25/04/12

Rigurgiti fascisti nel mondo



Sono 133 i gruppi
di estrema destra nel mondo.

Checchino Antonini  - Globalist

Sta crescendo il network internazionale anti-islamico che ha ispirato Anders Behring Breivik. Il gruppo antirazzista britannico, "Hope not Hate", ha pubblicato un report sull'inquietante vitalità della galassia dell'estrema destra europea. Quando il trentatreenne Breivik, lo scorso luglio, uccise 77 persone, perlopiù ragazzi che prendevano parte a un campeggio di giovani socialdemocratici, si giustificò proprio in nome di una guerra in corso tra l'Occidente e l'Islam. Da allora, è l'allarme di Hope Not Hate, quella rete s'è consolidata facendo coagulare fondazioni, blogger, attivisti e gruppi organizzati o informali di ultras.

Da questo calderone sarebbe nato, tre mesi fa, lo Stop Islamization of Nations (Sion) group, una sorta di ombrello per quel tipo di attività. La sigla Sion potrebbe essere stata scelta non a caso. Infatti, c'è anche in Italia chi predica che «antisemitismo e filosionismo possono andare a braccetto», come si legge in un blog di destra piuttosto beneinformato come "Fascinazione" a proposito di personaggi come Saya e Sindoca, sospettati (e prosciolti) dall'accusa di essere agenti deviati ma con posizioni certamente "nazionaliste" e islamofobe.
Il debutto in società di Sion avverrà a New York guardacaso proprio l'11 settembre e, tra i relatori, c'è gente come Paul Weston, capo del British Freedom Party (Bfp) che ha appena annunciato un patto con l'English Defence League. Il Bfp è una costola del più noto Bnp, il partito nazionalista britannico. Novanta minuti dopo la strage, lo stesso Breivik ha citato Weston a proposito di quella "guerra civile europea" contro i seguaci di Maometto. Londra si conferma, così, crocevia di fascisti, nazisti e contractors. E, solo nel Regno Unito, Hope Not Hate ha contato 22 soggettività organizzate operative antijihadiste. Il report fa 133 nomi, sette dei quali in Norvegia e altri 47 negli States dove la saldatura vede protagonisti i network ultraconservatori ed evangelici ossessionati dalla missione di costruire una percezione diffusa negativa della cultura islamica.

Nick Lowles, è il direttore di Hope Not Hate: «Breivik ha agito da solo - dice - ma è stata quell'ideologia a ispirarlo. Ora tutti gli occhi sono per lui e si rischia che nessuno si renda conto di questa rete». Andreas Mammone, che insegna storia alla Kingston University di Londra spiega al Guardian di ieri che la crisi economica aiuta il proliferare di questi gruppi che identificano nel nemico comune l'ansia per l'Islam radicale.
Tra i nomi più influenti del network, il report cita il leader Edl Stephen Yaxley-Lennon (conosciuto come Tommy Robinson), o la più distinta Ann Marchini, una tycoon della finanza di cui il Sunday Times racconta la lussuosa magione nel quartiere londinese di Highgate London da 1 milione e seicentomila sterline. Ann Marchini è una «figura chiave della succursale dello statunitense Center for Vigilant Freedom (Cvf, anche noto come International Civil Liberties Alliance con base a Fairfax in Virginia ma presente in almeno 20 paesi), una sigla che ha promosso convegni anti-islamici col Pvv olandese con la presenza di parenti svedesi e belgi prima di stringere alleanza con l'Edl di cui figura tra i donatori e per conto della quale è stata in tournée in Svizzera, Scandinavia, Belgio. Alcuni ragazzotti da stadio hanno annunciato di recente anche in Italia una lega del genere preoccupati dalla minaccia islamica verso le sane tradizioni italiche ma hanno 67 "I like" nella pagina facebook.

