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01/10/15

Heroes: musicisti che celebrano i loro idoli, che sono anche i nostri

Gli eroi dei nostri eroi..sono nostri eroi! Alcuni musicisti scelgono di celebrare i loro idoli e a nostra volta  abbiamo scelto  quelli che celebrano idoli che sono anche i nostri..Con qualche sorpresa. Buona lettura.



INTERZONE: Michael Rother
Era la metà del gruppo tedesco Neu !. Tuttavia, anche i suoi lavori da solista davvero sono indispensabili. Il suo ridurre al minimo l'uso della melodia nelle canzoni  è così.. emotivo, e allo stesso tempo anche incredibilmente orecchiabile, che posso ascoltare la sua musica in qualsiasi momento della giornata. E poi, c'è qualcosa della sua personalità che mi piace molto: lui, così tranquillo e riservato, amante dei gatti, quasi una antistar del rock. Tutto di lui è così interessante..



INTERZONE 2: Robert Fripp
I King Crimson di 'In The Court Of The King Crimson' è stato il disco che ha fatto venire la voglia a tutti di mettere su una band. È inciso nelle nostre piccole menti di bambini Dietro la musica c'era Robert Fripp, che sentiva e ci ha fatto capire che che la musica ha offerto a tutti "la capacità di rivivere la propria innocenza". Non si riesce a credere quanti gruppi, band e in generale quanta musica sia in debito con Robert Fripp e i King Crimson.


The Edge (U2): Rory Gallagher
Ho ascoltato i dischi di Rory Gallagher da quando avevo 12 o 13 anni. E 'stata la sua chitarra gloriosa che per prima mi ha ispirato veramente a prendere in mano lo strumento. Non che avessi qualche ambizione allora, se non quella di imparare a suonare. L'ho visto a Macroom nel 1976. Mi è piaciuto subito la sua musica, la sua era energia pura. Quella era l'epoca del trio: Jimi Hendrix Experience, Cream ... e Irlanda.
video: Taste Gamblin Blues

Antony Hegarty (Antony and the Johnson): Klaus Nomi 
Klaus Nomi era così ..strano che nessuno, nei negozi di dischi, sapeva in quale scaffale piazzarlo. In California, è stato visto come un "death rocker", ma a me piacerebbe andare nel mio negozio di dischi e vedere i suoi album tra quelli di Diamanda Galas, Lydia Lunch e i Christian Death. Non importava cosa stava cantando, sembrava drammatico e favoloso.




Honor Titus (Cerebral Ballzy, Attore): Stiv Bators
Stiv Bators ha avuto probabilmente la maggiore influenza sui Cerebral Ballzy. I suoi Dead Boys avevano rubato le sbruffonate sul palco a Iggy (Pop, ndr), ma chi se ne frega, cazzo? Tagliarsi farsi fare pompini sul palco era solo pura, sincera e semplice ribellione . Guardate il video di 'Is not It Fun' e vedrete cosa intendo. Un cantante con uno stile cazzuto, secondo solo a Richard Hell.

Guy Garvey (Elbow): Talk Talk
Sono stati commercializzati come band copia dei Duran Duran, e quando hanno capito cosa stava succedendo si sono ritirati in se stessi. Nei loro brani c'è sempre qualcuno disperatamente in cerca di qualcosa. Non so cosa fosse, ma devo andare da qualche parte per ascoltare quella musica. Mi hanno dato qualcosada da cercare ... qualcosa che  probabilmente non raggiungerò mai.

Lars Ulrich (Metallica): Television
 Il primo disco dei Television suona fresco ancora oggi, a tutto tondo, in modo impressionante come nel 1977. Suonarono a Copenhagen e li ho visti in quel piccolo locale. Ho avuto subito la sensazione che era una vera band e che erano realmente in comunicazione tra loro. Alcune delle canzoni del primo album, come 'Friction', erano così intriganti. 'Marquee Moon' è uno dei miei dischi segreti per il suono dei Metallica!. Sto andando provare e ...




Rhys Webb (The Horrors): Damo Suzuki
Nato in Giappone, Damo Suzuki è stato un musicista di strada in Europa, prima di entrare nei leggendari krautrockers Can nel 1970. Il suo modo di cantare unico e sgangherato, l'uso della melodia e del ritmo è senza tempo e fonte inesauribile di ispirazione. "Vitamin C' e 'Mushroom' sono ottimi esempi del suo stile funk psichedelico:, ritmiche pesanti e perfette per il dancefloor.
video: Can, Mushroom

Brian Wilson (Beach Boys): Rosemary Clooney
 Amo The Four Freshmen, ma Rosemary Clooney è l'eroina che devo menzionare qui. Lei ha scritto quella canzone, 'When You Wish Upon A Star', che ho imparato, semplicemente copiando lei. Cosa c'era in lei che mi piaceva? La sua voce! Lei era una bellissima cantante, e mi piace il suono della sua voce. Ha questo grande tono - l' ho amata per tutta la vita.
video: Manbo Italiano

Lee ‘Scratch’ Perry: Junior Murvin
Junior Murvin è un ragazzo con un enorme talento. Abbiamo fatto 'Police and Thievesi' insieme, e poi i Clash hanno fatto la cover dopo. Aveva una voce molto speciale, un falsetto come Curtis Mayfield. Una voce in falsetto internazionale, si diceva - perché lo si ascoltava in tutto il mondo. E quando ha iniziato scherzavamo nel dire che cantava come una ragazza! O, forse dovrei dire, che cantava come una signora?

Bobby Gillespie (Primal Scream): Lux Interior -The Cramps
Lux è stato uno dei grandi del rock'n'roll Showmen / sciamani. Sembrava voler scoppiare libera dal suo corpo ed esplodere outta questo mondo, prendendo il suo pubblico con lui. Lux Interior e The Cramps sono stati posseduti dal selvaggio, spirito libero di musica rock'n'roll e che è una cosa veramente bella e meravigliosa. Grazie per la musica Lux. Ci manchi.




Fab Moretti (The Strokes): Guided by Voices
La band che mi ha rassicurato: anch'io forse avrei potuto fare musica. Quando avevo 15, 16 anni, ho avuto un mio migliore amico musicista che  conosceva tutte queste nuove band. Non avrebbe mai suonato per chiunque, ma per qualche motivo lo ha fatto per me '. Ha iniziato a suonare pezzi dei Guided By Voices. Era quasi come sentirli per la prima volta.

Jack White: Son House
Quando avevo circa 18 anni qualcuno mi ha fatto ascoltare Son House. Non sapevo che si poteva fare, suonare la sua musica, ma solo cantare e battere le mani. Significava tutto il rock'n'roll, tutto ciò che riguarda l'espressione e la creatività e l'arte. Un uomo contro il mondo. 'Grinnin' In Your Face 'è la mia canzone preferita. E 'diventato la mia canzone preferita la prima volta che l'ho sentita, e lo è ancora.

Stuart Murdoch (Belle And Sebastian): Cocteaus Twins
C'era una certa tristezza  in molta della musica indipendente degli anni '80, e Dio sa che era la loro missione . Per me, il momento ideale per ascoltarli era quando restavo sveglio tutta la notte a parlare di libri e delle possibilità che esistesse la reincarnazione. Poi, barcollando tornavo a casa e ascoltavo 'Victorialand'..



Alice Cooper: Laura Nyro
Non riesco davvero a ricordare come l'ho scoperta, ma penso fu  attraverso una mia fidanzata dell'epoca. E.. WOW. Mi ha subito ricordato Broadway. Era una cantante di strada, e lei una ragazza bianca che cantava con tutte queste ragazze nere. Sono stato influenzato molto dalla sua musica, sono dipendente da tutto quello che ha cantato, da 'Eli And The Thirteenth Confession' a 'New York Tendaberry'.

Jeffrey Lewis: Tuli Kupferberg
Il mio favorito, un musicista 'cult' per me, anche se, come amava dire, non era in realtà musicalmente abbastanza esperto per essere "trasmesso alla radio". Anche attraverso incarnazioni successive ai Fugs, fino alla sua morte nel 2010, Tuli ha continuato ad arare il proprio solco, le liriche, testi meravigliosi, unici, legati alla politica, all'umanesimo, alla satira e all'indignazione, cantate con una voce che era più da "ghetto griot" (grido dal ghetto) che di un idolo pop.
video: Cia Man



21/06/15

La pioggia prima della tempesta: Earthling, David Bowie

Buttate tutto. Tutti i dischi di Drum 'n' Bass, Jungle, Electronic dance, Breakbeat, Electrostep, Big Beat.. Avete altro da aggiungere a questa lista? Buttate tutto e ascoltate Earthling di Bowie, e per prima Battle for Britannia (Letter). Versione in studio e quella dal vivo, in particolare quella nel concerto per i festeggiamenti dei 50 anni di Re Bowie. Earthling è un disco dello scaffale, ma di quelli di prima linea. Ci sono ritornato dopo la sbornia di fine anni '90, e l'ho riscoperto ancora più bello, intenso, innovativo. Commovente, a pensare che i contemporanei musicali attivi di Bowie, almeno quelli più vicini, sarebbero i Rolling Stones: è stato il solo della sua generazione (e forse, anche, della generazione a seguire nella sua scia), che ha continuato a indagare nuovi territori, resistendo a qualsiasi tentazione di rilassarsi su il suo infinito catalogo.
"Non mi sarei mai aspettato di avere un tale appetito per la vita, a questo punto. Avevo pensato, come gli eroi poeti romantici che avrei bruciato tutto. Ma nulla si è spento. Sento ancora il fuoco."
Ogni tanto ci riprovo, sapete, a fare quei divertenti grafici per ogni cosa: qual'è l'argomento preferito dei libri che posseggo, l'artista di cui ho visto più concerti, gli argomenti dei post che pubblico. E in quello del musicista o del gruppo più ascoltato, c'è poco da fare, lo spicchio di torta più grande è sempre il suo: Bowie. Anche Last.fm me l'ha confermato.

