Che siano un omaggio a un mito o un "collega" del passato (o del presente), un tributo alla bellezza e alla potenza della canzone che sembra perfetta, o solamente una ciliegina alla torta del successo raggiunto, le cover dal vivo o in studio sono la dimostrazione di un talento in grado di spaziare in altri campi e generi. Esistono tuttavia differenti casi - e qui se ne leggono alcune pensando agli esempi più famosi ed eclatanti - di rock band o solisti che hanno raggiunto le vetti delle classifiche (e talvolta artistiche) proprio grazie a una cover, che assurge a marchio di fabbrica, quasi a oscurare quanto di valido si faccia prima, durante o dopo. Ad esempio..
The Kingsmen, Louie Louie (1963)
Suonavano nel garage di casa, i Kingsmen, quintetto di Pordand (Oregon), quando decisero di registrare la cover, incisa nel 1957 da Richard Berry, un calypso venato di r’n’b, sulla scia di Havana Moon di Chuck Berry (nessuna parentela fra i due). Il pezzo ha una struttura semplice, quasi proto-punk, e piace subito ai ragazzi, centra in pieno l'obiettivo: i testi sono quasi incomprensibili e vennero giudicati osceni dalla borghesia dell'epoca, che ne proibì la diffusione presso alcune emittenti locali, il canto è rauco, il ritmo battente, con un solo e breve assolo, incontrò subito il favore dei dj radiofonici e di tantissimi adolescenti, facendo dei Kingsmen uno dei più duraturi complessini degli anni Sessanta.
The Animals, The House Of The Rising Sun (1964)
Il brano risulta, da tempo, inestricabilmente legato alla popolarissima cover dei cinque Animals, mentre le versioni precedenti, benché valide o imponanti, vengono quasi di colpo rimosse o trascurate.In origine il pezzo é un motivo popolare, scoperto dal musicologo Alan Lomax, che lo tirò fuori da alcune registrazioni degli anni Trenta.
The House ofthe Rising Sun viene in seguito ripresa e moditicata da un vasto numero di artisti, dal blues di Josh White e Leadbelly al folk di Pete Seeger e Joan Baez, da Bob Dylan al beat africano di Miriam Makeba. Ma è la versione del folksinger Johnny Handle ad attrarre la curiosità degli inglesi Animals, che la fanno propria con arpeggi di chitarra elettrica, con il ritmo scandito dall’organo e con il vocalismo strozzato dal whisky di Eric Burdon in chiave rock blues: gli Animals faranno della canzone un inno dei giovani, del beat e della British Invasion.
The Byrds, Turn, Turn, Turn (1966)
Pionieri del folk rock, David Crosby e Roger McGuinn cominciano a studiare le possibilità di incrociare i due mondi (il folk e il rock, appunto) partendo dalle chitarre. Da un lato McGuinn sceglie un'inglese Rickenbacker 12 corde perché il beatle George Harrison ne suona una; dall’altro Crosby sceglie numerosi pezzi del Bob Dylan acustico per il nascente quintetto. L’album di debutto Mr. Tambourine Man (1965) non a caso ha ben quattro cover dylaniane (title track compresa) con la band che va ancor più in profondità nel costruire un nuovo folk: in questa cover da Pete Seeger - che la scrive negli anni Cinquanta ma l'incide solo nel 1962 - David e Roger aggiungono inedite armonie corali, un suono chitarristico tintinnante, che va al la dell’aspetto meditativo originale. La cover dei Byrds vola al numero 1, mentre, negli anni successivi, molti original, firmati anche dagli altri membri' Gene Clark e Chris Hilhman, vantano successi inferiori, giacché i cinque "Uccelli" non raggiungeranno mai la top ten con una loro canzone.
Aretha Franklin, Respect (1967)
Nella versione originaria di Otis Redding del 1965, il brano è una hit di proporzioni modeste che non va oltre il numero 35 della Billboard Hot 100, ma un giovane quartetto, i Vagrants - ne fanno un exploit locale, nel 1967, con una versione garage rock - il testo del soulman su onore e fedeltà aumenta il tasso di misoginia. Ci vuole un’altra grande Voce r'n’b, Aretha Franklin, per trasformare Respect da standard pop a personalissimo biglietto da visita musicale. Lavorando sul pezzo di Redding per l’album I Never Loved a Man the Way I Loved You, Aretha opta per un mutamento cruciale della prospettiva letteraria, assicurandogli un ruolo simbolico determinante come inno non ufficiale , dell'emergente movimento femminista. Sostenuta dalle sorelle Enna e Carolyn, - la Franklin esige rispetto anche nella giusta ripartizione della cover medesima, confermando che, sebbene Otis Redding scriva Respect, la canzone appartiene pure ad Aretha Franklin
Joe Cocker, With a Little Help from My Friends (1968)
Il brano viene scrirto dai Beatles ( Lennon/McCartney) con l'idea di dare qualcosa da cantare anche a Ringo Star per l’album Sgt.Pepper's Lonely Hearts Club Band (1967) affibiandogli, come sempre, i motivetti più facili e più stupidi. Ma, nelle mani di un ancora sconosciuto bluesman di Sheffield, il pezzo viene musicalmente stravolto da cima a fondo, diventando un lento rabbioso che monta in testa alle classifiche nel Regno Unito, facendo girare il nome di Joe Cocker all'estero, fino alla consacrazione iconica nella lunga performance a Woodstock. La versione di Cocker impressiona favorevolmente i Beatles che gli concedono la licenza a eseguire altri due loro pezzi per il secondo album, la stella di Joe continua a brillare <<con un piccolo aiuto>> di questi e altri amici (il jamaicano Jimmy Cliff per esempio) grazie ai quali offrirà splendide versioni delle loro canzoni.L'immagine e la carriera del vocalist fricchettone però, rimarranno per sempre legate alla sua.. Friends.
