06/10/15

E non sapevano nulla della rivoluzione compiuta da Little Richard e Bob Dylan: Valerio Morucci - A guerra Finita


Non è che gli italiani non ne vogliano sapere di mettersi alle spalle gli anni di piombo, infatti non amano parlarne, e quando lo fanno, come nel caso Battisti, lo fanno a vanvera: ad esempio, "inaccettabili e fuori luogo" le proposte di boicottare i prodotti brasiliani, il turismo e di non mandare gli atleti a concorrere ai mondiali militari, che si sono fatte strada all'interno della politica italiana (e non solo) nei momenti più caldi della polemica. Ci sono cose che la cultura e la politica italiana non hanno saputo far capire all'interno del nostro Paese, e forse neanche siamo riusciti a far comprendere anche a Paesi amici vicini e lontani che cosa hanno significato quegli anni. Soprattutto, non sanno o non vogliono chiedersi, al riguardo, il perché un numero non trascurabile di giovani decise, all’epoca, di tentare la strada della lotta armata. La nostra opinione è legata alle strategie di tensione e di provocazione che settori dello Stato misero in campo a partire dalla strage di piazza Fontana del 12 dicembre 1969. Strage che le ricostruzioni storiche più attendibili attribuiscono a settori dei servizi segreti, con complicità o addirittura direttive internazionali e manovalanza fascista. Su queste trame non è stata mai fatta la necessaria giustizia, punendo esecutori, mandanti e strateghi ad alto livello. Ci furono poi le stragi successive, come quella di Brescia, di Bologna, l’attentato alla questura di Milano, e tanti altri episodi ancora. Condanniamo senza indugi la scelta della reazione armata, ma bisogna prendere atto del fatto che tutti coloro che furono responsabili di questa scelta hanno da molto tempo riconosciuto che si tratta ormai di un’esperienza finita, rispetto alla quale molti di essi si rapportano in modo autocritico. Quasi tutti hanno pagato il loro debito con la giustizia e quindi, ci sono tutte le premesse, per chiudere definitivamente una pagina triste della storia nazionale...


... e poi.. Master of War, It's a hard rain's gonna fall..
Si conoscevano da sempre, da quando tutto ebbe inizio: l'assalto al cielo del febbraio '68, poi a marzo, lo shock e insieme all’acre sapore del primo scontro: Valle Giulia..
Stesse esperienze, stessa formazione. Carlo era finito poi in Prima Linea, mentre Enrico, forse perché' aveva anticipato un po' le proprie scelte, era entrato nelle Br (...)


"Enrico carissimo, anch’io in questi anni mi sono posta molti interrogativi su di te, e sulla storia di molti altri e non sempre ho trovato le risposte. Conosco parte del tuo ragionare da quello che ho letto in questi anni, ma mi manca il lato più personale delle tue scelte. Spesso abbiamo discusso con rabbia. Da una parte emergeva l’estraneità verso gesti folli, dall'altra le distinzioni, l'affetto, l'amicizia, i ricordi personali e umani per ogni singolo volto da tempo scomparso.."

Dopo anni, e con qualche reticenza, si levavano da più parti altre voci critiche sulla lotta armata. Molti che ne erano stati protagonisti cercavano ormai spiegazioni, analisi convincenti. "Cara Francesca, le cose sono in continua evoluzione ed io credo che lo sforzo maggiore vada compiuto per rispondere anche alle domande, intime e imbarazzanti, che tu poni. Le domande di chi ha condiviso con noi le nostre stesse speranze ma non le stesse scelte. E oggi chiedi 'perché'?. Non il perché' ufficiale, da consegnare ai documenti, all'arida carta, ma il perché' umano, personale. Oggi ne parlavo con Carlo durante l'ora d'aria e, come al solito da un po' di tempo a questa parte, siamo finiti ai ricordi non certo 'politici'.."

"Una volta si diceva che si lottava per la Dittatura del Proletariato", lo interruppe Enrico, "per la rivoluzione, per lo stato borghese; oggi anche i più incalliti militaristi dicono che in realtà lottavano per la 'trasformazione' della società...

"...Quello che può dar fastidio, Francesca, è che in politica ogni ciclo ha la sua parola chiave. Si è scoperto nel fallimento della lotta armata che la 'rivoluzione' era una parola troppo netta, aggressiva (oltreché' inadatta a esprimere progetti di modificazione di una società complessa) e si è passati alla meno contundente 'trasformazione, fingendo che sempre di questo si fosse parlato.."

"Rimane una superficie liscia" disse Enrico "non si riesce a rendere ragione di ciò che veramente ci sentivamo dentro quando compivamo certe scelte, del perché' vero, non quello cosciente, razionalizzato, autogiustificatorio. Certo, la politica può spiegare convincentemente la parte emersa del continente lotta armata: la parte tutta ideologica che poco c'entrava con la società reale. Una lotta armata e un terrorismo piovuti dal passato; una roba da marziani, egregiamente rappresentata dalle Br. Quelle mettevano giù piatte il manuale marxista-leninista dell'avanguardia di massa che preparava pezzo su pezzo l'insurrezione operaia. Conoscevano a menadito qualche capitolo di Stato e Rivoluzione e del Che fare?.."

