L'influenza del leader afroamericano sul Rap anni '80
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Quando ho iniziato a fare rap io, alla fine degli anni ‘80, Malcolm X andava alla grande. Tutta la scena hip-hop afro americana era sotto la sua influenza. Andava il suo pensiero, la sua voce e il suo stesso portamento estetico. (…) Malcolm X, artista della parola, figlio di un predicatore, rivoluzionario anche nell’uso del linguaggio, offriva immagini perfette per l’identità della comunità afro americana.
Ed è proprio come afferma Militant A, dopo un periodo di declino durante gli anni Settanta, infatti, la figura di Malcolm X visse una sorta di rinascimento culturale con la generazione dell’hip hop. Le registrazioni dei suoi discorsi, i poster, i libri a lui dedicati e, in particolar modo, il successo dell’Autobiografia scritta da Alex Haley, esercitarono un’influenza profonda sulle idee politiche dei giovani di colore degli anni Ottanta del Novecento.
Paradise Gray, membro fondatore degli XClan, riflettendo sul significato dell’esperienza di Malcolm per la sua generazione afferma, Le condizioni di vita per i neri erano mutate, l’hip hop iniziava a esser influenzato dalle idee del Black Power Movement, per via dell’attività nelle strade della Nation of Islam di Farrakhan, dei 5%, della Zulu Nation con il suo orgoglio nero e, successivamente, del Black Watch Movement. Public Enemy, Paris, X Clan, KRS-1, Lakim Shabazz e molti altri gruppi diffondevano conoscenza e orgoglio attraverso le liriche. E le ingiustizie del sistema criminale e la brutalità poliziesca erano all’ordine del giorno. L’insieme di quegli elementi creò le condizioni affinché i discorsi e le idee di Malcolm X trovassero nuovamente terreno fertile e popolarità. Molti artisti iniziarono a sostenere apertamente la NOI: un esempio su tutti, Chuck D che in Bring the Noise rappa “Farrakhan è un profeta e penso che voi tutti dovreste ascoltarlo”. All’epoca queste canzoni erano trasmesse sia sulle radio commerciali quali Kiss FM e WBLS, sia su quelle universitarie; oltre a ciò i video erano nella programmazione di Video Music Box e Yo MTV Raps, entrando nelle classifiche, vendendo milioni di copie e favorendo ulteriormente il diffondersi del nome e delle idee di Malcolm X.
È possibile affermare che l’hip hop della Golden Age rappresentava la totalità dell’esperienza afroamericana nella società americana, così come la figura e la biografia di Malcolm racchiudeva il senso dell’esperienza afroamericana. Proprio come sostiene Wu Ming 5 nell’articolo Da Malcolm all’Hip Hop passando per Ghost Dog, pubblicato su Liberazione del 27 febbraio 2005, in occasione dei quarant’anni dalla scomparsa del leader nero:
Piccolo delinquente “stilistico” che vive jazz, ballo e sesso come terreno preparatorio di un’esperienza spirituale decisiva, zoot suiter partecipe non così inconsapevole di una temperie culturale la cui onda lunga condurrà ai movimenti di liberazione dei decenni successivi, convitto che assume la religione in senso identitario e politico, leader influente, oratore efficace, minaccia pubblica. Nella biografia di Malcolm c’è tutto. Malcolm ha portato alla luce e reso manifesto un destino alternativo rispetto a quello dell’America bianca. La sua lezione è stata declinata nel senso della sopravvivenza individuale e comunitaria (…) L’eco delle sue parole è ovunque.
L’icona e l’eco delle parole di Malcolm era davvero ovunque e il rap fu certamente tra i massimi artefici del miracoloso politicizzarsi dei ghetti neri. Grazie al campionamento di discorsi di figure storiche di leader neri, con particolare riferimento a Malcolm X, molti giovani sentirono quei nomi e quelle filosofie per la prima volta. Uno dei primi pezzi musicali a campionare Malcolm X fu No Sell Out di Keith La Blanc, pubblicato nel 1983 dalla Tommy Boy, nel quale estratti dei suoi discorsi si alternano su un beat hip hop. Nel 1986 Afrika Bambaata e i Soul Sonic Force in Renegades of Funk inneggiano a Malcolm e ad altri leader neri come a dei duri capaci di denunciare le condizioni dei neri in maniera esplicita, dei veri renegades of the atomic age. Sempre nello stesso anno i Run DMC ribadiscono il concetto in Proud to be Black, Like Malcolm X said, I won’t turn a right cheek – Come ha detto Malcom X, non porgerò l’altra guancia.
