"Ora entra.. e gioisci delle delizie e dei terrori del mio mondo.." (cfr "Narcissus" Laurell K. Hamilton")
Benchè nell'immaginario gotico la figura femminile abbia sempre avuto un ruolo fondamentale, esso rimane tuttavia essenzialmente confinato all'icona, al personaggio stereotipato.. magari principale e funzionale alla trama, ma non reale protagonista e orchestratore della stessa.. sia che si tratti dell'innocente vittima da salvare, dell'etereo spirito senza pace, o del demone insidioso e lussurioso, erede di una certa visione calvinista della donna, mai del tutto scomparsa. Bisognerà arrivare ai giorni nostri, passando per il giro di boa degli anni 60/70 e l'imporsi negli anni 80/90 di scrittrici "di genere" carismatiche come la Rice, per assistere ad un'inversione di tendenza, una svolta nel modo di porsi delle scrittrici, e dei loro personaggi femminili. Queste iniziano ad uscire dagli schemi usuali del fanta horror, si fanno sempre più indipendenti, individualiste ed accentratrici, pronte a misurarsi alla pari sia con le entità paranormali che con gli uomini. Inizia l'epoca delle saghe, delle eroine horror, dell'espandersi a macchia d'olio in libreria di un genere prima di nicchia. Effetto collaterale di questa inversione, accanto all'imporsi di ottime autrici come Laurell K. Hamilton e Stephanie Meyers, è stato il prolificare di uno sciame di opportunistiche imitatrici, che ha dato vita ad un singolare fenomeno editoriale.. se non la scomparsa, almeno il ridimensionamento della tradizionale letteratura rosa femminile, a favore di una forma completamente nuova di avventura passionale tinta di nero, dove gli oggetti del desiderio non sono più romantiche fanciulle e impavidi cavalieri, ma fascinosi vampiri, streghe e licantropi. E se la validità artistica di una tale produzione è indubbiamente discutibile, è altrettanto vero che sta avendo il merito di avvicinare il mondo dei teenager alla lettura, auspicando che con la pratica passino, prima o poi, agli scaffali accanto.. Indubbio è tuttavia, il progressivo prevalere di autrici in un campo prima prevalentemene appannaggio maschile.
Chiaramente, nel panorama fantastico letterario, sono sempre esistite, anche nel secolo scorso, ottime, anche grandissime scrittrici.. la loro presenza era però se non nascosta, almeno defilata, quasi del tutto confinata al racconto o al romanzo breve.. oppure ad una sorta di sotto-produzione proveniente da autrici accreditate in altri generi, come Jane Austen, Charlotte Bronte, alcune celebri gialliste come Agatha Christie e Ruth Rendell.. tutte loro si sono cimentate anche nel genere horror, ma tale produzione, pur se altrettanto valida rispetto alle altre opere, è passata in sordina, come una sorta di estemporaneo divertissement, e si trova solo in antologie specifiche, raccolte in tempi recenti.. Tuttavia, il merito di aver reso l'horror un genere a se stante, non più filone si diffuso ma difficilmente definibile, e da allora in poi ricercato ed imitato, segno questo sicuro di riconoscimento, è proprio di una donna, Mary Wollstonecraft Shelley.
Durante un celebre fine settimana sul lago di Ginevra, trascorso assieme al marito poeta e filosofo, Percy Shelley e ad altri letterati, lord Byron e John William Polidori, (autore successivamente del romanzo gotico "Il vampiro", che ispirerà il Dracula di Stoker, scritto alcuni anni dopo), la Shelley concepirà "Frankenstein, o il moderno Prometheus" una storia dalla potente valenza simbolica, derivata dall'interesse per il galvanismo e le nuove scienze unito al tema sempre indagato della ricerca sulle origini della vita e dell'anima, qui scevro tuttavia da influenze sovrannaturali.. ottenendo il doppio risultato di rafforzare e dare spessore alla corrente gotica con quello che ancora oggi è uno dei personaggi maggiormente impiantati nell'immaginario comune, e gettare nello stesso tempo le basi del romanzo di fantascienza, di cui il Frankenstein è uno dei primi esempi in assoluto.
