07/01/16

Visti, da vedere: visioni del 2015

Film, documentari: visti, da vedere e recensiti dell'anno appena trascorso.





AMY
In Amy è la stampa, o meglio i tabloid di fama anglossassoni il mostro feroce, come neanche in un film horror. I media sono il protagonista di questo film. Insaziabili, parassiti, succhiano la vita delle celebrità ad ogni scatto dei potenti teleobiettivi e a ogni titolone sparato in prima pagina del quotidiano locale.
Asif Kapadia non fa mistero e non ha dubbi su chi sia il principale colpevole della morte prematura di Amy Winehouse, stella del pop britannico. Il suo film insinua, mette dentro le prime immagini della vita della cantante per evocare una reazione viscerale di disgusto.
O forse è la disperazione, perché c'è una verità in agguato sotto la superficie che ci mette a disagio e ci fa pensare: la colpa è nostra, di tutti noi.
Amy è un film difficile da guardare e non solo per la sua tragica fine. Kapadia attraverso ore di filmati inediti presenta un ritratto intimo della Winehouse, di come era fuori dai riflettori. Quello che vediamo è una giovane donna tormentata, insicura, e irresistibilmente affascinante, ma impreparata a vivere una vita in cui era stata infilata. Facendo affidamento così pesantemente nei filmati, girati a volte con i telefoni, tratti dalle web cam, e altri video in prima persona, il film sottolinea la difficile situazione delle moderne celebrità: semplicemente non si può scomparire. Tutto della propria vita diventa foraggio per giornalismo pop, i difetti messi a nudo, e la vita è resa invivibile. Amy ci pone di fronte al dilemma: si puòvivere..vivresti così?
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HEAVEN KNOWS WHAT
"Le droghe sono cattive." Una lezione e un messaggio abbastanza semplice, giusto? Pensate alle vostre attività quotidiane, il lavoro, la famiglia, e cercate di sostenerle, una dopo l'altra, sempre, senza pause, e spronati sempre a dare di più. Potrebbe essere qualcosa di.. sano, come lavorare all'aria aperta, o di letargico, come rimanere a casa a guardare la tv via cavo per ore e ore. O qualcosa di disastroso, come sbattersi tutti i giorni per procurarsi la roba e strafarsi, o tagliarsi i polsi quando non ci si riesce. Ecco, quest'ultima attività magari non è a voi congeniale, mentre lo è per Harley e il suo giro di disperati nell'inquietante psico-dramma di Joshua Safdie, HEAVEN KNOWS WHAT, basato sulle memorie inedite di Arielle Holmes, che interpreta lei stessa nel ruolo della protagonista principale, appunto Harley.
Che è innamorata di Ilya, in una storia alquanto tormentata, vive per le strade di New York City o viene ospitata in case malfamate e misere. 94 minuti in cui si mette in evidenza le insidie ​​infernali e tuttavia anche surreali di questa sfortunata scena. Malfamato, imprudente, è roba agghiacciante, ma è anche incredibilmente e facilmente riconoscibile nei tanti quartieri delle nostre metropoli. Il film è crudo e tagliente nella sua forma documentaristica, ma ci sono temi saggiamente paralleli alla droga, di come possono essere a volte crudeli le relazioni tra persone piene di energie e vitalismo, ma così intrecciate. Il film è dedicato all'ultimo fidanzato della Holmes, Ilya Leontyev, che è ritratto alla perfezione nella sua irascibilità da Caleb Landry Jones, ed è proprio il loro legame disordinato che ci attira dentro la storia. Potremmo scuotere la testa di fronte al loro amore fratturato, e spesso discutibile, ma..molti sono passati di lì. E alla fine, molti si rifiutano di smettere.


THE ASSASSIN
Pochi hanno mai saputo fondere azione e filosofia così perfettamente come Hou Hsiao-Hsien nella sua ultima fatica, tanto attesa, The Assassin. Abbracciando le caratteristiche del cinema wuxia - un genere che abbiamo amato fin da bambini, che racconta le avventure di eroi marziali della tradizione cinese, secondo molti paragonabile all'occidentale "cappa e spada" - e la sua rivisitazione attraverso una lente profondamente contemplativa e iper-realistica, Hou racconta la storia di Nie Yinniang, la figlia di un generale che viene strappata alla sua famiglia quando ha solo 10 anni. I suoi rapitori, e in particolare un "sensei", la educano alle arti marziali, trasformandola nell' assassino del titolo del film. I due vivono e lavorano in armonia apparentemente per anni fino a quando l'ormai giovane donna vacilla in missione, non riuscendo a uccidere un tiranno di fronte al suo bambino. Per punirla, viene inviata presso la sua famiglia con una missione segreta: deve uccidere suo cugino, un uomo a cui era un tempo stata legata, e che ama ancora. Sublimando la tempesta di emozioni che eroga costantemente sotto una superficie ghiacciata, Shu Qi è stupefacente come Nie Yinniang, che vediamo impegnata in uno strenuo combattimento, contro i nemici e contro se stessa. E questo è un bel dire, insiema al resto del film che, dai costumi alle scenografie, fino alle coreografie delle scene di combattimento gli hanno valso il trofeo come miglior regia a Cannes di quest'anno.(2015)


GOING CLEAR
Presentato al Sundance Festival nel 2015 e trasmesso nello scorso marzo da HBO negli Stati Uniti, è il film/documentario sulla bocca di tutti: Going Clear - Scientology, Hollywood and the Prison of Belief, (La prigione della fede) lavoro del 2013 del documentarista Alex Gibney. Vincitore di numerosi premi e con alti riconoscimenti, basato sul libro del vincitore del Premio Pulitzer Lawrence Wright, Going Clear è un'indagine esaustiva e schiacciante sulla Chiesa di Scientology e su i suoi arbitri, in particolare del suo fondatore, autore di fantascienza L. Ron Hubbard, e dell'attuale leader, David Miscavige. Il film include diverse interviste con ex membri della chiesa, tra cui i dirigenti Mike Rinder e Marty Rathbun; collegamenti a John Travolta e Sylvia "Spanky" Taylor; il premio Oscar regista e sceneggiatore Paul Haggis (Crash). Gibney e il suo team hanno dovuto schierare un team di avvocati in anticipo - "probabilmente 160, come ha rivendicato il presidente della sezione documentari della HBO Sheila Nevins, per affrontare il fuoco di fila della controparte, in contenziosi per diffamazione e altre accuse. Alla potenza di Scentology Gibney, e il suo staff, con i numerosi soggetti intervistati, hanno difeso il loro lavoro e le proprie posizioni, reagendo in un modo che non è solo ammirevole, ma anche coraggioso alla luce delle circostanze. Un film ricco d'informazioni, una ricostruzione delle origini di Scientology e dei suoi metodi, dal condizionamento mentale, allo sfruttamento del lavoro, alla coercizione, insieme a metodi di spionaggio e stalking, raccolta di dati personali a scopo di intimidazione. Inquietante è a dir poco, il silenzio di importanti e potenti rappresentanti del credo nel mondo come Travolta e Tom Cruise.
Assolutamente da vedere.
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99 HOMES
"Il dolore per la perdita della casa in cui si vive, è in ognuno di noi: la casa è il posto sicuro dove possiamo andare, e quello che dice come siamo, e non può essere messo in discussione." Incentrato sulla storia di Dennis Nash, un uomo di famiglia che cerca ad ogni costo di riprendere la casa da cui lui e la sua famiglia sono stati sfrattati. Per riuscirci dovrà però lavorare con Rick Carver, agente immobiliare e causa per Nash di forte stress psicologico. Andrew Garfield e Laura Dern sono costretti a dire addio al loro" posto sicuro "... in meno di 10 minuti ... e Rick Carver è un sempre grande e inflessibile Michael Shannon, che osserva con ambivalenza accresciuta.
99 Homes fa male più di quanto lenisce. Sceneggiato da Ramin Bahrani e Amir Naderi e diretto dallo stesso Bahrani, è una una storia sordida sugli sforzi incrollabili di un uomo che lotta per salvare la sua famiglia e di come le lunghezze della legge si trasformano in peccati impensabili. Rick Carver, nichilistica di prima specie, ha una comprensione fin troppo realistica sul perché gli americani stanno drammaticamente e scioccamente buttando via la loro vita.Tutto il film non sarebbe così interessante in fondo se non fosse così tragicamente preveggente in America oggi. Come sempre un grande M. Shannon che noi adoriamo, candidatura per il Miglior attore non protagonista.


SPOTLIGHT
Spotlight è il runner-up dei film del 2015, con la sequenza d'azione in cui Mark Ruffalo furiosamente cerca di fermare un taxi. Narra le vicende reali e vergognose venute a galla dopo l'indagine del quotidiano The Boston Globe sull'arcivescovo Bernard Francis Law, accusato di aver coperto alcuni casi di pedofilia avvenuti in diverse parrocchie americane. L'indagine valse il Premio Pulitzer di pubblico servizio al quotidiano nel 2003.
Il notevole il film di Tom McCarthy è dedicato alla squadra di giornalisti che ha scoperto l'enorme insabbiamento di abusi sessuali nella Chiesa cattolica, ma chiamare questo un atto d'amore per il giornalismo investigativo è cercare di screditare il notevole lavoro di McCarthy, del co-sceneggiatore Josh Singer, e di tutto il cast. Queste persone non sono eroi nel tipico senso della narrazione, e non sono santi. Il film non richiede affetto o adulazione per le persone che segue. Hanno solo fatto il loro maledetto lavoro, non importa il costo. La trama di Spotlight offre un parallelo per i molti punti di forza del film, per portare alla luce questa storia orribile, è stato necessario molto: persone (avvocati, superstiti, registi, editori); fatti che non possono essere negati; errori schiaccianti ammessi; rischi presi che si sono dimostrati utili. McCarthy studia gli eventi senza batter ciglio, e forse il momento più sconvolgente appare, senza fanfare, nei momenti finali del film, dimostrando che a volte c'è solo una cosa necessaria per scuotere la gente: solo i fatti, signori, i fatti. Il film, negli Stati Uniti, è stato vietato ai minori di 17 anni non accompagnati da adulti, per la presenza di linguaggio e riferimenti sessuali.