Tre mesi dopo la strage di Breivik, l'Icla ha promosso una conferenza a Londra con l'aiuto del suo coordinatore europeo Christopher Knowles, un altro co-fondatore dell'Edl e direttore della branca britannica del Cvf registrata a Wakefield. E solo due settimane fa, in Danimarca, Yaxley-Lennon ha presenziato al meeting inaugurale dell' Europe-wide network of defence leagues. Un altro gruppo è stato fondato in Belgio a marzo. Si tratta di Women Against Islamisation, network europeo lanciato da Jackie Cook, moglie di Nick Griffin, capo del Bnp.
In Grecia, i sondaggi suggeriscono che a maggio a scavalcare lo sbarramento del 3% possa essere l'ultranazionalista Alba d'oro, che mutua il nome dalla setta teosofica rosacrociana che negli anni '30, tra Germania e Inghilterra coinvolse la cerchia di Himmler e settori vicini alla casa reale inglese. La mappa degli antijihadisti italiani citata da Hope Not Hate contempla nomi noti come Casapound (e il gruppo antirazzista cita lo stragista di Firenze del 12 dicembre 2011 tra i suoi frequentatori, circostanza che i legali del gruppo diffidano dal menzionare), Forza nuova, il Movimento sociale di Romagnoli (che nell'indifferenza della grande stampa ha appena tenuto un raduno europeo a Roma) e la Lega Nord di cui si ricordano le gesta di Borghezio e Calderoli. Il primo ha preso parte al Congresso Internazionale sulla islamizzazione d'Europa a Parigi il 18 dicembre 2010. Di Borghezio si ricorda l'elogio di Ratko Mladic, il serbo che ha ucciso 8mila persone descritto come un "patriota". «Il cento per cento delle idee di Breivik sono buone, in alcuni casi estremamente buone - ebbe a dire Borghezio - le sue posizioni riflettono le opinioni di quei movimenti che hanno vinto le elezioni in tutta Europa». Di Calderoli si rammenta l'appello al Papa per una crociata contro i musulmani durante la "crisi delle vignette" quando l'allora ministro si esibì in tv con una maglietta che sfotteva i maomettani. Lo show provocò scontri in Libia con 11 morti e 25 feriti. Meno nota, invece, la filiale italiana della Faith International Freedom (Ffi), organizzata attorno ad un sito web che traduce materiali della casa madre.

Ma si sta sviluppando anche il ponte sull'Atlantico tra gli europei e gli Usa. La blogger americana Pamela Geller è la figura che conduce le relazioni strette. Geller è la presidentessa di Sion, Breivik ne fa menzione nel suo manifesto ed è stata molto attiva contro la moschea prevista a Lower Manhattan nel 2010. Tra chi ha dato vita a Sion c'è anche un danese, Anders Gravers, promotore di Stop Islamisation of Europe, reduce da un incontro con Gravers lo scorso mese. Sull'altra sponda dell'oceano, invece, la campagna si concentra sul fatto che gli ambienti più conservatori sono a caccia di risorse per l'Edl, le cui immagini sono esibite negli eventi di raccolta fondi del Tea Party e ci sono incontri ufficiali con i gruppi del Christian Action Network. In Virginia funziona un blog, "The Gates Of Vienna", che annoverava Breivik tra i fornitori di contributi. Mentre in Norvegia gli esperti sono interessati a mettere in evidenza che l'islamofobia sembra in crescita. Tra i forum linkati da Breivik c'è il blog nazionalista Document.no, sul quale Breivik - supporter on line della Norwegian Defence League che mantiene stretti contatti con i compari inglesi - ha postato oltre cento commenti. Anche nei paesi scandinavi esiste una presenza «non banale» di infiltrazioni naziste nelle forze dell'ordine e in quelle armate. 