Mary è un'anticipatrice, una donna moderna ed anticonformista per i suoi tempi. Figlia del politico William Goldwin e della filosofa e femminista Mary Wallstonecraft, assorbirà dai genitori ideali e atteggiamenti fuori dagli schemi. Nata nel 1797 a Londra, conduce a lungo una vita bohemien, irrispettosa delle convenzioni dell'epoca, tanto che inizialmente convive con il futuro marito ed ha una figlia senza sposarsi, deceduta dopo pochi giorni. E' colta e intelligente e frequenta alla pari gli ambienti letterari. Cosa questa non insolita negli ambienti medio alti dell'epoca, dove spesso la letteratura prosperava e si diffondeva partendo dai salotti bene, dietro i quali c'erano donne all'avanguardia, all'altezza degli stessi autori di cui promuovevano l'opera. Ma soprattutto, e questa è una vera novità per quei tempi, riuscirà a mantenere sia lei che il figlio con il mestiere di scrittrice.
Morirà nel 1851, in seguito ad una lunga malattia, probabilmente un tumore al cervello. Ma il suo tormentato personaggio, in cui infuse molto della propria indole e dei propri ideali, che per tutti noi continua ad avere il volto del grande Boris Karloff, è ancora vivo e vegeto ai tempi nostri, e continua a suscitare incubi, e ad ispirare scrittori e registi. L'ultimo remake, ad opera di Kenneth Branagh, lo vede interpretato da Robert De Niro.
Con l'ingresso nel '900, quella che ha esercitato il maggior ascendente sui temi e sull'evoluzione della corrente fantastica attuale è certamente la scrittrice e giornalista americana Shirley Jackson, nata nel 1916 a San Francisco. Purtroppo, non è molto conosciuta in Italia, dal momento che la maggior parte delle sue opere non è mai stata tradotta.
Tuttavia, è bastato il libro "La casa degli invasati", conosciuto anche come "L'incubo di Hill House", scritto nel 1957, per mutare completamente l'immaginario di lettori ed autori relativamente al tema delle case infestate. Il mostro non è più "altro" rispetto a noi.. il cervello e i sentimenti si rivelano più pericolosi degli ectoplasmi, per trovare l'inferno non bisogna poi scavare troppo a fondo.. esso si trova molto più vicino di quanto si credesse.. e la moderna parapsicologia fa il suo ingresso nelle tematiche horror. Stephen King ammette apertamente di essere stato influenzato dalle opere della Jackson, e di averle prese a modello per "Shining" .. ma anche mostri sacri come Richard Matheson non sono affatto immuni dal suo influsso, tanto che la sua "Casa d'inferno" ne sembra a tratti un puntuale rifacimento.
"Nessun organismo vivente può mantenersi a lungo sano in condizioni di assoluta realtà.. perfino le allodole e le cavallette sognano, a detta di alcuni. Hill House, che sana non era, si ergeva sola contro le sue colline, chiusa intorno al buio.. si ergeva così da ottant'anni e avrebbe potuto continuare per altri ottanta. Dentro, i muri salivano dritti, i mattoni si univano con precisione, i pavimenti erano solidi, e le porte diligentemente chiuse. Il silenzio si stendeva uniforme contro il legno e la pietra di Hill House, e qualunque cosa si muovesse lì dentro, si muoveva sola." (cfr "La casa degli invasati" Shirley Jackson)
Anne Rice, nata nel 1941 a New Orleans, può essere amata o detestata, ma ha l'indubbio merito di essere la prima scrittrice di genere fantasy horror ad aver assunto una popolarità mondiale, capillare. I suoi libri vengono discussi nelle scuole e nelle università, si possono trovare in biblioteca e in libreria, come nelle edicole e nei supermercati, e il suo stile è subito riconoscibile, fin dalle prime righe.
"I feel like an outsider, and I always will feel like one. I've always felt that I wasn't a member any particular group" cfr Anne Rice
Per molto tempo, prima dell'avvento della Meyers e della Twilight's saga, il Vampiro, nell'immaginario comune, non era più l'affascinante creatura della notte di Stoker, e nemmeno la ripugnante creatura di King.. aveva invece i pur improbabili riccioli biondi di Tom Cruise, e i modi e gli abiti affettati della sua interpretazione di Lestat..