Ike and Tina Turner, Proud Mary (1970)
All'epoca in cui registra il celebre pezzo dei Creedence Clearwater Revival, il duo soul afro - americano ha già alle spalle oltre un decennio di carriera e circa venti album a proprio nome. Ma, nonostante diversi tentativi in direzione pop, il successo si rivela quasi sempre effmero per i coniugi Turner, quando passano dal r’n’b al mainstream. Fresca dell’esperienza come supporter per i concerti dei Rolling Stones, l‘anno prima, la grintosa coppia non è estranea alle cover di notissime melodie rock: ecco quindi per Ike & Tina il biglietto da visita con l'eccitata ed eccitante interpretazione (soprattutto nella provocatoria sensualità della vocalist) della hit che i Creedence incidono un anno prima. Proud Mary in chiave black raggiunge il quarto posto nella hit parade, vendendo, come singolo, più di un milione di copie, guadagnando l'apparizione all'Ed Sullivan Show, cosi come la vittoria di un Grammy per la migliore performance di r’n’b vocale nel 1972.
Elvis Costello, (What’s So Funny about) Peace, Love and Understanding (1970)
In veste di cantautore rock, Elvis Costello è l’artefice di alcune tra le più belle composizioni dell'era post post punk, da Alison a Pump it Up, da Almost Blue a Everyday I Write the Book. Ma la canzone che meglio lo rappresenta (e per la quale è conosciuto in tutto il mondo) viene scritta nel 1970 dall'amico e produttore Nick Lowe, il quale é anche il primo a registrarla con la propria pub band nel 1974. (What's So Funny 'bout) Peace, Love and Understanding nell’immenso songbook costelliano vanta dunque la vita piu lunga, il che è tutto dire considerando la feroce concorrenza di ben altri pezzi dello stesso geniaccio londinese.
Joan Jett, I Love Rock’n’Roll (1979)
Stando agli unanimi consensi attorno alla band, il nuovo singolo degli Arrows dovrebbe essere il colpo grosso per tutto il 1975: presentato in un noto show televisivo inglese (come pure negli States), non basta per risalire nelle classifiche britanniche. Invece, Joan Jett, che vede il gruppo negli Stati Uniti da spalla al tour delle Runaways, é folgorata da I Love Rock'n’Roll che subito incide assieme a musicisti come SteveJones e Paul Cook dei Sex Pistols. Il brano originariamente appare quale lato b di You Dont Own Me, ma Jett non è soddisfatta e quindi lo registra di nuovo nel 1981 assieme al proprio quartetto The Blakhearts: la grinta hard rock della cover vale la cima di Billboard e la carriera solista della bruna cantante di Filadelfia.
Kim Carnes, Bette Davis Eyes (1981)
Scritto nel 1974 da Donna Weiss e Jackie DeShannon, quest'ultimo musicista di talento che nel 1964 apre la tournée americana dei Beatles e poi compone brani assieme a Jimmy Page e Randy Newman - il brano trae ispirazione dal film drammatico e proto-femminista Perdutamente tua (1942), grazie alla scena in cui Paul Henreid accende una sigaretta a Bette Davis. Diversi anni dopo, Weiss porta la canzone a un’amica, la cantante e autrice Kim Carnes: e dopo che il tastierista Bill Cuomo ripulisce la melodia con alcuni synth, Bette Davis Eyes è pronta a decollare, restando al n° 1 per nove settimane nelle classifiche e vincendo sia il Grammy Award sia il Record of the Year del 1982.
Soft Cell, Tainted Love (1981)
Nel 1976, la cantante soul americana Gloria jones - già corista nei T. Rex, nonché fidanzata del loro epico frontman Marc Bolan - riregistra questa canzone già incisa nel 1964: e proprio durante i Sixties il meditabondo e cadenzato inno strappalacrime resta un punto fermo dei dj inglesi di gusto northern soul. Ma Tainted Love diventerà famosa nel mondo nel 1981, quando il duo inglese con Marc Almond e David Ball ne offre una versione tecnopop arrivando in testa alle patrie classifiche e all'ottavo posto negli Stati Uniti. A proprio vantaggio, i Soft Cell non giocano sulla fedeltà o sulla nostalgia: la cover è di proposito lenta, misteriosa e sensuale, un inno dancefloor duraturo che contesta l'idea che i sintetizzaton tipici della new wave debbano per forza apparire freddi o spersonalizzanti.