IT FOLLOW
Potremmo parlare di metafore. O potremmo parlare dell'aspetto più importante di un film horror: se sia o no realmente pauroso. E ne consegue che si, spaventa, se non altro per la sua comunanza. Amiamo tutti lo Squalo, ma la maggior parte di noi non è stato minimamente terrorizzato da un grande squalo bianco-mangiatore di uomini. Halloween, potremmo citare, ma la maggior parte di noi non sono stati inseguiti da un serial killer. Ne consegue, d'altra parte, che questo film si basa sulla paura, molto più facilmente riconoscibile, di qualcuno, che lentamente cammina dietro di noi. Non indossano una maschera. Non ha un arma. Potrebbe essere un conoscente, ma il più delle volte, è un perfetto sconosciuto. Questo minimalismo è il mostro di David Robert Mitchell, che è spaventosamente facile da ricreare - almeno nel senso visivo di base. Questa cosa che ci segue potrebbe arrivare da qualsiasi luogo e essere chiunque, avvolge la periferia del Michigan come quella della nostra città. E' la perdita dell'innocenza che ci terrorizza, è di questo che il film ci parla. Impressionante.
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THE REVENANT
Non l'abbiamo ancora visto. Ma è difficile mettere in discussione il regista Alejandro González Iñárritu. Che nei suoi film privilegia stile e sostanza, estro e carattere. In The Ravenant, la sua ultima fatica è l'uomo contro la natura. La storia vera, ci dice il regista, di Hugh Glass (Leonardo DiCaprio) che viene abbandonato, creduto morto, dopo l'attacco di un orso. Le belle e lunghe carrellate non sono una novità per il regista, ma la sequenza di apertura della battaglia è impressionante quasi come quella vista in Salvate il soldato Ryan di Spielberg, nello sbarco del D-Day. Emmanuel Lubezki probabilmente vincerà il suo terzo Oscar consecutivo per la Miglior Fotografia, per il suo magnifico lavoro con la luce naturale. Colonna sonora del grande Ryuichi Sakamoto, con Alva Noto. Nel complesso, una collezione inquietante di stringhe lacrimose, synth e basso che rispecchiano il paesaggio e l'azione con risultati convincenti. Un film sull'amore e odio, che ci piacerà sicuramente.
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SICARIO
Un grande Benicio del Toro per una storia che ci fa riflettere. Certo non c'è spiegazione ragionevole del perché il Sicario è stato escluso da ogni categoria al Golden Globe Award: questo tesissimo ​​dramma poteva gareggiare come Miglior Film, Miglior Regista per Denis Villeneuve e soprattutto per il miglior attore non protagonista, un gigantesco Del Toro, presenza laconica ed inquietante, misterioso e magnetico, qui ai suoi massimi livelli. . Non ha senso. Nonostante le snobbe tipo Jobbs, Sicario rimane uno dei migliori (e più recensiti) film dell'anno: un resoconto reale e brutale della disastrosa guerra americana alla droga, che come sempre travalica i confini tra il giusto e sbagliato, tra i cattivi e le vittime, vincitori e vinti. L’agente della CIA cialtrone e bugiardo per il quale il fine giustifica ogni mezzo, il “collaboratore” mosso soltanto dalla sete di vendetta che persegue un obiettivo personale, l’agente dell’FBI rigorosa ed idealista, una “legalitaria” che si illude di combattere dalla parte giusta e i narcos, che dominano con il terrore. Alla fine, ognuno resta in piedi, su entrambi i lati. Il film non offre risposte o soluzioni, ma la carneficina che vediamo sullo scherma sta lì a suggerire che l'attuale strategia, da entrambe le parti, è totalmente nel più totale caos. L'agente dell'FBI Kate Macer (Emily Blunt), lo impara nel modo più duro, e con risultati devastanti. Una meditazione su vicende reali (e in corso) è ciò che mantiene i nervi degli spettatori illuminati e sfilacciati. Anche dopo la scena finale, con la Blunt sconvolta in piena luce e totalmente vulnerabile, mentre Del Toro resta avvolto dall’oscurità, autentico angelo della morte che si rivela un attimo prima di venire inghiottito dalle tenebre, sentiamo di avere ancora molto da temere. Davvero un grande film.
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MAD MAX: FURY ROAD
Vale la pena di vederlo anche solo per Coma, aka Doof Warrior, una creatura cieca, folle, che nel film è in cima a questa camion/macchina da guerra, equipaggiata con muraglie di amplificatori e un piccolo esercito di batteristi nel retro. Quassù potete osservarlo mentre si diverte con la sua chitarra a doppio manico: magari non ci avete fatto caso ma la chitarra è anche un lanciafiamme! George Miller ci parla di guerre cruente tra popoli per il controllo di un territorio dall'aspetto post-apocalittica, in una landa arida e dai fastidiosi colori giallino bruciato.
Il protagonista passa la prima metà del film a fare la sacca di sangue sballottato sul cofano di una macchina-kamikaze, e per le esplosioni e i disastri che sono così scenografici, tornare alla realtà è davvero un casino. Fury Road è la migliore e più coerente pellicola a grosso budget di Hollywood ultimo periodo, un opera rock lunatica e un un master class femminista ed è tante altre cose: una visione dell'inferno distopica che non potrebbe essere più divertente a riguardarlo più e più volte. Alla fine è Doof il vero protagonista del film, i cui suoni sono opera di Nick Zinner degli Yeah Yeah Yeahs.
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THE LOOK OF SILENCE
Abbiamo dedicato più post ai documentari, che quì su INTERZONE SONO MOLTO CONSIDERATI. E il compito del film documentario è di ricordare - per contrastare le forze che reprimono e cercano di cancellare la memoria, anche quando queste forze sono e rimangono saldamente al potere. Come il suo predecessore del 2013, The Act of Killing, di cui anche abbiamo già parlato, The Look of Silence ci ricorda che è stato girato con molti rischi. Innumerevoli sono i nomi nella sequenza dei titoli di coda, sostituiti con un semplice "Anonymous". E' la testimonianza inquietante che, per le famiglie e i sopravvissuti alle uccisioni di massa indonesiane del 1965 e nel 1966, che l'orrore persiste. Il film è concentrato su i responsabili, un'esplorazione affascinante su come degli assassini, responsabili di orribili crimini di massa razionalizzano le loro azioni. The Look of Silence gira la lente sui sopravvissuti, costretti a interagire con questi assassini su base giornaliera, e così facendo dipinge un quadro più completo di una società in guerra con se stessa. Il nucleo emotivo del film è Adi, un ottico il cui fratello è stato ucciso in quei massacri. Adi affronta gli uomini responsabili di aver ucciso il fratello e milioni di altre persone innocenti. Il regista Joshua Oppenheimer sfrutta a pieno l'effetto, forzando un confronto che vede Adi determinato a raggiungere la verità, anche se questo significa mettere a rischio la propria vita. Il fratello di Adi è morto solo perchè.. era comunista.
The Look of Silence non è il più potente film documentario del 2015; è il film più potente, punto. Esso dovrebbe essereproiettato nelle scuole, per gli studenti di storia, sì, ma anche per gli studenti dell'umanità. Nel caso in cui vi state chiedendo chi sono gli studenti dell'umanità, vi dico che dovremmo essere noi tutti.



05/01/16

Wings, il primo film della storia con un bacio gay

Il primo bacio della storia del cinema ci riporta al 1896, per un film presentato da Thomas Edison. Ora riavvolgiamo il nastro e presentiamo il primo bacio tra persone dello stesso sesso nella storia del cinema (o almeno uno di quelli più conosciuti). Questa scena pre-Brokeback Mountain, il pluripremiato film del 2005 diretto da Ang Lee con Heath Ledger e Jake Gyllenhaal, ha avuto luogo in un film del 1927, Wings - il primo e unico film muto (solo in seguito sonorizzato) a vincere l'Academy Award proprio per il miglior film. Buddy Rogers e Richard Arlen sono le star della pellicola, nei panni di due piloti di aereo da combattimento che si contendono l'affetto della stessa donna (Clara Bow). Questa è la trama. Ma l'affetto per la donna non è niente al confronto dell'amore che provano ... l'uno per l'altro. Il film è famoso per l'innovazione del posizionamento delle macchine da presa sulle ali degli aeroplani, stratagemma grazie al quale fu possibile ottenere delle inquadrature di grande effetto. Tuttavia durante le riprese, un pilota militare rimase ucciso in un incidente di volo. Sicuramente, questo film all'epoca fece male non poco al fegato  di John Edgar Hoover, l'allora giovane agente FBI diventato poi livoroso e controverso direttore del più famoso servizio investigativo del mondo, dal 1935 al 1972.




Cucchi: abusi, violenze, complicità. Ma tutti contro Ilaria

L'intervento di Luigi Manconi sul Manifesto.info 
 
Hanno oltraggiato per anni le vittime e i loro familiari. E ora sono tutti lì con il dito alzato. La voglia di mandarli al diavolo è irresistibile

Non è accaduto a me che uno stretto familiare trovasse la morte in un carcere o in una caserma o in un reparto psichiatrico. Dunque, non ho mai conosciuto l’incancellabile dolore provato da Ilaria Cucchi: e da Patrizia Moretti Aldrovandi, Claudia Budroni, Lucia Uva, Caterina Mastrogiovanni, Domenica Ferrulli, Natascia Casu, Donata Bergamini, dalla moglie di Riccardo Magherini, e dalla madre e dalla sorella di Riccardo Rasman e da altre ancora… 
E da parte di queste donne, nel corso di tanti anni, non una parola di vendetta, né una domanda di condanna esemplare, non una richiesta di rivalsa, né un’espressione d’odio. Tra quei familiari, paradossalmente, si ritrova una inesausta fiducia nella giustizia come in nessun’altra circostanza a me nota, nonostante tutto e tutti, e malgrado umiliazioni e frustrazioni senza fine.

Dunque, non posso e non devo — e non voglio — valutare queste ultime affermazioni della sorella di Stefano Cucchi. Non ho alcun titolo morale per giudicare, pur precisando che personalmente non avrei scritto quelle parole, ma per un motivo: quello di non aver vissuto in prima persona un tale strazio. Se invece così fosse stato, la mia incrollabile fedeltà al garantismo e alle sue dure leggi probabilmente non mi avrebbe trattenuto dallo scrivere le parole di Ilaria Cucchi, dopo che la Procura di Roma ha definito un «violentissimo pestaggio» quello subito da Stefano.

E la si potrebbe finire qui. Ma altre due considerazioni vanno aggiunte.

Viviamo in un paese dove alcuni sindacalisti felloni e pavidi, che dicono di rappresentare le forze di polizia perché ne difendono gli esponenti più criminali, da anni oltraggiano i familiari delle vittime. E in un paese dove politici senza vergogna e senza Dio così hanno definito Stefano Cucchi: «tossicodipendente anoressico epilettico larva zombie»; e un pubblico ministero, responsabile della prima e sgangherata inchiesta sulla morte del giovane geometra, invece di perseguire i responsabili così parlava della vittima: «tossicodipendente da quando aveva 12 anni». E ora tutti questi sono lì, col ditino alzato e l’aria severa, che impartiscono lezioni di galateo a Ilaria Cucchi. E’ davvero irresistibile la voglia di mandarli, come minimo, al diavolo.

