. Bastavano pochi soldi per farla lavorare, e droghe,
troppo denaro, storie d'amore maledette, notti brave, fan invadenti e
pedinatori, critici stronzi - nessuno degli inconvenienti della vita di
una rockstar ha invaso lo spazio della cassetta..
"Non è stata la Cultura più elegante del pianeta. Si trattava di arte
povera - un lungo e variegato testamento dell’etica della vita di strada
tipica del modello fai-da-te della scena punk"....
30 Gigabytes di rarità dagi anni '80 e '90
Se siete alla ricerca di un buon modo per trascorrere un pò di tempo in questi giorni di festa, Archive.org porta alla luce un'enorme quantità di musica, eccezionalmente riversata su.. nastri. Una gigantesca collezione di cassette, quindi, che vanno dalla metà degli anni '80 fino a quella degli anni '90, tempi in cui le cassette erano il metodo standard per la condivisione di musica, piuttosto che oggetti da collezione.
Le note di Archive. org ci dicono che la collezione, di circa 30GB, è stata salvata dagli archivi della noise-arch.net e donata da ex conduttore radiofonico della CKLN-FM Myke Dyer nel mese di agosto del 2009. A causa delle sue dimensioni e della scarsa conoscenza del materiale, la collezione non è stata correttamente catalogata, ma si parla di sperimentazione, industrial, avant-garde, indie, rock, punk, e "materiale ipnotico".
23/12/15
On the Road e i migliori 100 Incipit per American Book Review
Nella terminologia canonica, la
voce incipit definisce la parola o la frase iniziale di un qualsiasi
libro, componimento, ma l’uso che ne viene fatto nell’attuale critica
letteraria moderna è più esteso. Non solo dunque la prima parola o la
prima frase ma l’intera tranche d’avvio che può essere di lunghezza
diversa”.
Ma cos’è che rende un incipit indimenticabile? La sua lapidarietà? La capacità di raccontare/anticipare un intero mondo nel primo paragrafo? L’espressione di una verità universale? Io ne ricordo pochissimi a memoria, forse soltanto uno nella sua interezza, perché l’ho sempre trovato bruciante, molto malinconico, e totalmente nelle mie corde: quello che contiene riguarda personalmente, similitudini.. Non solo la prima frase, ma l’intera prima pagina, ha il pregio di riassumere lo spirito del libro.
Ma cos’è che rende un incipit indimenticabile? La sua lapidarietà? La capacità di raccontare/anticipare un intero mondo nel primo paragrafo? L’espressione di una verità universale? Io ne ricordo pochissimi a memoria, forse soltanto uno nella sua interezza, perché l’ho sempre trovato bruciante, molto malinconico, e totalmente nelle mie corde: quello che contiene riguarda personalmente, similitudini.. Non solo la prima frase, ma l’intera prima pagina, ha il pregio di riassumere lo spirito del libro.
(in medias res)
ON THE ROAD
<<La prima Volta che incontrai Dean fu poco tempo dopo che mia moglie e io ci separammo. Avevo appena superato una seria malattia della quale non mi prendero labriga di parlare, sennonché ehbe qualcosa a che fare con la triste e penosa rottura e con la sensazione da parte mia che tutto fosse morto. Con l’arrivo di Dean Moriarty ebbe inizio quella parte della mia vita che si potrebbe chiamare la mia vita lungo la strada. Prima di allora avevo spesso sognato di andare nel West per vedere il continente, sempre facendo piani vaghi e senza mai partire. Dean è il tipo perfetto per un viaggio perché nacque letteralmente per la strada, quando i suoi genitori passarono da Salt Lake City, nel 1926, in un vecchio macinino, diretti a Los Angeles. Le prime notizie su di lui mi furono date da Chad King, che mi aveva fatto vedere alcune sue lettere scritte in un riformatorio del New Mexico.
