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Uno dei più drammatici episodi di violenza di massa perpetrata ai danni dei detenuti in uno dei più importanti istituti penitenziari italiani
Il comunicato dell'Associazione Antigone:
Nel carcere di Santa Maria Capua Vetere nei giorni della Settimana Santa, un commando di oltre un centinaio di poliziotti, a viso coperto e in tenuta antisommossa, secondo le testimonianze, entrava nell’istituto dando vita ad un pestaggio disumano ai danni dei detenuti reclusi nel reparto Nilo. Queste denunce sono state poste all’attenzione della nostra Associazione da diversi familiari dei ristretti nelle immediate ore successive al 6 aprile 2020. Da subito abbiamo avuto la percezione che quello di cui ci veniva raccontato avrebbe costituito una grave sospensione delle garanzie del nostro stato di diritto, che aveva condotto all’esercizio incondizionato e brutale della violenza da parte delle forze dell’ordine.
In questi mesi abbiamo monitorato l’andamento delle indagini, stimando il riserbo e il rigore con cui la Procura della Repubblica ha coordinato le investigazioni. Rispettosi del principio di presunzione di innocenza, che sosteniamo in ogni stato e grado del procedimento, riteniamo che gli eventi emersi nel corso di queste indagini siano agghiaccianti. Se davvero fu organizzata e pianificata nei dettagli, la ‘Mattanza della Settimana Santa’ disegnerebbe i contorni di un modello (che, purtroppo, abbiamo visto ripetersi nel corso anche di altre rivolte del periodo Covid) con cui le forze dell’ordine hanno inteso ripristinare i rapporti di forza all’interno del penitenziario: pestaggi congiunti delle squadre all’interno delle singole celle e nei corridoi della sezione, detenuti denudati e insultati, messi in ginocchio e colpiti ripetutamente con manganelli, pugni e calci. Infatti, la perquisizione, ordinata sulla base delle proteste dei detenuti scaturite per il timore del contagio il 5 aprile precedente, secondo gli inquirenti, rappresentava soltanto il pretesto per agire con l’obiettivo di massacrare il corpo recluso. Le ipotesi di reato sono importanti, secondo la Procura «i Pubblici ufficiali sono gravemente indiziati dei delitti di concorso in molteplici torture pluriaggravate ai danni di numerosi detenuti, maltrattamenti pluriaggravati, lesioni personali pluriaggravate, falso in atto pubblico, calunnia, favoreggiamento personale, frode processuale e depistaggio».
L’episodio di Santa Maria ha segnato una evidente lesione della nostra democrazia, colpendola in un momento delicato in cui il sistema penitenziario si mostrava incapace a gestire e contenere la diffusione del virus all’interno delle carceri e la notizia odierna di 52 agenti di polizia penitenziaria colpiti da ordinanza cautelare e del Provveditore regionale colpito da ordinanza interdittiva ne è la triste conferma. Pertanto, riteniamo che queste indagini, al di là delle posizioni soggettive, possano fare chiarezza su alcune contraddizioni del sistema come l’esercizio della forza in contesti di reclusione – nervo scoperto del nostro ordinamento –, assolvendo quella domanda di giustizia emersa in seguito alle violenze esplose in questi mesi.
Avv. Simona Filippi (Responsabile contenzioso Antigone); Avv. Luigi Romano (Presidente Antigone Campania)
Secondo i nuovi dati Istat, c’è un milione in più di persone che vive in condizioni di povertà rispetto al 2019. Eppure, nonostante l’Italia sia un paese ricco, membro del G7, la destra continua a voler tagliare i sussidi.
La povertà assoluta in Italia riguarda poco più di 2 milioni di famiglie e 5,6 milioni di individui — rispettivamente il 7,7% e il 9,4% del totale — in aumento di un milione rispetto al 2019, quando era stato registrato un miglioramento: è il livello più elevato dall’anno in cui sono iniziate le serie storiche, il 2005. A certificarlo sono i nuovi dati dell’Istat diffusi ieri, che testimoniano l’impatto disastroso della pandemia sui redditi delle fasce di popolazione più vulnerabili. Se si considera invece la povertà relativa, le famiglie sotto la soglia sono poco più di 2,6 milioni, in lieve diminuzione dal 2019 (10,1% del totale).
Ovviamente la povertà non colpisce tutti allo stesso modo: l’incidenza è nettamente superiore tra gli stranieri — 29,3% contro 7,5% dei cittadini italiani — oltre che tra le famiglie con un maggior numero di componenti e tra le famiglie monogenitoriali, che registrano il peggioramento più marcato dal 2019. A dimostrazione che l’Italia è un paese fondato sul welfare “informale” delle persone più anziane e ostile al lavoro giovanile, la povertà familiare diminuisce all’aumentare dell’età della persona di riferimento: riguarda il 10,3% delle famiglie con una persona di riferimento tra i 18 e i 34, il 5,3% di quelle con una persona di riferimento oltre i 64 anni. Le famiglie con minori in povertà assoluta sono oltre 767 mila: in totale, 1 milione e 337 mila minori, il 13,5% del totale.
Ci sono grandi differenze anche a livello geografico — l’incidenza è più alta al Sud, ma la crescita più ampia è stata registrata al Nord (+1,8%) — e in base al livello di istruzione e alla condizione professionale: l’incidenza è all’11,1% tra le famiglie con una persona di riferimento che ha al massimo la licenza elementare, al 4,4% se ha un diploma. Tra chi lavora, l’incidenza maggiore riguarda chi si trova nella condizione di operaio o assimilato: il 13,2%, in aumento del 3% dal 2019.