Earthling vide un altro cambiamento di direzione, e fu una mossa destinata a portarlo al fianco di contemporanei (di quegli anni, parliamo della seconda metà dei '90) come Goldie e The Prodigy. E' importante affermare che Earthling era ben lungi dall'essere solo un altro stantio, e non creativo album dance.

Sono invece 9 brani che offrono una sorprendente quantità di piacere a quegli ascoltatori che hanno una spiccata e grande apertura mentale. Chi possiede un minimo di ritmo musicale nel sangue, davvero non può resistere a un pezzo come Battle for Britannia, non può restare fermo. Ma in generale Earthling è geniale rispetto al Drum'n'Bass tradizionale perchè fu il primo a fondere strumenti tradizionali con quelli elettronici: i tamburi sono una combinazione di campionamenti e ritmi dal vivo, stratificati l'uno sopra l'altro; le chitarre sono altrettanto meditate - i riff furono registrati live e poi messi nel sintetizzatore in modo che potessero confluire elettronicamente, creando l'approccio a una miscelazione perfetta tra suoni reali e costruiti. Earthling è il disco di Bowie che più mi piace dai tempi di Scary Monsters del 1980. Le tracce sono legate dal potere delle chitarre di Gabriel Reevers, grandissimo, sovralimentate; dall'energia e l'intensità dei ritmi drum-and-bass e dai testi che si combattono in una guerra tra lo spirituale-tecnologico. Si ritorna al tema dello spazio, una fascinazione per Bowie dai tempi di "Space Oddity", ed era il 1969 . "Looking for Satellites": "C'è qualcosa nel cielo / che brilla nella luce / Ruota lontano". E' sempre quello, il tentativo di riconciliare il progresso tecnologico con la crescita spirituale.
Infine la firma, con la voce croon/baritonale di Bowie. Un'esplosione di sferraglianti beat e stridore di elettronica: da il via il drammatico singolo, "Little Wonder."

Earthling ha colto lo stato d'animo della cultura popolare degli anni '90 - dall'angoscia del rock industriale all'estasi della musica dance britannica. Anni ormai passati, anni lontani...





My, my, the time do fly
When it's in another pair of hands
And a loser I will be
For I've never been a winner in my life

I got used to stressing pain
I used the sucker pills to pity for the self
Oh, it's the animal in me
But I'd rather be a beggarman on the shelf

Don't be so forlorn, it's just the payoff
It's the rain before the storm
On a better day, I'll take you by the hand
And I'll walk you through the doors

Don't be so forlorn, it's just the payoff
It's the rain before the storm
Don't you let my letter get you down
Don't you, don't you, don't you, don't you

My, my, but time do fly
When it's in another pair of pants
And illusion I will be
For I've never been a sinner, la di da

Don't be so forlorn, it's just the payoff
It's the rain before the storm
Don't you let my letter get you down
Don't you, don't you, don't you, don't you

nwod uoy teg rettel ym tel uoy t'nod

Don't you let my letter get you down, down, down, down
Don't you, don't you, don't you, don't you
Don't you let my letter get you down, down, down, down
Don't you, don't you, don't you, don't you

Down, down, down, down, down, down
Down, down, down, down, down, down
Down, down, down, down, down, down

DAVID BOWIE's  band: guitarist Reeves Gabrels; keyboardist Mike Garson; bassist Gail Ann Dorsey and drummer Zachary Alford



28/04/15

Bohémiens en voyage: Charles Baudelaire


Zingari in viaggio 

La tribù profetica dalle pupille ardenti,
ieri s’è messa in viaggio caricandosi i piccoli
sulle spalle e offrendo ai loro fieri appetiti
il tesoro sempre pronto delle mammelle pendenti.

Gli uomini vanno a piedi sotto armi lucenti
di fianco ai carrozzoni dove i loro si rannicchiano,
volgendo al cielo gli occhi appesantiti
dall’oscuro rimpianto di non aver speranze.

Dalla sabbia del suo rifugio il grillo,
vedendoli passare, moltiplica il suo canto
Cibele, che li ama, stende tappeti erbosi

fa fiorire il deserto e zampillare la roccia
innanzi a quei viandanti ai quali si spalanca
l’impero familiare delle tenebre future.

Bohémiens en voyage

La tribu prophétique aux prunelles ardentes
Hier s’est mise en route, emportant ses petits
Sur son dos, ou livrant à leurs fiers appétits
Le trésor toujours prêt des mamelles pendantes.

Les hommes vont à pied sous leurs armes luisantes
Le long des chariots où les leurs sont blottis,
Promenant sur le ciel des yeux appesantis
Par le morne regret des chimères absentes.

Du fond de son réduit sablonneux, le grillon,
Les regardant passer, redouble sa chanson;
Cybèle, qui les aime, augmente ses verdures,

Fait couler le rocher et fleurir le désert
Devant ces voyageurs, pour lesquels est ouvert
L’empire familier des ténèbres futures.
Charles Baudelaire




14/04/15

Il con­su­ma­tore esem­plare è l’uomo tran­quillo: Eduardo Galeano

E' un pò lungo, ma mi è sembrato quello più adatto per ricordare Eduardo Hughes Galeano,  giornalista, scrittore e saggista uruguaiano, scomparso ieri a 74 anni. E' un bellissimo articolo sulla società dei consumi e un atto di accusa, su come la vita sia ridotta a un insieme infinito di acquisti di merci usa e getta, con il rimpianto struscio domenicale nel centro delle città  sostituito dal pellegrinaggio negli shopping mall che accerchiano le periferie. Ripeto, è un pò lungo ma leggetelo se potete: per chi non conosce Galeano scoprirà la sua scrittura ironica, l’impegno civile, la passione per il calcio, l’arte di raccontare il sogno e la disillusione... Per chi come me lo ha amato, anche dai suoi molteplici articoli per il quotidiani il manifesto, un ricordo commovente e un omaggio: spesso mi ha fatto ridere, indignare, il più delle volte, mi ha fatto pensare...
 
L'Impero dei Consumi
L'esplosione del con­sumo nel mondo di oggi fa più rumore della guerra e più bac­cano del car­ne­vale. Come dice un antico pro­ver­bio turco, chi beve a cre­dito si ubriaca due volte. La bisboc­cia ottunde e obnu­bila lo sguardo; e quest’enorme sbronza uni­ver­sale sem­bra non cono­scere limiti di spa­zio e di tempo. Ma la cul­tura del con­sumo risuona molto, come il tam­buro, per­ché è vuota; all’ora della verità, quando gli stre­piti si cal­mano e la festa fini­sce, l’ubriaco di sve­glia solo, con l’unica com­pa­gnia della sua ombra e dei piatti rotti che dovrà pagare. L’espandersi della domanda cozza con i limiti impo­sti dallo stesso sistema che la genera. Il sistema ha biso­gno di mer­cati sem­pre più aperti e ampi, come i pol­moni hanno biso­gno dell’aria, e al tempo stesso ha biso­gno che si ridu­cano sem­pre più, come in effetti accade, i prezzi delle mate­rie prime e il costo della forza lavoro umana. Il sistema parla in nome di tutti, a tutti dà l’imperioso ordine di con­su­mare, fra tutti dif­fonde la feb­bre degli acqui­sti; ma niente da fare: per quasi tutti quest’avventura ini­zia e fini­sce davanti allo schermo del tele­vi­sore. La mag­gio­ranza, che fa debiti per otte­nere delle cose, fini­sce per avere solo più debiti, con­tratti per pagare debiti che ne pro­du­cono altri, e si limita a con­su­mare fan­ta­sie che tal­volta poi diven­tano realtà con il ricorso ad atti­vità delittuose. Il diritto allo spreco, pri­vi­le­gio di pochi, pro­clama di essere la libertà per tutti. Dimmi quanto con­sumi e ti dirò quando vali. Que­sta civiltà non lascia dor­mire i fiori, le gal­line, la gente. Nelle serre, i fiori sono sot­to­po­sti a illu­mi­na­zione con­ti­nua, per­ché cre­scano più velo­ce­mente. E la notte è proi­bita anche alle gal­line, nelle fab­bri­che di uova. È un modo di vivere che non è buono per le per­sone, ma è ottimo per l’industria far­ma­ceu­tica. Gli Stati Uniti con­su­mano la metà dei seda­tivi, degli ansio­li­tici e delle altre dro­ghe chi­mi­che ven­dute legal­mente nel mondo, e oltre la metà delle dro­ghe proi­bite, quelle ven­dute ille­gal­mente. Non è cosa di poco conto, visto che gli sta­tu­ni­tensi sono appena il 5% della popo­la­zione mondiale.

