La bellezza sarà di conforto agli operai..
Una fabbrica elevata in rispetto della bellezza dei luoghi e affinché la bellezza fosse nel lavoro di ogni giorno..
Con l'Olivetti di Pozzuoli anche il meridione partecipava alla produzione dell'eccellenza italiana nel mondo. Erigere lo stabilimento per la realizzazione di macchine da scrivere e calcolatori nel Mezzogiorno fu un enorme sforzo che l'ingegnere Adriano Olivetti decise di affrontare accogliendo l'invito dell'allora ministro dell'industria Campilli. "Un atto di fede nell'avvenire e nel progresso della nostra industria, ma soprattutto un meditato omaggio ai bisogni di questa regione", spiegava Olivetti agli operai di Pozzuoli.
Un omaggio a chi in quel momento stava operando per la rivoluzione unificatrice fra Nord e Sud. Olivetti spiegò agli operai che per trasferire al sud il potenziale produttivo dovettero interrompere il ritmo di centinaia di assunzioni allo stabilimento madre di Ivrea. Una visione audace, sostenuta dal coraggio, che puntava dritto verso un orizzonte nuovo, andando oltre la sola realizzazione di telescriventi e calcolatori. L'industria aveva un fine: il lavoro come riscatto. Nessuna angoscia, allontanando la sofferenza. Un argine all'alienazione.
E questo grazie allo stabilimento di Pozzuoli costruito a misura d'uomo, a ridosso della macchia mediterranea, con le finestre rivolte al mare e i reparti pieni di luce, lasciando intatta la distesa di pini che avvolgeva la fabbrica: un progetto per l'uomo realizzato dall'architetto Luigi Cosenza su 30.000 metri quadrati, 1300 tra operai e impiegati. Lo sviluppo del meridione passava per il litorale flegreo.
Lavorando potevano guardare il mare, come i 160 dipendenti e i visitatori che entravano
ogni giorno a Città della Scienza..
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