25/07/15

Una giornata infernale e il condizionatore d’aria era rotto. Bukowski: Pulp (Incipit Bruciante)

Stavo in ufficio, il contratto d’affitto era scaduto e McKelvey voleva ricorrere al tribunale per sfrattarmi. Era una giornata infernale e il condizionatore d’aria era rotto. Sul piano della scrivariia stava camminando lentamente una mosca. Allungai un braccio, abbattei il palmo aperto della mano e la spedii all’altro mondo. Mentre mi pulivo la mano sulla gamba destra dei pantaloni squillo il telefono. Alzai il ricevitore.
“Ah, si,” dissi. “Leggi Céline?” chiese una voce femminile. Era parecchio sexy. Da un po’ di tempo ero solo. Secoli.
“Céline,” risposi, “ehmmm...”
“Voglio Céline,” disse. “Devo averlo.”
Una Voce tanto sexy, mi eccitava, davvero.
“Céline?” ripetei. “Mi dia qualche altra inforrnazione. Mi parli, signora. Continui a parlare...”
“Chiudi la cerniera,” ordinò.
Guardai in basso.
“Come faceva a saperlo?” chiesi.
“Non importa. Voglio Céline.”
“Celine è morto.”
“No. Voglio che tu lo trovi. Lo voglio.”
“Forse potrei trovare le sue ossa.”
“No, scemo, è vivo!”
“E dov’e?” ,
“A Hollywood. Mi hanno detto' che frequenta la libreria di Red Koldowsky.”
“E allora perché non se lo trova da sola?”
“Perché prima di tutto devo sapere se è il vero Celine. Devo esserne sicura, completamente sicura.”
“Ma perché si è rivolta a me? In questa città ci sono almeno cento investigatori privati dritti come me.”
“Ti ha raccomanclato John Barton.”
“Ah, Barton, si. Be’, senta. Ho bisogno di un anticipo. E devo vederla di persona.”
“Sarò li tra pochi minuti,” disse.
Lei abbassò il ricevitore. Io chiusi la cerniera. E aspettai.

Entrò. Sul serio, voglio dire, semplicemente non era leale. Aveva un vestito tanto attillato che quasi spaccava le cuciture. Troppe cioccolate al malto. E le scarpe avevano tacchi tanto alti che sembravano trampoli. Attraversò la stanza ondeggiando come uno storpio ubriaco. Un’abbondanza di carne che dava le vertigini.

Si sieda, signora, la invitai. Lo mise giu e accavallò le gambe molto in alto, quasi quasi mi fece strabuzzare gli occhi.
“Piacere di conoscerla, signora,” dissi.
“Smettila di guardare fisso, per favore. Non c’e niente che tu non abbia gia visto prima.”
“Si sbaglia, signora. Posso sapere come si chiama?”
"Signora Morte".
“Signora Morte? Lavora al circo? Nel cinema?”
"No"
“Dov’e nata?”
“Non ha importanza.”
“Anno di nascita?”
“Non cercare di far lo spiritoso...”
“Volevo solo alcune informazioni preliminari...”
In qualche imodo mi persi, cominciai a guardarle su per le gambe. Mi sono sempre piaciute, le gambe. E stata la prima cosa che ho visto quando sono nato. Ma allora stavo cercando di uscire. Da quel momento in poi ho sempre tentato di andare nell'altra direzione, ma con fortuna piuttosto scarsa. Fece schioccare le dita.
“Ehi, sveglia!”
“Eh?” Alzai lo sguardo.
“Il caso Céline. Ricordi?”
“Si certo.”
Aprii un fermaglio e puntai un’estremita Verso di lei.
“Ho bisogno di un assegno come anticipo"
“Certo,” disse sorridendo. “Qual é la tua tariffa?”
“6 dollari l’ora.”
Estrasse il libretto degli assegni, scribacchiò qualcosa, ne staccò uno e me lo gettò. Cadde sulla scrivania e io lo presi in mano. 240 dollari. Non vedevo tanti soldi da quando avevo azzeccato un’accoppiata a Hollywood Park nel 1988.
“Grazie, signora...”
“ Morte,” continuo lei.
“Si," dissi. “Adesso mi racconti qualcosa di questo cosiddetto Céline. Ha parlato di una libreria?”
“Be’, frequenta la libreria di Red, sta li a scartabellare... chiede di Faulkner, di Carson McCullers, di Charles Manson...”
“Frequenta la libreria, eh? Ehmmn.”
“Si” confermò, “conosci Red. Gli piace cacciare la gente dal negozio. Una persona spende da lui mille dollari poi si ferma un minuto o due e Red gli dice: ‘Perché non vai al diavolo fuori di qui?’ Red è un bravo ragazzo, ma é bizzaro. Comunque continua a cacciar via Céline, lui se ne va da Musso’s e se ne resta li al bar con la faccia triste. Dopo un giorno o due ritorna da Red e la storia si ripete.”
“Céline è morto. Lui ed Hemingway sono morti , a un giorno di distanza l'uno dall’altro. Trentadue anni fa.”
“Di Hemingway lo so. Lui ce l’ho.”
“E sicura che fosse Hemingway?"
“Oh si.”
“E allora perché non è sicura che questo sia il vero Céline?”
“Non lo so. Ho una specie di blocco, in questa faccenda. Non mi é mai successo prima. Forse è troppo tempo che sono sulla breccia. Quindi sono venuta da te. Barton dice che sei bravo.”
“E lei pensa che il vero Celine sia vivo? Lo vuole?”
“Assolutamente, grassone.”
“Belane. Nick Belane.”
“D’accordo, Belane. Voglio esserne certa. Dev’essere il vero Celine, non un incompetente che si spaccia per lui. Ce ne sono troppi, di quelli.”
“Lo sappiamo bene.”
“Be’, datti da fare. Voglio il più grande scrittore francese. Ho aspettato anche troppo.”
Poi si alzò e uscì. In tutta la vita non avevo mai visto un culo simile. Oltre ogni  immaginazione. Oltre tutto quanto. Adesso non mi scocciate. Voglio pensarci su.

Era il giorno dopo.
Avevo annullato l’impegno di tenere un discorso alla Camera di Commercio di Palm Springs.
Pioveva. ll soffitto perdeva. La pioggia lo attraversava e faceva “plic plic plic ploc ploc plic plic plic ploc plic plic ploc ploc ploc plic plic plic...”.



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