24/09/15

Cinema Resistente. Lech Kowalski: punk, contadini, junkie

Dee Dee
Milano gli ha dedicato una retrospettiva (più libro monografico, Camera Gun. Il cinema ribelle di Lech Kowalski, Agenzia X, a cura di Alessandro Stellino). Un cineasta che ha segnato gli ultimi decenni del cinema del reale, underground, i cui film hanno circolato poco in Italia nonostante il passaggio alla Mostra del cinema di Venezia (2005) con lo struggente East of Paradise, il racconto della madre deportata in un campo di lavoro sovietico durante lo stalinismo. Il suo film più recente è Holy War Holy Field , in cui Kowalski arriva nelle campagne polacche per filmare la battaglia dei contadini contro le multinazionali che trivellano il terreno in cerca di gas. Il governo e i politici locali hanno dato il loro benestare senza neppure ascoltare quello che accade nella vita di questa gente, cosa significa il fracking che fa tremare le case, infanga l’acqua, impedisce il raccolto, avvelena piante, animali, ogni cosa. E nel silenzio più totale dei media o peggio ancora nella disinformazione che lo presenta come una garanzia di modernità.

Può sembrare strano ritrovare Kowalski, narratore di <<storie e eroi>> metropolitani, i giovani punk, i Ramones (Hey Is Dee Dee Home, 2003), i Sex Pistols (D.O.A, 1981), gli homeless del Lower East Side (Rock Soup, ’91), in un luogo dove il tempo è ancora scandito dalle stagioni anche se la natura ha perduto ormai per sempre la poesia dell’incontaminato. Eppure seguendo quei contadini nella realtà globalizzata che avanza, si ritrovano con evidenza gli elementi che attraversano i suoi film in cui la ` macchina da presa é sempre e comunque un'arma. E’ una scelta di impegno politico ma declinato in modo diverso, mettendo a rischio sé stessi, il proprio corpo alla ricerca di un conflitto più che per decidere da che parte stare.
<<Mi interessava molto la lotta dei contadini per proteggere la terra. E’ un soggetto che riguarda la nostra cultura, e la sopravvivenza dell’umanità, e che invece viene messo nell‘ombra dalle grandi corporazioni che controllano tutto. Questa guerra ha creato tra di loro dei legami molto foni, in un certo senso quei contadini sono oggi come erano anni fa i punk>>.

Ma quella della terra è una dimensione che un po’ ritorna nella vita di Kowalski. La famiglia di origini polacche che la fuga dalla guerra ha portato ovunque nel mondo, Iran, Iraq, India, Africa, fino a Londra dove é nato, e poi l’America, viene da li: il nonno in Polonia aveva aperto una scuola dove insegnava ai contadini, e una biblioteca. E anche il padre ha tentato l’avventura della terra in America.
Il padre desiderava tantissimo avere una fattoria, però eravano troppo poveri. Un giorno il padre ebbe un tenibile incidente con la macchina, e i soldi dell’assicurazione servirono per coronare il suo sogno. La fattoria era nel Wisconsin, vicino a una riserva di nativi americani: a un certo punto però le vacche si ammalarono e morirono. Cosi le banche gli tolsero la terra, il resto la  madre lo regalò agli indiani. Arrivati a Chicago, dove ancora c’é una grande comunità polacca, e il padre lasciò tutti alla stazione per cercare lavoro l’intera giornata, finché non lo assunsero in fabbrica tornando a prenderli.. Che storia.


Da punk sei convinto che anche l’invenzione di un’estetica é un modo per radicalizzare le tue posizioni e la critica al mondo. I contadini non pensano all’estetica ma come i punk sono degli outsiders. Probabilmente Lech Kowalski appare ai loro occhi come un punk. La battaglia contro il fracking li ha resi una comunità e anche questo sentimento di appartenenza a qualcosa fa pensare al movimento punk Quando stanno insieme ridono, bevono, si divertono, vivono una dimensione che nelle grandi città si è persa.
La resistenza al fracking svela qualcos'altro, a cominciare dalla perdita di legami tra cittadino e istituzioni politice che sembra essere un denominatore comune della nostra epoca.
<<E' un po' il nucleo del film. I contadini non si fidano di nessuno, alle spalle hanno il periodo comunista e hanno capito che la democrazia non ha prodotto quel nuovo mondo di benessere che si aspettava ma solo maggiore cinismo. In campagna la dimensione della re-altà é molto forte, é la vita stessa. Viviamo in un’epoca di grande confusione dove tutto si frantuma. Loro invece hanno qualcosa in cui credere, e da qui può iniziare una rivoluzione. E’ quello che sta accadendo in Messico dove i contadini vessati dal governo stanno dando vita a una fortissima opposizione. Girerò li, tra poco, il mio prossimo film.>>

L'attenzione alle facce delle persone sono sempre molto importanti. E’ difficile invece descrivere i cambiamenti, oggi preferisce più osservare che muoversi, guarda le cose in modo riflessivo.. Ad un certo punto, si è messo all'angolo della 14a, a New York, a filmare: un’esperienza emozionale molto importante, a sentire lui, durante la quale ha scoperto nelle persone e nel mondo particolari che non aveva mai notato. Ora cerca di portare nel suo cinema queste lezioni del passato, rispetto alla velocità in cui viviamo, che é quasi schizofrenica: gli sembra che il solo modo per confrontarsi con la realtà sia stare fermi in un posto.