21/04/12

Zhigulì..Goodbye

Addio Zhigulì

E’ definitivamente uscita di produzione, dopo una carriera durata oltre quarant’anni, la mitica Zhigulì, versione sovietica della Fiat 124, che avviò l’era della motorizzazione di massa in URSS e per produrre la quale furono costruiti nel 1970 a Togliattigrad i grandiosi stabilimenti VAZ (acronimo di Volzhskogo Avtomobilny Zavod, “Fabbrica di automobili di Volzhsky”, dal nome della località sul fiume Volga dove sorsero gli impianti; sulla sponda opposta ci sono le colline Zhigulì, che hanno dato il nome alla storica auto). Già da un anno le officine della città sul Volga non producevano più nessuna versione del popolarissimo veicolo, che continuava ad essere costruito, in numeri ormai piuttosto ridotti, nella fabbrica Izh di Izhevsk, acquisita da AvtoVAZ; dal 17 aprile anche questa fabbrica ha fermato le linee di montaggio della Zhigulì, la cui richiesta era calata drasticamente. A Izhevsk continuerà ancora per qualche tempo la produzione di una versione furgonata della Zhigulì.
Tecnicamente, a uscire di scena è la Lada 2107, conosciuta popolarmente con il nomignolo di Semyorka (si potrebbe tradurre con “settina” o “settetto”, se esistessero in italiano), cioè l’ultima versione, nata nel 1980 e via via aggiornata senza modifiche estetiche o strutturali importanti. Spinta da un motore 4 cilindri di 1600 cc (in origine era un 1200) a iniezione, con consumi ed emissioni molto elevati per gli standard moderni, con una scocca e delle sospensioni molto rinforzate rispetto all’originale Fiat, tali da renderla praticamente indistruttibile anche sulle sconnesse strade della provincia russa. Interni spartani ma abbastanza ampi, fatti apposta per portare una famiglia dalla città alla dacia di campagna e tornarne con un carico di patate e conserve: l’uso fondamentale che di quest’auto è stato fatto per decenni.
Vituperata come poche altre auto nel mondo per i suoi numerosi difetti, oggetto di innumerevoli sarcasmi e barzellette in Russia e fuori, la Zhigulì resta pur sempre una pietra miliare nella storia mondiale dell’automobile: non solo perché in fondo è stata anche profondamente amata dagli automobilisti sovietici – che hanno potuto sfogare sui suoi guasti la loro innata passione per la meccanica, essendo un’auto semplicissima da riparare – ma anche perché la sua  inconfondibile sagoma “a saponetta” è diventata una sorta di logo per l’industria russa nel mondo. Grazie al suo prezzo bassissimo è stata venduta a milioni di esemplari non solo in URSS ma in moltissimi altri paesi, al punto che versioni locali continuano ad essere prodotte ancora qua e là, per esempio in Egitto (per il mercato africano) o in Ucraina. Dal 1970 fino al 2012 sono state prodotte, nelle varie versioni, oltre 14 milioni di Zhigulì, il che pone questa vettura al terzo posto dopo il maggiolino Volkswagen e la Ford T tra le auto più vendute di tutti i tempi.
Il suo posto nelle linee di montaggio di Togliatti e di Izhevsk è stato preso ormai dalle varie versioni della Rénault-Dacia Logan, destinata a diventare l’automobile-base nell’ormai robustissimo mercato dell’auto russo; del resto Rénault è azionista-chiave di AvtoVAZ, di cui possiede il 25 per cento, ed è naturale che punti a spingere i suoi prodotti globali a scapito di produzioni locali obsolete, sempre meno richieste e per giunta poco remunerative visto il prezzo molto basso. Non per niente AvtoVAZ era giunta nel 2010 sull’orlo del definitivo fallimento, arrivando a licenziare oltre un terzo del personale.
di a. d.