Infine, qualche settimana fa, sul Post​.it, mi sono rivolto alla senatrice Roberta Pinotti, responsabile politico — per il suo ruolo di ministro della Difesa — dell’attività dell’Arma dei Carabinieri. Le ho ricordato che in una manciata di giorni si erano verificati tre episodi che vedevano coinvolti appartenenti all’Arma. Avevo precisato prudentemente che le tre vicende non erano direttamente collegate né rispondevano a una regia unitaria. Rientravano, bensì, insieme ad altri fatti non troppo dissimili, in un clima in una cultura, in una mentalità. Questi i tre fatti: le rivelazioni a proposito della fine di Stefano Cucchi; le testimonianze contro i carabinieri per il fermo e la morte di Magherini, a Firenze; la prescrizione di quasi tutti i reati a carico dei militari che avevano trattenuto illegalmente Uva, in una caserma di Varese. Ripeto: tre storie diverse, ma in ognuna di esse si manifestano la disponibilità all’abuso e alla violenza e una catastrofica imperizia, una rete di complicità e di vera e propria omertà all’interno di larghi settori dell’Arma, e una certa tendenza alla sudditanza psicologica da parte di ambienti della magistratura. Su tutto ciò — sul proliferare di episodi simili e sulla drammatica carenza di formazione civile e tecnica che rivelano — un intervento del ministro della Difesa sarebbe stato davvero opportuno: a tutela dei diritti dei cittadini e dei diritti della gran parte dei carabinieri perbene. Ma, a distanza di tanti giorni, non ho avuto, come si dice, un cenno di risposta. Il che ferisce il mio amor proprio, e poco male, ma soprattutto rivela una sensibilità non particolarmente affinata per questioni non certamente marginali. E noi siamo qui, pensosi, a discettare dello stile di Ilaria Cucchi.
Luigi Manconi 
 
 
 
 

01/01/16

Buon Anno con gli UB 40 Live

AUGURIAMO BUON ANNO A TUTTI, con una delle migliori band inglesi, gli UB40 divennero sinonimo negli anni '80 della combinazione di reggae and rock. Gruppo multiraziale, portatori di un sound funky, molto allegro. Riviviamo il periodo di massimo splendore della band con questo live datato 1982, concerto in cui possiamo ascoltare i primi successi come "Present Arms", "Sardonicus", "Silent Witness", " "No Slow Down", "Love Is All Is Allright", "Politician", "One in Ten", Tyler..."

Un bel pezzo di storia, e una produzione di grande fascino. E 'bello vedere uno spettacolo senza tanti fronzoli, come spesso era al Rockpalast, e gli UB40 prima della svolta "pop", e produttori di tanti hit da classifica. Il Dub quì regna ancora, la giovane età di Ali Campbell e degli altri componenti del gruppo e l'abbigliamento primi anni 80 è ancora fresco e sorprendente al tempo stesso. Come la musica daltronde. L'esibizione, che fu filmata ed è disponibile su Dvd, contribuì ad accrescere la loro popolarità in Europa, mentre sette anni dopo decollarono negli Stati Uniti.



01  Intro
02 Present Arms (5'15'')
03 Sardonicus (5'00'')
04 Silent Witness (4'20'')
05 Don't Do The Crime (3'50'')
06 Don't Let It Pass You By (7'00'')
07 I Won't Close My Eyes (3'45'')
08 Don't Slow Down (3'50'')
09 The Piper Calls The Tune (4'15'')
10 Love Is All Is Alright (5'50'')
11 Forget The Cost (4'10'')
12 Politican (5'35'')
13 On In Ten (4'25'')
14 Food For Thought (4'55'')
15 Burden Of Shame (6'20'') 16 Tyler



31/12/15

Il Capodanno di Caino: Alex Trocchi

Capodanno. 
Mattina presto. Pochi minuti dopo le due. Avevo scritto:

<Mia moglie entrerà com’è uscita, come un cattivo attore in una cattiva commedia, e quando m’avvicinerò a lei farà il gesto di resistenza, perché il mio atto è per lei l’imbeccata a resistere; e il suo viso s’irrigidirà nei tratti spaventosamente stupidi per rompersi dove ella sorride mentre inciampa e dice: ‘No..mi smaglierai una calza!’>

Riprovai la nota sensazione di considerare tutta la mia vita come un introduzione a quel momento presente davanti al quale m’ero arrestato come davanti a una specie di cosmico punto interrogativo. In quel momento ero alla mercè di qualsiasi distrazione, voci esterne, un suono di passi, la sirena d’un rimorchiatore, il senso della mia ombra là nella cabina. Sembrava senza importanza. Qualunque fosse l’aumento d’entropia nel mondo esterno, la mia reazione era pertinente. L’universo potrebbe restringersi o espandersi. Io resterei cosciente, una piccola sacca di coerenza nella città della spaventevole notte. Ma lo resterei? La droga può essere traditrice, guidando attraverso i vuoti recessi e le caverne del panico. Un’identità scivola via e non si può più scegliere d’essere immerso, di lasciarsi voluttuosamente abbindolare. Ricordo che fui costretto a coricarmi e a chiudere gli occhi..

Non riuscivo a tornare direttamente ai miei pensieri, quali che fossero, e la mia identità precedente si disintegrava come il riflesso d’un volto che s’allontana sulla mossa superficie dell’acqua. Sento che se avessi guardato in uno specchio senza scorgerci alcun riflesso non mi sarei eccessivamente spaventato. L’uomo invisibile..

<Perché non lo ammetti, babbo? Non hai lavorato per un quarto di secolo. Nemmeno io lavoro, dunque sto seguendo le tue orme. Dovresti essere fiero di me. Quando incontriamo uno dei tuoi amici dovresti dire: "Questo è Joe, il minore dei miei figli. E’ disoccupato. Naturalmente non è ancora all’altezza del suo babbo perché non è inutilizzabile, ma nutro grandi speranze per lui perché ha avuto un istruzione assai migliore della mia">
Questo lo divertì. <Sei un demonio, figliolo!> Scosse la testa . Poi si fece più serio. <Ma presto dovrai deciderti a fare qualcosa>.
<Tu non l’hai fatto. Questa è l’unica differenza..Il tuo guaio, babbo, è che ti sei sempre vergognato d’essere disoccupato e così non hai mai imparato a goderti l’ozio. Santo Dio, non andresti a riscuotere il sussidio nemmeno se crepassimo di fame!>
Mettersi in coda con quella maledetta..tribù!> <Il proletariato?> Fece un sorrisetto da patatina, distante, che significava: meglio non scendere in particolari…
<..Io non mi vergogno di te, babbo> <Lo so..lo so..>

Tornando a casa, in tram, mi chiesi se era mera fantasia che io stessi rivivendo la vita di mio padre, tranne che il mio atteggiamento era diverso. Mi chiesi se m’ingannavo. Avevo appena litigato con Moira. Era lo stesso anno nuovo.

Un uomo non smette, Tom. Quando pensa di smettere vuol dire che ha il vizio. Ci sono vari gradi di assuefazione, e la parte fisica non c’entra poi molto. L’abitudine fisica viene subito e immagino che allora tu abbia il vizio, tecnicamente. Ma con le medicine adatte te ne liberi in poche settimane. I gradi di assuefazione che contano sono..psicologici, come, intellettualmente, da quando sei un vegetale? Prendi l’eroina si o no? Il tuo guaio, Tom, è che la droga tu la disprezzi sul serio. La usi continuamente, la cerchi, ma non fai che disprezzarla, parlare di tagliar corto. Non è la merda che ti ha preso per il collo. Eludi il problema quando ragioni in questi termini. Non fai che parlare di procurarti la roba e di piantarla. Ubriacati e calma i nervi.

Ci sono medici, pittori, avvocati che si drogano e se la passano bene. Il popolo americano è alcolizzato, il che è assai peggio. Un alcolizzato non è più buono a niente. Devi alzare il sedere da quella panca e piantarla di bere la loro propaganda., Tom. E’ troppo se la bevono anche i tossicomani. Ti dicono che è la droga e quasi tutti questi ignoranti di bastardi ci credono anche loro. E’ una bella e tangibile spiegazione della delinquenza giovanile. E non coinvolge la maggioranza, che è alcolizzata. Hanno a disposizione una banda di macilenti bastardi da processare come corruttori dei loro figli. Dà qualcosa da fare alla polizia e siccome i tossicomani e i fumatori di marijuana sono relativamente facili da prendere perché devono correre tanti rischi per procurarsi la droga, un’eroica polizia può fare arresti spettacolari, gli avvocati possono fare buoni affari, i giudici possono fare discorsi, i grossi trafficanti possono mettere insieme una fortuna, i giornali scandalistici possono vendere milioni di copie. L’onesto cittadini può tornare a sedersi con la coscienza tranquilla a guardare il male che riceve la giusta punizione. Ecco il mondo della droga, amico. Tu ne caverai qualcosa tranne il drogato. Se è fortunato può strisciare fino all’angolo a prendere una cartina. Ma non è stata la droga che l’ha fatto strisciare. Questo devi gridarlo dai tetti!

“Di nuovo solo. Potrei dire amen ma non voglio o non posso. Il mio sistema non è quello dei Sansara, agitare fragili artigli per il pane e sputare sulle donne. Io devo camminare in luoghi affollati, fino ad essere assassinato dal mio disprezzo. Sono di nuovo solo e lo scrivo per darmi un’àncora contro i miei venti sediziosi..”
Chi parla, non sa; chi sa, non parla.

Il libro di Caino, Alex Trocchi














28/12/15

I Wanna Be Sedated: Ramones.gif



"Mettimi su una sedia a rotelle, fammi raggiungere lo show / Presto, presto, presto, prima che divento pazzo / non posso controllare la mia dita, non posso controllare le mie dita dei piedi."
"I Wanna Be Sedated" è un brano
breve, semplice, orecchiabile. Sempre prevedibili ma simpatici irresistibili, spesso grotteschi e assurdi, "I Wanna Be Sedated" è suonato e cantato con tale brio e gioioso abbandono - completo di battiti di mani - che la sedazione è poco probabile..






