12/05/15

Rockers in Fm: Vogliamo la Radio!

Utile guida. I tanti musicisti che conducono programmi Radio in Fm o sul satellite.(Alias)

Era già tutto scritto in We Want the Airwaves, il pezzo dell'81 dei Ramones: «Vogliamo la radio, vogliamo la radio, baby, se il rock vuole rimanere vivo/Dove ce l'hai il fegato, la voglia di sopravvivere/E proprio non vuoi tenerlo vivo il rock'n'roll, Sig. Programmatore/Ma io ho il mio martello/E spaccherò la radio». Detto fatto. Da a llora una teoria di musicisti ha invaso l'etere, sostituendosi ai conduttori, occupando quel golfo mistico che sta tra il prendere il rosso (quando premi il bottone e si accende la caratteristica scritta «on air») e il mondo oltre quel rosso: la radio di casa, la radio sul telefono,sull'mp3, sul computer, sulla tv.
Le ragioni che muovono gli artisti sono molteplici: da un lato l'impossibilità di relazionarsi a network sempre più appiattiti su logiche e suoni dominanti, in seconda battuta la volontà di rappresentarsi anche oltre le proprie produzioni. Inoltre: se non mi «passi», sarò io a passarmi da solo. La nascita delle radio on-line e satellitari (a pagamento) ha poi dato il via a un esercito di rocker/dj sempre più agguerriti. Il caso più eclatante fu Bob Dylan con il suo Theme Time Radio Hour, programma durato ben cento puntate e imperniato intorno alla collezione personale dell'artista,ai suoi ricordi, a jingle d’epoca, a storie di baseball, di guerra e gatti. Con la voce di Tom Waits che leggeva i messaggi degli ascoltatori. Il programma continua ad aggirarsi per il satellite  
(http://www.siriusxm.com/deeptracks).

Già nel 1978 Elvis Costello metteva in guardia sui rischi di commercializzazione e omogeneizzazione indotti da programmatori troppo accondiscendenti nei confronti di case discografiche e studi di registrazioni. «O chiudi la bocca o non vai in onda», recitava un verso del singolo Radio Radio. Lo sa bene Little Steven, chitarrista della E Street Band di Springsteen che dal 2002 conduce Underground Garage, show settimanale di due ore in onda negli Usa in Fm e sul satellite nel mondo (su Sirius XM, piattaforma satellitare con oltre 17milioni di abbonati).
Mette quello che gli passa perla testa e vive bene. L'ultima puntata ascoltata da chi scrive raccontava la storia della British Invasion. A oggi Little Steven ha registrato oltre 450 puntate e tra gli ospiti vanno annoverati: Brian Wilson, Ray Davies, Ig-gy Pop, Ringo Starr, Keith Richards.

Info:http://undergroundgarage.com/member_area/membership_free.htm. In Italia il programma va in onda su Radio Città Futura, con buoni riscontri.

Anche Ronnie Wood (Jeff Beck Group, Faces e Rolling Stones) non si risparmia. Dallo scorso aprile Absolute Radio, stazione indipendente britannica, ospita tutti i giorni (ad eccezione della domenica) il Ronnie Wood Show (a Londra su 105.8 Fm). All'interno, chiacchiere e rock. La grande vendetta arriva però da Steve Jones, chitarrista dei Sex Pistols, mai trasmesso in radio ai tempi del punk e oggi al cuore della «radiofonia d'artista». Il suo Jonesy’s Jukebox (Jonesy è il soprannome che gli affibbiò Johnny Rotten) è al cuore di Los Angeles e contribuì a rendere famosa Indie 103.1. Quando la stazione optò per una programmazione solo latin, Jones fu fatto fuori. Ora è tornato - sempre a L.A. (dove vive) - su Kroq e non perdona. Grande ironia e buona selezione musicale, molto vicina alle attenzioni indie di Bbc Radio1 (http://kroq.radio.com/shows/steve-jones-jonesys-jukebox/).