19/04/12

Record Store Day 2012

Record Store Day 21 Aprile 2012

Fondato nel 2007, il Record Store Day è un'iniziativa statunitense nata da un'idea di Chris Brown.Una giornarta mondiale per sostenere e supportare i piccoli negozi di dischi indipendenti presenti non solo negli Usa ma in tutto il mondo e che purtroppo minacciati dalla grande distribuzione. Per chi  pensa che ascoltare e comprare musica con un semplice click su ITunes sia a volte un gesto totalmente privo di significato.Testimonial quest'anno della giornata 2012, il grande Iggy Pop. Potremo scoprire edizioni ultra rare che spunteranno come  funghi, ep, singoli, mix, bootleg e lavori realizzati solo per l'occasione,come nelle precedenti edizioni avevano fatto Black Angels,Radiohead..(Quest'anno occhio e orecchi agli Arcade Fire).

Numerosi gli artisti  che appoggiano l'iniziativa di Record Store Day, tra i quali troviamo, per l'occasione, i BlackKeys, che pubblicheranno il loro nuovo album "El camino", in versione speciale su vinile; due remix degli Arcade Fire, "Sprawl II" (che potete ascoltare QUI) e "Ready to start"; i Red Hot Chili Peppers che renderanno disponibile uno speciale cofanetto di vinili del loro album del 2006 "Stadium arcadium" e i Metallica con il loro EP "Beyond magnetic" su dodici pollici colorato. Persino il Duca bianco, David Bowie, oramai ritiratosi dalle scene da alcuni anni, tornerà con un picture disc del celeberrimo singolo "Starman" che conterrà anche un inedito eseguito negli studi di Top of the Pops nel 1973.
QUI la lista completa dei negozi che aderiscono in Italia
QUI potete leggere la lista completa dei dischi prodotti esclusivamente per il Record Store Day


11/04/12

Gunter Grass,«Quel che deve essere detto» e le farneticanti e infamanti reazioni Israeliane. Con un commento di Moni Ovadia

Anche in Italia, la poesia di Gunter Grass sul poderoso armamento nucleare israeliano (non dichiarato) ha scatenato l'altrettanto poderoso apparato mediatico e le potenti lobby ebraiche del paese,con il risultato che lo scritto è stato censurato, boicottato, nascosto o quantomeno ignorato dai media più diffusi. Così,solo alcuni siti on-line l'hanno pubblicata,non preoccupandosi delle ridicole e ignobili reazioni dei tanti attivisti pro israele,sempre le solite,ormai stantie: chiunque si azzardi a criticare le scelte di una società che vira sempre più pericolosamente a destra  la politica di israele nei confronti del popolo palestinese non è altro che un antisemita,un razzista e un sostenitore di Hitler,senza se e senza ma. Sono sempre più convinto che queste reazioni furiose non fanno altro che del male al popolo ebraico,quello onesto,quello progressista,che si oppone con coraggio alla folle politica dei dirigenti del loro governo,non fa che rafforzare in tutto il mondo l'idea che questa politica rappresenti un pericolo non solo per la pace in medio oriente..Qui sotto,quindi, "Quel che deve essere detto" con un commento di Moni Ovadia apparso oggi sul Manifesto.
Per il resto.. "per informazioni sulla patologia dei governanti israeliani è utile informarsi presso i Palestinesi..

"Dite quel che volete del sublime miracolo di una fede senza dubbi, ma io continuerò a ritenerla una cosa assolutamente spaventosa e vile."
Kurt Vonnegut

"Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario." 
(P. Levi)



