Robert Castrucci
da ilmanifesto
Con il digitale - sostiene una tesi ampiarnente diffusa - qualsiasi contenuto informativo perde la corrispondenza con il suo contenitore di origine: la musica non e più legata alla forma del disco; la fotografia si libera della costosissima carta fotografica; un filmato non è più il contenuto in un vhs o in un dvd; un testo non è più necessariamente contenuto in un libro cartaceo. Sotto forma di bit i contenuti fluiscono liberamente nelle reti telermatiche, sono trasmessi, scaricati e archiviati per mezzo di una molteplicità di canali, di dispositivi, di mernorie.
Eppure, l'indifferenza del testo al veicolo utilizzato non deve indurre in errore sull’importanza del contesto in cui esso è fruito. Una questione sottovalutata, quando non completamente ignorata, dai 'colonialisti digitali', secondo cui tutto ciò che puo migare verso il digitale, deve necessariamente farlo. Una tesi fortemente contestata da Roberto Casati in Contro il colonialismo digitale (Laterza, pp. 131, euro 15), in particolare per la lettura e l’istruzione che, proprio per il contesto d’uso fatto di spazi protetti e di tempi lenti, dovrebbero restate fortemente ancorate ai propri 'contenitori' analogici, rispettivamente il libro e la scuola. L’impianto dell’ argomentazione di Casati si regge su un assunto particolare: il successo dell’ ebook non sarà legato ai dispositivi espressamente dedicati al libro elettronico (ebook reader) ma dipende dal successo dell’iPad, analogarnente a quanto avvenuto alla fotografia digitale con l'introduzione della fotocamera nei telefoni cellulari: il mercato delle macchine fotografiche digitali ne risulta cannibalizzato. Due elernenti, l'insuccesso degli ebook reader e il ruolo marginale delle fotocamere digitali, entrambi quantomeno da dimostrate (curiosamente, nel libro non sono forniti dati a supporto di questa tesi)
Ammettendo come vera questa aftermazione, ci si potrebbe anche chiedere:
Che differenza c’è su quale tipo di schermo leggo un libro elettronico?
La differenza sta nel fatto che l’iPad è nato per soddisfare bisogni rapidi e per crearne incessantemente altri; é un terminale di una smisurata catena di distribuzione. Una vetrina che cornprende applicazioni in grado di permettere la lettura di libri elettronici, che si trova a competere sullo schermo con le moltissime applicazioni possibili. In un contesto altamente distrattivo, fatto di zapping e di multitasking, che non è favorevole alla lettura di saggi e finirà per non essere favorevole alla loro scrittura. Insomma, trasferendo il testo dalla carta a una qualche forma di visualizzazione su schermo, muta anche la forma del libro, non più adatto a un dispiegamento sequenziale dei concetti, che richiede al lettore grandi e lunghe dosi di attenzione. Il libro di carta - argomenta Casati - fa parte di un ecosistema, e il suo ruolo non é rimpiazzabile dall’ebook. Ha un formato cognitivo perfetto. Assolve al suo compito in rnodo egregio perché contiene solo se stesso. ll libro di carta e insostituibile dal punto di vista cognitivo, perché protegge la nostra risorsa mentale pin preziosa: l'attenzione. E inoltre impermeabile all’intrusione della personalizzazione. Ogni libro di carta è un piccolo ecosistema, una nicchia ecologica in cui convivono simbioticamente un autore e un lettore. Se l’ambiente digitale è diventato inospitale per la lettura dei libri, occorre progettare spazi dedicati alla lettura, che non può essere sostituita dall’uso pur consapevole della rete. La tecnologia non può essere subita, ma deve essere oggetto di negoziazione: il suo design deve corrispondere alle effettive esigenze della scuola e della lettura, attorno a cui nei secoli si sono cristallizzate norme e regole sociali che li deniscono e li proteggono. Un affannosa rincorsa di una tecnologia in rapidissima evoluzione che viene soltanto subita deve cedere il passo a una riflessione da cui la scuola avrebbe tutto da guadagnare, sulle sue immense potenzialità non digitali in un mondo colonizzato dagli stumenti digitali cornmerciali.
Non abbiamo nessuna ragione di subire la novità tecnologica, né per aiutarla a priori; possiamno sernpre negoziare. La novità non è un destino, ma se le tecnologie devono diventare delle opportunità bisogna reinventarle di continuo. Il design ha cercato per decenni soluzioni per attirare l'attenzione. E' giunto il momento di cercare soluzioni che la proteggano. Più che un attacco al libro elettronico, il saggio di Roberto Casati è un’accorata difesa della scuola e della lettura di libri, dei tempi lenti, di uno spazio protetto dalla continua distrazione che ci consegna l'incessante innovazione tecnologica multimediale. Con appena 26,4 milioni di italiani che leggono libri, di cui solo quattro milioni ne leggono più di dodici l’anno, ci si chiede se era necessario scomodare l'ebook per fare i conti con la nostra cronica e diffusa ignoranza.
da ilmanifesto
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