26/12/15

Si festeggia in Israele

Estremisti ebrei ballano, cantano e celebrano la morte del bimbo palestinese bruciato vivo in Cisgiordania nel luglio scorso. Le immagini, registrate una decina di giorni fa e pubblicate dal sito del quotidiano Haaretz, mostrano il gruppo di ebrei ortodossi: alcuni danzano con pistole e coltelli, uno, con il volto coperto, ha una bomba molotov in mano, un altro pugnala la foto di Ali Dawabsheh. L'immagine poi passa di mano in mano finchè non viene distrutta.
Il piccolo, 18 mesi appena, morì nella casa paterna incendiata da ignoti ultra" ebrei, nel villaggio di Duma, in Cisgiordania. Il padre Saed, era deceduto l'8 agosto nell'ospedale israeliano di Soroka. Poco dopo, anche Reham Dewabsheh (27 anni), madre del bimbo e moglie di Saed, bruciati vivi dai coloni, muore per le ferite riportate. A rimanere gravemente ustionato era stato anche un altro figlio, di 4 anni.






25/12/15

Una gigantesca collezione di cassette in download

Mix Tape Culture
"La cassetta, servitrice dell'umanità..  Bastavano pochi soldi per farla lavorare, e droghe, troppo denaro, storie d'amore maledette, notti brave, fan invadenti e pedinatori, critici stronzi - nessuno degli inconvenienti della vita di una rockstar ha invaso lo spazio della cassetta.. 

"Non è stata la Cultura più elegante del pianeta. Si trattava di arte povera - un lungo e variegato testamento dell’etica della vita di strada tipica del modello fai-da-te della scena punk"....

30 Gigabytes di rarità dagi anni '80 e '90
Se siete alla ricerca di un buon modo per trascorrere un pò di tempo in questi giorni di festa, Archive.org porta alla luce un'enorme quantità di musica, eccezionalmente riversata su.. nastri. Una gigantesca collezione di cassette, quindi, che vanno dalla metà degli anni '80 fino a quella degli anni '90, tempi in cui le cassette erano il metodo standard per la condivisione di musica, piuttosto che oggetti da collezione.

Le note di Archive. org ci dicono che la collezione, di circa 30GB, è stata salvata dagli archivi della noise-arch.net e donata da ex conduttore radiofonico della CKLN-FM Myke Dyer nel mese di agosto del 2009. A causa delle sue dimensioni e della scarsa conoscenza del materiale, la collezione non è stata correttamente catalogata, ma si parla di sperimentazione, industrial, avant-garde, indie, rock, punk, e "materiale ipnotico".


23/12/15

On the Road e i migliori 100 Incipit per American Book Review

Nella terminologia canonica, la voce incipit definisce la parola o la frase iniziale di un qualsiasi libro, componimento, ma l’uso che ne viene fatto nell’attuale critica letteraria moderna è più esteso. Non solo dunque la prima parola o la prima frase ma l’intera tranche d’avvio che può essere di lunghezza diversa”.

Ma cos’è che rende un incipit indimenticabile? La sua lapidarietà? La capacità di raccontare/anticipare un intero mondo nel primo paragrafo? L’espressione di una verità universale? Io ne ricordo pochissimi a memoria, forse soltanto uno nella sua interezza, perché l’ho sempre trovato bruciante, molto malinconico, e totalmente nelle mie corde: quello che contiene riguarda personalmente, similitudini.. Non solo la prima frase, ma l’intera prima pagina, ha il pregio di riassumere lo spirito del libro.
(in medias res)

ON THE ROAD
<<La prima Volta che incontrai Dean fu poco tempo dopo che mia moglie e io ci separammo. Avevo appena superato una seria malattia della quale non mi prendero labriga di parlare, sennonché ehbe qualcosa a che fare con la triste e penosa rottura e con la sensazione da parte mia che tutto fosse morto. Con l’arrivo di Dean Moriarty ebbe inizio quella parte della mia vita che si potrebbe chiamare la mia vita lungo la strada. Prima di allora avevo spesso sognato di andare nel West per vedere il continente, sempre facendo piani vaghi e senza mai partire. Dean è il tipo perfetto per un viaggio perché nacque letteralmente per la strada, quando i suoi genitori passarono da Salt Lake City, nel 1926, in un vecchio macinino, diretti a Los Angeles. Le prime notizie su di lui mi furono date da Chad King, che mi aveva fatto vedere alcune sue lettere scritte in un riformatorio del New Mexico.

M’interessai enormemente a quelle lettere perché chiedevano a Chad in modo cosi ingenuo e dolce di insegnarli ogni cosa su Nietzsche e tutti i meravigliosi argomenti intellettuali che Chad conosceva. A un certo punto Carlo e io parlammo delle lettere e ci chiedemmo se avremmo mai conosciuto quello strano Dean Moriarty. Tutto cio accadeva molto tempo fa, quando Dean non era quello che è oggi, ma solo un giovane carcerato avvolto di mistero. Poi arrivò la notizia che Dean era uscito dal riformatorio e stava Venendo a New York per la prima volta; si diceva anche che avesse appena sposato una ragazza di nome Marylou.>> (....)

ON THE ROAD, (SULLA STRADA), Jack Kerouac

Quì i 100 migliori Incipit per l'American Book Review, con lo sguardo rivolto particolarmente a romanzi in lingua inglese.




22/12/15

We Have Explosive: Future Sound of London

Quando Garry Cobain e Brian Dougans hanno adottato il nome Future Sound Of London (FSOL) nel 1992, molti della comunità danzante locale l'hanno considerata una scelta impertinente. Eppure, come il ciclo infinito del tempo dei giroscopi, l'apertura mentale incarnato dal loro primo lavoro è stato adottato come standard in molte delle nuove correnti dell'a musica elettronica, da Detroit a Ibiza. Troppo olistici e curiosi, e con un orizzonte troppo ampio per essere solo londinesi, Cobain e Dougan hanno abbracciato nuovi e selvatici ibridi sonori, trasformando tutto in una nuova fase di dinamismo organico e digitale. Comunque troppo eclettici anche per essere ingabbiati nella definizione di un solo stile musicale.Tralasciando la presunzione, il nome è stato preso in prestito dalla leggenda techno Derrick May, e dal suo progetto Future Sound Of Detroit , quando avevano già sulle spalle un periodo di apprendistato con la musica da ballo, Cobain studente di elettronica e Dougans nascente tecnico del suono. L'Università di Manchester il luogo dei primi incontri e sperimentazioni.

Reciprocamente affascinati dalle possibilità offerte della nuova tecnologia, con affetto per gente come Cabaret Voltaire e A Certain Ratio, hanno subito iniziato a collaborare in uno studio da loro creato, spaziando in dall' elettronica, all' ambient, alla house music, dal drum and bass al trip hop. Enigmatici e riservati, tanto da rilasciare raramente interviste, hanno pubblicato materiale sotto il nome di Amorphous Androgynous, e una enorme quantità di remix, frutto di collaborazioni con tantissimi musicisti, oltre che a colonne sonore e jingle radiofonici.

FSOL: Lifeforms (2cd Zip)








19/12/15

Pornography Tour 1982, i Cure e tutta l'essenza del Dark


Abbiamo già scritto che Pornography è l'album dei Cure che preferiamo. In seguito, con un parere quasi unanime, è emerso che il tour di presentazione di quel meraviglioso disco è stato il migliore che la band abbia mai portato in giro per il mondo, nonostante le meraviglie tecniche e scenografiche delle esibizioni successive che si sono avvalse anche dell'apporto di musicisti di grande valore, come Gabriel Reevees alla chitarra, fino ad oggi l'ultimo grande chitarrista di Bowie,
Questo è un live di 30 minuti, set registrato per il programma L'Echo des Bananes alla televisione francese nel 1982, in uno studio di registrazione a Parigi senza pubblico. Noi li abbiamo visti, cinque elementi e un grande spettacolo di luci e proiezioni sorprendenti. Ma qui il gruppo è quello degli esordi, tre elementi a propulsione nucleare senza nessuno dei fronzoli degli spettacoli a venire, per offrire le emozioni di quel grandissimo album che è Pornography.
Ascoltando l'album a distanza di una trentina d'anni dopo, è ​​ancora una delle esperienze di ascolto più brutali e crude che si possono avere. Non sono, e non siamo proprio dei fanatici dei Cure, ma questo album è capolavoro assoluto, una sintesi forse di tutto il movimento dark e del post punk dei primi anni '80.

Leggenda vuole che la band fosse in quel periodo completamente immersa nell'LSD (e nell'alcol) e che questo abbia pesato moltissimo durante le registrazioni.
E che aver contribuito all'intensità di quel tour del 1982, di cui si hanno pochissime immagini e filmati, sia stato l'odio abbastanza intenso che si era sviluppato tra Robert Smith e bassista Simon Gallup, che prontamente uscì dalla band dopo il completamento del tour. In realtà, l'allora batterista Lol Tolhurst scoprì che i suoi due partner avevano entrambi deciso di tornare in Inghilterra a seguito di una scazzottata nel backstage dopo un concerto a Strasburgo: il papà di Smith lo rimproverò di tornare in tour perché.. <<la gente ha comprato i biglietti!..>>.
Due settimane più tardi, dopo un concerto finale a Bruxelles, i tre ragazzi immaginari non erano più.

Setlist: 
"Cold"
"Hanging Garden"
"One Hundred Years", 
"A Forest" 
"The Figurehead" 
"Play for Today"





Il Sound System Giamaicano al Tabernacolo di Londra e piccola guida al Dub

Potenti banche di casse acustiche....
Un’altra interessante esposizione, (dopo quella, bellissima, sui Jam..) che dopo aver toccato Bristol e Birmingham, arriva a Londra in questi giorni. Da gennaio sarà possibile visitare l’esposizione che illustra lo sviluppo del Sound System giamaicano nel Regno Unito, e in particolare nella capitale. Potremo farci un idea di come la musica proveniente da questa piccola isola ha trovato una seconda dimora in Inghilterra a partire dai lontani anni ’50. Il patrimonio reggae viene rivisitato da una montagna di foto e filmati di repertorio, ma non solo: la mostra sarà la sede di un Sound System interattivo, in stile vintage, realizzato prettamente per questo interessantissimo progetto musicale e culturale, che si svolgerà al Tabernacolo di Londra, W11 2AY, Notting Hill, dal 05 al 17 Gennaio. L'ingresso è libero da Lunedi a Domenica, 09:00-06:00, e l'installazione sonora può essere ascoltata dalle 2 alle 4 pm. L’evento si concluderà con un evento live, il 30 gennaio, con il legendario Sir Coxsone Outernational, a sud di Londra, all’Ibex Venue a Stockwell, con la partecipazione di un'altra leggenda del reggae / dub, il musicista e produttore Dennis Bovell, già con Linton Kwesi Johnson e la dennis Bowell Band.