«Quel che deve essere detto»
PERCHÉ taccio, passo sotto silenzio troppo a lungo
quanto è palese e si è praticato
in giochi di guerra alla fine dei quali, da sopravvissuti,
noi siamo tutt’al più le note a margine.
E’ l’affermato diritto al decisivo attacco preventivo
che potrebbe cancellare il popolo iraniano
soggiogato da un fanfarone e spinto al giubilo
organizzato,perché nella sfera di sua competenza si presume
la costruzione di un’atomica.
E allora perché mi proibisco di chiamare per nome l’altro paese,
in cui da anni — anche se coperto da segreto —
si dispone di un crescente potenziale nucleare,
però fuori controllo, perché inaccessibile
a qualsiasi ispezione?
Il silenzio di tutti su questo stato di cose,
a cui si è assoggettato il mio silenzio,
lo sento come opprimente menzogna
e inibizione che prospetta punizioni
appena non se ne tenga conto;
il verdetto «antisemitismo» è d’uso corrente.
Ora però, poiché dal mio paese,
di volta in volta toccato da crimini esclusivi
che non hanno paragone e costretto a giustificarsi,
di nuovo e per puri scopi commerciali, anche se
con lingua svelta la si dichiara «riparazione»,
dovrebbe essere consegnato a Israele
un altro sommergibile, la cui specialità
consiste nel poter dirigere annientanti testate là dove
l’esistenza di un’unica bomba atomica non è provata
ma vuol essere di forza probatoria come spauracchio,
dico quello che deve essere detto.
Perché ho taciuto finora?
Perché pensavo che la mia origine,
gravata da una macchia incancellabile,
impedisse di aspettarsi questo dato di fatto
come verità dichiarata dallo Stato d’Israele
al quale sono e voglio restare legato.
Perché dico solo adesso,
da vecchio e con l’ultimo inchiostro:
La potenza nucleare di Israele minaccia
la così fragile pace mondiale?
Perché deve essere detto
quello che già domani potrebbe essere troppo tardi;
anche perché noi — come tedeschi con sufficienti
colpe a carico —
potremmo diventare fornitori di un crimine
prevedibile, e nessuna delle solite scuse
cancellerebbe la nostra complicità.
E lo ammetto: non taccio più
perché dell’ipocrisia dell’Occidente
ne ho fin sopra i capelli; perché è auspicabile
che molti vogliano affrancarsi dal silenzio,
esortino alla rinuncia il promotore
del pericolo riconoscibile e
altrettanto insistano perché
un controllo libero e permanente
del potenziale atomico israeliano
e delle installazioni nucleari iraniane
sia consentito dai governi di entrambi i paesi
tramite un’istanza internazionale.
Solo così per tutti, israeliani e palestinesi,
e più ancora, per tutti gli uomini che vivono
ostilmente fianco a fianco in quella
regione occupata dalla follia ci sarà una via d’uscita,
e in fin dei conti anche per noi.

                             Il nervo scoperto di Israele
Alcuni giorni fa il quotidiano tedesco Süddeutsche Zeitung ha pubblicato un poemetto di Günter Grass. Il poemetto politico-didattico dal titolo «Quel che deve essere detto» punta il dito contro Israele per il suo poderoso armamento nucleare mai dichiarato, ma la cui esistenza e consistenza sono ormai provate oltre ogni dubbio e che, a parere dello scrittore, rappresenta un pericolo in sé, a fortiori a causa delle intenzioni dichiarate dal governo Nethanyahu di voler lanciare un attacco preventivo contro gli impianti nucleari di Tehran, sospettata di volere costruire un ordigno atomico.Come era prevedibile lo scritto ha scatenato un putiferio.
Il Nobel tedesco è stato sommerso da ogni sorta di critiche e di accuse infamanti, da antisemita a seminatore di odio contro Israele a casa, nel mondo e naturalmente nella stessa Israele. Il j'accuse di Grass coinvolge anche il suo paese, la Repubblica Federale Tedesca, a suo dire complice di Israele per avergli fornito un sottomarino attrezzato per la dotazione di testate nucleari e l'Occidente intero per la sua ipocrisia e il suo doppiopesismo. Il governo di Israele ha reagito, come sua consuetudine nel più stupido dei modi ovvero dichiarando Grass persona non grata nel Paese e, per dare maggiore credibilità al bando, ha tirato fuori i brevissimi trascorsi del Nobel in divisa da SS a 17 anni. Per promulgare lo stesso bando contro l'ebreo Noam Chomsky, definito dal New York Times «verosimilmente il più importante intellettuale vivente» quel surplus di infamia non era stato necessario. Alcune delle più lucide menti dell' opposizione hanno commentato così il provvedimento. Tom Segev ha scritto: «Basso livello di tolleranza... delegittimare chi critica è una tendenza molto pericolosa, autocratica e demagogica. Nethanyahu e Lieberman sono bravissimi in questo. Ogni voce contraria è subito indicata come segnale d'antisemitismo. Ma se davvero ci mettiamo a distribuire i permessi d'ingresso secondo le opinioni politiche delle persone finiamo in compagnia di Siria e dello stesso Iran». Gli scrittori Ronit Matalon e Yoram Kaniuk hanno dichiarato: «Il prossimo passo è bruciare i libri».

