09/02/15

..E il fiume non strariperà. Bob Dylan ai Grammys

Grammys 2015: And The Winner Is…
Boh?!?
I Grammys Awards , (i premi musicali che vengono assegnati ogni anno dalla National academy of recording arts and sciences, l’associazione che rappresenta i lavoratori dell’industria musicale statunitense) su Interzone? Ebbene si. Solo che non ho la minima idea di chi sia il vincitore, tale Sam Smith, che mi si dice abbia fatto incetta: miglior artista, miglior disco, miglior canzone.. Insomma the best. E allora, perchè parlarne? Uno, perchè tra i vincitori compare il "nostro" Beck, nella categoria miglior album ( e per il miglior album rock). Siamo contenti di questa notizia, Beck ci è sempre piaciuto parecchio (quì un  post a lui dedicato) ma la verità è che risulta vincitore con il suo album forse..peggiore. Si, il suo Morning Phase non ci è garbato affatto: lento, cantautorale, ripetitivo, a tratti lagnoso. Questo giudizio si scontra con quello della critica "professionale e mainstream", che ha giudicato questo disco come un piccolo capolavoro, "il ritorno di Beck ai fasti di Sea Change" (?!) e bla bla. Il tutto come sempre rientra nella sfera dei gusti, ma noi preferiamo il Beck elettrico, sperimentale, pazzerello, quello mutevole dai mille riferimenti e citazioni, capace di riassemblare nel gran pentolone del rock un gran numero di generi, dal rap al country..dai mille remix alle ballate tristi e romantiche. Ma..siamo sicuri che Morning Phase, confrontato con i dischi concorrenti ai Grammy risulterà certamente un gigante, visto contro chi era in gara: Beyonce, Sia, Katy Perry e Ariana Grande e lo stesso Smith. Beck è stato premiato nientemeno da Prince, ormai completamente scomparso dalla scena degli innovatori che lo aveva caratterizzato per quasi due decenni.
Secondo motivo per cui ci occupiamo dei Grammy è il lungo discorso di Bob Dylan, nominato "Persona dell'anno 2015" ai MusiCares (uno dei sei premi speciali - questo è quello della fondazione impegnata nel sostegno dei musicisti in difficoltà - dei Grammy Awards), lui sempre schivo e di poche parole ha intrattenuto il pubblico per ben 40 minuti, in cui ha ringrazziato i suoi fan e il pubblico e scagliando parecchie freccette avvelenate ai critici e un pò a destra e a manca. Pubblichiamo quì il lungo monologo e però, Bob, lascia in pace Lou Reed: siete due cose completamente diverse, con lui prendi sicuramente dei grossi granchi e potresti farti male. Comunque, much respect..Bob.

Miglior album rock (!)
Ryan Adams, Ryan Adams
Morning phase, Beck - Vincitore
Turn blue, The Black Keys
Hypnotic eye, Tom Petty & the Heartbreakers
Songs of innocence, U2


<<Sono contento che le mie canzoni ricevano questi onori. Sapete bene, però, che non sono arrivate fin qui da sole. La strada è stata lunga e c’è voluto veramente molto. Dovrei ricordare i nomi di alcune persone che hanno fatto sì che tutto ciò accadesse. So che dovrei citare John Hammond, il grande talent scout della Columbia Records. Mi fece firmare un contratto per quella casa discografica quando non ero ancora nessuno. Ci volle un bel po’ di fiducia per fare una cosa del genere, fu schernito, ma non permise a nessuno di interferire e fu coraggioso. L’ultima persona che aveva scoperto prima di me era stata Aretha Franklin, e prima ancora Count Basie, Billie Holiday e moltissimi altri artisti. Tutti artisti che non facevano musica commerciale.>>



Lou Levy dirigeva Leeds Music, e furono loro a pubblicare le mie prime canzoni. Fu lui a firmarmi un contratto con quella casa discografica che registrò le mie canzoni e io cantai davanti a un registratore a nastro. Mi disse che se stavo precorrendo i miei tempi, e se le cose stavano davvero così ed ero davvero un precursore, il pubblico avrebbe impiegato dai tre ai cinque anni per arrivare a capire, e quindi dovevo tenermi pronto. E difatti andò proprio così. Il problema fu che quando il pubblico comprese, io ero già avanti di altri tre o cinque anni, e le cose quindi si complicarono.

