Addio Zhigulì
E’ definitivamente uscita di produzione, dopo una carriera durata
oltre quarant’anni, la mitica Zhigulì, versione sovietica della Fiat
124, che avviò l’era della motorizzazione di massa in URSS e per
produrre la quale furono costruiti nel 1970 a Togliattigrad i grandiosi
stabilimenti VAZ (acronimo di Volzhskogo Avtomobilny Zavod, “Fabbrica di
automobili di Volzhsky”, dal nome della località sul fiume Volga dove
sorsero gli impianti; sulla sponda opposta ci sono le colline Zhigulì,
che hanno dato il nome alla storica auto). Già da un anno le officine
della città sul Volga non producevano più nessuna versione del
popolarissimo veicolo, che continuava ad essere costruito, in numeri
ormai piuttosto ridotti, nella fabbrica Izh di Izhevsk, acquisita da
AvtoVAZ; dal 17 aprile anche questa fabbrica ha fermato le linee di
montaggio della Zhigulì, la cui richiesta era calata drasticamente. A
Izhevsk continuerà ancora per qualche tempo la produzione di una
versione furgonata della Zhigulì.
Tecnicamente, a uscire di scena è la Lada 2107, conosciuta
popolarmente con il nomignolo di Semyorka (si potrebbe tradurre con
“settina” o “settetto”, se esistessero in italiano), cioè l’ultima
versione, nata nel 1980 e via via aggiornata senza modifiche estetiche o
strutturali importanti. Spinta da un motore 4 cilindri di 1600 cc (in
origine era un 1200) a iniezione, con consumi ed emissioni molto elevati
per gli standard moderni, con una scocca e delle sospensioni molto
rinforzate rispetto all’originale Fiat, tali da renderla praticamente
indistruttibile anche sulle sconnesse strade della provincia russa.
Interni spartani ma abbastanza ampi, fatti apposta per portare una
famiglia dalla città alla dacia di campagna e tornarne con un carico di
patate e conserve: l’uso fondamentale che di quest’auto è stato fatto
per decenni.
Vituperata come poche altre auto nel mondo per i suoi numerosi
difetti, oggetto di innumerevoli sarcasmi e barzellette in Russia e
fuori, la Zhigulì resta pur sempre una pietra miliare nella storia
mondiale dell’automobile: non solo perché in fondo è stata anche
profondamente amata dagli automobilisti sovietici – che hanno potuto
sfogare sui suoi guasti la loro innata passione per la meccanica,
essendo un’auto semplicissima da riparare – ma anche perché la sua
inconfondibile sagoma “a saponetta” è diventata una sorta di logo per
l’industria russa nel mondo. Grazie al suo prezzo bassissimo è stata
venduta a milioni di esemplari non solo in URSS ma in moltissimi altri
paesi, al punto che versioni locali continuano ad essere prodotte ancora
qua e là, per esempio in Egitto (per il mercato africano) o in Ucraina.
Dal 1970 fino al 2012 sono state prodotte, nelle varie versioni, oltre
14 milioni di Zhigulì, il che pone questa vettura al terzo posto dopo il
maggiolino Volkswagen e la Ford T tra le auto più vendute di tutti i
tempi.
Il suo posto nelle linee di montaggio di Togliatti e di Izhevsk è
stato preso ormai dalle varie versioni della Rénault-Dacia Logan,
destinata a diventare l’automobile-base nell’ormai robustissimo mercato
dell’auto russo; del resto Rénault è azionista-chiave di AvtoVAZ, di cui
possiede il 25 per cento, ed è naturale che punti a spingere i suoi
prodotti globali a scapito di produzioni locali obsolete, sempre meno
richieste e per giunta poco remunerative visto il prezzo molto basso.
Non per niente AvtoVAZ era giunta nel 2010 sull’orlo del definitivo
fallimento, arrivando a licenziare oltre un terzo del personale.
di a. d.
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