Personalmente, le Vampire Chronicles non sono la parte della sua produzione che apprezzo di più.. Certamente, "Intervista col vampiro", "Scelti dalle tenebre" e "La regina dei dannati", i primi della serie, sono originali e ben scritti.. per la prima volta il vampiro non è rappresentato soltanto come un'entità maledetta assetata di sangue, ma va in cerca, come tutti, delle ragioni del proprio esistere, si interroga sull'esistenza dell'anima, problema che accomuna allo stesso modo umani e vampiri.. Tuttavia i suoi personaggi servono da pretesto e da sfondo per elaborate, a tratti forzate riflessioni etico/filosofiche. Diventano delle icone, preda di sempre più complesse dinamiche psicologiche che li conducono a sublimare la propria natura,o, al contrario, a scivolare in una sottile e diabolica perversità. Da un lato simbolo dell'estremizzazione delle passioni umane, dall'altro strumento dialettico usato dall'autrice per indagare i limiti di psiche e spirito. L'eternità non è più la pietra filosofale da sempre agognata, ma si rivela un peso, per esseri che iniziano ad essere ossessionati dal mistero della propria origine, sempre in blico tra dannazione e redenzione.. e la ricerca delle vita eterna viene implicitamente condannata, visto che il suo epilogo sembra essere la progressiva follia, disperazione, o staticità dei protagonisti. Nel proseguire della saga, tali temi si fanno ancora più pesanti e autocompiacenti, e la Rice utilizza i suoi personaggi per scandagliare se stessa e la crisi religiosa che da sempre la affligge, in bilico tra cattolicesimo e ateismo.
"Chi ha smesso di credere in Dio o nel bene, continua lo stesso a credere nel diavolo.. Non so perchè.. No, anzi, lo so.. il male è sempre possibile. E il bene è eternamente difficile.." cfr "Intervista col vampiro"
Ovviamente, visti i suoi vampiri filosofi e raffinati, non c'è da stupirsi che detesti, seppur cordialmente, quelli di Stephanie Meyer.. Eccola in un'intervista interessante e spiritosa sull'argomento:
Dell'autrice, apprezzo invece molto la versatilità, l'essersi spesso cimentata in generi molto diversi dall'horror (tra la sua produzione c'è anche un originale romanzo storico, di ambientazione seicentesca "Un grido fino al cielo" e persino una serie di romanzi erotici). Ritengo però che la sua opera migliore sia "L'ora delle streghe", il primo libro della trilogia sulle streghe Mayfair, che riesce veramente a stregare, anche chi di solito non ama il genere, e rende un'affascinante e indimenticabile rappresentazione di New Orleans e dei suoi costumi celati.. C'è un'antica dimora a New Orleans. Nulla sembra distinguerla da molte altre simili, se non l'aspetto trascurato e incolto del giardino.. eppure, passandoci davanti, non si può fare a meno di fermarsi a guardare tra le sbarre del cancello, anche solo per un momento.. Può accadere allora di scorgere qualcuno in piedi.. una figura pallida e malinconica confusa tra le ombre.. Una figura dal fascino antico e fatale che lascia scivolare il suo richiamo tra le nebbie del tempo. E attende..
Laurell K. Hamilton può essere considerata l'anti Anne Rice, almeno per quanto riguarda le rispettive saghe incentrate sul vampirismo.
Al contrario del carattere complesso e tormentato, dall'indecisione e dall'immobilismo che contraddistingue Lestat & C., le creature della Hamilton, umane o immortali, vivono al massimo la propria esistenza, eterna o brevissima che sia, e lo fanno in modo disincantato e "politicamente scorretto". Attraverso le avventure di Anita Blake, sua eroina, prende vita un vero e proprio universo parallelo, reale e convincente nella sua struttura, al quale i fan hanno dato il nome di "Anitaverse" e in cui le considerazioni etiche passano in secondo piano e gli umani convivono con le creature sovrannaturali, a tratti perfettamente integrati, altre volte in conflitto.
Anita, la protagonista, esercita ufficialmente il mestiere di "risvegliante", mette cioè i suoi naturali poteri di negromante al soldo di una società che riporta in vita i morti dietro compenso.. perchè riportarli in vita?.. ma per numerosi e assi utili motivi!.. tipo risolvere dispute ereditarie, chudere delitti insoluti, chiarire diatribe familiari, ecc.. La sua fama è però dovuta all'altra sua attività, quella inizialmente non ufficiale di "sterminatrice" di vampiri.. la polizia si rivolge a lei per eliminare "succhiasangue" e altre creature particolarmente turbolenti, rei di aver infranto la legge, incrinando il sottile equilibrio che consente la convivenza con la comunità umana.. Le sue avventure sono estreme, colorate, e sensuali.. La vita sentimentale di questa singolare ragazza dalla pistola facile, ma che allo stesso tempo colleziona peluche a forma di pinguino, è assai complessa, in bilico tra l'attrazione per il vampiro Jean Claude e il licantropo Richard, entrambi capi delle rispettive comunità.