Nina Simone. Le nostre strade si sono incrociate spesso a New York City nel nightclub Village Gate. Erano quelli gli artisti che mi ispiravano. Registrò alcune delle mie canzoni. Era un’artista, una pianista e una cantante eccezionale. Il fatto che cantasse e incidesse le mie canzoni dette valore a tutto ciò che io facevo. Oh, e non posso dimenticare Jimi Hendrix. Vidi Jimi Hendrix esibirsi dal vivo quando faceva parte di una band che si chiamava “Jimmy James e i Blue Flames” - una cosa del genere. Jimi non cantava neppure, suonava soltanto la chitarra. Poi scelse alcune mie canzoni alle quali non si era interessato nessuno e le pompò, le fece arrivare ai limiti esterni della stratosfera, le trasformò in classici. Devo ringraziare anche Jimi, quindi. Vorrei che fosse qui.

Anche Johnny Cash all’inizio, intorno al ‘63, aveva registrato alcune mie canzoni, quando era tutto pelle e ossa. Era stato uno dei miei eroi e crescendo avevo ascoltato molti suoi brani. Conoscevo meglio le sue canzoni che le mie. "Big River", "I Walk the Line", "How high’s the water, Mama?". Scrissi "It’s Alright Ma (I’m Only Bleeding)" con quella canzone che mi rieccheggiava nella testa. Johnny era un personaggio molto profondo. Vide che la gente mi criticava perché suonavo la chitarra elettrica, e lui spediva lettere alle riviste sgridandola, dicendo di chiudere il becco e lasciarmi cantare. Oh, e commetterei uno sbaglio se non citassi Joan Baez: lei è stata la regina della musica folk. Allora e adesso. Le piacquero le mie canzoni e mi portò con sé a suonare ai suoi concerti, dove folle di migliaia di persone godevano della sua bellezza e della sua voce. La gente le diceva: «Che ci fai con quel povero misero trovatello poco rispettabile?» e lei rispondeva a tutti senza mezzi termini: «Fareste meglio a stare zitti e ad ascoltare le canzoni».

Ho imparato a scrivere versi ascoltando le canzoni folk. Non facevo che cantare quelle canzoni folk, che mi spiegarono il codice per tutto ciò che era lì a portata di mano. Mi insegnarono che tutto appartiene a tutti. Se voi cantaste John Henry tutte le volte che l’ho fatto io - «John Henry was a steeldriving man / Died with a hammer in his hand / John Henry said a man ain’t nothin’but a man / Before I let that steam drill drive me down / I’ll die with that hammer in my hand» - anche voi avreste finito con lo scrivere «How many roads must a man walk down?» Cantavo moltissime canzoni del genere “ come all you”… ce ne sono molte. Forse ce ne sono fin troppe, per poterle contare tutte. «Come along boys and listen to my tale / Tell you of my trouble on the old Chisholm Trail». Oppure, «Come all ye good people, listen while I tell / the fate of Floyd Collins a lad we all know well / The fate of Floyd Collins, a lad we all know well» . Se voi aveste cantato continuamente canzoni del genere “come all you”, poi avreste scritto voi «Come gather‘ round people where ever you roam, ad-mit that the waters around you have grown / Accept that soon you’ll be drenched to the bone / If your time to you is worth saving / And you better start swimming or you’ll sink like a stone / The ti-mes they are achanging».

Sì, anche voi le avreste scritte. Non è mica un segreto. Succede tutto in modo subliminale, senza esserne consapevoli, perché basta questo ed è questo che io cantavo sempre. Era questo a starmi a cuore. Beh, in verità io pensavo semplicemente di fare qualcosa di naturale. Fin dall’inizio però, le mie canzoni per qualche motivo hanno diviso la gente. Non ho mai capito perché. Alcuni si arrabbiavano ascoltandole, altri le adoravano. Non ho mai saputo perché le mie canzoni avessero detrattori e sostenitori.