Il cinema è controversia, tensione, forze opposte ed elementi che si scontrano per generare teatralità. Lech Kowalski ci ha fatto scoprire che in America il punk non esisteva nei soliti e tipici locali alternativi come il CBGB di New York,  ma che esisteva una scena punk anche nel Sud degli Stati Uniti. Chi l'avrebbe mai detto? C’erano scene alternative un po’ dappertutto, ma non univocamente definite, come punk, drag queen, punk gay, biker, fanatici del rock’n’roll, adolescenti annoiati, proprietari di club conservatori, uomini d’affari. Kowalski capì che qualcosa sarebbe successo. E la partenza dei Sex Pistols per il tour americano rappresentava un momento in cui quel qualcosa iniziava ad accadere. Doveva filmare quell’evento a tutti i costi. Non era solo una storia sul punk girata a New York, ma un confronto culturale più ampio. E aveva ragione.  Ovviamente c'era la musica, ma anche chi andava ai concerti, e perché.


Don Letts, Dan Graham..
Non si è mai considerato un regista punk. Solo un outsider. Underground, una parola un po’ inflazionata, ma che gli si addice in pieno. L’unica cosa che lo accomuna a registi come Don Letts o Dan Graham è che hanno creato senza avere tanti soldi.

Oltre a D.O.A., filma gli homeless del Lower East Side in ROCK SOUP, che nell'estate del 1989 allestirono una tendopoli a Tompkins Square: le autorità minacciarono di smantellare il centro di accoglienza e la popolazione insorse. In un ruvido bianco e nero, Kowalski riprende e si schiera contro l'imminente disneyficazione della città.

 In THE BOOT FACTORY del 2000 documenta la vita di un gruppo di punk a Cracovia, che sopravvive cucendo scarponi di cuoio. Un racconto di anarchia e di come dare vita a microcosmi resistenti, in opposizione al sistema vigente.
BORN TO LOSE è ancora sul punk, e si concentra su Johnny Thunders, prima nei New York Dolls e poi con gli Heartbreakers: 400 ore di materiale filmato, un ritratto glorioso e struggente sull'eroe di tutti gli sconfitti, nato per perdere, morto a soli 39 anni.
HEY IS DEE DEE HOME è un altro dei ritratti struggenti di Kowalski, questa volta è Dee Dee Ramone il protagonista, bassista e compositore dei Ramones, amante dei tatuaggi e delle donne, oltre che innamorato da sempre delle droghe pesanti. 

STORY OF A JUNKIE, è un film difficile da digerire, per chiunque non abbia mai fatto uso di droghe. Tutto reale, vita di strada, personaggi borderline che occasionalmente mostrano la loro “poesia accidentale” (le discussioni sulla coscienza politica, la confessione del protagonista sulla sua ex). Un vivido ritratto della vita da tossicodipendente nell’East Village.
In Story of a Junkie, Spacely, il protagonista, sceglie di diventare un tossico. Kowalski non lo giudica, lo segue, entra nella sua corsa nella vita, entra nei suoi luoghi nascosti, e lui ha mostrato cose che la maggior parte della gente non vede. E' facile vedere compassione nella storia, ma anche eccitante: provare droghe, bere, litigare, vederti puntare una pistola addosso, stare svegli per notti intere, dormire fino a giorno inoltrato, dormire su un tetto, incontrare gente d’estrazione borghese in disperata crisi d’astinenza, perché il protagonista è la connessione tra un mondo e l’altro. Spacely, in questo splendido film, apre delle porte a molti totalmente sconosciute.
Assistere a Story of a Junkie è come guardare una bomba che sta per esplodere. Nessuno aveva idea di quello che c'era dietro l'angolo. Di lì a poco sarebbe stato scoperto l'AIDS. Dalle sue storie, racconti di deportati, emarginati e punk, con la constatazione di un mondo segnato da ingiustizie e violenze, emergono dolore profondo ma anche un forte desiderio di rivalsa. Amiamo il cinema di Lech Kowalski, un cinema non commerciale e difficile da reperire, perchè tutto viene filtrato dalla musica e dai racconti dei sopravvissuti e di chi resiste: resistenza della memoria e pratiche di sopravvivenza..







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