«Gente infe­lice, che vive in com­pe­ti­zione», dice una donna nel bar­rio del Buceo, a Mon­te­vi­deo. Il dolore di non essere, un tempo can­tato nel tango, ha ceduto il posto alla ver­go­gna di non avere. Un uomo povero è un pover’uomo. «quando non hai niente pensi di non valere niente», dice un tipo nel bar­rio Villa Fio­rito, a Bue­nos Aires. Con­fer­mano altri, nella città domi­ni­cana di San Fran­ci­sco de Maco­rís: «I miei fra­telli lavo­rano per le mar­che. Vivono com­prando cose fir­mate, e but­tano san­gue per pagare le rate».
Invi­si­bile vio­lenza del mer­cato: la diver­sità è nemica del pro­fitto, e l’uniformità comanda. La pro­du­zione in serie, su scala gigan­te­sca, impone ovun­que i pro­pri obbli­ga­tori modelli di con­sumo. La dit­ta­tura dell’uniformizzazione è più deva­stante di qua­lun­que dit­ta­tura del par­tito unico: impone, nel mondo intero, un modo di vita che fa degli esseri umani foto­co­pie del con­su­ma­tore esemplare.

La dit­ta­tura del sapore unico
Il con­su­ma­tore esem­plare è l’uomo tran­quillo. Que­sta civiltà, che con­fonde la quan­tità con la qua­lità, con­fonde la gras­sezza con la buona ali­men­ta­zione. Secondo la rivi­sta scien­ti­fica «The Lan­cet», negli ultimi dieci anni l’«obesità severa» è cre­sciuta di quasi il 30% fra la popo­la­zione gio­vane dei paesi più svi­lup­pati. Fra i bam­bini nor­da­me­ri­cani, negli ultimi 16 anni l’obesità è cre­sciuta del 40%, secondo uno stu­dio recente del Cen­tro scienze della salute presso l’università di Colo­rado. Il paese che ha inven­tato i cibi e le bevande light, il diet food e gli ali­menti fat free, ha la mag­gior quan­tità di grassi del mondo. Il con­su­ma­tore esem­plare scende dall’automobile solo per lavo­rare e guar­dare la tivù. Quat­tro ore al giorno le passa davanti allo schermo, divo­rando cibi di plastica.
Trionfa la spaz­za­tura tra­ve­stita da cibo: quest’industria sta con­qui­stando i palati del mondo e fa a pezzi le tra­di­zioni culi­na­rie locali. Le buone anti­che abi­tu­dini a tavola, che si sono raf­fi­nate e diver­si­fi­cate magari in migliaia di anni, sono un patri­mo­nio col­let­tivo acces­si­bile a tutti e non solo alle mense dei ric­chi. Que­ste tra­di­zioni, que­sti segni di iden­tità cul­tu­rale, que­ste feste della vita, ven­gono schiac­ciate dall’imposizione del sapere chi­mico e unico: la glo­ba­liz­za­zione degli ham­bur­ger, la dit­ta­tura del fast-food. La pla­sti­fi­ca­zione del cibo su scala mon­diale, opera di McDonald’s, Bur­ger King e altre catene, viola con suc­cesso il diritto all’autodeterminazione dei popoli in cucina: un diritto sacro, per­ché la bocca è una delle porte dell’anima.

Il cam­pio­nato mon­diale di cal­cio del 1998 ci ha con­fer­mato, fra l’altro, che la Master­Card toni­fica i muscoli, la Coca-Cola porta l’eterna gio­vi­nezza e che il menù di McDonald’s non può man­care nella pan­cia di un buon atleta. L’immenso eser­cito di McDonald’s spara ham­bur­ger nella bocca di bam­bini e adulti del mondo intero. Il dop­pio arco di que­sta M è ser­vito da stan­dard, nella recente con­qui­sta dei paesi dell’Europa dell’Est. Le code davanti alla McDonald’s di Mosca, inau­gu­rata in pompa magna nel 1990, hanno sim­bo­leg­giato la vit­to­ria dell’Occidente con altret­tanta elo­quenza della demo­li­zione del Muro di Ber­lino. Segno dei tempi: quest’azienda, che incarna le virtù del mondo libero, nega ai suoi dipen­denti la libertà di orga­niz­zarsi in sin­da­cato. McDonald’s viola in tal modo un diritto legal­mente rico­no­sciuto nei molti paesi nei quali opera. Nel 1997, alcuni suoi lavo­ra­tori, mem­bri di quella che l’azienda chiama la Mac­fa­mi­glia, cer­ca­rono di sin­da­ca­liz­zarsi in un risto­rante di Mon­treal in Canada: il risto­rante chiuse. Ma nel 1998, altri dipen­denti di McDonald’s in una pic­cola città presso Van­cou­ver, riu­sci­rono nell’impresa, degna del Guin­ness dei primati.
 
Gli uni­ver­sali della pubblicità
Le masse con­su­ma­trici rice­vono ordini in un lin­guag­gio uni­ver­sale: la pub­bli­cità è riu­scita là dove l’esperanto ha fal­lito. Tutti capi­scono, ovun­que, i mes­saggi tra­smessi dalla tivù. Nell’ultimo quarto di secolo, gra­zie al fatto che nel mondo le spese per la pub­bli­cità si sono decu­pli­cate, i bam­bini poveri bevono sem­pre più Coca-Cola e sem­pre meno latte, e il tempo prima dedi­cato all’ozio sta diven­tando tempo di con­sumo obbli­ga­to­rio. Tempo libero, tempo pri­gio­niero: le case molto povere non hanno letti, ma hanno il tele­vi­sore, ed è que­sto a det­tar legge. Com­prato a rate, que­sto pic­colo ani­male prova la voca­zione demo­cra­tica del pro­gresso: non ascolta nes­suno, ma parla per tutti. Poveri e ric­chi cono­scono, in tal modo, le virtù dell’ultimo modello di auto­mo­bili, e poveri e ric­chi si infor­mano sui van­tag­giosi tassi di inte­ressi offerti da que­sta o quella banca.

Gli esperti sanno con­ver­tire le merci in stru­menti magici con­tro la soli­tu­dine. Le cose hanno attri­buti umani: acca­rez­zano, accom­pa­gnano, capi­scono, aiu­tano, il pro­fumo ti bacia e l’auto è un amico che non tra­di­sce mai. La cul­tura del con­sumo ha fatto della soli­tu­dine il più lucroso dei mer­cati. Le ferite del cuore si risa­nano riem­pien­dole di cose, o sognando di farlo. E le cose non pos­sono solo abbrac­ciare: pos­sono anche essere sim­boli di ascesa sociale, sal­va­con­dotti per attra­ver­sare le dogane della società clas­si­sta, chiavi che aprono le porte proibite.
Quanto più sono esclu­sive, tanto meglio è: le cose esclu­sive ti scel­gono e ti sal­vano dall’anonimato della folla. La pub­bli­cità non ci informa sul pro­dotto che vende, o lo fa poche volte. Quello è il meno. La sua fun­zione prin­ci­pale con­si­ste nel com­pen­sare fru­stra­zioni e ali­men­tare fan­ta­sie: in chi ti vuoi tra­sfor­mare com­prando que­sta crema da barba?

Il cri­mi­no­logo Anthony Platt ha osser­vato che i delitti nelle strade non sono solo frutto della povertà estrema, ma anche dell’etica indi­vi­dua­li­sta. L’ossessione sociale del suc­cesso, dice Platt, incide in modo deci­sivo sull’appropriazione ille­gale delle cose altrui. Ho sem­pre sen­tito dire che il denaro non fa la feli­cità; ma qua­lun­que tele­di­pen­dente ha motivo di cre­dere che il denaro pro­duca qual­cosa di tanto simile alla feli­cità, che fare la dif­fe­renza è cosa da spe­cia­li­sti.

Secondo lo sto­rico Eric Hob­sbawm, il XX secolo ha messo fine a set­te­mila anni di vita umana cen­trata sull’agricoltura , da quando nel paleo­li­tico appar­vero le prime forme di col­ti­va­zione. La popo­la­zione mon­diale si con­cen­tra nelle città, i con­ta­dini diven­tano cit­ta­dini. In Ame­rica latina abbiamo campi senza per­sone ed enormi for­mi­cai umani urbani: le più grandi città del mondo, e le più ingiu­ste. Espulsi dalla moderna agri­col­tura per l’export, e dal degrado dei suoli, i con­ta­dini inva­dono le peri­fe­rie. Cre­dono che Dio sia ovun­que, ma per espe­rienza sanno che abita nei grandi cen­tri. Le città pro­met­tono lavoro, pro­spe­rità, un avve­nire per i loro figli. Nei campi, si guarda la vita pas­sare e si muore sba­di­gliando; nelle città la vita scorre, e chiama. Poi, la prima cosa che i nuovi arri­vati sco­prono, ammuc­chiati nelle cata­pec­chie, è che manca il lavoro e le brac­cia sono troppe, che niente è gra­tis e che gli arti­coli di lusso più cari sono l’aria e il silenzio.
Agli inizi del secolo XIV, frate Gior­dano da Rivalta pro­nun­ciò a Firenze un elo­gio delle città. Disse che cre­sce­vano «per­ché le per­sone amano stare insieme». Stare insieme, incon­trarsi. Ma adesso, chi si incon­tra con chi? E la spe­ranza, si incon­tra con la realtà? Il desi­de­rio, si incon­tra con il mondo? E la gente, si incon­tra con la gente? Se i rap­porti umani si sono ridotti a rap­porti fra le cose, quanta gente si incon­tra con le cose?