In questo quadro disastroso, l’unica nota positiva è la diminuzione dell’intensità della povertà assoluta — cioè, detto brutalmente, “quanto poveri sono i poveri” — che si registra in tutte le ripartizioni geografiche: dal 20,3% al 18,7%. L’Istat riconosce apertamente che tale dinamica “è frutto anche delle misure messe in campo a sostegno dei cittadini (reddito di cittadinanza, reddito di emergenza, estensione della Cassa integrazione guadagni, ecc.) che hanno consentito alle famiglie in difficoltà economica – sia quelle scivolate sotto la soglia di povertà nel 2020, sia quelle che erano già povere – di mantenere una spesa per consumi non molto distante dalla soglia di povertà.”
Eppure, i sussidi a sostegno delle famiglie e dei cittadini più poveri — che sono stati insufficienti a evitare un forte aumento della povertà, ma che almeno hanno tamponato la sua intensità — sono da giorni sotto attacco costante di una campagna di stampa montata ad arte sulla “mancanza di lavoratori stagionali” nel turismo e nella ristorazione, che ignora sistematicamente il problema dei bassi salari, della precarietà dei contratti e dell’irregolarità diffusa in questi settori.
Mentre la lotta alla povertà dovrebbe essere in cima all’agenda politica, in un paese che già prima della pandemia si trovava al terzo posto in Europa per percentuale di popolazione a rischio di povertà o esclusione sociale, gli attacchi al Reddito di Cittadinanza rischiano di fare breccia nel governo. Pochi giorni fa è stato presentato un emendamento al decreto Sostegni bis — fortunatamente bocciato — che prevedeva l’obbligo di accettare lavori stagionali per i percettori del RdC. Commentando i dati Istat, la sottosegretaria al Mef Maria Cecilia Guerra (Leu) ha detto che, al contrario, il sussidio andrebbe rafforzato, correggendo il peso che attribuisce alla presenza di minori nel nucleo familiare ed estendendolo anche ai cittadini stranieri, eliminando il vincolo dei dieci anni di residenza. Il ministro Orlando, più genericamente, ha detto che alla misura servono dei “correttivi.”
Con l’arrivo del capitale da investire del Pnrr, la necessità di dare sollievo a milioni di persone che vivono in condizioni difficilissime dovrebbe essere prioritaria. Al contrario, invece Mario Draghi ha nominato un “Nucleo tecnico per il coordinamento della politica economica” per valutare l’impatto degli investimenti, composto da 5 economisti: tutti e 5 — Carlo Cambini, Francesco Filippucci, Marco Percoco, Riccardo Puglisi e Carlo Stagnaro — sono su posizioni di liberismo oltranzista. La nomina smentisce sia chi si aspettava — su chissà quali basi — una conversione di Draghi al keynesismo e a forme di economia più umana, sia chi si lamentava del governo Conte 2 per l’eccessivo potere assegnato ai tecnici nei progetti di gestione delle risorse del Pnrr.
La linea di Draghi in realtà avrebbe già dovuto essere evidente — tra le altre cose — fin dallo stralcio di qualsiasi proposta di salario minimo dal Pnrr. Ma come riportavamo qualche giorno fa, l’Italia ha un problema non solo con il salario minimo — anche con il salario medio: nel corso degli ultimi quindici anni nel nostro paese sono scesi, rispetto alla media degli altri paesi Ue, anche i salari medi. Secondo dati dell’International Labour Organization, tra il 2000 e il 2017 gli stipendi reali in Italia sono diminuiti dello 0,5% — mentre, ad esempio, in Francia sono aumentati dello 0,7% e in Germania dell’1%.
Dopo questa carrellata di dati sconsolanti, è importante ricordare comunque che l’Italia è sotto moltissimi punti di vista un’economia ricca: l’ottava a livello mondiale — e infatti ha partecipato come di consueto al G7 — davanti per prodotto interno lordo a paesi come Brasile, Australia, Russia. Affrontare il problema della povertà in un paese come il nostro, che ha un Pil di 2 mila miliardi di dollari, significa anche porsi una domanda: dove si fermano tutti questi soldi?
"Questo non è un conflitto ad armi pari. Quando parliamo di Gaza, parliamo di un barile pieno di pesci sul quale gli Israeliani sparano con la loro artiglieria ad alta precisione. Stanno assassinando i detenuti di una prigione a cielo aperto. E’ questo che stanno facendo. Alcuni dei detenuti cercano di controbattere in qualsiasi modo riescano e occasionalmente hanno fatto ricorso a razzi fatti in casa lanciati oltre le mura della prigione che li contiene. E non li si può criticare. Anzi, hanno un obbligo morale di resistere all’occupazione della loro terra da parte di un potere straniero. Quello di Israele è un regime di apartheid impegnato nella pulizia di tutti gli indigeni dalla terra su cui hanno messo gli occhi prima del 1948 e che da allora cercano di colonizzare. Quelli che tra noi criticano lo stato di Israele e la sua politica fatta di genocidio, apartheid e razzismo non sono antisemiti. So che la lobby israeliana è al lavoro. Ne sono stato personalmente minacciato, e non farò nomi perché è troppo delicato, ma certe persone mi hanno detto ‘Non vorremmo proprio vedere che ti succeda qualcosa Roger’. Wow, qualcuno seduto a casa mia mi stava minacciando. La lobby israeliana ha cercato di distruggere la mia carriera e so che hanno avuto influenza sui consigli di amministrazione di alcune grandi banche”.
" Qualcuno mi ha detto che siete pazzi, ma non ne sono così sicuro. Mi sembra che stiate tutti bene! "
I Cramps erano in tour a New York e decisero di suonare dal vivo gratis per i pazienti del State Mental Hospital di Napa, California, il 13 giugno 1978. Con loro si esibirono anche i Mutants, altra cult band di S. Francisco, in quello che sarà per sempre conosciuto come uno dei concerti più leggendari e famigerati nella storia del punk.