Sinead O’Connor, Nothing Compares 2 U (1989)
La versione originale resta sostanzialmente dimenticata, benché venga eseguita da The
Family, un progetto utilizzato da Prince (e con ex membri di The Time) come valvola di sfogo per il copioso songwriting di Minneapolis. Rimasto nel dimenticatoio per due-tre anni, dunque vicino al fallimento commerciale, il brano viene però riconsiderato dal manager di Sinead O'Connor che lo suggerisce, quale single, alla giovane cantautrice irlandese, che, a sua volta, lo muta nel maggior successo di una lunga e impegnativa carriera. Grazie a lei Nothing Compares 2 U ispira una vagonata di nuove cover, con Prince che inizia a suonarlo dal vivo, fino a farne una propria versione nell'album Hits. Resta tra l’altro la canzone che spinge la calva dublinese verso i riflettori del mainstream, un genere in cui si trova spesso a disagio sul piano esistenziale.
The Lemonheads, Mrs.Robinson» (1992)
Sulla scia di Nevermind dei Nirvana che fa impazzire l'industna musicale dei primi anni Novanta, le grandi major americane propongono contratti favolosi a qualsiasi giovane band il cui credito indie rock sembri vagamente commerciale. Solo dopo la firma sugli anticipi, lo show business si accorge che in fondo i vari gruppi alternativi, salvo rarissime eccezioni, non vanno al di la di audience specialistiche. Infatti l'eccellente album It's a Shame about Ray del trio di Boston originariamente non include la cover dell’ormai classicissima ballata di Simon & Garfunkel, ma quando le <<teste di limone>> registrano un video per il 25° anniversario del film Il laureato (dove Mrs. Robinson è di fatto il leit-motiv), la nuova versione (molto più rock) decolla. E l'Atlantic ristampa quasi subito It’s a Shame about Ray con l'aggiunta della cover. Il tutto funziona, anche perché Mtv offre alla fresca Mrs. Robinson molto più spazio di quanto faccia con gli altri pezzi dell‘album. Ma né prima né dopo i Lemonheads riescono a conseguire tanta attenzione mediatica.
Jeff Buckley, Hallelujah (1994)
Per molti, l’Hallelujah dello sfortunato Jeff Buckley (morto giovane come il padre Tim, anch’egli cantautore) è la versione deiinitiva del brano stesso, ignorando che non si tratta di un original, bensi della cover di una cover. Buckley s’ispira difatti alla versione del 1991 dell’ex Velvet Underground John Cale, il quale, a sua volta, pesca da quella autentica composta dal canadese Leonard Cohen nel 1984, comunque già famosa nei toni poeticamente oppressivi e deprimenti. In circa trent’anni le cover di Hallelujah sono quasi seicento in almeno venti lingue e’ nel 2008 vantano oltre cinque milioni di copie vendute nelle interpretazioni di Buckley, Cohen, Cale, come pure di Rufus Wainwright o anche di me dell‘uragano Sandy.
Run-D.M.C., Walk This Way (1986)
Non c'é dubbio che i Run-D.M.C. abbiano un posto assicurato nella storia della musica anche senza la cover del pezzo hard rock degli Aerosmith uscito nel 1975, ma il successo commerciale del trio hip hop inizia (e per certi versi si conclude) con il rifacimento black di Walk This Way undici anni dopo. Il brano - prodotto da Rick Rubin con la partecipazione di Steven Tyler e Joe Perry, i due leader del quintetto di Sunapee - risulta il primo rap in assoluto nella top five di Billboard, confermandosi, alla distanza, fondamentale nella messa a punto del 'cosiddetto rap rock (e la clip ne rappresenta simbolicamente l'incontro/scontro).
Los Lobos, insieme dal 1973, con oltre venti album alle spalle, è il sestetto tex-mex (o rock Chicano) più noto in assoluto e osannato nel mondo per le singolari versioni del repertorio folk messicano. I <<Lupi>> vengono chiamati per la musica di Richie Valens nel biopic La Bamba di Luis Valdez, nella cui soundtrack si ascoltano sei canzoni dello sfortunato cantautore, morto a diciassette anni nell’incidente aereo in cui perdono la vita anche Buddy Holly e Big Bopper. E La Bamba originale, che rilanciata postuma nel 1959 si piazza al numero uno in otto paesi (compresi Stati Uniti e Gran Bretagna), e assunta e pensata da Los Lobos quale omaggio al genio precoce del losangelino, che dal quartiere multiemico di Pacoima, rima in chiave pop rock, una song latina di solito cantata in occasione di matrimoni e battesimi nello stato di Veracruz. L' originale, un po' piu lento rispetto alle due cover, è documentata fin dal 1830.
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