La mino­ranza compradora
Il mondo intero tende a diven­tare un grande schermo tele­vi­sivo, dal quale le cose si guar­dano ma non si toc­cano. Le mer­can­zie in offerta inva­dono e pri­va­tiz­zano gli spazi pub­blici. Le sta­zioni di pull­man e treni, che fino a poco tempo fa erano spazi di incon­tro fra le per­sone, si stanno tra­sfor­mando in spazi commerciali.
Lo shop­ping cen­ter, o shop­ping mall, vetrina di tutte le vetrine, impone la sua abba­gliante pre­senza. Le masse accor­rono, in pel­le­gri­nag­gio, a que­sto grande tem­pio della messa del con­sumo. La mag­gio­ranza dei devoti con­tem­pla, in estasi, oggetti che il por­ta­fo­glio non può pagare, men­tre la mino­ranza com­pra­dora risponde al bom­bar­da­mento inces­sante ed este­nuante dell’offerta. La folla che sale e scende dalle scale mobili viag­gia nel mondo: i mani­chini sono vestiti come a Milano o Parigi e le auto­mo­bili hanno lo stesso suono che a Chi­cago, e per vedere e ascol­tare non occorre pagare il biglietto. I turi­sti che ven­gono dai vil­laggi dell’interno, o dalle città che non hanno ancora meri­tato que­ste bene­di­zioni della moderna feli­cità, posano per una foto, davanti alle mar­che inter­na­zio­nali più famose, come un tempo posa­vano ai piedi della sta­tua a cavallo nella piazza. Bea­triz Solano ha osser­vato che gli abi­tanti delle peri­fe­rie vanno allo shop­ping cen­ter come prima anda­vano in cen­tro. Il tra­di­zio­nale stru­scio di fine set­ti­mana al cen­tro della città tende a essere sosti­tuito dalle escur­sioni a que­sti cen­tri. Lavati e pet­ti­nati, con indosso gli abiti migliori, i visi­ta­tori ven­gono a una festa dove non sono invi­tati, ma dove pos­sono essere spet­ta­tori. Intere fami­glie fanno il viag­gio nella navi­cella spa­ziale che per­corre l’universo del con­sumo, nel quale l’estetica del mer­cato ha dise­gnato un pae­sag­gio allu­ci­nante di modelli, mar­che ed etichette.

La cul­tura del con­sumo, cul­tura dell’effimero, con­danna tutto alla desue­tu­dine media­tica. Tutto cam­bia al ritmo ver­ti­gi­noso della moda, messa al ser­vi­zio della neces­sità di ven­dere. Le cose invec­chiano in un baleno, per essere sosti­tuite da altre che avranno una vita altret­tanto fugace. L’unica cosa che per­mane è l’insicurezza; le merci, fab­bri­cate per­ché durino poco, sono vola­tili quanto il capi­tale che le finan­zia e il lavoro che le pro­duce. Il denaro vola alla velo­cità della luce; ieri era là, adesso è qua, domani chissà, e ogni lavo­ra­tore è un poten­ziale disoc­cu­pato. Para­dos­sal­mente, gli shop­ping cen­ters, sovrani della fuga­cità, offrono l’illusione di sicu­rezza più effi­cace. Resi­stono infatti fuori dal tempo, senza età né radici, senza notte né giorno né memo­ria, ed esi­stono fuori dallo spa­zio, al di là delle tur­bo­lenze della peri­gliosa realtà del mondo.

I nuovi idoli
I padroni del mondo lo usano come se fosse un usa e getta: una merce dalla vita effi­mera, che si esau­ri­sce come si esau­ri­scono, quasi appena nate, le imma­gini spa­rate dalla mitra­glia­trice della tivù e le mode e gli idoli che la pub­bli­cità lan­cia inces­san­te­mente sul mer­cato. Ma in quale altro mondo potremmo andare? Siamo tutti obbli­gati a cre­dere che Dio abbia ven­duto il pia­neta a un certo numero di imprese, per­ché essendo di cat­tivo umano ha deciso di pri­va­tiz­zare l’universo?
La società dei con­sumi è una trap­pola esplo­siva. Chi ne ha le redini fa finta di igno­rarlo, ma chiun­que abbia gli occhi può vedere che la grande mag­gio­ranza delle per­sone con­suma poco, poco o niente neces­sa­ria­mente, così da garan­tire l’esistenza della poca natura che ci rimane. L’ingiustizia sociale non è con­si­de­rata un errore da cor­reg­gere, né un difetto da supe­rare: è una neces­sità essen­ziale. Non c’è natura capace di ali­men­tare uno shop­ping cen­ter delle dimen­sioni del pianeta.

* Tratto dal sito www​.apor​rea​.org



11/03/15

Eleganza e fascino dei Vampiri più alla moda nella cultura pop

Meditazione sublime di Jim Jarmusch sul mito del vampiro, Solo gli amanti sopravvivono (Only lovers left alive) di cui abbiamo ampiamente parlato nel post linkato, con la coppia Tom Hiddleston e Tilda Swinton come amanti secolari, nuovi Adamo ed Eva, che banchettano sull'arte, la letteratura, la musica, e, naturalmente , con il sangue.

Solo gli amanti sopravvivono è il film sui vampiri di Jim Jarmusch, ma è anche un lamento di un rinomato esteta su quanto sia poco il tempo che abbiamo sulla Terra, e quanto di esso spendiamo frettolosamente su cose che sembrerebbero insignificanti a questi due sognatori decadenti che hanno vissuto abbastanza a lungo da anticipare le curve e i colpi di scena della storia. A cosa in realtà vale la pena dedicare il nostro tempo attraverso i millenni? Non alla politica o ai soldi e neanche al sesso. Jarmusch, naturalmente, ci indica che l'arte, la bellezza e..l'amore, sono le cose per cui vale veramente la pena di vivere..
e come tale, l'atmosfera decadente di Solo gli amanti sopravvivono vanta mode eleganti e una gelida nebbia narcotica, in perfetto stile Jarmusch..

La Profumeria Black Phoenix Alchemy Lab ha attinto al romanticismo dark del film per una sontuosa nuova linea di profumi. Poiché la musica è fondamentale per il lavoro di Jarmusch, BPAL ha anche progettato una linea di profumi ispirata alla colonna sonora del film. Intanto, per completare questo omaggio olfattivo al film di Jarmusch, siamo andati a riguardarci e ricordarci i vampiri più alla moda nella cultura pop.

Non potevamo non iniziare con The Hunger..
The Hunger
David Bowie e Catherine Deneuve trasudano tutta l'atmosfera sofisticata e cool del film del compianto Tony Scott. Bellissimi e sensuali, pericolosi e immortali, tra tendaggi ondeggianti, le macchine per il fumo, e luci fredde dei neon, Bowie e Deneuve si muovono agiatamente dove tutti gli altri attori sarebbero impalliditi , ma la nostra è una coppia mozzafiato ovunque vada, dai club goth sotterranei alla loro elegante residenza di New Yorke dove, si crogiolano nei loro tute, completi e vestiti di alta moda, e che fanno davvero The Hunger un film sorprendente. Internazionalmente noto, il lavoro del truccatore Antony Clavet, è apparso su Vogue Italia e ha contribuito a definire di il look della Deneuve e di Bowie, la coppia vampy più fashion del cinema, in questo film del Bowie e Deneuve .


19/02/15

Skinheads, non solo violenza e razzismo

"Ora, anche i Coldplay sostengono che in gioventù erano skinhead", spiega l'instancabile punk, archivista, curatore, e artista Toby Mott. E davvero tutti dicono che erano punk. Tutti. Anche Bono. Essere stato Punk è molto di moda.
Il nuovo libro di Mott sulla cultura skinhead, Skinhead – An Archive, raccolta di materiale e pubblicazioni a tema skinhead edita da Ditto Press con la collaborazione di Jamie Reid è intrigante, anche se per motivi diversi, rispetto alle altre pubblicazioni sull'argomento. Pubblicato lo scorso dicembre, è scaturito dalla collezione di Mott: un archivio che esplora le ideologie socio-politiche che hanno reso la sottocultura skinhead inglese internamente polarizzante: dalla Gran Bretagna di fine anni Sessanta, dove è nata, alla sua diffusione attraverso evoluzioni, scissioni e derive che l'hanno profondamente trasformata. 
"Una volta procurata l'uniforme skinhead, si andava dall'etero al gay, dalla destra alla sinistra, comunista, fascista, socialista, anarchico, tutti convergevano sotto la stessa denominazione: skinhead" dice Mott. E' un rispetto rigoroso di una rigida serie di regole culturali, dal taglio di capelli agli stivali rigorosamente Dr. Martens, dalle bretelle alla marca delle camicie [di solito Ben Sherman o Fred Perry]. Il Punk era molto più semplice e creativo, un melting pot in cui non si facevano distinzioni di classe o razza, perché quelli che vi gravitavano attorto erano dei ribelli, e non si doveva per forza comprare dei vestiti per omologarsi e avere una divisa..
La cultura Skinheads, ovviamente, aveva fanzine, volantini e altri supporti, distribuiti per diffondere messaggi specifici all'interno della sottocultura. Materiale politico, tanto di destra che di sinistra. E' a questo armamentario che Mott rivolge il suo sguardo: nel processo di evidenziare gli angoli nascosti del movimento giovanile più radicale e frainteso che il mondo abbia mai conosciuto.