Ora è vero che Grass nella foga della sua vis polemica l'ha fatta fuori dal vaso. Ha omesso di dire che Ahmadinedjad, oltre ad essere un tiranno oppressore della sua gente, un giorno si e un giorno no minaccia di cancellare dalle carte geografiche Israele. Lo scrittore ha anche esagerato pesantemente le intenzioni di Nethanyahu attribuendogli la volontà di radere al suolo l'intero Iran, mentre l'obiettivo è quello di distruggere le sue potenziali dotazioni nucleari. Ma non pochi autorevoli esponenti dell'establishment israeliano, fra i quali esponenti dei servizi segreti, ritengono che un simile attacco incendierebbe l'intero Medioriente coinvolgendo, volenti o nolenti gli Stati Uniti e chissà quanti altri con conseguenze incalcolabili e certamente disastrose.

Ma il vero nervo scoperto di tutto l'affaire Grass per quanto riguarda i Nethanyahu e i Lieberman di turno non è nè l'antisemitismo, né il presunto odio per Israele. Queste accuse, a mio parere, sono solo un mediocre cocktail di folklore e propaganda. Il merito del contendere è l'assoluta indisponibilità a qualsiasi forma di controllo dell'arsenale nucleare israeliano da parte di chicchessia. Il sistema di potere dello stato di Israele pretende autoreferenzialmente di essere al di sopra di qualsiasi straccio di legalità internazionale al riguardo di certe questioni sensibili e segnatamente la sicurezza in tutte le sue declinazioni. Solo che ormai se ci si sintonizza sulla linea d'onda del governo israeliano è impossibile distinguere fra realtà e propaganda e la propaganda è ormai una sorta di metastasi della realtà. L'Occidente ipocrita per convenienza si comporta come le celebri tre scimiette: «Non vedo, non sento, non parlo». Per informazioni sulla patologia dei governanti israeliani è utile informarsi presso i Palestinesi.
Moni Ovadia (dal Manifesto)

10/04/12

P. K. Dick: "Che cos'è la realtà?" e "Il mondo Proletario dall'interno"

''Scrivendo romanzi e racconti che si pongono la domanda "Che cos'è la realtà?", ho sempre sperato che un giorno avrei trovato una risposta. È la speranza anche della maggior parte dei miei lettori.''
''Il problema è concreto, non è solo una sfida intellettuale. Perché oggi viviamo in una società nella quale i media, i governi, le grandi corporation, i gruppi religiosi e politici producono continuamente realtà fasulle, ed esiste l'hardware adatto a instillare questi pseudomondi nella mente di lettori, spettatori, e ascoltatori.''
''Lo strumento principale per la manipolazione della realtà è la manipolazione delle parole. Se siete in grado di controllare il significato delle parole, sarete in grado di controllare le persone che devono utilizzarle. George Orwell l'ha evidenziato nel suo romanzo 1984. Un altro modo di controllare le menti delle persone però è quello di controllare le loro percezioni. Se riuscite a fargli vedere il mondo nel modo in cui lo vedete voi, allora la penseranno come voi.''
''Vogliamo parlare dei serial polizieschi? Le automobili escono sempre di strada, vanno a sbattere, e prendono fuoco. La polizia è sempre buona e vince sempre. Tenete presente questo punto: la polizia vince sempre. Che lezione edificante. Non bisogna mai combattere l'autorità, e semmai lo si fa, si è destinati alla sconfitta. Il messaggio implicito è: siate passivi. E... collaborate. Se l'agente Baretta viene a chiedervi informazioni, dategliele, perché l'agente Baretta è una brava persona di cui ci si deve fidare. Lui vi vuole bene, e voi dovreste ricambiarlo.