M’interessai enormemente a quelle lettere perché chiedevano a Chad in modo cosi ingenuo e dolce di insegnarli ogni cosa su Nietzsche e tutti i meravigliosi argomenti intellettuali che Chad conosceva. A un certo punto Carlo e io parlammo delle lettere e ci chiedemmo se avremmo mai conosciuto quello strano Dean Moriarty. Tutto cio accadeva molto tempo fa, quando Dean non era quello che è oggi, ma solo un giovane carcerato avvolto di mistero. Poi arrivò la notizia che Dean era uscito dal riformatorio e stava Venendo a New York per la prima volta; si diceva anche che avesse appena sposato una ragazza di nome Marylou.>> (....)
ON THE ROAD, (SULLA STRADA), Jack Kerouac
ON THE ROAD
<<La prima Volta che incontrai Dean fu poco tempo dopo che mia moglie e io ci separammo. Avevo appena superato una seria malattia della quale non mi prendero labriga di parlare, sennonché ehbe qualcosa a che fare con la triste e penosa rottura e con la sensazione da parte mia che tutto fosse morto. Con l’arrivo di Dean Moriarty ebbe inizio quella parte della mia vita che si potrebbe chiamare la mia vita lungo la strada. Prima di allora avevo spesso sognato di andare nel West per vedere il continente, sempre facendo piani vaghi e senza mai partire. Dean è il tipo perfetto per un viaggio perché nacque letteralmente per la strada, quando i suoi genitori passarono da Salt Lake City, nel 1926, in un vecchio macinino, diretti a Los Angeles. Le prime notizie su di lui mi furono date da Chad King, che mi aveva fatto vedere alcune sue lettere scritte in un riformatorio del New Mexico.
M’interessai enormemente a quelle lettere perché chiedevano a Chad in modo cosi ingenuo e dolce di insegnarli ogni cosa su Nietzsche e tutti i meravigliosi argomenti intellettuali che Chad conosceva. A un certo punto Carlo e io parlammo delle lettere e ci chiedemmo se avremmo mai conosciuto quello strano Dean Moriarty. Tutto cio accadeva molto tempo fa, quando Dean non era quello che è oggi, ma solo un giovane carcerato avvolto di mistero. Poi arrivò la notizia che Dean era uscito dal riformatorio e stava Venendo a New York per la prima volta; si diceva anche che avesse appena sposato una ragazza di nome Marylou.>> (....)
ON THE ROAD, (SULLA STRADA), Jack Kerouac
Quì i 100 migliori Incipit per l'American Book Review, con lo sguardo rivolto particolarmente a romanzi in lingua inglese.
22/12/15
We Have Explosive: Future Sound of London
Quando Garry Cobain e Brian
Dougans hanno adottato il nome Future Sound Of London (FSOL) nel 1992,
molti della comunità danzante locale l'hanno considerata una scelta
impertinente. Eppure, come il ciclo infinito del tempo dei giroscopi,
l'apertura mentale incarnato dal loro primo lavoro è stato adottato come
standard in molte delle nuove correnti dell'a musica elettronica, da
Detroit a Ibiza. Troppo olistici e curiosi, e con un orizzonte troppo
ampio per essere solo londinesi, Cobain e Dougan hanno
abbracciato nuovi e selvatici ibridi sonori, trasformando tutto in una
nuova fase di dinamismo organico e digitale. Comunque troppo eclettici
anche per essere ingabbiati nella definizione di un solo stile
musicale.Tralasciando la presunzione, il nome è stato preso in prestito
dalla leggenda techno Derrick May, e dal suo progetto Future Sound Of
Detroit , quando avevano già sulle spalle un periodo di apprendistato
con la musica da ballo, Cobain studente di elettronica e Dougans
nascente tecnico del suono. L'Università di Manchester il luogo dei
primi incontri e sperimentazioni.
Reciprocamente affascinati dalle possibilità offerte della nuova tecnologia, con affetto per gente come Cabaret Voltaire e A Certain Ratio, hanno subito iniziato a collaborare in uno studio da loro creato, spaziando in dall' elettronica, all' ambient, alla house music, dal drum and bass al trip hop. Enigmatici e riservati, tanto da rilasciare raramente interviste, hanno pubblicato materiale sotto il nome di Amorphous Androgynous, e una enorme quantità di remix, frutto di collaborazioni con tantissimi musicisti, oltre che a colonne sonore e jingle radiofonici.