Per essere una piccola isola caraibica, la Giamaica ha avuto un'influenza straordinaria sulla musica mondiale. La suprema invenzione - il reggae - emerse dopo che il paese ottenne l'indipendenza dalla Gran Bretagna nel 1962, e le band iniziarono a suonare un calderone di jazz, swing, pop e rock'n'roll per i tanti turisti statunitensi che affollavano gli hotel e i resort del paese, dando a questo miscuglio di generi un tocco locale eccentrico - in particolare sequenze di chitarra ritmica off-beat e voci ricche di patos. All’epoca l’elettricità era un bene di lusso nelle case giamaicane, così i 45 giri iniziarono ad essere suonati all’aperto con enormi sistemi audio, i Sound System. Iniziarono così anche le forti rivalità tra i dj che si esibivano davanti a folle enormi che si scatenavano in balli e canti.

Arrivò lo ska, quando le onde delle radio rhythm'm blues del sud degli USA iniziarono a sentirsi bene in Giamaica fin verso il 1959, anno in cui venne in mente ad un certo signore, Lauren Aitken, di smetterla di copiare gli artisti americani che venivano fuori da radio Winz, la stazione più ascoltata in Giamaica, e cercare di personalizzare in qualche modo quel suono troppo americano per gli artisti delle isole caraibiche. Il basso cominciò ad acquistare sempre maggior risalto, sezioni fiatistiche che imperversano duramente sui pezzi, con Prince Buster e The Skatalites, musica contraddistinta da un ritmo saltellante che cambiando schemi e ritmi diventerà Rock Steady verso il '1967/68 e si evolverà in reggae alla fine dei '60, inizio 70,  che si frantumò in miriadi di forme diverse e sotto-generi. A partire dal 1969 il reggae diventò molto popolare nel Regno Unito - dove migliaia di immigrati caraibici occidentali si erano stabiliti negli anni del dopoguerra: Desmond Dekker & The Aces arrivarono al numero 1 in classifica con lo skinhead-friendly Israelites. Quattro anni più tardi, Bob Marley diventò la prima star internazionale del reggae, catturando il pubblico rock con l’impareggiabile Catch of Fire insieme al suo gruppo, i Wailers.

Nel corso degli ultimi 60 anni, la musica popolare giamaicana raramente si è fermata, prosperando su innovazioni di una manciata di professionisti che continuamente elaborano nuovi suoni, spingendo la musica in nuove direzioni. Abbiamo già detto che la Giamaica ha esercitato un'influenza sproporzionata sulla produzione musicale in tutto il mondo. E negli ultimi tempi, il dub ha dimostrato di essere il sottogenere del reggae più influente di tutti. I valori e le tecniche di dub sono più che mai presenti nella musica che consumiamo ogni giorno: techno, dubstep, ambient, jungle, garage, dance elettronica, punk. Questi e numerosi altri generi forse non sarebbero arrivati al centro della cultura giovanile, l’esempio più eclatante riguarda il rap: tramutatosi poi nell’hipn hop, senza l'invenzione del dub, introdotto da un cenacolo d'elite di ingegneri del suono e produttori discografici giamaicani, non sarebbe mai diventato quella forma di cultura popolare che è oggi. Eppure, per molti, il dub appare un genere impenetrabile. L'uomo più facilmente identificato come 'inventore dub' non è altro che King Tubby, altrimenti noto come Osbourne Ruddock, tecnico del suono e proprietario di un minuscolo monolocale nel ghetto Waterhouse di Kingston occidentale, luogo chiave nella creazione del dub. La costante propensione all’ innovazione è il tratto distintivo del suono e ciò che ha reso Tubby così unico. "King Tubby di è stato sicuramente il più grande musicista mai venuto fuori della Giamaica.

Quindi il Dub ...
E' la seconda grande invenzione dei musicisti jamaicani. Nato per necessità in quanto, non avendo mezzi per finaziare il lato B dei 45 giri i musicisti usavano la stessa base del lato A stravolgendola con echi e dilatazioni ritmiche. Ora è una vera e propria corrente. le canzoni possono essere manipolate a piacimento con grande soddisfazione di musicisti e pubblico che ama moltissimo questo stile per ballare. Con l'evoluzione dell'elettronica e dei computer e l'interessamento di molti musicisti bianchi, nel tempo il Dub è divenuto più accessibile all'orecchio occidentale.




















12/12/15

Anna Mae Aquash, Wounded Knee e l'American Indian Movement

Villaggio di Wanblee
La terra di Roger Amiotte si estende sull'angolo nord-orientale di quella riserva (tre milioni di acri in tutto) in un punto in cui colline ondulate ed erbose lasciano il posto ad alture sabbiose e alle terrazze semi aride delle Badlands del Sud Dakota. A un’ora d'auto verso sud-ovest c’è il villaggio di Wounded Knee, costruito accanto al luogo in cui, nel 1890, centinaia di seguaci Sioux del capo Piede Grosso furono massacrati dall'esercito degli Stati Uniti. A un'ora di strada in direzione nord-est vi è la capitale dello stato, Pierre. A due ore verso nord-ovest ci sono Rapid City e il monte Rushmore, nelle Black Hills (Colline Nere), territorio sacro ai nativi da tempo immemorabile. La Highway 73 corre verso nord sul confine orientale della riserva. In fondo ad un lungo pendio vi è una banchina larga quanto basta per parcheggiare un’automobile. Poco dopo le 14.00 del 24 febbraio 1976 Roger stava avanzando lungo il letto di un torrente in secca il cui corso è parallelo alla strada, improvvisamente vide un corpo umano raggomitolato alla base del dirupo. Non si avvicinò, tornò subito a casa e comunicò la spiacevole scoperta all'ufficiale di polizia del villaggio di Pine Ridge. Nel giro di due ore almeno dieci pubblici ufficiali, alcuni del F.B.I. erano presenti sul luogo per esaminare il corpo.

A poco più di una settimana dalla scoperta, bollettini radio e della televisione annunciarono che l’F.B.I. aveva identificato il corpo per mezzo delle impronte digitali: si trattava di Anna Mae Aquash, appartenente alla tribù Micmac della Nuova Scozia (Canada), nota attivista dell'American Indian Movement, oltre ad essere intima amica dei leader dell'AIM Dennis Banks e Leonard Peltier. Veterana dell'occupazione di Wounded Knee avvenuta nel 1973 e di molte delle successive azioni dell'AIM. Dal 25 novembre 1975 era ricercata dall'F.B.I. La riserva di Pine Ridge era percorsa da violenti scontri politici sin dal '73, molti leader locali dell'AIM erano stati terrorizzati e in diversi casi uccisi. La notizia rimbalzò come le onde di un elettroshock per tutta la riserva: che un’organizzatrice nazionale dell'AIM, la quale non risiedeva nella riserva, venisse trovata morta di congelamento ai margini di una strada isolata della riserva era più che inusuale, era bizzarro. Anna non beveva alcolici, non si drogava, non camminava o viaggiava mai da sola nella riserva, e mai si sarebbe messa a fare l'autostop. La sepoltura frettolosa gratuita, le ambigue versioni della polizia, i molti ostacoli incontrati dagli amici di Anna Mae nei loro sforzi per scoprire cosa fosse veramente accaduto, sollevarono un vespaio di voci che affermavano che l'attivista era stata uccisa. La seconda autopsia, l'11 marzo, si tenne a Washington e, oltre a strane mutilazioni, tra cui quelle di entrambi le mani, condusse all'inevitabile conclusione: Anna Mae Aquash era stata assassinata con un proiettile sparato alla nuca.

"E' estremamente eloquente, quindi estremamente pericoloso". John Trudell

«Dobbiamo abituarci a pensare in termini di comprensione e amore — affermò nel suo discorso -. Invece siamo caduti nella rete dell’odio contro l’uomo bianco. Per quello che ci ha fatto. E quest’odio affiora spesso. Ma è necessario che cominciamo a capire i sistemi del colonialismo. I sistemi usati dai bianchi per sfruttarci e tenerci sotto il loro potere. Il nostro nemico non sono gli Stati uniti. Il nostro nemico non è il singolo uomo bianco. Il nostro nemico è l’uomo bianco nella sua collettività sociale. Ci vendono i fucili e ci guadagnano sopra. Ci hanno ridotto al punto di poter profittare delle nostre paure e delle nostre emozioni. E pensano ancora di poterci insegnare qualcosa con i loro manganelli, i loro fucili e le loro bibbie. Ma se studiate la loro strategia generale vedrete che essi approfittano della nostra militanza e del nostro spirito per cercare di separarci e isolarci dal resto della nostra gente.. A me pare che quando succede un fatto come Wounded Knee gli uomini bianchi che sono dalla nostra parte dovrebbero prendere loro stessi il fucile e battersi contro gli altri bianchi».

"E 'estremamente eloquente, quindi estremamente pericoloso" .
Con queste parole si apriva il fascicolo di circa 17.000 pagine stilato dall'FBI americano, uno dei più lunghi della sua storia, su John Trudell, attivista, artista, attore e poeta, una vita dedicata alla lotta per il riconoscimento dei diritti dei nativi americani.
"Tutto quello che ho fatto è stato parlare, e mi hanno represso duramente solo per questo." Dichiarazioni tratte da Incidente a Oglala, documentario in cui viene narrato un momento cruciale della sua vita: la morte di sua moglie Tina, i loro figli Ricarda Star, Sunshine Karma, Eli Changing Sun, la madre di Tina Leah Hicks-Manning, in un incendio sospetto della casa dei genitori nel febbraio 1979, nella Duck Valley Reservation, in Nevada. Non è stato possibile dimostrare la dolosità dell'incendio, nonostante l'indagine parallela avviata dalla famiglia Trudell mediante investigazione privata, che aveva dato per non veritiera ed impossibile la versione ufficiale delle autorità. Trudell aveva molti nemici in quel territorio, a causa delle sue lotte contro le speculazioni che avvenivano proprio nei confronti della terra della riserva, e non è difficile immaginare che questa storia sia una delle tante e impunite infamie perpretate dal governo federale americano contro le minoranze e le opposizioni del paese.
Nel 1969, studenti e organizzatori dei nativi americani, tra i quali Trudell, occuparono l'isola di Alcatraz, dal 20 Novembre 1969 all' 11 giugno 1970, occupazione che diventò un incubatore per il nascente movimento per i diritti dei nativi americani, l'American Indian Movement (AIM) a Minneapolis, di cui Trudell fu portavoce dal 1973 al 1979.
Nel 1982 iniziò a registrare le sue poesie in musica, particolarmente in quella tradizionale dei nativi. Jackson Browne è stato suo amico e collaboratore, insieme ad altri artisti e musicisti come Kris Kristofferson, Bonnie Raitt, Indigo Girls, John Fogerty, Willie Nelson, e Bob Dylan. A.K.A. Graffiti Man, registrato con il leggendario chitarrista Kiowa Jesse Ed Davis (morto poi per eroina) nel 1986, fu acclamato come miglior album dell'anno da Bob Dylan.