Così, nei miei testi, continuo a chiedere: "Cos'è reale?'' Perché siamo costantemente bombardati da pseudorealtà prodotte da gente estremamente sofisticata, che adopera meccanismi altrettanto sofisticati. Non diffido tanto dei loro moventi, quanto del loro potere. Ne hanno moltissimo. Ed è un potere straordinario: quello di creare interi universi, universi della mente. Avrei dovuto immaginarlo. Io faccio la stessa cosa. È il mio lavoro creare universi in cui ambientare un romanzo dopo l'altro. E devo costruirli in modo che non cadano a pezzi dopo due giorni. O almeno questa è la speranza dei miei editori. Voglio svelarvi un segreto però: a me piace costruire universi che cadano a pezzi. Mi piace vederne lo scollamento, mi piace vedere come i personaggi nei romanzi affrontano il problema. Ho una segreta passione per il caos. Dovrebbe essercene di più.''
Tratto da ''Come costruire un universo che non cada a pezzi dopo due giorni'' (1978) di Philip K. Dick, 16/12/1928 - 2/3/1982.

Il 2 Marzo 1982 finì il futuro. O per meglio dire, morì Philip K. Dick che aveva immaginato quel futuro in tanti capolavori. Trent'anni dopo Fanucci ripubblica 30 suoi romanzi di fantascienza a soli 6,90 euro e propone un inedito di stampo diverso: Lo stravagante Mr Fergesson, pubblicato in Inghilterra nel 1986, che nasce dalla volontà di eplorare "il mondo proletario dall'interno", come l'autore raccontò alla moglie. Famiglia, denaro, tensioni razziali: un Dick davvero inedito, con qualche reminiscenza di Lewis Carroll..



09/04/12

Strage di Bologna

Strage di Bologna.
“Carlos” è disposto a parlare con i magistrati italiani

La magistratura italiana ha riaperto le indagini sulla strage del 2 agosto 1980 facendo propria la “pista palestinese”. Ma non vuole andare a sentire Carlos il quale ha finora sostenuto che dietro la strage c’erano la Cia e il Mossad.


Ilich Ramirez Sanchez, 62 anni, noto come “Carlos”, detenuto nel carcere di massimo sicurezza di Poissy, a Parigi, ha mandato due lettere a un avvocato bolognese, Gabriele Bordoni, per nominarlo difensore di fiducia ed esprimere la propria posizione sulla bomba che provocò la strage alla stazione di Bologna il 2 agosto del 1980, ma non solo. E’ quanto scrive un articolo pubblicato dal quotidiano bolognese Il Resto del Carlino. Già nel settembre 2010 “Carlos”, in una lettera inviata all'avvocato Sandro Clementi e resa successivamente pubblica, si disse disponibile a confermare le proprie dichiarazioni sulla strage di Bologna di fronte a un magistrato in Italia. Sulla strage del 2 agosto 1980 - per la quale sono stati condannati i terroristi fascisti Giusva Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini - la Procura ha da tempo aperto un fascicolo bis. Di recente il pm Enrico Cieri ha indagato due “terroristi tedeschi di sinistra” Christa Margot Frolich e Thomas Kram, ritenuti entrambi ex membri del gruppo di Carlos. È la cosiddetta “pista palestinese” peseguita da tempo dagli ambienti filo-sionisti in Italia con qualche sostenitore anche tra giornalisti di sinistra ma molto, molto filo-israeliani..Secondo Carlos – come dichiarò in una intrevista rilasciata a Paolo Cucchiarelli dell’Ansa anni fa, dietro la strage di Bologna ci furono la Cia e il Mossad. Quando il Pm Cieri nell'aprile 2009 andò a interrogare Carlos a Parigi, questi chiese di parlare davanti a una commissione d'inchiesta in Italia. Ora invece si dice pronto a parlare solo ai magistrati. “Vorrei aiutarla ad eliminare gli ostacoli al fine di trovare i veri responsabili dell'attacco terroristico di Bologna. Sono inoltre pronto a rilasciare dichiarazioni sotto giuramento alla magistratura italiana competente”, si legge nella lettera indirizzata all'avvocato e pubblicata dal Resto del Carlino. “Dovremo incontrarci qui di persona non appena possibile al fine di preparare il miglior approccio tecnico per smantellare il muro di bugie che hanno bloccato la verità degli anni di sanguinari massacri di civili innocenti avvenuti in Italia”.