"L'archivio è stato costruito nel corso degli anni, e il germe è nato quando ero un adolescente", dice Mott, che raggiunse la maggiore età mentre era a Londra negli anni '70 e i primi anni '80. "E 'stato molto difficile trovare il materiale. E 'scarso perché gli skinheads non frequentavano le scuole di arte o di letteratura. I Punks avevano nei loro riferimenti il movimento Dada e John Heartfield. Skinheads erano in realtà quello che hanno sempre detto di essere, giovani e ragazzi provenienti dalla classe operaia. Non ci sono mai stati skinheads nella classe media. Si sono sempre opposti e non frequentavano le scuole d'arte o le università. Erano operai, e occupavano posti di lavoro comunemente riservati ai manovali ".
Skinhead è un termine impantanato spesso nel razzismo e nel neofascismo, anche se non è sempre così. Alla fine degli anni '60, skinhead era diventato un termine conosciuto in giro per Londra per indicare un "mod duro", o un operaio mod. La musica giamaicana come il reggae, rocksteady e lo ska - una volta una pietra miliare della cultura skinhead - divenne meno importante quando emerse e si sviluppò parallelamente il movimentoe punk nella seconda metà degli anni 1970. Presto i legami del movimento skinhead a specifici generi musicali si ampliarono quanto le sue idee politiche, ma classismo e militanza sono rimasti la base degli skinhead.
"Quando si inquadra storicamente lo skinhead , molti tendono di minimizzare l'aspetto razzista: ma la maggior parte di skinheads erano comunque bianchi, della classe operaia, alienati, e avevano idee razziste."
Illustrando il mondo dei sottogruppi di minoranza - skinheads gay, neri, donne, anche quello molto politicizzato (Skinheads Vs Racial Prejudice) - e i loro messaggi, Skinhead: An Archive ottiene qualcosa di completamente nuovo e diverso rispetto ai precedenti Skinhead di Nick Knight o Spirit of '69: A Skinhead Bible . Il capitolo sugli skinheads gay (e porno-y) è particolarmente affascinante ; in uno dei diversi saggi che compaiono nel libro, il regista canadese e scrittore Bruce LaBruce racconta dell'utilizzo della divisa skin come travestimento per nascondere la sua omosessualità e evitare di subire attacchi.
C'era poi il caso di Nicky Crane, una delle figure più note associate all'immaginario skinhead. Era il leader del British Movement, aveva posizioni apertamente razziste e al contempo era omosessuale.

"C'è una grande mancanza di conoscenza circa le dimensioni della comunità gay che ha adottato la facciata skinhead per nascondersi", afferma Mott. "Non sapevamo neanche che ci fossero skinheads queer. Anche se era grande, questa comunità era comunque segreta. Skinheads è 'stata davvero una sottocultura. Quando è finita sotto i riflettori dei media, era sempre per la sua componente di violenza. E 'l'unica cosa che la gente conosce degli skinheads, ma c'è sicuramente di più. "






13/02/15

Arare un solco solitario: i bohemièn!

Anticonformista e anticonvenzionale, romantico e focoso, underground e lontano dalle regole ecco cosa significa essere bohemièn!

<<Uno stile di vita che si esprime attraverso l’arte, l’arredamento, l’abbigliamento e il pensiero. Bohémien è un termine che esula da qualunque definizione di tipo ideologico o scolastico, tanto meno riguardo a una moda o un genere di abbigliamento. Esso è infatti un epiteto assegnato a quei poeti di genio che vivono la lacerazione fra sé in quanto letterato e artista, e dunque individuo, e la società, a causa dell’incomprensione da parte di quest’ultima del valore della propria arte, con un conseguente e spontaneo istinto alla provocazione, alla dissacrazione di valori precostituiti e del buon senso, ad un atteggiamento autoannichilente, distruttivo, e, ovviamente, asociale. La società costituisce una prigione per il Bohémien: essa avvilisce la fantasia, la volontà, l’immaginazione, inghiottisce e oblia ogni scintilla nella superficialità e nel vuoto; il risultato è un atteggiamento ribelle che si pone in sistematica opposizione ad ogni valore e costume del buon senso, unico modo per ritrovare una forma di libertà.>>
(Wiki)

Johnny Depp, Pete Doherty e Kate Moss sono solo gli ultimi ad essere indicati con il termine "bohémien", che è sovente sbandierato a sproposito, come in questo caso.
 Ma che cosa è esattamente un "bohémien" ?
Eccentrico. Ribelle. Amorale. Ma bohèmie è stata, e forse ancora è, molto più che un aggettivo per spaventare.. i cavalli.
La scrittrice Virginia Nicholson ha recentemente affermato che "in un certo senso, oggi siamo tutti un pò bohemien . Il bohemien è un outsider, si definisce come un outsider ed è definito dal mondo come un outsider "
Ma che cosa è veramente, come si fa a individuarne uno?
"Bohemian" era in origine un termine con sfumature dispregiative per indicare i Rom, che i francesi comunemente credevano abbia avuto origine in Boemia, in Europa centrale.
La definizione del Dizionario della Oxford English cita come qualcuno, "soprattutto un artista, un letterato, o un attore, che conduce una vita da vagabondo, o irregolare, libera, non essendo particolarmente legato alla società che frequenta, e disprezzando in generalele tutte le convenzioni ".

10/02/15

This is England: Polizia vs Controculture


(Hannah Ewens.)
A nessuno piace finire nelle grinfie della polizia, soprattutto—come per il recente caso dei Juggalo, che non sono riusciti a convincere i giudici a fare marcia indietro sulla definizione di "gang" affibbiatagli dall'FBI—quando la tua unica colpa è ascoltare una forma relativamente impopolare di hip hop e sfoggiare un occasionale trucco da clown.
Il fatto è che la stretta dell’FBI sui juggalo non è affatto una novità; i rappresentanti delle autorità di tutto il mondo sono impegnati da tempo immemore in uno scontro con le sottoculture giovanili, e nel caso britannico la storia che lega i due mondi è particolarmente affascinante. Prendete l'ex deputato dei Jocelyn Cadbury, che attribuì al punk-rock la colpa dell'aumento della criminalità nei primi anni Ottanta. O il governo conservatore dei primi anni Novanta, che studiò delle norme per impedire alla gente di ritrovarsi nei campi per passare la notte ad ascoltare musica e abbracciarsi.

E' il dottor Chris A. Williams, professore di Storia Urbana, e il dottor Andrew Wilson, professore di Sociologia con una specializzazione in droghe e sottoculture, a farci una panoramica soddisfacente sull’accanimento delle forze dell'ordine inglesi contro le sottoculture giovanili.


03/12/14

L'acqua è vita: i GAP a Roma (e cibo e acqua gratis per i randagi a Istanbul)

(PER CHI VIVE A ROMA)   L'ACQUA E' VITA!

I Gruppi di Allaccio Popolare sono pronti ad aiutare le famiglie colpite da un distacco idrico di Acea Ato2.
A Roma infatti non è garantito il diritto all'acqua: per Acea Ato2 SpA non è violazione di un diritto umano lasciare intere famiglie a secco.
L'importante, per l'azienda di Piazzale Ostiense, è assicurare lauti dividendi ai suoi azionisti entro fine anno, riducendo al minimo gli investimenti necessari alla rete idrica. Se per farlo bisogna andare a “caccia di morosi”, ben venga effettuare centinaia di distacchi a settimana, in modo che “l'utente”, possa scegliere se saldare o morire di sete.


02/12/14

Visible Girls: donne nelle sottoculture degli anni '80

Nei primi anni '80, la fotografa Anita Corbin ha documentato le "uniformi informali" delle sottoculture giovanili ritraendo ragazze e giovani donne in tutta Londra. Ragazze maleducate, Rockabillies, mods, skinheads, e alcuni gruppi femminili "meno definiti", tra cui paninare, rasta, punk e futurologhe, così come quelle coinvolte "dentro e intorno al movimento di liberazione delle donne." Le sue fotografie sono state esposte in una mostra itinerante organizzata dalla Cockpit Gallery Project, e intitolata Visible Girls in 1981.

Nella sua introduzione alla mostra, Corbin ha scritto:
<<In questo progetto la mia attenzione è andata ai dettagli visivi personali, mi sono sempre  interessata più agli effetti che questi dettagli hanno sulla vita di tutti.
Il modo in cui usiamo un vestito come un mezzo di comunicazione / identificazione e come esso può sia informare che  disinformare.
Ho scelto di concentrarmi sulle ragazze, e non sui ragazzi non perchè sono meno eleganti, ma perché nelle "sottoculture" le ragazze sono state in gran parte sempre ignorate o viste solo come appendici dei maschi..>>

Corbin ha scoperto che per queste giovani donne appartenere a una sottocultura non era solo un hobby per il fine settimana, ma (come per i maschi) un modo e uno stile di vita.
Più di trent'anni dopo, Anita Corbin ha incontrato alcune delle donne fotografate all'epoca, ma vorrebbe contattarle tutte, se possibile.
Se qualcuna si è trasferita in Italia, o semplicemente si riconosce in una qualsiasi di queste donne, allora è possibile contattare Anita qui.
DMINDS

Kath and Em, at home in Putney, October 1980.

Debbie and Mandy, McDonalds, Crystal Palace, November 1980.

Rosalee and Deborah, at the Tabernacle, Notting Hill Gate, April 1981.


Charmine and Janice, at the Orchard Youth Club, Slough, March 1981.


Laura and Janet, Mod girl South London Rosettes, April 1981.


Two Mod girls, Oxford Street, March 1981.


Trenchcoat owners Oxford Street, February 1981.