Reciprocamente affascinati dalle possibilità offerte della nuova tecnologia, con affetto per gente come Cabaret Voltaire e A Certain Ratio, hanno subito iniziato a collaborare in uno studio da loro creato, spaziando in dall' elettronica, all' ambient, alla house music, dal drum and bass al trip hop. Enigmatici e riservati, tanto da rilasciare raramente interviste, hanno pubblicato materiale sotto il nome di Amorphous Androgynous, e una enorme quantità di remix, frutto di collaborazioni con tantissimi musicisti, oltre che a colonne sonore e jingle radiofonici.
FSOL: Lifeforms (2cd Zip)
19/12/15
Pornography Tour 1982, i Cure e tutta l'essenza del Dark
Abbiamo già scritto che Pornography è l'album dei Cure che preferiamo. In seguito, con un parere quasi unanime, è emerso che il tour di presentazione di quel meraviglioso disco è stato il migliore che la band abbia mai portato in giro per il mondo, nonostante le meraviglie tecniche e scenografiche delle esibizioni successive che si sono avvalse anche dell'apporto di musicisti di grande valore, come Gabriel Reevees alla chitarra, fino ad oggi l'ultimo grande chitarrista di Bowie,
Questo è un live di 30 minuti, set registrato per il programma L'Echo des Bananes alla televisione francese nel 1982, in uno studio di registrazione a Parigi senza pubblico. Noi li abbiamo visti, cinque elementi e un grande spettacolo di luci e proiezioni sorprendenti. Ma qui il gruppo è quello degli esordi, tre elementi a propulsione nucleare senza nessuno dei fronzoli degli spettacoli a venire, per offrire le emozioni di quel grandissimo album che è Pornography.
Ascoltando l'album a distanza di una trentina d'anni dopo, è ancora una delle esperienze di ascolto più brutali e crude che si possono avere. Non sono, e non siamo proprio dei fanatici dei Cure, ma questo album è capolavoro assoluto, una sintesi forse di tutto il movimento dark e del post punk dei primi anni '80.
Leggenda vuole che la band fosse in quel periodo completamente immersa nell'LSD (e nell'alcol) e che questo abbia pesato moltissimo durante le registrazioni.
E che aver contribuito all'intensità di quel tour del 1982, di cui si hanno pochissime immagini e filmati, sia stato l'odio abbastanza intenso che si era sviluppato tra Robert Smith e bassista Simon Gallup, che prontamente uscì dalla band dopo il completamento del tour. In realtà, l'allora batterista Lol Tolhurst scoprì che i suoi due partner avevano entrambi deciso di tornare in Inghilterra a seguito di una scazzottata nel backstage dopo un concerto a Strasburgo: il papà di Smith lo rimproverò di tornare in tour perché.. <<la gente ha comprato i biglietti!..>>.
Due settimane più tardi, dopo un concerto finale a Bruxelles, i tre ragazzi immaginari non erano più.
Setlist:
Questo è un live di 30 minuti, set registrato per il programma L'Echo des Bananes alla televisione francese nel 1982, in uno studio di registrazione a Parigi senza pubblico. Noi li abbiamo visti, cinque elementi e un grande spettacolo di luci e proiezioni sorprendenti. Ma qui il gruppo è quello degli esordi, tre elementi a propulsione nucleare senza nessuno dei fronzoli degli spettacoli a venire, per offrire le emozioni di quel grandissimo album che è Pornography.
Ascoltando l'album a distanza di una trentina d'anni dopo, è ancora una delle esperienze di ascolto più brutali e crude che si possono avere. Non sono, e non siamo proprio dei fanatici dei Cure, ma questo album è capolavoro assoluto, una sintesi forse di tutto il movimento dark e del post punk dei primi anni '80.
Leggenda vuole che la band fosse in quel periodo completamente immersa nell'LSD (e nell'alcol) e che questo abbia pesato moltissimo durante le registrazioni.
