12/02/15

Il Jazz al servizio dell' apartheid


Rilanciamo l'appello di BDS Italia ad alcuni musicisti Jazz del nostro paese che hanno deciso di partecipare al festival di Eilat. Di seguito, la lettera di un gruppo di cittadini israeliani che si battono contro l' occupazione ebraica e contro l' autentico apartheid a cui è sottoposto il popolo palestinese, affinchè la musica non sia strumento per la propaganda e alibi, oltre che cercare di nascondere sotto il tappeto della cultura gli orrori dei crimini di guerra dell'esercito nei territori palestinesi. La nostra linea è chiara: la musica, la cultura, l'arte possono e devono essere strumenti di opposizione, contro la guerra, il razzismo, le discriminazioni, il fascismo. Diffidiamo di chi si nasconde dietro la motivazione che.."io sono solo un artista, la politica non centra..".
Quello che lo stato di Israele sta conducendo è una vera e propria politica di pulizia etnica, con i continui insediamenti che riducono sempre più lo spazio vitale dei cittadini palestinesi, oltre alle operazioni militari di vera e propria guerra, con crimini contro popolazioni civili inermi. Non si può, non si deve rimanere in differenti. Ancora sotto, la presa di distanza di BDS, e di tutte le organizzazioni che si battono per il boicottaggio, dalla vergognosa campagna dei fascisti a Roma, con la città tappezzata di manifesti a nome della fantomatica MILITIA, organizzazione razzista, antisemita,fascista, violenta, che oltre a strumentalizzare il boicattaggio ha pubblicato infami liste di proscrizione di attività commerciali di cittadini italiani ebrei, con tanto di nomi e indirizzi.


Il 19-20 febbraio si svolgerà il Red Sea Jazz Festival nella città israeliana di Eilat sul Mar Rosso. In calendario anche due concerti dell’Enrico Rava New Quartet, che mette insieme il noto jazzista con alcuni dei nuovi talenti come Francesco Diodati, Gabriele Evangelista e Enrico Morello.
Da più parti arrivano appelli agli artisti jazz che si esibiranno al festival di annullare la propria partecipazione in sostegno all’appello palestinese per il Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni (BDS) contro Israele finché non rispetterà i diritti umani e il diritto internazionale.

La società civile palestinese, infatti, ha scritto a tutti gli artisti per ricordare loro che il festival, sponsorizzato da “una ventina di organizzazioni ufficiali israeliane”, si svolge “a pochi chilometri di distanza” dalla Striscia di Gaza, dove nell’ultima aggressione “Israele ha ucciso più di 2.168 palestinesi e ferito oltre 10.895, soprattutto civili”.

Nella lettera dalla Palestina viene rimarcato l’uso che Israele fa della cultura “per mascherare le violazioni del diritto internazionale”, una politica “apertamente confermata dal governo israeliano con il lancio della campagna globale di Brand Israel”. Secondo un portavoce del Ministero degli Esteri israeliano, Brand Israel ha lo scopo di veicolare "una migliore immagine per Israele”, il successo della quale “è parte integrante della sicurezza nazionale". Un linguaggio che ricorda quello utilizzato a suo tempo dal regime d’Apartheid in Sud Africa, e che rivela “un tentativo cinico e sistematico di manipolare l'opinione pubblica mondiale” per “distogliere l'attenzione dai crimini di guerra in corso dipingendo [Israele] come un vivace centro culturale e artistico.”

Anche il gruppo israeliano Boycott from Within, che sostiene l’appello palestinese per il boicottaggio di Israele dall’interno del paese, ha scritto agli artisti internazionali che suoneranno al festival. Nella lettera si ricorda che la città israeliana di Eilat “sorge su quello che una volta era il villaggio palestinese di Umm Rashrash”, uno dei 500 villaggi palestinesi distrutti dalle milizie israeliane tra il 1947 e il 1948. Ricorda inoltre che il Ministero israeliano del Turismo, tra gli sponsor del festival, pubblicizza e facilita il turismo nei Territori palestinesi occupati. Organizza anche tour per artisti che si esibiscono in Israele come parte di operazioni d’immagine, per produrre "video e foto di repertorio … durante sia i concerti che le visite ai siti turistici in Israele da utilizzare in campagne di marketing internazionali".