Rockabilly girls, at Shades, Manor House, February 1981.

Nicole and Carol, at the Tabernacle, Notting Hill Gate, April 1981.


At the Marquee club, December 1980.

Quasi and Squasher, at the Royalty, Southgate, March 1981.


24/10/14

Canzoniere Anarchico

MONTELUPO è un progetto volto al recupero del canto anarchico italiano. Nasce nel 2012 da un’idea di Daniele Coccia, Eric Caldironi e Alessandro Marinelli, ai quali si aggiunge presto Nicolò Pagani al contrabbasso. Obiettivo principale del progetto è quello di incidere un canzoniere che possa in qualche modo rendere fruibile il repertorio anarchico attraverso un ammodernamento degli arrangiamenti, dato anche dall’utilizzo di una strumentazione che dalla chitarra battente arriva ai moderni campioni noise, senza depauperare la tradizione. Il Canzoniere Anarchico, questo è il titolo della raccolta autoprodotta da Montelupo e distribuita da Goodfellas, uscirà proprio sabato 1 novembre: nel booklet saranno presenti le preziose note di copertina di Franco Schirone e la prefazione di Alessio Lega che pubblichiamo sotto.

Il Canzoniere Anarchico  verrà presentato dal vivo dai Montelupo Sabato 1 novembre dalle 21:30 al Nuovo Cinema Palazzo - Piazza dei Sanniti, San Lorenzo - Roma
Una serata ricca di voci per ripercorrere la storia del canto anarchico italiano, in cui Montelupo presenterà il disco assieme alle voci e alla musica di tantissimi artisti.




«Ma cazzo!», ho detto io. «Questo è il mio disco!». Era un po’ di anni che ce l’avevo in testa. Bisognava fare, mi dicevo, una nuova antologia della canzone anarchica. Ogni volta che capitava di sentire quelle splendide, frementi, fruscianti vecchie versioni contenute nei Dischi del Sole, nei dischi degli anni Settanta che hanno cristallizzato il pantheon musicale dei nostri miti, come Sante Caserio, Addio Lugano bella, Nel fosco fin del secolo morente... Be’, ogni volta che sentivo quelle versioni, dicevo: «È ora di riprovarci». Ce le siamo suonate in lungo e in largo queste canzoni: quante volte abbiamo finito i concerti con Nostra patria è il mondo intero, quante volte, fra un brano e l’altro, partiva Addio Lugano bella, ripresa in coro dal pubblico e, come disse una volta un comunista per giustificarsi dal fatto di amarla: «Ma è un gran bel valzer!». Bisognava registrare un disco. Una nuova antologia, fatta bene, ben suonata e senza troppi grilli per la testa, che rendesse le canzoni perfettamente riconoscibili, senza farle sembrare provenire dal grammofono del bis - nonno mazziniano. Mettere in fila questa storia degli anarchici in filigrana, i loro scontri, le loro crisi, i loro litigi sulle molteplici strade della nuova umanità: «Pria di morir sul fango della via / Imiteremo Bresci e Ravachol», «Ed è per voi sfruttati, per voi lavoratori». Individualisti, organizzatori, attentatori tenebrosi, cavalieri erranti... C’è tutta l’eco di mille rivoli che si raccoglie nel grande fiume della libertà e, a navigarlo, c’è sempre il Galeone della nostra bella Paola Nicolazzi. E mi fa solo rabbia che ora non possa sentirlo, questo disco mio. Bisognava farlo questo disco, come un testimone da passare alle nuove generazioni: si vedono nascere in ogni parte d’Italia e del mondo, cori su cori che cantano sempre quelle canzoni e, guarda caso, poi chi canta si sente in dovere d’aderire a quegli ideali, di portarli avanti. Le canzoni seguono la loro vecchia vocazione di propaganda, di proselitismo e bisogna dar loro una mano, per quanto si può. Insomma, stavo pensando a questa esigenza, quando questi mi dicono: «Ti va di scrivere qualche riga su un disco di canzoni anarchiche?». Ohibò, scarico i file, li ascolto: «Ma questo è il mio disco!».
Alessio Lega



30/09/14

Le chitarre iconiche di Federico Mauro

Federico Mauro , da Avellino. Fotografo, Multimedia Designer e Art Director. Come web designer ha realizzato realizzazione Video, Fotografie e Progetti Multimediali e alcuni cortometraggi premiati in diverse rassegne nazionali. Ha elegantemente progettato una serie di accessori, icone culturali come una collezione di occhiali, poi le scarpe più riconoscibili della cultura pop, cappelli di personaggi famosi, immagini iconiche di lame, che vanno dalle mani di forbici di Edward alla spada più famosa del cinema, Ecxalibur, fino al coltello di Norman Bates di Pshyco. Ora, una serie di illustrazioni delle chitarre più famose, che hanno contribuito a produrre alcuni dei più grandi riff del rock 'n' roll.




03/07/14

Aleister Crowley: Magick, Rock and Roll..

Aleister Crowley è stato durante tutto l’arco della sua vita, bollato come "l'uomo più perverso del mondo."Occultista, tossicodipendente, mago nero, grande credente della reincarnazione, pervertito sessuale, una vita vissuta all’insegna del "Fai tutto ciò che vuoi", il fondatore di una nuova religione, Thelema. E’ stato però anche pittore, poeta, grande alpinista, e in definitiva più un esteta che pazzoide, come molti lo definivano e persona molto divertente. Tanto che nel 2002, un sondaggio della BBC sulla Top 100 dei personaggi britannici più importanti e influenti Crowley arrivò al numero 73, battendo JR. R. Tolkien, Johnny Rotten, Chaucer, e Sir Walter Raleigh, tra gli altri.

In Aleister Crowley: Magick, Rock and Roll, and the Wickedest Man in the World Gary Lachman, conosciuto con il nome d'arte di Gary Valentine, membro fondatore dei Blondie , ormai esperto di misticismo, si propone di dimostrare la duratura influenza di Crowley e il suo impatto sulla cultura popolare, oltre alla sua connessione con moltissimi musicisti contemporanei, dai Led Zeppelin ai Rolling Stones , dai Black Sabbath ai Blondie fino a Jay Z e Nine Inch Nails. Nel 1967, i Beatles lo inserirono nella leggendaria copertina di Sgt. Lonely Hearts Club Band Pepper. I Rolling Stones furono per qualche tempo, gravi devoti, la loro musica e l'immagine furono governate da uno dei discepoli più influenti di Crowley, il regista avant-garde Kenneth Anger. Oggi, il suo volto è praticamente noto come quella di Elvis, Marilyn, o il Che. Le sue filosofie libertarie hanno influenzato generazioni di gruppi musicali e artistici, e queste stesse convinzioni sono oggetto di tesi accademiche. La sua immagine si ritrova in centinaia di bar e locali goth rock, templi occulti e allo stesso modo, nei dormitori dei college di tutto il mondo.

Da considerare che il ritratto di Crowley lo si può ammirare accanto a quelli Winston Churchill, Virginia Woolf e Ernest Rutherford nella British National Portrait Gallery di Londra. Il libro di Lachman offre l'opportunità di conoscere e capire meglio la vita e la metodologia dell’ un uomo dai molteplici soprannomi, tra cui "La Grande Bestia", dalla sua infanzia, all’ingresso come membro fino alla rapida ascesa nell’Ordine Ermetico della Golden Dawn, la pratica della magia, le presunte capacità telepatiche , la sua pretesa di diventare invisibile e di essere stato contattato dalla entità soprannaturale Aiwass. Inoltre, i suoi molti peccatucci, la sua presunta "guerra occulta" contro i tedeschi durante la seconda guerra mondiale, fino al declino mentale e fisico. E’ un tomo “pesante”, 394 pagine stracolmo di informazioni approfondite, fatto di aneddoti e approfondimenti.
Comunque, da parte nostra è Crowley, e non la sua influenza, di gran lunga il soggetto più interessante del libro.

Ma Crowley era davvero il male, o era semplicemente consumato dai peccati della carne, e da qualsiasi altro peccato che poteva avvolgere la sua anima? Il libro di Lachman sembra indicarci la seconda ipotesi. Crowley non era male, era solo insensibile, egoista, traditore e guidato da una fame che sembrava incapace di soddisfare e da un bisogno incorreggibile di non stare fermo. Sembrava la realizzazione dell’ osservazione del pensatore religioso Blaise Pascal: "Tutto il male umano proviene da una sola causa, l'incapacità dell'uomo di stare fermo in una stanza".

"Io non voglio la vostra approvazione, voglio la bestemmia, l'omicidio, lo stupro, la rivoluzione, qualcosa di buono o cattivo, ma che sia forte". Si dice che aveva bisogno di molto sesso e doveva essere sesso selvaggio; le donne che ha avuto dovevano ribollire di "lussuria proibita", del genere associato al Marchese de Sade e a Baudelaire, e gli piaceva umiliare e piegare al proprio volere gli uomini che lo circondavano e che si fregiavano della sua amicizia.. Notoriamente usava moltissimi farmaci, anche se era l’eroina la sua droga preferita, che prendeva in dosi più che massicce.. Crowley non era il male, ma il suo bisogno di eccesso , il più delle volte, era fonte di sofferenza per coloro che lo circondavano. "L'eccesso in tutte le direzioni?" Suona come un buon titolo per un album. Non c'è da stupirsi che Aleister Crowley ha trovato un posto nel rock and roll.