Un ulteriore contributo alla rinascita del messaggio di Malcolm X fu la trasmissione del documentario della PBS Eyes on the Prize (1987), un’analisi dettagliata sul Movimento per i Diritti Civili. Eyes celebra gli eroi e condanna i traditori della lotta nera in America: per molti giovani della generazione dell’hip hop la visione di quelle immagini rappresentò un momento storico di evoluzione della coscienza politico sociale; la retorica e i simboli del Black Liberation Movement degli anni Sessanta ebbero una profonda influenza proprio sugli artisti più conscious dell’epoca – Public Enemy, KRS One, Queen Latifah, X Clan, Brand Nubian e Poor Righteous Teacher.
Proprio il secondo storico album dei Public Enemy, It Takes a Nation of Millions to Hold Us Back, contiene un’abbondanza di estratti dai discorsi di leader neri, con particolare attenzione per Malcolm. In Bring the Noise, pezzo incluso nella colonna sonora dell’adattamento cinematografico del romanzo di Bret Easton Ellis, Less Than Zero, i PE campionarono il discorso Message To The Grassroot, inserendo ad arte nell’intro l’intimazione, Too Black, Too Strong. E in Party for Your Right to Fight Chuck D denuncia le operazioni clandestine ad opera di FBI, CIA, esercito e polizia locale per distruggere le forze di opposizione sociale, con un accanimento particolare nei confronti delle organizzazioni nere, rappando su J. Edgar Hoover che … had King and X set up.
Lo stesso anno, l’88, l’anno d’oro dell’hip hop, uscì By all means necessary, con Krs-One che in copertina riprende la famosa foto di Malcolm X, ma la attualizza, facendogli indossare una tuta da ginnastica al posto di giacca e cravatta e una mitraglietta uzi invece del fucile automatico. Il messaggio sembrava cruento per attirare i più estremi ma all’interno le parole dicevano: Bisogna fermare la violenza tra di noi con ogni mezzo necessario. L’enorme popolarità dei Public Enemy e di KRS One, nonché la loro forte identificazione con l’immagine e il messaggio di Malcolm X, fecero sì che molti altri artisti includessero il leader nero nella propria musica.
Tra i numerosi esempi di utilizzo dei campioni di discorsi di Malcolm toviamo Lakim Shabbaz che campionò sample da The Black Revolution nel pezzo Black is Back (1989), Word From the Wise dei Poor Righteous teachers o Self Destruction (1989) dello Stop the Violence Movement, che conteneva estratti di una lecture di Malcolm, e il cui video musicale dava ampio risalto ad alcuni murali raffiguranti Malcolm che facevano da background alla performance degli artisti. Paris, in Break the Grip of Shame del 1990, inserì una delle minacce più note rivolta alle strutture del potere, Affermiamo il nostro diritto di uomini su questa terra, di essere umani, a esser rispettati come esseri umani, ad avere i diritti di qualsiasi essere vivente su questo pianeta oggi, cose che intendiamo realizzare con ogni mezzo necessario. E l’Hip Hop in quei giorni interpretava a livello culturale proprio quell’aggressione che Malcolm aveva intimato.
Alla fine degli anni Ottanta Malcolm X dominava l’ispirazione delle liriche hip hop così come la musica di James Brown alimentava i sample dei campionatori. Il successo commerciale del film X di Spike Lee del 1992, associato alla celebrazione di Malcolm come homeboy, crearono il contesto per quel fenomeno che lo storico Russell Rickford ha definitio Malcolmology. Malcolm era diventato un’icona dell’immaginario popolare e una delle poche figure a emergere dalla tradizione nazionalista/separatista nera per esser accettato nel pantheon delle leggende del movimento per i diritti civili.
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