John Trudell ebbe anche una rilevanza nel processo per la morte di Anna Mae "Pictou" Aquash, in cui testimoniò contro due attivisti del AIM, provocando non poche polemiche all'interno del movimento. Proprio quì su INTERZONE, avevamo raccontato la storia di Anna Mae in un lungo post, che ripubblichiamo oggi, anche in memoria di John Trudell, scomparso a 69 anni l'8 dicembre scorso.





09/12/15

Goodnight Mommy: che cosa è successo a mamma?

Goodnight Mommy è un film horror trafiggente, scritto e diretto dagli esordienti Veronika Franz e Severin Fiala, austriaci, spettacolarmente inquietante, che evoca un senso costante di terrore e angoscia, presagi infausti nei giochi innocenti e nei pasti condivisi dei suoi giovani protagonisti, i gemelli Lukas e Elias. 10 anni d’età all'incirca, trascorrono le vacanze estive in una moderna, elegante e isolata casa (decorata con un mix eclettico di d'arte contemporanea, stampe fotografiche sfocate e macabre bambole antiche..) con la mamma, una speaker televisiva reduce da un intervento di chirurgia estetica al viso. Passano il tempo giocando a nascondino e a rincorrersi nei campi di grano lussureggianti, a ridosso dei boschi che nascondono la casa, le giornate sono belle e soleggiate ma la tensione snervante sovrasta il film dall’inizio come una nuvola nera. La pellicola ha un impressionante estetica visiva, girato in un 35 millimetri brillante. La fotocamera ci fa ipotizzare quello che potrebbe succedere off-screen, mentre è gestita come se a girare fosse un guardone. La madre dei ragazzi (Susanne Wuest) indossa una maschera di garza sostenuta da nastro adesivo, sotto si intravede quel poco di volto bianco latte che apparentemente è stato ricostruito chirurgicamente dopo aver subito un infortunio o una malattia. I suggerimenti che ci da il film con i dialoghi sono forse falsi e certamente in conflitto. Ciò che è chiaro è il rapporto travagliato che questo genitore solitario ha con i figli. Le sue conversazioni con i ragazzi sentono di pesante controllo, anche manipolativo. Uno dei ragazzi sembra essere uscito dal suo favore, e la coppia si sussurra il loro disagio, che diventa man mano sempre più opprimente. Questi "occhi senza volto" sembrano nascondere qualcosa, i ragazzi iniziano a sospettare che quella non sia la loro mamma ma una donna vista in una foto che le ritraggono insieme e che indossa gli stessi vestiti e le assomiglia in modo quasi identico. Altri particolari, il suo agire strano, come punirli per piccole marachelle, imporre il silenzio assoluto in casa per permetterle di ottenere il riposo medico consigliato, il freezer stracolmo di surgelati, una sua uscita notturna nei boschi, sollevano i loro sospetti a tal punto che la loro stranezza si aggrava, alimentano e aggiungendo all'esplorazione della storia crudeltà intrinseche. Tutto il film ci tiene col fiato sospeso, con la bocca senza sorriso e gli occhi iniettati di sangue della mamma e le sue conversazioni telefoniche spezzate, la sua impazienza inspiegabile con uno dei ragazzi, che hanno intenzione di ottenere risposte: se la tensione in altri film horror viene da un desiderio frustrato dei protagonisti di chiamare la polizia, scappare, o semplicemente uscire da una situazione terrificante, in Goodnight Mommy è proprio nel nostro non sapere di chi fidarsi che la fa salire, e nella comprensione limitata della realtà e di quello che sta succedendo intorno a Elias e Lukas, realtà ridotta e filtrata solo attraverso questa coppia di gemelli di incredibile bravura cinematografica. Ci vorrà tutto il tempo del film per capire quello che sta succedendo, e il finale rivaluterà tutto quanto accaduto prima. Questo film è una pazza avventura malsana attraverso le menti dei suoi tre personaggi e la casa in cui abitano. Inoltre, vi è il sottotesto della chirurgia estetica, intesa come forza mutante ed è quì una metafora della violenza. Sarà curioso vedere se Hollywood, nell'inevitabile remake che ci sarà, vista la scarsità di sceneggiature originali che si protrae ormai da anni, avrà il coraggio di toccare quei nervi.
Le cose non sempre vengono dal buio per farci paura… 
Da non perdere.
 
 



08/12/15

Mark Sandman e i Morphine: il lato oscuro della vita moderna e la speranza

Ci siamo spesso occupati di musicisti, artisti e personaggi del Rock'n'Roll e dello show biz scomparsi a causa dell'uso smodato di droghe pesanti. Oggi invece rendiamo omaggio ad un personaggio scomparso molto precocemente, che abbiamo troppo amato e che con le droghe pesanti non aveva mai avuto a che fare.
Ho amato Mark Sandman e i suoi Morphine. Mark era un avido lettore dei beat, di Bukowski, John Fante e di scrittori harboiled come Raymond Chandler e Jim Thompson, a cui abbiamo dedicato un lungo post perchè tra i nostri must. Roba scura. Ha anche scavato tra i surrealisti come Artaud e Rimbaud e ha dimostrato nei testi delle sue canzoni, che erano racconti in miniatura del lato più oscuro della vita moderna, sogni febbrili popolati da cuori spezzati, e da alcol e droghe. Nei suoi racconti c'è un romanticismo andato a male, vite vissute ai margini, e le malvagità del mondo sono state condite con barlumi di sesso dolce e umorismo nero che ci ha dato il senso che non tutto in fondo è senza speranza.

Con i Morphine, Mark ha continuato a creare un lavoro che era notevole nella sua integrità musicale e lirico. Sandman è stato uno scrittore dotato come quelli che ammirava e stava affermando il suo essere artista a tutto tondo e di rilevante entità, quando morì di un attacco di cuore, a soli 46 anni. La sera che si apprese della sua morte, quì a Palestrina, a pochi Km dalla capitale, il 3 luglio 1999, ci siamo seduti al nostro bar e bevuto drinks alla sua memoria. Ricordando che le sue parole erano una via d'uscita dal buio e la sua musica una cura per il dolore. Ci hanno sempre consolato le dichiarazioni di Michael Azerrad, suo amico che ha messo a tacere una volta e per tutte le voci riguardanti la morte per droga di un uomo che mai le aveva usate in vita sua. Un arresto cardiaco sul palco, in fondo per un musicista, il modo migliore. Ma Mark era troppo giovane, troppo presto, perchè avrebbe potuto regalarci ancora tanta musica e tanta poesia.

Nessuno voleva ammettere le circostanze della morte di un musicista e di un uomo vitale di 46 anni, e così le voci iniziarono a girare. Inizialmente la band, gli amici e la famiglia erano troppo addolorati per parlare, per dare una spiegazione. Forse era perché Sandman era un musicista rock, forse era a causa del suo modo straordinariamente laconico, forse era semplicemente perché la sua band si chiamava Morfina, che alcune persone saltarono senza dubbio alla conclusione che la scomparsa precoce era dovuta ai farmaci. Molti musicisti sono morti di attacchi di cuore legati al consumo di cocaina: da James Honeyman-Scott dei Pretenders , al bassista degli Who John Entwistle, e così via.
Anche il film documentario The Mark Sandman Story, non ha affrontato, e tanto meno smentito quelle voci. Ma Mark Sandman non ha mai usato droghe pesanti - dice Sabine, la sorella -  anzi, conferma che le disprezzava.

"Nel corso della sua vita, aveva visto i rottami che le droghe causano, e una persona del suo intelletto e dalla sua curiosità non era interessato a seguire quella strada. Voleva solo aumentare la sua esperienza di vita, non smorzarla. " 

E diciamocelo, il fatto di dedurre solamente dal nome della band che Sandman era un consumatore di droga pesante è piuttosto giovanilistico e dà poco credito ad un artista così sofisticato. Sandman ha sempre affermato che gli piaceva l'etimologia della parola morfina, che deriva dal dio greco dei sogni, Morfeo. Ma il nome Morphine sicuramente si riferisce anche ai poteri analgesici della musica, qualcosa a cui Sandman si appoggiò pesantemente in seguito alla morte prematura di suoi due fratelli minori Roger e Jon.

Allora, perché è successo? Beh, Sandman ha avuto alcuni fattori di rischio classici. Era un fumatore pesante . Ed era anche sotto un stress, non solo come frontman di mezza età di una rock band sempre in tour, ma anche perché era il principale compositore di una band che stava cercando di arrivare fino alla scadenza del contratto discografico con l'etichetta con cui avevano firmato.
Mark voleva vivere all'altezza delle aspettative dei fan, che hanno sempre ricambiato alla grande questo suo "donarsi". E non ha mai delegato niente per quanto riguarda la gestione del gruppo.

In una intervista, Sabine ha confessato che c'era stato un avvertimento: un attacco cardiaco minore. Seduto sul divano, iniziò a lamentarsi che gli mancava il respiro. Solo un paio di minuti, afferma, poi tutto passò. Pensarono ad un indigestione. Ed è normale, quando si è ancora relativamente giovani. Tutti sentiamo strani dolori al petto di tanto in tanto. Palestrina, 45 minuti di auto a est di Roma, quel giorno era ancora molto caldo quando la band si presentò in scena. 
"Il frontman dei Morphine muore di infarto sul palco." E nessun altra spiegazione. Sandman era ebreo, nel giudaismo, il corpo è considerato il santo tempio dell'anima, e il Talmud, vieta le autopsie. Così iniziarono le voci di droga, che sconvolsero fan, e profondamente la band, la famiglia e gli amici.

Un post mortem presso l'ospedale confermò che fu arresto cardiaco, ma le speculazioni continuarono. Fino alle recenti dichiarazioni della famiglia di Mark. Ora tutti noi conosciamo la vera la storia. Quì sotto un best personale, un tributo: quasi interamente i primi tre album dei Morphine e un profondo mea culpa per aver "dimenticato" Mark  nel Best di questo blog per quanto riguarda i bassisti. Virtuoso del basso a due corde, è stato uno dei più originali della storia, nonché fonte di ispirazione per musicisti come Les Claypool, Josh Homme, Mike Watt.