"..e non sapevano nulla" aggiunse Carlo ironico "della rivoluzione, fondamentale per la nostra generazione, compiuta da Little Richard e Bob Dylan".
"Già'. E non sapevano neanche nulla della violenza di cui tanto parlavano" riprese Enrico "Delle sue leggi, le sue regole. Dilettanti in confronto ai veri professionisti. Quelli sapevano, con Machiavelli, che la violenza va usata tutta e repentinamente. Poi la pace del nuovo ordine. Santo Domingo, Persia, Indonesia, Italia, Grecia, Cile, Argentina.. Ne avevano di esperienza! Un solo piano tirato al ciclostile e poi adattato dagli agenti in loco. I palazzi da occupare, chi ammazzare, chi far sparire, chi internare. Noi invece a centellinarla pezzo a pezzo. Altro che terroristi, pedagoghi. Se avessimo seguito la strada di Guy Fawkes anziché' quella di Osvaldo Peci.."

"... I confini, Francesca, non erano più netti come una volta, gli operai apparivano sempre più simili ai giovani che nel '77 avevano invaso le piazze, portandovi il disagio, la rabbia e la voglia, matura e azzardata a un tempo, di vivere una vita più ricca, anche fuori dalla sfera della produzione, del lavoro. Quelli invece stavano ancora fermi alla 'fabbrica come luogo di disciplina rivoluzionaria', alla lotta armata come scelta obbligata imposta dai 'padroni'. Roba da museo, anticaglie sopravvissute solo per l'arretratezza generale del sapere politico in questo paese.."
"Sarebbe ora" insistette Enrico "che ci guardassimo in faccia e ci dicessimo le cose come stanno, senza fare i furbi. Sarà impolitico..ma chi se ne frega. Dobbiamo darci una ragione credibile per quello che abbiamo fatto e per quello che stiamo pagando. Io non ci sto a farmi trent'anni di galera nella camicia stretta del 'rivoluzionario' e neanche, come oggi è più di moda dire, perché' volevo 'trasformare la società. Chiacchiere che se provi a dirtele davanti ad uno specchio ti viene da ridere, prima, e da piangere poi. La mia ragione di fondo, anzi, la mia passione, è stata da sempre trasgredire, rompere l'ordine, le maglie che mi tenevano stretto.."

"..Le magli che tenevano stretto non so neanche io cosa, Francesca. Dentro c'era insofferenza, rabbia, certo; lo sai. Poi tutto questo è entrato nell'impegno politico, nelle lotte del movimento; e lì tutto è diventato più indecifrabile.

"...E' grossa, forse, ma potrei dirti allora che la lotta armata può essere stata il surrogato di una mancata esperienza culturale. Se così è stato, essa ha espresso allora la parte più radicale delle tensioni, dell'insofferenza, della rabbia che era andata crescendo in tutti i nostri anni '60: i Kennedy, Luther King, Lumumba, Steinbeck e Whitman, Osborne e gli Hungry Young Men, e poi.. Master of War, It's a hard rain's gonna fall, la strage del Vajont, il sangue di Ignacio, il Canto general e l'anima lacerata di Majakovskij, La solitudine del maratoneta, King and Country (che dolore il volto martoriato di Courtney, così ingenuamente tenace e per questo così irrimediabilmente sconfitto..).
E l'intrattenibile gioia della trasgressione. Forse già venata da un inconsapevole annuncio di sconfitta. La spinta folle (ma era poi folle?) di Rhet Butler: abbracciare una causa solo proprio perché' è persa..."

Il flusso di parole in sintonia correva rapido tra i due. In galera succede così. Si può andare avanti e indietro per ore, coprire cento e più 'vasche', smozzicando avari pezzi di conversazione oppure, al contrario, arrancare nel tener dietro al fluire concitato delle parole. Foss'anche il rimandarsi, in una gara senza fine, di tutte le battute e le facce dei cento film americani ripassati dalle tv locali (...)
O come la storia del cucciolo di labrador entrato di contrabbando in un carcere speciale dei più duri. Cresciuto poi clandestinamente fino a che, ormai troppo grosso e cattivo, nessuno, tranne il padrone e i suoi amici, aveva più il coraggio di avvicinarlo. Cane che aveva condiviso la più rigida clausura e aveva respirato aria e tensione, sviluppando un odio feroce per ogni divisa e che, quando qualche incauta guardia cercava di sorprenderlo nel sonno (figurarsi! lui che, come il padrone, aveva imparato a dormire con un occhio solo e le scarpe da tennis ai piedi) la preferiva alla sua dieta abituale, risputandone fuori, con soddisfazione, solo le suole e le mostrine..

Valerio Morucci - A guerra Finita


 

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