E che aver contribuito all'intensità di quel tour del 1982, di cui si hanno pochissime immagini e filmati, sia stato l'odio abbastanza intenso che si era sviluppato tra Robert Smith e bassista Simon Gallup, che prontamente uscì dalla band dopo il completamento del tour. In realtà, l'allora batterista Lol Tolhurst scoprì che i suoi due partner avevano entrambi deciso di tornare in Inghilterra a seguito di una scazzottata nel backstage dopo un concerto a Strasburgo: il papà di Smith lo rimproverò di tornare in tour perché.. <<la gente ha comprato i biglietti!..>>.
Due settimane più tardi, dopo un concerto finale a Bruxelles, i tre ragazzi immaginari non erano più.
Setlist:
"Cold"
"Hanging Garden"
"One Hundred Years",
"A Forest"
"The Figurehead"
"Play for Today"
Il Sound System Giamaicano al Tabernacolo di Londra e piccola guida al Dub
Potenti banche di casse acustiche....
Quindi il Dub ...
Un’altra interessante esposizione, (dopo quella, bellissima, sui Jam..) che dopo aver toccato Bristol e Birmingham, arriva a Londra in questi giorni. Da gennaio sarà possibile visitare l’esposizione che illustra lo sviluppo del Sound System giamaicano nel Regno Unito, e in particolare nella capitale. Potremo farci un idea di come la musica proveniente da questa piccola isola ha trovato una seconda dimora in Inghilterra a partire dai lontani anni ’50. Il patrimonio reggae viene rivisitato da una montagna di foto e filmati di repertorio, ma non solo: la mostra sarà la sede di un Sound System interattivo, in stile vintage, realizzato prettamente per questo interessantissimo progetto musicale e culturale, che si svolgerà al Tabernacolo di Londra, W11 2AY, Notting Hill, dal 05 al 17 Gennaio. L'ingresso è libero da Lunedi a Domenica, 09:00-06:00, e l'installazione sonora può essere ascoltata dalle 2 alle 4 pm. L’evento si concluderà con un evento live, il 30 gennaio, con il legendario Sir Coxsone Outernational, a sud di Londra, all’Ibex Venue a Stockwell, con la partecipazione di un'altra leggenda del reggae / dub, il musicista e produttore Dennis Bovell, già con Linton Kwesi Johnson e la dennis Bowell Band.
Per essere una piccola isola caraibica, la Giamaica ha avuto un'influenza straordinaria sulla musica mondiale. La suprema invenzione - il reggae - emerse dopo che il paese ottenne l'indipendenza dalla Gran Bretagna nel 1962, e le band iniziarono a suonare un calderone di jazz, swing, pop e rock'n'roll per i tanti turisti statunitensi che affollavano gli hotel e i resort del paese, dando a questo miscuglio di generi un tocco locale eccentrico - in particolare sequenze di chitarra ritmica off-beat e voci ricche di patos. All’epoca l’elettricità era un bene di lusso nelle case giamaicane, così i 45 giri iniziarono ad essere suonati all’aperto con enormi sistemi audio, i Sound System. Iniziarono così anche le forti rivalità tra i dj che si esibivano davanti a folle enormi che si scatenavano in balli e canti.
Arrivò lo ska, quando le onde delle radio rhythm'm blues del sud degli USA iniziarono a sentirsi bene in Giamaica fin verso il 1959, anno in cui venne in mente ad un certo signore, Lauren Aitken, di smetterla di copiare gli artisti americani che venivano fuori da radio Winz, la stazione più ascoltata in Giamaica, e cercare di personalizzare in qualche modo quel suono troppo americano per gli artisti delle isole caraibiche. Il basso cominciò ad acquistare sempre maggior risalto, sezioni fiatistiche che imperversano duramente sui pezzi, con Prince Buster e The Skatalites, musica contraddistinta da un ritmo saltellante che cambiando schemi e ritmi diventerà Rock Steady verso il '1967/68 e si evolverà in reggae alla fine dei '60, inizio 70, che si frantumò in miriadi di forme diverse e sotto-generi. A partire dal 1969 il reggae diventò molto popolare nel Regno Unito - dove migliaia di immigrati caraibici occidentali si erano stabiliti negli anni del dopoguerra: Desmond Dekker & The Aces arrivarono al numero 1 in classifica con lo skinhead-friendly Israelites. Quattro anni più tardi, Bob Marley diventò la prima star internazionale del reggae, catturando il pubblico rock con l’impareggiabile Catch of Fire insieme al suo gruppo, i Wailers.