Morphine_My Best





In tutto il mondo, ovunque vado Nessuno mi capisce Nessuno sa quello che sto cercando di dire

Ovunque vado che nessuno mi capisce Mi guardano quando parlo loro
E si grattano la testa  "Che cosa sta cercando di dire?"

Ma tu... tu parli la mia lingua
Ma tu... tu parli la mia lingua
Sì! Sì!

Tutto il mondo, ovunque vado Nessuno mi capisce Nessuno sa quello che sto cercando di dire

Anche nella mia città Miei amici mi dicono di  scriverlo
Mi guardano quando parlo loro E  scrollano le spalle
"che cosa sta parlando?

Ma tu... tu parli la mia lingua
Ma tu... tu parli la mia lingua
Sì!

Kabrula kaysay Brula Amal amala senda Kumahn Brendhaa!
Kabrula kaysay Brula Amal amala senda Kumahn Brendhaa!
Kabrula kaysay Brula Amal senda amala!
Kabrula kaysay Brula Amal senda amala!
Kumahn Brendhaa!
Kumahn Brendhaa!
Brendhaaaaaaaaa!
Sì!

Tu... tu parli la mia lingua
Tu... tu parli la mia lingua
Sì! Sì!


 

07/12/15

Dita sanguinanti: Best Punk Rock Guitarist

Come maestri d'ascia hanno riscritto il rock a tinte forti, tre accordi velocissimi alla volta, infliggendo traumi contusivi con poco virtuosismo tecnico. Steve Jones dei Sex Pistols alla domanda su come ha iniziato con la chitarra, riecheggia l'ethos del do-it-yourself del punk."Non avevo intenzione di essere un chitarrista, ma ho rischiato di essere un cantante. Cioè fino a quando è arrivato ​​John Lydon [Johnny Rotten]. E poi ho capito che non ero davvero adatto come frontman. L'unico posto libero nella band era per un chitarrista, quindi ho preferito questo piuttosto che rinunciare. " Quando si tratta di punk, unità e determinazione vengono prima, e dettagli come come far funzionare realmente lo strumento vengono subito dopo quelle frenesie. Di conseguenza, il più delle volte è stato il caso ad illuminare il mondo con schitarrate alla velocità della luce, infiammandolo.Per il punk dell'era dei Sex Pistols la chitarra elettrica simboleggiava il grezzo, il reale; il sintetizzatore, al contrasto, indicava il flaccido, il deprimente, e l'ironia del fatto che i primi punk rifiutassero l'alta tecnologia in favore del logoro simbolo del primitivismo moderno, rappresentato proprio dalla chitarra elettrica è ormai evidente. Il punk abbracciava tutto ciò che la moderna borghesia e gli hippie detestavano: plastica, cibo spazzatura, b-movie, fare soldi con minor sforzo possibile. Allo stesso tempo era stato ispirato in parte dal ritorno della cultura dei teddy boys e dal revival del rock'n'roll classico, rivolgendo lo sguardo all'indietro verso un rock snello e affamato, ai vecchi e frenetici riff rockabilly: per questo, la chitarra elettrica è stata lo strumento principe e l'enfasi del movimento punk.
Questa la mia (come sempre) personalissima classifica, in ordine sparso.


Ron Asheton - The Stooges
Il suono wah-wah d' della chitarra di Ron Asheton nell'apertura di "1969" degli Stooges è la nascita del lamento del punk rock. Da lì, la canzone vira con percussioni tribali, su cui Iggy Pop, allora 22enne, urla annoiato e con la sola voglia di fare un gran casino.. Ron ritorna con un assolo dal taglio seghettato che da inizio ad nuova era per il -rock and roll, una nuova direzione da seguire per moltissimi artisti. "I Wanna Be Your Dog", è ancora più grave. Nei successivi due LP , Fun House (1970) e Raw Power (1973), Asheton spinge la chitarra ancora in sonorità più dure e nella melma brutale, frastagliata, lacera e cruda, antesignano di un punk rock perfetto che sarebbe arrivato non molti anni a seguire. In pratica, se vi siete persi il suo modo incendiario di suonare la chitarra allora fino ad adesso è sicuro che siete stati chiaramente su un altro pianeta.

East Bay Ray - Dead Kennedys
Più volte presente su questo blog con i suoi Dead Kennedys. Raymond John Pepperell, meglio conosciuto per i devoti come East Bay Ray, ha avuto il suo bel da fare per tenere il passo con il frontman del gruppo e una delle nostre spiritual-guidance, il vorticoso e infuocato Jello Biafra . E Ray si è dimostrato più che all'altezza del compito: mischiando gli elementi della musica che amava, surf, rockabilly, country old-time, jazz, le colonne sonore degli spaghetti western, e anche le esplorazioni psichedeliche del fondatore dei Pink Floyd Syd Barret, ha caratterizzato il sound dei DKS in un crescendo e rauco punk rock unico nel suo genere. Notare la mano fumante alla fine del brano sotto nel video..





Poison Ivy Rorschach - The Cramps
Nata Kristy Wallace Marlana a San Bernardino, e reinventandosi Poison Ivy Rorschach sulla rotta della nascente scena punk di New York City alla metà degli anni 70. Collaborando con il marito e front man bestiale e wild-man Lux Interior, per formare i Cramps, Ivy ha inventato un modo nuovo di suonare la chitarra, con riff incendiari e assolutamente sconsiderati, fiammate di punk e in definitiva un sound che arrivava direttamente dal rock-and-roll dei 50s e ritenuto, molto accuratamente.. "psychobilly." Non solo alla chitarra, Ivy è songwriter, arranger, produttrice, e occasionalmente vocalist. Con la sua chitarra Gretsche e i suoi toni palpitanti ha influenzato un'intera generazione di musicisti rock / punk e goth band. Un icona intramontabile..

Dr. Know -. Bad Brains
Tanti ascolti prima di cominciare a comprendere ciò che si sta ascoltando. E 'nell'esaminare attentamente che la brillantezza di Dr. Know affonda nei Bad Brains. Il chitarrista nato Gary Miller suona note, chiavi, e accordi perfettamente a velocità impossibili, e che semplicemente non possono essere spiegati matematicamente. Da la combustione velocità e virtuosismo, Dr. Know spinge in direzioni sorprendentemente originali e di forte impatto, suoni oltre il cosmo che trova e riporta di nuovo a noi qui sulla terra nel corso di, il più delle volte, di un minuto e mezzo.




Paul Leary - Butthole Surfers
I Butthole Surfers inizialmente hanno scritto la loro implosione di hardcore punk, heavy metal, acid rock, e riferimenti Zappiani in uno sconvolgente estremismo, e solo i punk rockers, in un primo momento, possono comprendere ciò che i Buttholes stavano facendo. Altri elementi inclusi, percussioniste in topless, un bassista che suonava come se lanciava palle da bowling, un cantante cacofonico e caotico, e la fantasia musicale sgangherata di Paul Leary. Grandioso! Torrenziali, e Leary terrificante che suonava come stesse strangolando il suo strumento. Se qualcuno ha visto Paul Leary e i Butthole Surfers nel periodo d'oro probabilmente si è ritrovato con una rinnovata comprensione della demenza sonora, e della bellezza del rumore

Johnny Thunders - New York Dolls, The Heartbreakers
La foto di copertina del secondo album dei New York Dolls "Too Much Too Soon" è una grande dichiarazione di rock and roll. Johnny imbraccia una Les Paul Special del 1955 con il tipico atteggiamento proprio di quegli anni. Raggiunse il suo tono inconfondibile di suonare la chitarra vintage, molto forte e pulito.
Johnny Thunders, nato John Anthony Genzale Jr.,  arso sui sentieri del punk non in uno, ma in due combo cardini della musica tentacolare. Nel primo Thunders indossò abiti sexy e tacchi alti per scatenare l'inferno come regina suprema dei New York Dolls, agli inizi degli anni 70. Il Blues elettrico fantasticamente devastante e assoli trash non accesero solo il punk d'assalto, ma ispirarono contemporaneamente Kiss , i Sex Pistols, e poi molto direttamente i Guns N 'Roses. Dopo l'ammaraggio delle Dolls, Thunders divenne il frontman degli Heartbreakers, altrettanto vera hitband del punk.

Steve Jones - The Sex Pistols
Johnny Rotten, anima-frantumata e ipercinetica cattura il culmine dell' apocalittica sommossa nichilista del punk. Altrettanto importante per il suono della band, e del movimento che hanno incarnato è la velocità della chitarra spaventevole di Steve Jones. La sua Gibson Les Paul perfora gli inizi del rock-and-roll e aggredisce, ostile e stimolante, levigando un'estetica tutta sua. Quando è stato chiesto in questi ultimi anni che consiglio avrebbe dato ai giovani chitarristi, Jones ha detto: "Io direi loro di copiarmi, perché tutto quello che faccio è fantastico". Forse stava scherzando. Forse no. In entrambi i casi, è un consiglio da tenere in forte considerazione!



Johnny Ramone - Ramones
E' un racconto narrato senza fine : quattro mooks da Queens indossano giacche di pelle, salgono sul palco infernale del CBGB al centro di Manhattan , suonano venticinque canzoni in venticinque minuti, e il mondo sta ancora tremando per l'impatto che hanno avuto quei 25 minuti. Quello che viene trascurato a volte, e ciò che rende i Ramones il gruppo punk per eccellenza, è che i membri dei "tre accordi primitivi" rappresentano l'apice assoluto del loro know-how tecnico e delle loro capacità musicali. Johnny ha prodotto un suono così brutale e diretto, ha inventato uno stile implacabile che ha definito non solo il suono innovativo dei leggendari Ramones, ma la chitarra del movimento punk rock in generale. Uno dei chitarristi più influenti della storia del rock, armato della sua chitarra Mosrite e del suo surf-rock amichevole , Johnny Ramone ha suonato velocissimo come solo la sua mano poteva fare, e ha trovato ulteriore brillantezza nella sua incapacità (in un primo momento) di farlo attraverso un assolo di chitarra. Hey, nessuno può andare così veloce come Johnny Ramone..

