Sub-Cultura, le origini
Hipster è un termine nato negli anni quaranta negli Stati Uniti per descrivere gli appassionati di jazz e in particolare di bebop. Si trattava in genere di ragazzi bianchi della classe media, che emulavano lo stile di vita dei jazzisti afroamericani. Questo tipo di sottocultura si ampliò rapidamente, assumendo nuove forme dopo la seconda guerra mondiale, quando al movimento si associò una fiorente scena letteraria. Jack Kerouac descrisse gli hipster degli anni quaranta come anime erranti portatrici di una speciale spiritualità. Fu però Norman Mailer a dare una definizione precisa del movimento. In un saggio intitolato Il bianco negro (1967), Mailer descrisse gli hipster come esistenzialisti americani, che vivevano la loro vita circondati dalla morte - annientati dalla guerra atomica o strangolati dal conformismo sociale - e che decidevano di «divorziare dalla società, vivere senza radici e intraprendere un misterioso viaggio negli eversivi imperativi dell'io»
L'autore Frank Tirro, nel suo libro Jazz: a History (1977), definisce in questo modo gli hipster degli anni quaranta:
«Per l'hipster, Charlie Parker era il modello di riferimento. L'hipster è un uomo sotterraneo, è durante la seconda guerra mondiale ciò che il dadaismo è stato per la prima. È amorale, anarchico, gentile e civilizzato al punto da essere decadente. Si trova sempre dieci passi avanti rispetto agli altri grazie alla sua coscienza. Conosce l'ipocrisia della burocrazia e l'odio implicito nelle religioni, quindi che valori gli restano a parte attraversare l'esistenza evitando il dolore, controllando le emozioni e mostrandosi cool? Egli cerca qualcosa che trascenda tutte queste sciocchezze e la trova nel jazz.»
(Wikipedia)
Le origini esatte sono pero ancora in discussione, e alcuni affermano che era un derivato di "hop", termine che in gergo stava per indicare i consumatori d'oppio.
Inizio anni 90, le intenzioni
Hipsters, indipendenza, contro-cultura, politica progressista, impregnati di arte e indie-rock, creatività, l'intelligenza e battute argute. Anche se "hipsterismo" è in realtà uno stato d'animo, spesso intrecciato con sensibilità distinte. La cultura Hipsters respinge l’ignoranza, gli atteggiamenti dei consumatori tradizionali e hanno un gusto estetico ispirato agli stilisti creativi delle citta urbane, caratterizzato per lo più dai pantaloni a vita bassa attillati, scarpe da ginnastica, capelli androgini disordinati con tagli asimmetrici. Nonostante i pregiudizi sul gusto estetico, gli hipsters tendono a essere ben istruiti e molti sono ben introdotti nel mondo della musica, dell'arte, della moda. E 'un mito che la maggior parte siano disoccupati e che vivono alle spalle dei loro genitori. Tendono di evitare le tradizionali convenzioni sociali e di non essere influenzati dalla pubblicità mainstream e dai media, che tendono a promuovere solo gli ideali di bellezza etnocentrici. I concetti di androginia e il femminismo hanno influenzato la cultura hipster, e vedono come simboli di oppressione maschile il sessismo e la misoginia. La cultura Hipster ama il melting pot, lo scambio interrazziale e sono pionieri nelle ultime tendenze culturali. Una caratteristica di cui si vanta la cultura Hip è la continua ricerca del nuovo: correnti musicali, letterarie e di moda che raggiungono il grande pubblico vengono abbandonate o quantomeno rielaborate e migliorate.
Christian Lorentzen di Time Out New York, sostiene che "hipsterismo feticizza gli autentici" elementi di tutti i "movimenti marginali del dopoguerra, dall'era beat, al flower power hippy, fino al punk e al grunge.
Epilogo
Hipsterismo moderno viene spesso liquidato oggi come una moda, un atteggio e un’operazione d'immagine. Un ghetto sociale, uno dei tanti prodotti dalle subculture urbane, in cui rinchiudersi e cullarsi nell'idea che assumere un canone estetico particolare (occhiali dalla montatura spessa, stesso taglio di capelli, jeans attillati) possa bastare a distinguersi dalla massa e a non omologarsi, finendo poi in un calderone mainstream più anonimo che mai..
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