Il binomio eros-thanathos ha del resto grande rilievo nell'intreccio, ma in modo ironico e disinvolto.. L'autrice crea un originale mix tra la simbologia sessuale che ha da sempre accompagnato in letteratura il mito del vampiro e del licantropo, e le peripezie di eroine di fumetti alla Modesty Blaise e alla Satanik.. Dallo spiccato piglio fumettistico, rivelato da descrizioni vivide ed evocative, mai statiche, e dai dialoghi serrati, dipende del resto gran parte del fascino della saga, oltre allo stile particolare e coinvolgente, a tratti frenetico, e a trame mai scontate, solo apparentemente leggere e facilmente fruibili. In conseguenza di queste caratteristiche, i libri hanno dato origine ad una serie a fumetti sceneggiata dall'autrice stessa, in concerto con lo staff dell'editore, la Marvel Comics. Notevole, è anche il alvoro di ricerca alla base della storia. Leggendo tra le righe, chi si intende di tematiche esoteriche noterà che i riferimenti alla strutturazione dei gruppi sovrannaturali si rifanno ad antiche tradizioni, piuttosto che alla mera inventiva dell'autrice. Questo è evidente soprattutto nella descrizione dei riti voodò, nell'organizzazione del gruppo dei Licantropi, e in quello delle Fate.. Quest'accuratezza travestita da intranttenimento leggero è un notevole pregio rispetto alla verbosità spesso inconsistente dei personaggi della Rice.. presuppone una metodica e accurata raccolta di informazioni, e la successiva capacità di metabolizzarla e tradurla in fiction. Le avventura di Anita, infine, danno.. dipendenza!.. e in fondo è proprio questa la loro attrattiva maggiore. Libri di questo genere devono essere divertenti, altrimenti perdono la loro stessa ragione d'essere.. e forse proprio qui sta il limite principale della Rice.. il prendersi troppo sul serio. Una curiosità.. "Resti mortali", tipico esempio delle stranezze editoriali italiane, è uscito come sesto libro della serie, nonostante sia, cronologicamente, il secondo.. Inizialmente fu deciso di non distribuirlo a causa di passi giudicati eccessivamente efferati per il gusto italiano. Successivamente, in seguito all'inaspettato successo di vendite, l'editore si è precipitato a tornare sui suoi, di passi.. peccato che nel frattempo la storia era andata avanti di ben 4 libri!.. Ma Anita non se la prende.. continua imperterrita per la sua strada, forte dello stuolo dei suoi fan, dell'abilità con le armi, e del suo carattere sentimentale ed umano, che riesce tuttavia ad essere contemporaneamente cinico e spietato. Tipica sua, questa battuta tratta da "Butterfly":
"Edward si era sempre chiesto perchè provassi simpatia per i mostri.. Bè.. la risposta è semplice.. sono un mostro anch'io.."
L'americana Stephanie Meyer, nata nel 1973, non avrà forse l'abilità artistica e la versatilità di Anne Rice, ne l'originalità stilistica della Hamilton.. e molti detestano il suo nome a prescindere, senza neanche aver mai letto una sua riga, associandolo allo sciame di ragazzine(i) adoranti, in deliquio per la coppia dark più celebre e romantica degli ultimi anni, quella formata da Edward Cullen, che ha reso celebre l'interprete cinematografico Robert Pattinson, e Bella Swan..
Tuttavia, se un libro, e gli altri a seguire, è in grado di suscitare un
vero e proprio fenomeno di costume, in grado di mantenersi stabile negli
anni, e generare, come si accennava sopra, tutta una serie di imitazioni, in grado di prosperare solo sfruttando l'onda del successo della matrice, non credo sia possibile possa ottenere questo risultato in mancanza di qualità.. come
minimo, possiederà il dono di colpire l'immaginazione di massa, di offrire qualcosa che evidentemente mancava, e che è in grado di coinvolgere ed emozionare.. già questo è molto più di quanto la maggior parte degli scrittori riesce ad offrire.. ed è la ragione per cui, pur ammetto con un certo pregiudizio di base, ho voluto leggere, in rapida successione, tutti e quattro i libri della saga.. Ebbene, li ho trovati avvincenti e ben scritti, per nulla superficiali.. romantici, ma non sdolcinati..