Oh, sì, i critici sono stati duri con me fin dal primo giorno. I critici dicono che io non so cantare, che gracchio, che gracido come un ranocchio. Perché non dicono la stessa cosa di Tom Waits? I critici dicono che la mia voce è spompata. Che non ho voce. Perché non dicono queste stesse cose di Leonard Cohen? Perché riservano solo a me questo trattamento speciale? I critici dicono che non so tenere una nota e mi faccio strada solo con una canzone. Ma è proprio vero? Non ho mai sentito dire nulla del genere a proposito di Lou Reed. Perché lui riesce a farla franca?

Che cosa ho mai fatto per meritarmi questa attenzione speciale? Dicono che non ho un’estensione vocale, per esempio. Quando è stata l’ultima volta che avete sentito Dr. John? Perché non lo dite di lui? Dicono che farfuglio le parole, che non ho inflessione. Ma voi avete mai sentito Charley Patton o Robert Johnson, Muddy Waters? Parlate tanto di parole farfugliate e nessuna inflessione…ma non ha importanza.

«Perché proprio io, Signore?» mi dico.

I critici dicono che io strazio le mie melodie, rendo irriconoscibili le mie canzoni. Oh, davvero? Lasciate che vi dica una cosa. Alcuni anni fa andai ad assistere a un incontro di pugilato tra Floyd Mayweather e un pugile portoricano. Qualcuno cantò l’inno nazionale portoricano, molto bello, profondo e commovente. Poi fu la volta del nostro inno nazionale. Scelsero una sorella che canta soul ed è molto popolare. Lei cantò ogni singola nota. Ogni nota che esiste e anche che non esi- ste. Parlate tanto di straziare una melodia? Di prendere una parola monosillabica e farla durare 15 minuti? Ecco, questo è quello che fece quella cantante: ginnastica per corde vocali, come se si trovasse al trapezio. Ma per me non fu divertente. Dove erano i critici? Straziare le parole? Allungare una melodia? Allungare una canzone così importante e preziosa? No, accusatemi pure, ma non penso di fare una cosa del genere. Penso solo che siano i critici a dirlo.

Ho appena pubblicato un album di brani standard. Sono tutte le canzoni che di solito cantano Michael Buble e Harry Connick Jr. Forse anche Brian Wilson ne ha cantate un paio. Linda Ronstadt le ha cantate. Ebbene: le recensioni dei loro dischi sono diverse dalle recensioni del mio. Nelle loro recensioni nessuno dice niente. Nelle recensioni del mio disco vanno a guardare in tutti gli angolini… fanno così nel mio caso. Devono citare tutti i nomi degli autori. Bene, a me sta bene. Dopo tutto sono grandi autori e si tratta di canzoni conosciute. Ho letto le recensioni, e in metà di esse citano tutti i nomi degli autori, come se tutti li conoscessero. Nessuno li ha mai sentiti nominare, non questa volta in ogni caso. Parlo di Buddy Kaye, Cy Coleman, Carolyn Leigh, per citarne giusto alcuni. Del resto, io sono felice che citino i loro nomi. Anzi, sapete che vi dico? Sono contento che ne parli anche la stampa. Forse ci hanno impiegato un po’ di tempo per arrivarci, ma ecco fatto, i loro nomi sono lì. Mi chiedo solo perché ci sia voluto così tanto. Il mio unico rimpianto è che non siano qui per vedere con i loro stessi occhi.

I critici hanno fatto carriera accusandomi di fare carriera scombinando le aspettative.
Davvero? Perché è questo quello che faccio. È così che la penso. Scombino le aspettative. «Ehi tu, che fai nella vita?». «Oh, scombino le aspettative!». Devi trovarti un lavoro e uno ti chiede: «Che fai di preciso?». «Oh, scombino le aspettative!». E quello ti fa: «Beh, quella posizione è già occupata. Ci richiami. Meglio ancora, non ci richiami, ci facciamo vivi noi». Scombinare le aspettative! Ma che cosa significa? «Perché proprio io, Signore? Le scombinerei, ma non so come farlo». In ogni caso: perché proprio io Signore? Che cosa ho fatto di male?

E adesso me ne vado via. E me ne fregherò, che vadano a farsi friggere. Probabilmente ho dimenticato di citare un sacco di persone e ho parlato troppo di altre. Va bene così. Come nella canzone I’m still just crossing over Jordan too . Speriamo di ritrovarci, prima o poi. E ci ritroveremo se, come diceva Hank Williams, «lo vuole il buon Dio e il fiume non strariperà>>.

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