Nel corso degli ultimi 60 anni, la musica popolare giamaicana raramente si è fermata, prosperando su innovazioni di una manciata di professionisti che continuamente elaborano nuovi suoni, spingendo la musica in nuove direzioni. Abbiamo già detto che la Giamaica ha esercitato un'influenza sproporzionata sulla produzione musicale in tutto il mondo. E negli ultimi tempi, il dub ha dimostrato di essere il sottogenere del reggae più influente di tutti. I valori e le tecniche di dub sono più che mai presenti nella musica che consumiamo ogni giorno: techno, dubstep, ambient, jungle, garage, dance elettronica, punk. Questi e numerosi altri generi forse non sarebbero arrivati al centro della cultura giovanile, l’esempio più eclatante riguarda il rap: tramutatosi poi nell’hipn hop, senza l'invenzione del dub, introdotto da un cenacolo d'elite di ingegneri del suono e produttori discografici giamaicani, non sarebbe mai diventato quella forma di cultura popolare che è oggi. Eppure, per molti, il dub appare un genere impenetrabile. L'uomo più facilmente identificato come 'inventore dub' non è altro che King Tubby, altrimenti noto come Osbourne Ruddock, tecnico del suono e proprietario di un minuscolo monolocale nel ghetto Waterhouse di Kingston occidentale, luogo chiave nella creazione del dub. La costante propensione all’ innovazione è il tratto distintivo del suono e ciò che ha reso Tubby così unico. "King Tubby di è stato sicuramente il più grande musicista mai venuto fuori della Giamaica.
Quindi il Dub ...
E' la seconda grande invenzione dei musicisti jamaicani.
Nato per necessità in quanto, non avendo mezzi per finaziare il lato B dei 45
giri i musicisti usavano la stessa base del lato A stravolgendola con echi e
dilatazioni ritmiche. Ora è una vera e propria corrente. le canzoni possono essere
manipolate a piacimento con grande soddisfazione di musicisti e pubblico che ama
moltissimo questo stile per ballare. Con l'evoluzione dell'elettronica e dei
computer e l'interessamento di molti musicisti bianchi, nel tempo il Dub è
divenuto più accessibile all'orecchio occidentale.
12/12/15
Anna Mae Aquash, Wounded Knee e l'American Indian Movement
La terra di Roger Amiotte si estende sull'angolo nord-orientale di quella riserva (tre milioni di acri in tutto) in un punto in cui colline ondulate ed erbose lasciano il posto ad alture sabbiose e alle terrazze semi aride delle Badlands del Sud Dakota. A un’ora d'auto verso sud-ovest c’è il villaggio di Wounded Knee, costruito accanto al luogo in cui, nel 1890, centinaia di seguaci Sioux del capo Piede Grosso furono massacrati dall'esercito degli Stati Uniti. A un'ora di strada in direzione nord-est vi è la capitale dello stato, Pierre. A due ore verso nord-ovest ci sono Rapid City e il monte Rushmore, nelle Black Hills (Colline Nere), territorio sacro ai nativi da tempo immemorabile. La Highway 73 corre verso nord sul confine orientale della riserva. In fondo ad un lungo pendio vi è una banchina larga quanto basta per parcheggiare un’automobile. Poco dopo le 14.00 del 24 febbraio 1976 Roger stava avanzando lungo il letto di un torrente in secca il cui corso è parallelo alla strada, improvvisamente vide un corpo umano raggomitolato alla base del dirupo. Non si avvicinò, tornò subito a casa e comunicò la spiacevole scoperta all'ufficiale di polizia del villaggio di Pine Ridge. Nel giro di due ore almeno dieci pubblici ufficiali, alcuni del F.B.I. erano presenti sul luogo per esaminare il corpo.