Certo, il mito del vampiro viene del tutto rielaborato, trasformato, favolizzato, e adattato a modelli più fruibili dalle generazioni attuali.. il tema è quello classico dell'amore avversato, ma Romeo e Giulietta hanno dalla loro giovinezza e vita eterni, e nessun ostacolo è realmente insuperabile. L'eternità viene rielaborata in senso romantico, e diviene di nuovo attraente, sorgente continua di possibilità di conoscenza, miglioramento ed esperienza, invece di generare conflitti interiori insanabili. Il nuovo Dracula adolescente, non è più un outsider, si integra alla perfezione ai tempi, lasciandosi alle spalle bare e luoghi oscuri.. la luce del sole non è un problema, si limita a svelare la sua natura, e non somiglia più ad un feroce predatore, preferendo tenere a bada gli istinti a favore dell'integrazione con la comunità umana.. anche il conflitto secolare con i licantropi non è più assoluto, può addirittura trasformarsi in alleanza, di fronte ad un nemico comune.. E i licantropi stessi, alle stragi di luna piena, preferiscono a loro volta l'integrazione, nel branco come nel liceo locale.. Certamente, queste caratteristiche faranno inorridire i puristi del genere.. ma è indubbio che la formula funziona, visto che, con buona pace della Rice, la parola vampiro e/o lupo mannaro evoca ormai questo tipo di soggetto, rafforzato dalle varie serie tv di successo nate da questa scia.. La saga ha poi il pregio, non indifferente, di non peggiorare proseguendo, ma di evolversi e chiudersi senza strascichi, completando un ciclo, ed evitando infinite ripetizioni, capaci di rendere annacquata e insipida qualsiasi buona idea iniziale. Volutamente, la Meyer si è congedata dai suoi personaggi all'apice del successo, lasciando intendere che non avrà problemi a dimostrare, con gli scritti futuri, che l'ispirazione non si è estinta con essi..
Una menzione a parte, merita l'attuale panorama letterario fantastico italiano al femminile.. anche qui, non mancano le pseudo-scrittrici, imitatrici dell'imitazione stessa, che pure vanno avanti e si fanno pubblicare libri piatti e tutti uguali, forti di certe logiche italiane a cui, ovviamente, non può sfuggire l'editoria.. meglio la forma, ossia le conoscenze e la bella presenza, che garantiscono il passaparola e l'attenzione dei media alle presentazioni, piuttosto che la sostanza.. Mi chiedo se poi questi libri vengano davvero letti, da chi li osanna in pubblico e da chi li commenta.. o se venga loro gettato solo uno sguardo distratto, e prevalga l'interesse per il risvolto di copertina, dove lo sguardo bistrato e sorridente di certe autrici sembra suggerire che quello che davvero conta, è far parte del coro.. se tutti ne parlano bene, dovrà per forza essere anche brava,.. no?.. Viene da pensare agli incubi virtuali della scrittrice Connie Willis, nel suo "Strani occhi".. dove non esistono più gli attori in carne ed ossa, ma solo fantasmi elettronici costruiti pezzo per pezzo e manipolabili.. Certo, si parla di cinema, ma la formula è perfettamente adattabile anche alla letteratura.. Brrrrrr!.. impallidirebbe anche Mary Shelley.. meditate, lettori e critici, meditate..
Ma per fortuna, non mancano altrettante scrittrici davvero valide, che non hanno nulla da invidiare alle colleghe d'oltreoceano, e danno ossigeno ad una produzione a volte asfittica e poco originale.. E' purtroppo di recente mancata Chiara Palazzolo, grande scrittrice e donna intelligente e sensibile, siciliana di nascita, ma romana di adozione.
