13/05/15

Atrocità e crudeltà a Gaza. Il tribunale Russel: Ken Loach, Roger Waters, Van­dana Shiva

Ho ascoltato tanti tipi di punti  di vista nel corso degli anni. Un mio amico appoggia l'invasione perché, "Dobbiamo farlo per salvare Israele". Un altro ha detto: "Io non credo nemmeno a Israele e al suo diritto di esistere. Non posso sostenere un paese la cui costituzione si basa sulla genetica. Hanno anche messo un simbolo religioso sulla loro bandiera ...e le persone che lottano per ottenere la loro terra sono giustificate in quello che fanno." Entrambi questi  amici, sono ebrei.

Bruxelles. Ora che è l'Isis a tenere banco nelle prime pagine dei media dedicate agli esteri, e la vigliaccata del parlamento italiano che non ha riconosciuto lo stato palestinese, ci pensa il Tribunale Russell ad accusare Israele per le offensive contro la Striscia: armi proibite e civili colpiti deliberatamente, esecuzioni sommarie e inutili devastazioni. Onu, Ue e Usa complici. Anche se in ritardo, è meglio che le conclusioni vengano ricordate, contro la totale impunità degli israeliani e per tenere alta l'attenzione nelle eventuali ripro­du­zioni delle atrocità, continuamente minacciate dal governo di Tel Aviv, che anzi, ha confermato che non ci sarà mai uno stato della Palestina e annunciato ancora colonie nelle terre a ridosso di Gerusalemme.

Ken Loach, Roger Waters, Chri­stiane Hes­sel, Van­dana Shiva, Rom Kasr­lil, Richard Falk, sono solo alcuni dei nomi digiu­ri­sti, intel­let­tuali e difen­sori dei diritti dell’uomo di pre­sti­gio mon­diale che compongono la giu­ria del Rus­sell Tri­bu­nal on Pale­stine, che ha pre­sen­tato al Par­la­mento euro­peo le con­clu­sioni del Tri­bu­nale che si è tenuto a Bruxeles sull’operazione israe­liana «Mar­gine Pro­tet­tivo» nella Stri­scia di Gaza.


In una gre­mita audi­zione dalla ses­sione è emersa la descri­zione docu­men­tata della più feroce offen­siva subita dalla Pale­stina dal 1967 ad oggi. Com­ples­si­va­mente sono state sca­gliate sulla stri­scia — sot­to­li­nea la giu­ria — 700 ton­nel­late di arti­glie­ria pesante: «Circa due ton­nel­late di ordi­gni per chi­lo­me­tro quadrato».

I testi­moni hanno pro­vato che l’esercito israe­liano non solo ha uti­liz­zato ogni sorta di arma proi­bita dalle Con­ven­zioni di Gine­vra (inclusi pro­iet­tili a fram­men­ta­zione, bombe a grap­polo e ura­nio impo­ve­rito), ma ha deli­be­ra­ta­mente diretto attac­chi con­tro obiet­tivi e strut­ture civili, in totale disprezzo dei prin­cipi car­dine del diritto inter­na­zio­nale uma­ni­ta­rio. Le con­clu­sioni della giu­ria dimo­strano che le vio­la­zioni per­pe­trate non sono limi­tate all’illiceità inter­na­zio­nale dell’occupazione e dell’offensiva israe­liane, ma cor­ri­spon­dono a diversi cri­mini di massa codi­fi­cati nello Sta­tuto di Roma della Corte Penale Inter­na­zio­nale, di cui il Tri­bu­nale ha rac­colto nume­rose evidenze.