BDS Italia ha scritto direttamente agli artisti italiani dell’Enrico Rava New Quartet, ricordando che sono tanti gli artisti Jazz che hanno disdetto in passato la partecipazione al festival, “tra cui Stanley Jordan, Andreas Öberg, Eddie Palmieri, Tuba Skinny, Jason Morana e il Portico Quartet” insieme agli “altri musicisti, artisti, scrittori, registi, attori e intellettuali in tutto il mondo che sostengono l'appello palestinese per il boicottaggio, tra cui lo scomparso Gil Scott-Heron, Cassandra Wilson, Roger Waters, Elvis Costello, Naomi Klein, Alice Walker, Ken Loach, Mira Nair, Danny Glover e Desmond Tutu.

Sono oltre 16.000 le firme sulla petizione internazionale che chiede agli artisti di “rimandare i concerti, al giorno in cui Israele avrà posto fine all’occupazione militare e alle politiche d’apartheid.”


Appello: Dai cittadini israeliani ad artisti che si esibiranno al Red Sea Jazz Festival: Non lasciate che Israele utilizzi lo spirito libero del Jazz per mascherare l'Apartheid e l’occupazione militare!

Cari Enrico Rava; Francesco Diodati; Gabriele Evangelista; Enrico Morello; Clarinet Factory; Dorantes; Renaud Garcia-Fons; Joey Alexander; Rachelle Garniez;

Siamo cittadini di Israele che si oppongono al continuo trasferimento forzoso per mano del nostro governo del popolo palestinese, attraverso politiche di occupazione militare e d’apartheid. Scriviamo a voi, al fine di assicurarci che siate a conoscenza di tutte le implicazioni morali di un’esibizione in Israele in questo momento. Vi chiediamo di rimandare i vostri concerti, al giorno in cui Israele avrà posto fine all’occupazione militare e alle politiche d’apartheid.

È impossibile non parlare della sede del festival e della sua storia. Tra il 1947 e il 1948 le milizie israeliane portarono avanti la pulizia etnica della popolazione indigena palestinese della Palestina. Oltre 500 villaggi furono distrutti. I massacri di migliaia di persone portarono alla fuga la metà della popolazione per paura per le loro vita.[2] Ci rifiutiamo di dimenticare che Eilat sorge su quello che una volta era il villaggio palestinese di Umm Rashrash , e che l'intera area fu sfacciatamente ribattezzata con il nome dell'operazione militare di pulizia etnica, "Uvda", che in ebraico significa "fatto,” cioè "creare fatti sul campo". Il Ministero del Turismo israeliano, uno dei fondatori del Red Sea Jazz Festival, al quale state per prendere parte, non ha remore a usare questo nome.
Il Red Sea Jazz Festival di Eilat non è in alcun modo separato dal governo e dalle sue politiche. Si tratta di "un’iniziativa della municipalità di Eilat finanziata da Ministero della Cultura, Ministero del Turismo, Eilat Port Sea, Associazione degli Albergatori di Eilat e vari sponsor commerciali”. La realtà di Israele al momento è che tutti i ministeri sono in un modo o nell'altro coinvolti nella repressione della popolazione palestinese indigena, essenzialmente utilizzando aspetti civili del governo e della società civile per sostenere e perpetuare l'occupazione militare. Particolarmente rilevante per voi è il fatto che il governo di Israele usa apertamente eventi culturali al fine di distogliere l'attenzione dai suoi crimini di guerra:
"Noi vediamo la cultura come uno strumento di primo piano dell’Hasbara [relazioni pubbliche], ed io non faccio differenze tra hasbara e cultura” - Nissim Ben-Sheetrit, ex vice-direttore generale del Ministero degli Affari Esteri di Israele.