Greg Ginn - Black Flag
Come esperto di elettronica e maniaco del lavoro, appassionato dei Black Sabbath e devoto per tutta la vita ai Grateful Dead, Greg Ginn ha prima formato a Hermosa Beach gli eroi hard Black Flag nel 1976. Nel corso del tempo, attraverso molteplici incarnazioni del gruppo, Ginn ha ridefinito non solo il modo di suonare la chitarra nel punk e scrivere canzoni, ma le stesse dinamiche estreme del rock. Ginn ha guidato i Black Flag come un dittatore, portando però l'esempio, mettendo la band sempre in primo piano rispetto la vita privata. Ginn ha poi incontrato il frontman Henry Rollins, sviluppando un modo di suonare la chitarra come nessun altro nel punk rock. Ascoltando la discografia dei Black Flag, si sente un virtuoso heavy metal che frantuma e sputa su ogni regola tecnica, che si discosta in voli di impennata bellezza, un provocatore arguto e saggio che con il suo strumento dirige magistralmente ogni briciola della illimitata complessità musicale del gruppo, che fluisce attraverso di lui. A nome dei Black Flag, Greg Ginn han messo sù un circuito itinerante di gruppi punk che rimane in attività ancora oggi. Inoltre, ha creato la SST Records, la più importante etichetta indipendente degli anni '80. Prima di tutto, però, Greg Ginn è uno dei più grandi chitarristi che il punk rock ha (ancora) prodotto.

Billy Zoom - The X
Il debutto su una major per gli X, fu del 1982: Under the Big Black Sun e il riff iniziale di "The Hungry Wolf" esplode con una bastonata! Billy Zoom suonava come il vivere spericolato; è il suo marchio, quell'attacco potente del suo stile di che risale poco a Steve Jones e Johnny Ramone, e molto più a Link Wray, Eddie Cochran, e Western Swing. Esperto di amplificatori, del suo zelo, della sua velocità micidiale, e della sua precisione si sono avvalsi musicisti del calibro di Gene Vincent, The Blasters, Etta James, Big Joe Turner, Mike Ness, e decine di altri grandi musicisti che lo hanno voluto in studio di registrazione. La sua presenza scenica ghignante e la tendenza ad interagire col pubblico rese gli X una band di "animali da palcoscenico". Sempre con chitarre Gretch, che gli ha dedicato come tributo la G6129BZ Billy Zoom Custom Jet argento.




Mick Jones - The Clash
E' stato ilfondatore e la chitarra dei Clash, la band più importante della rivoluzione punk. Importante per la musica, lo stile e l'innovazione, ma anche per la loro convinzione che il R'n'R e la politica potevano interagire e contribuire a cambiare le coscienze. E' soprattutto a lui che si deve la capacità della band di evolversi, passando rapidamente dai fatidici tre accordi degli albori del punk ad una visione più elaborata della musica, che li vide per primi a incorporare dub, reggae, ska, rockabilly, sonorità africane e orientali, e anche gli echi lontani delle discoteche di Londra: un mix in cui la chitarra di Jones brillava. Privo di assoli memorabili sapeva però come suonare una parte di chitarra e molta della musica dei Clash la si deve a Jones. La sua Les Paul Standard bianca è diventata.. totemica.
Con lui, i Clash alla fine furono l'unico gruppo punk a riempire le arene. E averne fatto colare del sangue, sul mio giradischi.

Brian James - Damned, Lords of New Church, The Brian James Gang
Si devono a lui i primi due album dei Damned, che con Sex Pistols e Clash formano la Santa Trinità del punk originale. Chitarrista incendiario cresciuto con Hendrix e Pete Townshend come modelli ha reinventato la chitarra elettrica, in seguito nel supergruppo proto-goth The Lords Of The New Church col compianto Stiv Bators, poi con la The Brian James Gang. I suoi riff sempre incredibilmente potenti e veloci, contribuirono all'ammirazione di sua maestà in persona Jimmy Page, che ne dichiarò pubblicamente le doti. Soprannominato la "chitarra che non fa prigionieri", ha fatto colare litri di sangue, sul mio giradischi.



Da non dimenticare Pat Smear, con i mitici Germs e prima di suonare quell'orrendo pop chitarristico dei Foo Fighters; Bob Mould degli Husker Du; Jake Burns degli Stiff Little Fingers e persino Captain Sensible, nato bassista nei primi Damned e passato poi con ottimi risultati alla elettrica...




04/12/15

Scott Weiland se ne è andato

Scott
Scott Weiland - (Santa Cruz, 27 ottobre 1967 – Bloomington, 3 dicembre 2015)
 
Stone Temple Pilots presero d'assalto la scena musicale nel 1992 con il loro primo album, Core, un esplosioni di suoni, hard rock potentissimo che ha generato enormi successi come "Sex Type Thing", "Plush" e "Creep". La band fu subito aggregata al nascente e fiorente movimento di quegli anni, il grunge, una delle poche band non di Seattle e per questo osteggiata dai cultori del genere che accusarono Scott Weiland e gli altri di aver sfruttato la scia e il successo di gruppi come Pearl Jam e Alice in Chains.
Tuttavia, Scott smentì le voci sul campo, dando alla luce il secondo lavoro, Purple del 1994, capolavoro di energia e di versatilità di tutta la band. Con brani come "Vasoline", "Interstate Love Song" e "Big Empty", Stone Temple Pilots cementarono il loro posto tra i migliori attori sulla scena rock dell'epoca.
In tutto, Stone Temple Pilots hanno pubblicato cinque album, oltre a Core e Purple, nel 1996 Tiny Music- Songs from the Vatican Gift Shop,  N° 4 del 1999  e Shangri-La Dee-Da del 2001,  ognuno dei quali con ottimi risultati di vendita e di critica e che li ha portati ad avere per sempre un posto rilevante nella storia del rock.
STP hanno avuto i loro alti e bassi, come sempre accade nelle band di R'n'R. Durissima è stata la lotta di Scott Weiland con eroina e alcol, eccessi sempre ben documentati dalla stampa. Weiland uscì nel 2013 dal gruppo, sostituito malamente con Chester Bennington dei Linkin Park . Hanno pubblicato un EP nel 2013, High Rise, e sono al lavoro su un nuovo album, senza destare molto interesse dei vecchi fan del gruppo, mentre Scott ha militato nei Velvet Revolver con Slash dei Guns'n'Roses e nei Wildabouts, con cui era in tour. Scott Weiland è stato trovato ieri, 3 Dicembre a  Bloomington dove doveva esibirsi, esamine, nel tourbus della band. Aveva solo 48 anni. Not Dead & Not for Sale è il suo libro di memorie, pubblicato nel 2011.
Questo è il nostro omaggio a Scott Weiland e ai veri Stone Temple Pilot, che abbiamo ascoltato e amato, e di cui custodiamo gelosamente dischi e ricordi. 
Embrace, Scott...





















03/12/15

Lester Bangs, Scritti del Disprezzo

Caro East Village Eye: finora sulle vostre pagine ho appreso in occasioni diverse che il punk è stato inventato sia da Richard Hell che da John Holstrom, e presumibilmente anche in momenti diversi. Così ho pensato che forse potevo aggiungere anch'io la mia opinione: il punk l'ho inventato io. Lo sanno tutti. Ma l'ho rubato a Greg Shaw, che ha inventato anche il power pop. E lui l'ha rubato a Dave Marsh, che una volta ha persino visto Question Mark and the Mysterians dal vivo. Ma lui l'ha rubato a John Sinclair. Che l'ha rubato a Rob Tyner. Che l'ha rubato a Iggy. Che l'ha rubato a Lou Reed. Che l'ha rubato a Gene Vincent. Che l'ha rubato a James Dean. Che l'ha rubato a Marlon Brando. Che l'ha rubato a Robert Mitchum. Dall'espressione che aveva nella foto quando l'hanno arrestato per possesso di marijuana. E lui l'ha rubato a Humphrey Bogart. Che l'ha rubato a James Cagney. Che l'ha rubato a Pretty Boy Floyd. Che l'ha rubato a Harry Crosby. Che l'ha rubato Teddy Roosevelt. Che l'ha rubato a Billy the Kid. Che l'ha rubato a Napoleone. Che l'ha rubato a Voltaire. Che l'ha rubato a un barbone alcolizzato ignoto a cui ha frugato nelle tasche mentre il tipo era sdraiato privo di sensi in una fogna di Parigi, voi scrittori sapete bene come vanno le cose quando si è in attesa degli assegni dei diritti. Il barbone l'aveva rubato a sua madre, una megera senza denti che una volta faceva marchette, finche' non era diventata vecchia e brutta e allora si era messa a fare la sarta, ma non era tanto brava, le mani artritiche le tremavano tanto che le sue cuciture erano troppo lasche e alle eleganti dame parigine cadevano i vestiti in mezzo alla strada. E così che è nata la leggenda di Lady Godiva. Anche Lady Godiva aveva il punk nelle vene, l'aveva rubato alla megera per vendicarsi. E a Lady Godiva lo rubò il suo cavallo. Poco dopo il suddetto cavallo fu montato in battaglia e morì, ma non prima che il maggiore che lo cavalcava gli rubasse il punk. Il maggiore era un alcolizzato grave soggetto a lunghi periodi di vuoti di memoria che duravano settimane e a volte mesi, così si dimenticò' di averlo rubato. Si dimentico di averlo mai avuto. Si dimenticò cos'era e cosa significava. Come tutti noi. Ma una notte, in stato di ubriachezza, farfugliò il Segreto del Punk, secolare e inestimabile come il Graal, a un altro alcolizzato dotato di una memoria migliore. Quando il maggiore tornò sobrio l'altro alcolizzato, che era un borseggiatore e un ladruncolo, mentì e disse al maggiore che il vero proprietario del punk era lui, il borseggiatore, ma che una notte che aveva alzato il gomito, il maggiore glielo aveva rubato. Il maggiore gli credette. Ma in seguito si ubriacò e si dimenticò di nuovo tutto del punk, che quindi sarebbe potuto andare perduto in una delle crepe della storia, e allora John Holmstrom avrebbe fatto il venditore porta a porta di rivestimenti di alluminio e Richard Hell sarebbe impegnato a lanciare balle di fieno dal fienile di una qualche fattoria nel Midwest dove sarebbe stato assunto come aiutante PROPRIO IN QUESTO MOMENTO PRECISO in cui anch'io, che ho creato il punk e in teoria non dovrei stare qui a ricordarvelo, non farei il critico rock e il musicista occasionale - fatto che irrita i più e fa piacere solo a una minoranza illuminata - ma sarei piuttosto un pezzo grosso nel quartier generale dei Testimoni di Geova a Brooklyn. Invece di recensire i Devo per il Voice sarei l'autore dell'articolo "La molla - il metallo miracoloso", pubblicato sulla rivista Svegliatevi! nel 1978 circa. E ci sarebbe da andare fieri anche di quello.

Lester Bangs, Impubblicabile! - minimum fax