Del resto proprio il punk mise il dito sulla piaga della radio commerciale. Con i Clash che in Capital Radio (1977) fecero a pezzi quella che al tempo doveva essere la radio di tutti e che mai si accostava al punk. Lo slogan «in sintonia con Londra», nel pezzo divenne «in sintonia con niente». Memorabile anche il pezzo degli Stiff Little Fingers, You Can't Say Crap on the Radio (1979),ovvero «non puoi dire cagata» alla radio, però loro sì - sottolineava la canzone - che «le possono trasmettere le cagate». Il pezzo raccontava lo shock di un conduttore quando sentì Burns - il cantante - dire in diretta «crap». Oggi il termine è roba da educande. Stesso risentimento nei confronti della radio anche in Payola Blues, pezzo di Neil Young dall'album Everybody's Rockin'. All’interno l'artista fa riferimento ai tempi in cui per essere trasmessi bisognava corrompere (economicamente) il conduttore. Il riferimento è ovviamente a Alan Freed, grande promotore del rock'n'roll negli anni Cinquanta. Nel pezzo Young è perentorio: «I never hear my record on the radio». Sulla stessa linea anche The Last Dj (2002) di Tom Petty in cui il rocker lamentava la fine delle radio locali sempre più ostaggio di programmi registrati e preconfezionati forniti loro dai grandi network. Tom Petty non si è perso d'animo e dal 2005 conduce Tom Petty's Buried Treasure su Sirius XM. Dopo una lunga pausa, dal 31 marzo sarà di nuovo in onda con una programmazione classic che include dagli Who a Otis Redding (http://www.tompetty.com/news/title/enter-for-a-chance-to-meet-tom-petty-as-part-of-siriusxms-ultimate-buried-treasure-contest). E se Nikki Sixx (bassista dei Motley Crue) racconta su Sixx Sense (http://www.sixxsense.com/main.html) un profluvio di aneddoti glam (spesso vissuti in prima persona) innaffiati da metal e hard rock, Chuck D dei Public Enemy la mette giù seria tra ritmi black e questioni non solo afro-americane. Già noto per aver condotto Unfiltered su Air America Radio oggi è il protagonista del settimanale Andyoudon'tstop!, su Wbai 99.5 Fm in onda a New York e on line (http://www.wbai.org/). Chuck D, Nelly, Ice Cube, sono solo alcuni rapper che hanno avuto accesso al mezzo radiofonico. Anni fa non era nemmeno pensabile. Non a caso in Apocalypse 91… The Enemy Strikes Black, storico quarto disco dei Public Enemy, campeggiava How to Kill a radio Consultant. Lì Chuck D chiedeva la testa del programnnatore di turno perché - come in tante altre radio - tralasciava l’hip hop privilegiando l’R&B più sciatto e da classifica. «Fammi sentire il rap, voglio gli X Clan», recitava un verso. Come si cambia: oggi il rap è ovunque. Tra i rocker che hanno scelto la radio c’è anche Alice Cooper che nel suo Nights with Alice Cooper,in onda su oltre 100 radio negli Usa, trasmette Ozzy Osbourne, Meat Loaf,punk, psichedelia. Lo si ascolta su http://nightswithalicecooper.com/Listen-To-Alice-Now-/3699069. Ma è soprattutto Bbc 6 - il canale on-line musicale della Bbc - che negli anni ha accolto il maggior numero di musicisti-conduttori: Tom Robinson, Jarvis Cocker (Pulp), Don Letts, Guy Garvey (Elbow), Huey Morgan (Fun Lovin'Criminals) hanno tutti un loro show musicale. È in questi spazi che si rappresenta al meglio un artista, che si evidenziano influenze e riverenze ar-tistiche. Impossibile resistere alle laconiche presentazioni di Cocker o alle intuizioni/scoperte sonore di Robinson. Così come risulta irresistibile la ginnastica verbale di Henry Rollins quando da Kcrw, la radio pubblica di Los Angeles, infila un pezzo punk dopo l’altro o improvvisamente si arresta e riparte con quella lingua affilatissima (http://www.kcrw.com/music/programs/hr). E se anni fa nel pezzo Turn off the Radio Ice Cube lamentava - anticipando di un anno How to Kill a Radio Consultant - che in giro ci fosse poca musica nera a cui relazionarsi («Te ne freghi dell’amore/Vuoi sentire un giovane nigga al microfono che impazzisce»), lo stesso facevano quattro anni prima gli Smiths. In Panic (’86) si dice: «La musica che viene trasmessa di continuo non racconta nulla della mia vita».Il riferimento era al giorno in cui subito dopo aver dato conto del disastro di Chernobyl, un conduttore era passato a un pezzo fin troppo esuberante dei Wham!. Da qui l’ira di Morrissey e Johnny Marr. Che i grandi network puntino da sempre a una marmellata di idee e suoni, è un dato di fatto; la rete o i programmi specializzati in tal senso vengono in aiuto. Ma non sempre: secondo Springsteen, il satellite sarebbe solo un’ulteriore arma di omogenizzazione. Più persone, cioè, ascoltano le stesse cose. È questo il succo di Radio Nowhere, il suo singolo dall’album Magic (2007). Può essere, ma qualche speranza c’è. Almeno finché il country rocker comunista Steve Earle continuerà a proporre il suo Hardcore Troubadour Radio (http://www.siriusxm.com/outlawcountry), oppure Lou Reed si divertirà a intrecciare jazz e electro rock in New York Shuffle (http://www.siriusxm.com/theloft). Proprio come si faceva, «quando i dj suonavano quello che gli pareva» (Reed).


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