La sua è una scrittura complessa e raffinata, che offre sempre più piani di lettura, senza per questo diventare meno avvincente e coinvolgente. Già i suoi romanzi di esordio, "La casa della festa" e "I bambini sono tornati" sono affascinanti e pieni di suggestioni, a metà strada tra l'indagine psicologica e il sovrannaturale, che si propone senza imporsi, appena sussurrato.. La fama arriva tuttavia in seguito ad una decisa virata verso l'horror, con la saga dei "sovramorti", la trilogia di Mirta ("Non mi uccidere", "Strappami il cuore", "Ti porterò nel sangue"), dove rielabora a suo modo la figura dello zombie, immaginandolo consapevole e potente, mutato dal passaggio attraverso la morte, ma non mutilato da essa, ne fisicamente ne mentalmente. I suoi sovramorti sono giovani e belli, resi cinici ed egocentrici dalla consapevolezza del potere acquisito.. perdono le debolezze e le insicurezze della personalità che li aveva contraddistinti in vita, ma non quelle più profonde e generali dell'appartenenza alla razza umana. La loro è una non-umanità presente e dolorosa, resa ancora più vivida dal contrasto, dalla mancanza di quell'esistere che pur in apparenza non indispensabile, facile da imitare, limitante, acquista invece sempre maggiore sostanza e realtà, solamente attraverso l'assenza. Il linguaggio, soprattutto nel primo volume, è spiazzante e innovativo, a tratti disturbante.. ma riesce perfettamente nell'intento di descrivere lo stato mentale della protagonista, prima delirante e disperato, poi lucido, razionale e disincantato, nel tentativo di strappare da sè i residui di un'umanità vissuta ormai come una malattia, una febbre lontana che fiacca e consuma. Belle ed evocative, come sempre nei suoi libri, le descrizioni naturali. La natura, che aveva tanto amato da viva, è il mezzo con cui Mirta/Luna si mantiene in equilibrio a metà tra i due mondi.. Ecco un paesaggio perfetto, dipinto con pochi tratti, che sembra preludere al capolavoro di Chiara, il romanzo della piena maturità artistica, e purtroppo l'ultimo.. "Il bosco di Aus"
"Il bosco. Con i suoi fruscii. I richiami sommessi. I versi degli uccelli notturni, che stridono nel buio. Un lieve stormire di foglie, nella brezza che percorre la vallata. Fuggevole come un brivido. Tutto è passeggero, nel bosco. Tutto cresce. Cambia. Solo le radici degli alberi restano ancora ancorate alla terra. Come sentinelle nella notte.." cfr "Strappami il cuore"
"Ci sono solo due streghe. Quindi una di troppo. In tutto tre." cfr Chiara Palazzolo "Il bosco di Aus"
"Il bosco di Aus" parla di donne e di streghe, ed è esso stesso un calderone.. un crogiolo catartico nel quale l'autrice inserisce l'esperienza passata e quella presente, la malattia da superare e le aspettative per il futuro.. se stessa, il suo io più trasparente e quello più celato.. gli altri, il suo modo di vederli, e quello di rapportarsi ad essi.. un romanzo lirico, corale, in questo senso.. ma allo stesso tempo intimo e ovattato, come l'eco di segreti sussurrati, come i passi silenziosi di Carla nel bosco.. un bosco che è assieme onirico e fin troppo insidioso e reale, quello di tutte le favole mai scritte, che ancora mette in allerta una parte inconscia di noi, una paura atavica e nascosta.. che si risveglia quando ci ritroviamo a passarci in mezzo, pur se in pieno giorno e tra alberi radi.. oppure quando lo osserviamo da lontano, splendido e verdeggiante in un bel paesaggio.. e quella parte nascosta sussurra di oscurità e cose nascoste.. Questo è secondo me, oltre che l'ultimo, anche il più bel libro di Chiara, quello meglio riuscito, anche e soprattutto perchè fa paura, sul serio, e questo, al di là di tutti gli altri pregi, è alla fine il risultato principale che chi scrive horror deve attendersi.. La stregoneria è più temibile e insidiosa proprio perchè celata, appena accennata e non dimostrata, all'inizio con leggerezza, come una facezia tra amiche, una chiacchiera di paese.. e quando alla fine manifesta i suoi effetti, anche se ci si credeva preparati, si riceve uno schiaffo, si resta storditi.. e nulla è come sembra, e tutto è come è sempre stato.. Ci sono momenti di vero gelo, mentre si legge, perchè l'illusione, se di illusione si tratta, diventa perfetta, e sembra che quanto accade alla protagonista sia tanto vicino da poterlo sfiorare, potrebbe succedere davvero.. come è sempre accaduto, accade, e accadrà.. in un'eternità stantia e immutabile, alla quale non si può sfuggire, così come non si può uscire da un cerchio.. Una bella storia oscura, che non si dimentica.. da ascoltare magari in una sera d'inverno, al sicuro nella propria casa, con porte e finestre chiuse.. Dice di sè Chiara nell'intervista che segue:
"Sono una a cui piace inventare delle storie. E raccontarle a chi ha voglia di stare a sentire"
Intervista a Chiara Palazzolo
Cristiana Astori, nata ad Asti nel 1973, conosceva ed apprezzava Chiara, e ne condive il modo di concepire il mestiere di scrittrice, tanto che la seguente è una delle sue citazioni preferite:
"Mi è sempre piaciuto scrivere. La scrittura è un dono. Un dono che ti cambia la vita e la rende in qualche modo diversa. Originale. Tua." cfr Chiara Palazzolo
Originale è anche il modo di scrivere di Cristiana, che la rende uno dei talenti più promettenti nello letteratura fantastica italiana contemporanea. Uno dei suoi punti di forza è l'essere poliedrica, mettersi di continuo alla prova in forme espressive differenti. Crea storie brevi e taglienti di straordinaria efficacia, che inquietano e divertono allo stesso tempo. E' una raccolta di racconti il suo libro d'esordio, "Il re dei topi e altre favole oscure", che ha ricevuto l'onore di una prefazione scritta da Joe Lansdale, che ha conosciuto la Astori, ed è rimasto colpito dal suo stile.. In queste trame, il lato nascosto dell'esistere si svela poco a poco, celato dalla rassicurante normalità dei gesti ordinari. Quello di Cristiana è un universo quantico, plastico e in divenire, dove le certezze si sciolgono in dubbi, il tempo perde la sua stabilità, i rassicuranti rituali della vita quotidiana si trasformano in esperienze borderline.. per sopravvivere si è costretti a guardare negli occhi di Medusa.. o a fissare senza occhi, come ne "Il regalo di Marla" i colori del buio, le profondità dell'inconscio che nascondono ogni spettro.. Ci ricorda che se l'orrore non si annidasse per prima cosa nell'animo umano, sarebbe impossibile per creature mostruose e archetipi oscuri fare presa su di esso.. Così un tranquillo campo scout può trasformarsi nel terreno di caccia di affascinanti entità che da sempre risiedono nei boschi.. ma, come sirene, si svelano soltanto a chi è predisposto a subire la loro malia.. Allo stesso modo, ne "La voliera" non occorre l'intervento sovrannaturale.. bastano l'insicurezza umana, il sospetto e la tendenza ad immaginare il male per scatenarlo e provocare la tragedia. In parte autobiografico, dal momento che l'autrice è appassionata di speleologia, e conosce bene grotte oscure ed atmosfere claustrofofiche, è "L'abisso di Dora".. dove nel percorrere cunicoli tortuosi si esplorano anche i limiti della sopravvivenza e i confini tra bene e male si fanno sempre più indistinti, finchè, come spesso accade, ci si ritrova alla fine a parteggiare per "il mostro".. Onirico e retrò "Oltre la sbarra", che sembra uscire da un vecchio episodio di "Ai confini della realtà".. Tutti noi poi, in un angolo della mente, siamo stati almeno una volta tentati di prestare orecchio, con attrazione e repulsione insieme, alle parole melliflue e insinuanti de "Il re dei topi" che da il titolo alla raccolta. Per dirla con le parole di De André in "Sally" che fanno da introduzione al libro:
“Seduto sotto un ponte si annusava il re dei topi
Sulla strada le sue bambole bruciavano copertoni
Straiato sotto il ponte si adorava il re dei topi
Sulla strada le sue bambole adescavano i signori
Mi parlò sulla bocca mi donò un braccialetto
Dite alla quercia che non tornerò
Mi baciò sulla bocca mi propose il suo letto
Dite a mia madre che non tornerò”
Cristiana è anche un'appassionata di fumetti, che divora fin da bambina. Il suo primo lavoro in assoluto è stata la graphic novel "L'amore ci separerà", da lei sceneggiato, con disegni di Alberto Lingua. Dalla collaborazione con Alberto deriva anche la realizzazione a fumetti di alcune storie del suo personaggio Axl Reverte, alter-ego di Dario Alessandri. Questi è uno scrittore horror, nient'affatto brillante e disinvolto, a differenza di Axl Reverte, da lui creato, eroico protagonista di avventure trash e sanguinolente, tra mostri di ogni genere.. Tuttavia, Dario finisce sempre per ritrovarsi in situazioni ancora più pulp delle storie che scrive, tra veri zombie e vampiri, nelle quali coinvolge l'algida e odiosa Anna, di cui è perdutamente innamorato, e dalla quale viene ovviamente sempre snobbato.
Sono storie frenetiche e divertenti, dove non si può non parteggiare per l'imbranato e simpaticissimo protagonista, eroe suo malgrado.. una sorta di mix tra un improbabile Dylan Dog in t-shirt macchiata e un'Anita Blake al maschile che cerca di scappare dai mostri invece di cacciarli.. ma che alla fine riesce sempre ad avere la meglio sugli antagonisti, usando l'intelligenza e l'ironia al posto del fascino e del carisma.. così ne parla Cristiana:
"In genere scrivo cose più cupe & dark, ma ultimamente mi sembra che gli spunti per situazioni grottesche si vadano moltiplicando... o sarò io che capito sempre nei posti sbagliati?!?