A poco più di una settimana dalla scoperta, bollettini radio e della televisione annunciarono che l’F.B.I. aveva identificato il corpo per mezzo delle impronte digitali: si trattava di Anna Mae Aquash, appartenente alla tribù Micmac della Nuova Scozia (Canada), nota attivista dell'American Indian Movement, oltre ad essere intima amica dei leader dell'AIM Dennis Banks e Leonard Peltier. Veterana dell'occupazione di Wounded Knee avvenuta nel 1973 e di molte delle successive azioni dell'AIM. Dal 25 novembre 1975 era ricercata dall'F.B.I. La riserva di Pine Ridge era percorsa da violenti scontri politici sin dal '73, molti leader locali dell'AIM erano stati terrorizzati e in diversi casi uccisi. La notizia rimbalzò come le onde di un elettroshock per tutta la riserva: che un’organizzatrice nazionale dell'AIM, la quale non risiedeva nella riserva, venisse trovata morta di congelamento ai margini di una strada isolata della riserva era più che inusuale, era bizzarro. Anna non beveva alcolici, non si drogava, non camminava o viaggiava mai da sola nella riserva, e mai si sarebbe messa a fare l'autostop. La sepoltura frettolosa gratuita, le ambigue versioni della polizia, i molti ostacoli incontrati dagli amici di Anna Mae nei loro sforzi per scoprire cosa fosse veramente accaduto, sollevarono un vespaio di voci che affermavano che l'attivista era stata uccisa. La seconda autopsia, l'11 marzo, si tenne a Washington e, oltre a strane mutilazioni, tra cui quelle di entrambi le mani, condusse all'inevitabile conclusione: Anna Mae Aquash era stata assassinata con un proiettile sparato alla nuca.
"E' estremamente eloquente, quindi estremamente pericoloso". John Trudell
«Dobbiamo abituarci a pensare in termini di comprensione e amore — affermò nel suo discorso -. Invece siamo caduti nella rete dell’odio contro l’uomo bianco. Per quello che ci ha fatto. E quest’odio affiora spesso. Ma è necessario che cominciamo a capire i sistemi del colonialismo. I sistemi usati dai bianchi per sfruttarci e tenerci sotto il loro potere. Il nostro nemico non sono gli Stati uniti. Il nostro nemico non è il singolo uomo bianco. Il nostro nemico è l’uomo bianco nella sua collettività sociale. Ci vendono i fucili e ci guadagnano sopra. Ci hanno ridotto al punto di poter profittare delle nostre paure e delle nostre emozioni. E pensano ancora di poterci insegnare qualcosa con i loro manganelli, i loro fucili e le loro bibbie. Ma se studiate la loro strategia generale vedrete che essi approfittano della nostra militanza e del nostro spirito per cercare di separarci e isolarci dal resto della nostra gente.. A me pare che quando succede un fatto come Wounded Knee gli uomini bianchi che sono dalla nostra parte dovrebbero prendere loro stessi il fucile e battersi contro gli altri bianchi».
"E 'estremamente eloquente, quindi estremamente pericoloso" .
Con queste parole si apriva il fascicolo di circa 17.000 pagine stilato dall'FBI americano, uno dei più lunghi della sua storia, su John Trudell, attivista, artista, attore e poeta, una vita dedicata alla lotta per il riconoscimento dei diritti dei nativi americani.
"Tutto quello che ho fatto è stato parlare, e mi hanno represso duramente solo per questo." Dichiarazioni tratte da Incidente a Oglala, documentario in cui viene narrato un momento cruciale della sua vita: la morte di sua moglie Tina, i loro figli Ricarda Star, Sunshine Karma, Eli Changing Sun, la madre di Tina Leah Hicks-Manning, in un incendio sospetto della casa dei genitori nel febbraio 1979, nella Duck Valley Reservation, in Nevada. Non è stato possibile dimostrare la dolosità dell'incendio, nonostante l'indagine parallela avviata dalla famiglia Trudell mediante investigazione privata, che aveva dato per non veritiera ed impossibile la versione ufficiale delle autorità. Trudell aveva molti nemici in quel territorio, a causa delle sue lotte contro le speculazioni che avvenivano proprio nei confronti della terra della riserva, e non è difficile immaginare che questa storia sia una delle tante e impunite infamie perpretate dal governo federale americano contro le minoranze e le opposizioni del paese.