Il Ministero israeliano del Turismo pubblicizza e facilita il turismo nei Territori palestinesi occupati, e facilita tour per artisti come voi, come parte di operazioni d’immagine: "video e foto di repertorio della cantante e del suo entourage, durante sia i concerti che le visite ai siti turistici in Israele, da utilizzare in campagne di marketing internazionali".
Il Ministero della Cultura sostiene la costruzione degli insediamenti in Cisgiordania, e si impegna per mette a tacere le proteste contro questo crimine di guerra.
Alle forze governative si uniscono le aziende. Se esaminiamo la Eilat Sea Port (Eilat Port Company Ltd), vediamo che uno dei proprietari è il governo di Israele, attraverso la Israel Ports Development & Assets Company Ltd. Lo stesso governo israeliano ha assediato il porto di Gaza, sbarrando la via non solo a qualsiasi commercio, ma anche ad uno dei principali luoghi di sostentamento.
A causa di tutto ciò, negli anni passati, altri musicisti jazz hanno annullato la loro partecipazione al Red Sea Jazz Festival, tra cui Eddie Palmieri, Jason Morana, Portico Quartet, Tuba Skinny, Andreas Öber e Stanley Jordan. Poiché i festival jazz sono diventati una delle forme più comunemente utilizzate da Israele per le pubbliche relazioni, molti musicisti jazz, blues e soul hanno annullato le loro performance a simili festival jazz sponsorizzati dallo Stato di Israele. Altri ancora hanno espresso rammarico dopo aver appreso della situazione politica qui. Alcuni nomi che vengono in mente sono Gil Scott-Heron, Cassandra Wilson and Meshell Ndegeocello.

Una campagna internazionale è stata avviata, sulla base della nostra dichiarazione di diversi anni fa, e ha ottenuto il sostegno di 16.000 persone provenienti da tutto il mondo, e continua a crescere ad oggi. Un’altra campagna lanciata da BDS Italia, rivolta specificamente a Enrico Rava e il suo quartetto, è anch’essa in rapida crescita.Il Red Sea Jazz Festival avrebbe potuto essere una festa per celebrare lo spirito libero della musica jazz, e questa bella tradizione di minoranze oppresse. Invece, sfrutta la musica come strumento per mascherare l’occupazione militare, l'apartheid e l'oppressione del popolo palestinese. In considerazione di tutto questo, vi chiediamo di annullare la vostra partecipazione al festival! Boicottate l'apartheid!

Saremo lieti di rispondere a qualsiasi domanda o commento che avrete.
Cordialmente,



In merito ai vergognosi manifesti del gruppo neofascista MILITIA apparsi a Roma, e in generale alla strumentalizzazione della questione palestinese fatta dall'estrema destra per diffondere l'antisemitismo, BDS Italia esprime la sua netta e assoluta condanna.  Condanna l'antisemitismo come ideologia razzista e reazionaria, condanna il fatto che le sofferenze del popolo palestinese diventino  pretesto e strumento per tale infame ideologia. Condanna in particolare l'appello fascista a boicottare attività commerciali appartenenti a cittadini ebrei, appello corredato, tra l’altro, di una inaccettabile "lista di proscrizione".
La campagna di Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni contro Israele [1] è uno strumento di lotta nonviolenta, elaborata dalla società civile palestinese ispirandosi al movimento contro l’Apartheid in Sudafrica, per fare pressione su uno Stato responsabile di violazioni del diritto internazionale e dei diritti umani, e non ha niente a che fare con le odiose e disprezzabili manovre di fascisti vecchi e nuovi.
BDS Italia tiene a sottolineare anche come il movimento globale di Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni rifiuti ogni forma di razzismo, islamofobia ed antisemitismo inclusi.
Mentre i manifesti sono frutto del lavoro di uno sparuto gruppo di nazifascisti, il movimento BDS ha il sostegno di gruppi di solidarietà, ONG, sindacati, chiese, artisti e intellettuali nonché di gruppi ebraici in tutto il mondo, Israele compreso.
Questi gruppi di estrema destra benché al momento minoritari, non vanno tuttavia sottovalutati ed è bene tenere alta la guardia contro di essi ed i loro tentativi di risveglio ed allargamento.
Facciamo appello a tutte e tutti affinché si denuncino questi spregevoli tentativi di strumentalizzare la lotta palestinese e i movimenti solidali e invitiamo ad unirsi all’appello palestinese per il BDS, impegnandosi nel boicottaggio di Israele finché non rispetti i diritti umani e il diritto internazionale.



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