 
Gary Lachman è autore di diversi libri sul legame tra coscienza, cultura e pensiero alternativo. Tra i suoi libri Turn Off Your Mind: I mistici anni Sessanta e il lato oscuro della Età dell'Acquario; Una storia segreta della conoscenza; Rudolf Steiner: Introduzione alla Vita e al pensiero; Jung e la mistica. Mentre col nome d’arte di Gary Valentine è stato membro fondatore del gruppo rock dei Blondie,  chitarrista di Iggy Pop e leader dei Know and Fire Escape. New York Rocker: My Life in the Blank Generation è un resoconto dei suoi anni a New York e Los Angeles nella scena musicale underground negli anni '70 e '80, e nel 2006 è stato inserito nella Rock and Roll Hall of Fame. E’ un assiduo collaboratore di Fortean Times, Independent on Sunday, Strange Attractor e altre riviste negli Stati Uniti e nel Regno Unito. Storico della controcultura, Gary è apparso in diversi documentari televisivi britannici e ha lavorato per la BBC.



 Crowley / Bowie


08/05/14

Le carogne in giacca e cravatta

Quello che davvero è successo a Tor di Quinto: 
Lettera dei tifosi napoletani della STELLA ROSSA sui fatti di Roma

E' difficile prendere parola dopo questi giorni, viene voglia di chiudersi nel silenzio più sordo, stringersi attorno alle persone che come te posso guardarti negli occhi e parlare perchè conoscono la verità dei fatti o almeno hanno l'umiltà di ricercarla fuori dai preconcetti.
Abbiamo aspettato nel rispetto di Ciro e della sua condizione, abbiamo sperato che fosse fuori pericolo di vita, avevamo paura di unirci alle tante voci che si sentono in questi giorni, posizioni che si contraddicono continuamente , lezioni di vita e come spesso accade in questo paese tutti parlano da professori dell'argomento, ma magari non ne sanno nulla.
Anche noi eravamo all'Olimpico quel maledetto sabato 3 maggio, ma sarebbe meglio dire che eravamo a Tordi Quinto.. perche all'Olimpico non ci siamo mai entrati.

Eravamo come sempre insieme a tanti amici e compagni che dalla periferia nord di Napoli si muovono per andare a vedere la squadra della nostra città. Conosciamo bene Ciro, cosi come conosciamo bene Alfonso e Genny anche loro colpiti dai proiettili della pistola di De Santis, li conosciamo non per sentito dire ma perchè con loro abbiamo fatto pezzi di strada insieme, siamo stati spalla a spalla nelle curve del San Paolo tante volte. Ci permettiamo di nominarli solo perchè eravamo li con loro, solo perchè sappiamo chi sono e quanto amano la vita e la loro città.
Ciro - è stato detto e ridett o- viene da Scampia, il quartiere dove gioca la Stella Rossa e come tanti ragazzi di quel quartiere lo abbiamo anche visto venire a curiosare in curva all'Hugo Pratt per capire con i propri occhi cosa fosse questo tanto chiacchierato calcio popolare.

05/08/13

Hakim Bey Vs la cultura poliziesca

Alla luce del brutale omicidio di Trayvon Martin pubblichiamo un estratto da T. A. Z. (Zone Temporaneamente Autonome) di Hakim Bey, scritto nel 1995 ma quanto mai attuale


RISOLUZIONE PER GLI ANNI NOVANTA (e 2000!)
BOICOTTARE LA CULTURA POLIZIESCA!!!

Se si può dire che ci sia stata una figura immaginaria che abbia dominato la Cultura popolare degli anni Ottanta (e Novanta), quella è lo Sbirro. Polizia fottuta dovunque ti giri, peggio che nella realtà. Che rottura incredibile. Sbirri Potenti - proteggono i deboli e gli umili - alle spese di una mezza dozzina di articoli della Costituzione - “Dirty Harry”. Simpatici sbirri umani, alle prese con la perversione umana, se ne escono fuori agrodolci, sai, duri e scafati, ma sempre teneri dentro - Hill Street Blues - lo show tv più malvagio che ci sia mai stato. Sbirri negri furbetti che fanno battute buffe, battute razziste contro poliziotti bianchi di campagna, ma che lo stesso arrivano ad amarsi l'un l’altro: Eddie Murphy, Traditore di Classe. Per il brivido masochista abbiamo sbirri cattivi e corrotti che minacciano di rovesciare la nostra confortevole realtà del consenso dall'interno come vermi disegnati da Giger ma naturalmente vengono spazzati via, appena in tempo dall’Ultimo Sbirro Onesto. Robocop, è un amalgama ideale di protesi e sentimentalismo.

Siamo stati ossessionati con gli sbirri fin dall’inizio - ma i pulotti di allora facevano la parte di idioti saputelli, i KeyStoneKops Car 54 Where Are You, bobby sciocchi messi su per essere sgonfiati e schiacciati da Fatty Arbuckle o Buster Keaion. Ma nel dramma ideale degli anni Ottanta, l‘ometto" che un tempo sparpagliava centinaa di bottiglie blu con la sua bomba da anarchico, innocentemente usata per accendersi la sigaretta - il Vagabondo, la vittima dall’improvviso potere del cuore puro - non trova più posto al Centro della narrazione. Una volta "noi" eravamo quell'hobo, quell’eroe Caotico quasi surrealista che vince col Wu-Wei sui risibili favoriti di un Ordine disprezzato e irrilevante. Ma "ora", siamo ridotti allo stato di vittime Senza potere, oppure criminali; non più gli eroi delle nostre storie, siamo stati emarginati e rimpiazzati dall'Altro, lo Sbirro. Cosi lo Sbirro Show ha solo tre attori - vittima, criminale e ufficiale di polizia - ma primi due non riescono a essere pienamente umani - solo il maiale è reale. Abbastanza stranamente, la società umana negli anni Ottanta (come viene vista negli altri media) appare a volte consistere degli stessi tre archetipi/clichè. Prima le vittime, le minoranze piagnucolanti che si lamentano sui “diritti” - e chi non apparteneva a una "minoranza" negli anni Ottanta? Merda, anche gli sbirri si lamentavano dei loro "diritti" che venivano abusati. Poi i criminali: largamente non-bianchi (nonostante l' integrazione" obbligatoria e allucinante dei media), largamente poveri (oppure oscenamente ricchi, quindi ancor più alieni), largamente perversi (gli specchi proibiti dei “nostri” desideri). Ho sentito che, in America, una casa su quattro viene rapinata ogni anno e che quasi mezzo milione di noi viene arrestato solo per aver fumato erba. Di fronte a tali statistiche (anche assumendo che siano “dannate bugie"), uno si domanda chi NON è o vittima o criminale nel nostro stato-polizia-di-coscienza. La giusta deve mediare per tutti noi, per quanto nebbiosa l'interfaccia - sono solo preti-guerrieri, per quanto profani.

01/08/13

De Gregori: Non sparate sul cantautore e il processo del '76

De Gregori rilascia un intervista al Corriere della Sera e la rete si scatena. Le dichiarazioni del cantautore romano, politico per eccellenza, infiammono gli animi. Ma cosa ha detto per così tanta animazione?  De Gregori spara sulla sinistra italiana: <<Secondo lei cos'è oggi la sinistra italiana?>> <<È un arco cangiante che va dall'idolatria per le piste ciclabili a un sindacalismo vecchio stampo, novecentesco, a tratti incompatibile con la modernità. Che agita in continuazione i feticci del "politicamente corretto", una moda americana di trent'anni fa, e della "Costituzione più bella del mondo". Che si commuove per lo slow food e poi magari, "en passant", strizza l'occhio ai No Tav per provare a fare scouting con i grillini. Tutto questo non è facile da capire, almeno per me>>. 
Dire che è come sparare sulla Croce Rossa è un..eufemismo. Dichiara che vanno tutelate le fasce più deboli della popolazioni, a favore della scuola pubblica e della meritocrazia e che la ricchezza in quanto tale non "vada punita". E, giustamente, per favorire queste prospettive ha votato Monti e Bersani. Si dice sconvolto da quelli che gridano all'inciucio quando i due grandi partiti cercano un accordo per fare qualche riforma!! Potete poi leggervela tutta l'intervista sul Corriere: ce ne per tutti, da Veltroni a Moretti, da Castro fino ai 5 Stelle. Ma la ciliegina sulla torta è la sua "nuova passione": non si salva proprio nessuno?
<< Papa Francesco, la più bella notizia degli ultimi anni. Ma mi piaceva anche Ratzinger. Intellettuale di altissimo livello, all'apparenza nemico del mondo moderno e in realtà avanzatissimo, grande teologo e per questo forse distante dalla gente. Magari i fedeli in piazza San Pietro non lo capivano. Ma il suo discorso di Ratisbona fu un discorso importante>>. 
Sembra proprio una moda: non bastava il poco lindo Giovanni Ferretti, passato in poco tempo dal bolscevismo al berlusconismo, poi al razzismo della Lega e infine approdare alla celeste via di Ratzinger. Di sicuro, il cantante di Buonanotte fiorellino incendiario non lo è stato mai. Davvero uno strano paese, questo, con strani personaggi. Per non tirarla per le lunghe, tra i tanti commenti e risposte all'intervista, quella più appropriata ci sembra proprio quella dei giovani Pd: caro Francesco, stai invecchiando male! E del De Gregori che non voterà più a sinistra, ce ne faremo una ragione. 