Nel 1969, studenti e organizzatori dei nativi americani, tra i quali Trudell, occuparono l'isola di Alcatraz, dal 20 Novembre 1969 all' 11 giugno 1970, occupazione che diventò un incubatore per il nascente movimento per i diritti dei nativi americani, l'American Indian Movement (AIM) a Minneapolis, di cui Trudell fu portavoce dal 1973 al 1979.
Nel 1982 iniziò a registrare le sue poesie in musica, particolarmente in quella tradizionale dei nativi. Jackson Browne è stato suo amico e collaboratore, insieme ad altri artisti e musicisti come Kris Kristofferson, Bonnie Raitt, Indigo Girls, John Fogerty, Willie Nelson, e Bob Dylan. A.K.A. Graffiti Man, registrato con il leggendario chitarrista Kiowa Jesse Ed Davis (morto poi per eroina) nel 1986, fu acclamato come miglior album dell'anno da Bob Dylan.
John Trudell ebbe anche una rilevanza nel processo per la morte di Anna Mae "Pictou" Aquash, in cui testimoniò contro due attivisti del AIM, provocando non poche polemiche all'interno del movimento. Proprio quì su INTERZONE, avevamo raccontato la storia di Anna Mae in un lungo post, che ripubblichiamo oggi, anche in memoria di John Trudell, scomparso a 69 anni l'8 dicembre scorso.
"E 'estremamente eloquente, quindi estremamente pericoloso" .
Con queste parole si apriva il fascicolo di circa 17.000 pagine stilato dall'FBI americano, uno dei più lunghi della sua storia, su John Trudell, attivista, artista, attore e poeta, una vita dedicata alla lotta per il riconoscimento dei diritti dei nativi americani.
"Tutto quello che ho fatto è stato parlare, e mi hanno represso duramente solo per questo." Dichiarazioni tratte da Incidente a Oglala, documentario in cui viene narrato un momento cruciale della sua vita: la morte di sua moglie Tina, i loro figli Ricarda Star, Sunshine Karma, Eli Changing Sun, la madre di Tina Leah Hicks-Manning, in un incendio sospetto della casa dei genitori nel febbraio 1979, nella Duck Valley Reservation, in Nevada. Non è stato possibile dimostrare la dolosità dell'incendio, nonostante l'indagine parallela avviata dalla famiglia Trudell mediante investigazione privata, che aveva dato per non veritiera ed impossibile la versione ufficiale delle autorità. Trudell aveva molti nemici in quel territorio, a causa delle sue lotte contro le speculazioni che avvenivano proprio nei confronti della terra della riserva, e non è difficile immaginare che questa storia sia una delle tante e impunite infamie perpretate dal governo federale americano contro le minoranze e le opposizioni del paese.
Nel 1969, studenti e organizzatori dei nativi americani, tra i quali Trudell, occuparono l'isola di Alcatraz, dal 20 Novembre 1969 all' 11 giugno 1970, occupazione che diventò un incubatore per il nascente movimento per i diritti dei nativi americani, l'American Indian Movement (AIM) a Minneapolis, di cui Trudell fu portavoce dal 1973 al 1979.
Nel 1982 iniziò a registrare le sue poesie in musica, particolarmente in quella tradizionale dei nativi. Jackson Browne è stato suo amico e collaboratore, insieme ad altri artisti e musicisti come Kris Kristofferson, Bonnie Raitt, Indigo Girls, John Fogerty, Willie Nelson, e Bob Dylan. A.K.A. Graffiti Man, registrato con il leggendario chitarrista Kiowa Jesse Ed Davis (morto poi per eroina) nel 1986, fu acclamato come miglior album dell'anno da Bob Dylan.
John Trudell ebbe anche una rilevanza nel processo per la morte di Anna Mae "Pictou" Aquash, in cui testimoniò contro due attivisti del AIM, provocando non poche polemiche all'interno del movimento. Proprio quì su INTERZONE, avevamo raccontato la storia di Anna Mae in un lungo post, che ripubblichiamo oggi, anche in memoria di John Trudell, scomparso a 69 anni l'8 dicembre scorso.