Ebbene.. senza nulla togliere all'horror puro, a volte c'è davvero bisogno di ironizzare e sdrammatizzare, di gettare all'inquietudine uno sguardo diverso, che ne sappia cogliere il lato ridicolo e bizzarro, se si è in grado di farlo con originalità e inventiva.. E ritengo quindi che dare più spazio a Dario/Axl, farlo apparire più spesso, e magari riunire in unico volume le sue avventure, sia quelle a fumetti che quelle in prosa, sarebbe un'iniziativa molto apprezzata, da pubblico e critica.
E' però nel romanzo che Cristiana dà il meglio di sè, esprimendo tutti gli aspetti già presenti nel resto della sua produzione, ma in forma più completa e strutturata. Il suo primo libro "Tutto quel nero" è uscito l'anno scorso per il Giallo Mondadori, ed è un omaggio al cinema, altra grande passione dell'autrice, soprattutto quello dei B-movie anni 60/70, divenuti poi oggetto di culto, ma perlopiù sconosciuti al grande pubblico... Primo grande merito del romanzo, che esula dall'horror, e si può piuttosto definire un noir affascinante e visionario, è farli uscire dalle cineteche e dai circoli degli appassionati.. mostrando a tutti quanto siano degne di rispetto quelle scene vivide ed eccessive, quegli intrecci onirici e allucinati.. e tutto il mestiere e la maestria celati dietro una produzione a basso costo apparentemente leggera e popolare, in un'epoca in cui non esisteva il digitale, e non si poteva contare sugli effetti speciali per nascondere gli errori e la mancanza di idee. E altrettando vivida, emerge dal romanzo la figura di Soledad Miranda, attrice spagnola realmente esistita e davvero morta tragicamente in giovane età, musa del regista Jesus Franco, che la dirige in diverse pellicole di genere horror-erotico. Il suo sguardo intenso, la bellezza sensuale e carismatica, la rendono una Lucy indimenticabile, che non sfigura accanto al celebre Christopher Lee.. Nessuna, più di lei, è possibile immaginare come spettro inquieto, in cerca di vendetta per oscuri segreti e una morte violenta e prematura.. come immagine ricorrente che torna.. ad animare una pellicola scomparsa, ad infestare luoghi e pensieri, ad impregnare con la sua presenza una storia sempre più cupa, dove il nero, tutto quel nero, inizia a diffondersi, e a colare..
"La guardò. Era sdraiata a terra, avvolta in un abito di pizzo nero che disegnava striature segrete sulla pelle. Le labbra socchiuse. Lo sguardo enigmatico. E quella sciarpa di seta che le fluttuava sul volto e glielo copriva e scopriva in un'onda scarlatta. E poi le mani..".. "Quelle mani che colmavano come in un gorgo l'intera inquadratura e la risucchiavano in un vortice di seta, di sguardi, di ombre. Lo risucchiavano.. Soledad.." cfr "Tutto quel nero" Cristiana Astori
Nel libro, realtà e finzione, passato e presente, si intrecciano e confondono.. sempre più veloci, fino ad assomigliare alla folle corsa di una macchina sulla Costa del Sol, che si ripete all'infinito.. La trama è agile ed avvincente.. anch'essa omaggia il noir anni '70, e gli appassionati potranno divertirsi a trovare in essa una miniera di riferimenti e citazioni. Ma è assolutamente godibile per tutti, anche per chi preferisce tutt'altro genere di film, e non ha mai sentito parlare di una giovane attrice spagnola morta tanti anni fa.. E alla fine, ci si accorge che quelle pagine hanno prodotto una strana malia.. Soledad non è più soltanto un fantasma di celluloide.. è viva e reale, presente. Forse è davvero così.. era quello che voleva. Trovare un mezzo, le pagine di un libro, un'autrice che comprenda il suo spirito, e le renda giustizia. Restituendole la pace, assieme al ricordo. E sembra quasi di vedere i suoi occhi intensi non più inquieti e tormentati ma sorridenti.. sereni, ora davvero.. libre..
Cristiana svolge infine anche un'intensa attività di saggista e traduttrice. Sue sono ad esempio le voci italiane di Dexter, il serial killer "buono" creato da Jeff Lindsay, di alcuni romanzi del celebre giallista Jeffrey Deaver, e di due episodi della trilogia zombie di David Wellington.
Intervista a Cristiana Astori
Articolo a cura di Fatamorgana
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