Intanto, nell'articolo che segue, ricordiamo un altro De Gregori e altri tempi: la contestazione e "il processo" che il cantautore subì nell' aprile 1976 durante il famoso concerto al Palalido di Milano, da parte di una frangia del "movimento". La ricostruzione è di Alberto Piccinini ed è comparsa sul numero 27 di Alias del luglio 2011.

LASCIA QUI' L'INCASSO !
Passò alla storia come il <<processo a De Gregori>>. Processo politico, s'intende. Venerdi 2 aprile 1976, al Palalido di Milano, un centinaio di persone fermò a metà il concerto sold out del cantautore romano di fronte a seimila spettatori. Rimmel, uscito l’anno prima, era stato in classifica 40 settimane, vendendo la cifra record di 500.000 copie. Proiettato in una nuova dimensione di popolarità, De Gregori aveva un album in uscita: Buffalo Bill. La tourneè la organizzava il Piccolo Teatro di Milano. Sullo sfondo c'e la Rca, la casa discografica del cantautore. ll biglietto costa 1500 lire. Prima del concerto della sera, accanto al botteghino, vengono distribuiti volantini <<contro i padroni della musica>> firmati da Stampa Alternativa: <<Decine di migliaia di incazzati hanno capito che i Palalido sono i loro Vietnam, i loro campi di battaglia>>. Soltanto due mesi prima, nello stesso Palalido, uno  spettrale Lou Reed (2000 lire) é stato costretto a interrompere il concerto tra lanci di sassi e bottigliette. Per evitare altri attriti si aprono precauzionalmente le porte a tutti. E il concerto si svolge con le luci accese. <<Vedevo la gente che applaudiva appena salivo sul palco, cosa mai successa prima. - é il ricordo De Gregori raccolto dal giornalista Claudio Bernieri -  Poi c’erano quelle luci accese>>.  Dopo una prima interruzione (<<gli strapparono la chitarra di mano», ricorda il batterista Carlo Marcovecchio), e la lettura dal palco di un comunicato contro l’arresto di un compagno a Padova, il concerto riprende. De Gregori e la sua band finiscono come possono, poi tomano nei camerini.
E’ qui che-va in scena il processo vero e proprio. I <<verbali>> li scoviamo nella cronaca che il giorno dopo usci sul Corriere della Sera:
“Quanta hai preso stasera?” urla un giovane.
“Credo un milione e due... “ sussurra con un filo di voce De Gregori – ma poi c'é la SIAE.  “Se sei un compagno, non a parole ma a fatti, lascia qui l'incasso”, ribattono.
Fu il critico Mario Luzzatto Fegiz a firmare il pezzo. Calcò la mano:
<<Al microfono si alternano volti lombrosiani e giovani che sembrano colti da raptus isterico...>>.  Secondo i testimoni un vero e proprio processo neppure ci fu: il Palalido si stava svuotando, il diverbio tra i contestatori e De Gregori si sarebbe svolto tra il sottopalco e i camerini. D’altra parte la cronaca, pure romanzata, coglie bene la centralità drammatica che quell’evento avrà nella storia  successiva della canzone italiana. Continuiamo a leggere: Prende la parola un uomo con la barba bianca, d’età indefinibile: <<La rivoluzione non si fa con la musica. Prima si fa la rivoluzione, poi si potrà pensare alle arti o alla musica. Lo diceva anche Majakowski che era un vero rivoluzionario e si é suicidato. Suicidati anche tu!>>. De Gregori ascolta pallido e silenzioso. Con scarsa convinzione mormora al microfono: <<Forse sono una vittima dell'industria...>>.
Di chi erano quelle voci? In un’intervista televisiva recente De Gregori chiedeva che almeno si facessero vedere. A quasi 40 anni di distanza. E’ rimasto qualche nome. Gianni  Muciaccia, punk della prima ora, chitarrista dei Kaos Rock, poi perso nei gorghi del socialismo milanese. C’era sicuramente Marcello Baraghini, che dell’arcipelago di Stampa Alternativa era il volto più noto. Accetta di rovistare nei ricordi di un evento del quale sono rimasti, dice, solo pochi flash: <<No, non ero io quello dj Majakowskij. - sorride - Non avevo la barba bianca. Penso fosse Gianluca, che adesso non c’è più. Gianluca faceva teatro, guidava un furgone col quale abbiamo girato il mondo e la cosa più incredibile è che non aveva mai documenti  con se. Scendeva, parlava con le guardie, ripartiva>>.
“Non ricordo molta violenza quella sera. - riprende Baraghini - Esasperazione, si. C’erano nel nostro gruppo delle frange accese, autonomi, che però in genere riuscivamo a calmare. Naturalmente una parte del pubblico si incazzò. Ricordo bene De Gregori, stizzito. Avrebbe potuto spiegarsi, ma non lo fece>>. <<Mancava solo l'olio di ricino>>, fu invece il commento del cantautore riportato ancora dal Corriere. <<La contestazione é quando tu prendi una persona e gli contesti delle cose (...) Un’aggressione è quando io ti prendo a cazzotti e ti dico che sei  stronzo. .. Quella fu un aggressione, cioè non ci fu nessun dialogo>>.
Quest’ultimo commento lo ha raccolto un cronista/musicista che allora collaborava con L’Unità, Claudio Bernieri. Ne fece un libro, Non sparate sul cantautore - preziosa raccolta di interviste a cantautori della meta degli anni '70, da tempo introvabile, che il prossimo settembre viene ripubblicato dalle edizioni Vololibero con allegati i nastri originali delle conversazioni. <<C’era quest’area libertaria, moralista se vuoi – ricorda oggi Bernieri – Riteneva che si dovesse suonare a un prezzo politico,  saltare l’intermediazione di quelli che chiamavano i padroni della musica. Erano cani sciolti. Andavano a vedere con quale macchina arrivavano a suonare i musicisti, facevano i conti in tasca>>.  Moralismo a parte, l‘idea della “musica gratis” non godrà mai di grande considerazione, né allora e né mai. Sull‘utopia, pericolosa o naif che fosse, vinse fin da subito una specie di necessario realismo mercantile. Per due anni in Italia non si fecero grandi concerti. Poi, negli anni '80, si ricomincio daccapo. Su quelle contestazioni Bernieri ha un`altra idea: <<Per capirci, é come se oggi si riuscisse a impedire il download gratuito dalla Rete. Che succederebbe?>>.
Ancora. Chi ce l‘aveva con De Gregori, e perché? Re Nudo e Andrea Valcarenghi avevano chiesto al cantautore di organizzare il concerto di Milano, ricevendo in cambio un garbato rifiuto (da qui la scelta di coinvolgere il Piccolo Teatro). Con Lotta Continua, poi, c'era stato uno scontro a proposito del rimborso chiesto in occasione di un Concerto militante. Il giornale sfotteva cosi:  <<E’ venuto compiendo un pericoloso viaggio da Roma centro alla periferia di Roma tale De Gregori, pare celebre, il quale ha chiesto 400.000 lire per esibirsi, e ha preso 400000 pernacchie>>. De Gregori, da parte sua, si difese con un lettera al giornale facendo notare ai compagni che <<la musica é ancora in mano ai Tony Santagata, e non ai proletari>>.
E c’era Muzak, il mensile di musica e politica diretto da Giaime Pintor. La stroncatura di Rimmel (e dell’ermetico “canto degregoriano”) comparsa su quelle colonne a firma dello stesso Giaime é rimasta celebre: <<Non é un caso da sottovalutare che la fortuna dell'ermetismo dati anni '30-'40, e cioé si collochi programmaticamente come isolamento dal fascismo, isolamento nell‘attività pubblica e nella poesia come risposta "privatistica" alla retorica mussoliniana. (...) Una poetica ermetica, dell’intuizione lirica, é una poetica tendenzialmente idealista, dunque di destra, arretrata negli anni '70, dunque incapace di rispecchiare tensioni, di farsi portatrici di valori positivi e rivoluzionari>>.
Più prosaica e velenosa risultò tuttavia una cronaca-coeva di Enzo Caffarelli per Ciao 2001, Raccontava il De Gregori privato cosi: <<Lo sguardo sbigottito mentre gioca a poker e beve champagne all’Hotel Belle Vue di Rimini, categoria di lusso, una stanza tutto escluso 38.000 lire a notte, mentre cala il sipario. Ma tutto questo Alice non lo sa>>. Fu quella che colpi nel segno, eccitando il moralismo dell'epoca? Per uno scherzo del destino la maniera dylaniana di De Gregori, nei testi e nello stile, si allargò in quegli anni fino a investire il volto pubblico del cantautore, il difficile rapporto con il tumultuoso “vogliamo tutto” di quegli anni. Sembrava la storia di quell'”immondiziologo” che nel 1965 si era messo a frugare nella spazzatura di Dylan per scoprire le prove del tradimento. Dylan era scappato a gambe levate verso il rock elettrico, nascosto giorno e notte dietro i Ray Ban scuri . <<Dylan - attaccò una volta Giaime Pintor – è solo il ripiegarsi su se stesso dell'intellettuale giovane americano>>.
Il paradosso lo spiegò una volta lo stesso De Gregori <<“Dylan non è mai stato inquadrabile politicamente al contrario di me che invece quando mi chiedono per che partito voto non ho nessun problema a dirlo>>. Dopo quella brutta serata, il cantautore minacciò di smettere del tutto, di non cantare più. Per più di un anno non suonò in pubblico. Lo avvistarono a fare il commesso in una libreria di Trastevere..