09/12/15
Goodnight Mommy: che cosa è successo a mamma?
Goodnight Mommy è un film horror trafiggente, scritto e diretto dagli esordienti Veronika Franz e Severin Fiala, austriaci, spettacolarmente inquietante, che evoca un senso costante di terrore e angoscia, presagi infausti nei giochi innocenti e nei pasti condivisi dei suoi giovani protagonisti, i gemelli Lukas e Elias. 10 anni d’età all'incirca, trascorrono le vacanze estive in una moderna, elegante e isolata casa (decorata con un mix eclettico di d'arte contemporanea, stampe fotografiche sfocate e macabre bambole antiche..) con la mamma, una speaker televisiva reduce da un intervento di chirurgia estetica al viso. Passano il tempo giocando a nascondino e a rincorrersi nei campi di grano lussureggianti, a ridosso dei boschi che nascondono la casa, le giornate sono belle e soleggiate ma la tensione snervante sovrasta il film dall’inizio come una nuvola nera. La pellicola ha un impressionante estetica visiva, girato in un 35 millimetri brillante. La fotocamera ci fa ipotizzare quello che potrebbe succedere off-screen, mentre è gestita come se a girare fosse un guardone. La madre dei ragazzi (Susanne Wuest) indossa una maschera di garza sostenuta da nastro adesivo, sotto si intravede quel poco di volto bianco latte che apparentemente è stato ricostruito chirurgicamente dopo aver subito un infortunio o una malattia. I suggerimenti che ci da il film con i dialoghi sono forse falsi e certamente in conflitto. Ciò che è chiaro è il rapporto travagliato che questo genitore solitario ha con i figli. Le sue conversazioni con i ragazzi sentono di pesante controllo, anche manipolativo. Uno dei ragazzi sembra essere uscito dal suo favore, e la coppia si sussurra il loro disagio, che diventa man mano sempre più opprimente. Questi "occhi senza volto" sembrano nascondere qualcosa, i ragazzi iniziano a sospettare che quella non sia la loro mamma ma una donna vista in una foto che le ritraggono insieme e che indossa gli stessi vestiti e le assomiglia in modo quasi identico. Altri particolari, il suo agire strano, come punirli per piccole marachelle, imporre il silenzio assoluto in casa per permetterle di ottenere il riposo medico consigliato, il freezer stracolmo di surgelati, una sua uscita notturna nei boschi, sollevano i loro sospetti a tal punto che la loro stranezza si aggrava, alimentano e aggiungendo all'esplorazione della storia crudeltà intrinseche. Tutto il film ci tiene col fiato sospeso, con la bocca senza sorriso e gli occhi iniettati di sangue della mamma e le sue conversazioni telefoniche spezzate, la sua impazienza inspiegabile con uno dei ragazzi, che hanno intenzione di ottenere risposte: se la tensione in altri film horror viene da un desiderio frustrato dei protagonisti di chiamare la polizia, scappare, o semplicemente uscire da una situazione terrificante, in Goodnight Mommy è proprio nel nostro non sapere di chi fidarsi che la fa salire, e nella comprensione limitata della realtà e di quello che sta succedendo intorno a Elias e Lukas, realtà ridotta e filtrata solo attraverso questa coppia di gemelli di incredibile bravura cinematografica. Ci vorrà tutto il tempo del film per capire quello che sta succedendo, e il finale rivaluterà tutto quanto accaduto prima. Questo film è una pazza avventura malsana attraverso le menti dei suoi tre personaggi e la casa in cui abitano. Inoltre, vi è il sottotesto della chirurgia estetica, intesa come forza mutante ed è quì una metafora della violenza. Sarà curioso vedere se Hollywood, nell'inevitabile remake che ci sarà, vista la scarsità di sceneggiature originali che si protrae ormai da anni, avrà il coraggio di toccare quei nervi.
Le cose non sempre vengono dal buio per farci paura…
Le cose non sempre vengono dal buio per farci paura…
Da non perdere.
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