“L'intenzione mia è da tempo quella di andarlo a sentire in Francia - spiega nell'articolo l’avvocato Bordoni - L'ho chiesto alla Procura, ma il pm ha ritenuto non fosse utile. Mi sono rivolto inutilmente al magistrato di collegamento italo-francese e al nostro ministero. Per questo alla fine l'unica strada era quella della nomina”. Oggi il legale tornerà dal pm per chiedere di andare insieme a Parigi. In caso negativo, dice Bordoni, “ci andrò io e raccoglierò le sue indicazioni”.

I familiari delle vittime della strage, attraverso Paolo Bolognesi, si dicono scettici su questa disponibilità. A loro interessa sapere chi furono i mandanti e a tale proposito hanno presentato da tempo un esposto. Che è confluito nell'inchiesta bis, un esposto che chiede di individuare i mandanti (proseguendo quindi nel solco che ha portato alla condanna dei terroristi fascisti Mambro, Fioravanti e Ciavardini), partendo soprattutto dalle carte del processo della strage di piazza della Loggia a Brescia, un processo che aveva visto sul banco degli imputati dei fascisti, un uomo dei servizi segreti e addirittura un generale dei Carabinieri, Delfino. Ma la corte di assise di Brescia, presieduta da Enrico Fischetti, ha assolto a novembre del 2010 i cinque imputati Carlo Maria Maggi, Delfo Zorzi, Maurizio Tramonte, Francesco Delfino e Pino Rauti «per non aver commesso il fatto. Il Pm aveva chiesto invece l’ergastolo.


Qui di seguito la parte dell’intervista del 2008 rilasciata da Carlos a Paolo Cucchiarelli dedicata alla strage di Bologna.

D: Una sola domanda sulla strage di Bologna visti i molti riferimenti fatti da lei nel tempo e che sembrano alludere ad una ipotesi da lei mai espressa ma che potrebbe essere alla base delle sue osservazioni. Cioè agenti occidentali che fanno saltare in aria – con un piccolo ordigno – un più rilevante carico di materiale esplodente trasportato da palestinesi o uomini legati all’Fplp e alla sua rete con l’intento di far ricadere su questa ben diversa realtà politica tutta la responsabilità della strage alla stazione.

R: L’attentato contro il popolo italiano alla stazione di Bologna “rossa”, costruita dal Duce, non ha potuto essere opera dei fascisti e ancora meno dei comunisti. Ciò è opera dei servizi yankee, dei sionisti e delle strutture della Gladio. Non abbiamo riscontrato nessun’altra spiegazione. Accusarono anche il Dottor Habbash, nostro caro Akim, che, contrariamente a molti, moriva senza tradire e rimanendo leale alla linea politica del FPLP per la liberazione della Palestina. Vi erano dei sospetti su Thomas C., nipote di un eroe della resistenza comunista in Germania dal febbraio 1933 fino al maggio 1945, per accusarmi di una qualsiasi implicazione riguardo ad un’aggressione così barbarica contro il popolo italiano: tutto ciò è una prova che il nemico imperialista e sionista e le sue “lunghe dita” in Italia sono disperati, e vogliono nascondere una verità che li accusa.