Israele é risul­tata col­pe­vole di gravi cri­mini di guerra. Tra essi spic­cano «l’esecuzione som­ma­ria di civili pale­sti­nesi da parte delle truppe di terra israe­liane; la deva­sta­zione non giu­sti­fi­cata da neces­sità mili­tari, inclusa la distru­zione di ser­vizi essen­ziali e rifor­ni­menti idrici ed ener­ge­tici; il bom­bar­da­mento mas­sic­cio e arbi­tra­rio di aree civili den­sa­mente popo­late; l’uso spro­por­zio­nato della forza, espli­ci­ta­mente pre­vi­sto e adot­tato come metodo di guerra dall’esercito israe­liano (la Dahiya doc­trine, puni­zione col­let­tiva) e l’attacco inten­zio­nale con­tro ospe­dali, unità e per­so­nale medico».
Alla luce delle testi­mo­nianze, il Tri­bu­nale ha con­cluso che un vero e pro­prio attacco siste­ma­tico con­tro la popo­la­zione civile vi è stato e che, rela­ti­va­mente alle con­dotte di omi­ci­dio, ster­mi­nio e per­se­cu­zione, vi sono indizi di cri­mini con­tro l’umanità, quali «l’inflizione inten­zio­nale di con­di­zioni di vita dirette a cagio­nare la distru­zione di parte della popo­la­zione, come impe­dire l’accesso al cibo, all’acqua e alle cure mediche».

Le cru­deltà dell’offensiva, insieme alle prove di un pro­gres­sivo, allar­mante pro­cesso di fana­tiz­za­zione raz­ziale dell’opinione pub­blica, sono risul­tate così gravi da porre una spi­nosa que­stione: pos­sono, tutte que­ste con­dotte, unite in unico dise­gno volto a distrug­gere un popolo, inte­grare il cri­mine di geno­ci­dio? La giu­ria, con­si­de­rando il requi­sito spe­ci­fico del cri­mine — ovvero l’intento di distrug­gere, in tutto o in parte, un gruppo nazio­nale, etnico o reli­gioso – ritiene che alcune con­dotte tipi­che della fat­ti­spe­cie si siano effet­ti­va­mente veri­fi­cate, ma avverte che «le poli­ti­che di occu­pa­zione israe­liane sem­brano orien­tate, più che alla distru­zione fisica, al con­trollo e al sog­gio­ga­mento del popolo pale­sti­nese». La que­stione in punto di diritto è controversa.

Cer­ta­mente, però, il prin­ci­pio ideo­lo­gico di que­sti attac­chi è evi­dente: cosa signi­fica attac­care una scuola se non distrug­gere il diritto all’educazione? Cosa signi­fica attac­care un ospe­dale se non impe­dire in par­tenza ai cit­ta­dini di acce­dere alle cure e agli aiuti uma­ni­tari? Cosa signi­fica attac­care siste­ma­ti­ca­mente la popo­la­zione civile se non ter­ro­riz­zarla, spez­zando ogni sogno di libertà e autodeterminazione?

Come dovrebbe rea­gire, allora, di fronte a tutto que­sto, la comu­nità inter­na­zio­nale? Il Tri­bu­nale pone richie­ste con­crete ai diversi attori della situazione.
A Israele, “impu­tato” prin­ci­pale di que­sto pro­cesso, si chiede di porre fine all’occupazione, rispet­tare l’autodeterminazione dei pale­sti­nesi, la lega­lità inter­na­zio­nale e, insieme all’Egitto, di ces­sare l’assedio di Gaza. Tut­ta­via anche le respon­sa­bi­lità di Onu, Ue e Stati mem­bri sono risul­tate tutt’altro che secon­da­rie. A essi si chiede di ces­sare ogni soste­gno eco­no­mico e scien­ti­fico all’industria mili­tare israe­liana, di esi­gere risar­ci­menti per la distru­zione delle infra­strut­ture rea­liz­zate con aiuti inter­na­zio­nali, di imporre un severo embargo mili­tare a Israele e ina­sprire le rela­zioni diplo­ma­ti­che e com­mer­ciali, a pena di incor­rere in una com­plice e mor­ti­fi­cante acquie­scenza. A entrambe le parti ferma esor­ta­zione ad ade­rire alla Corte Penale Inter­na­zio­nale e alle isti­tu­zioni inter­na­zio­nali, in modo par­ti­co­lare agli Usa, di porre fine a pres­sioni e ricatti sull’Ap affin­ché non acceda allo Sta­tuto della Corte.
Ci si trova, in sostanza, di fronte non solo alla lotta del mili­ta­ri­smo israe­liano con­tro i diritti di un intero popolo e la sua soprav­vi­venza come tale, ma a un’offensiva fron­tale dei governi occi­den­tali con­tro l’eguaglianza nell’accesso alla giu­sti­zia. In que­sto modo, tute­lando l’impunità, si tutela, in realtà, la ripro­du­zione delle atrocità.



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