Black By Design
Pianificare la propria vita rispetto ai bisogni essenziali delle proprie aspirazioni
Consolidare i valori morali
Non disperdersi nelle relazioni con gli altri
I conflitti generazionali non hanno più senso
Amministrare la propria vita: guadagnare soldi per reinvestirli
L'individuo è un unità piccola,mobile,intelligente..
Non avere paura del potere,non è che un ruolo
Apprendere e padroneggiare le proprie emozioni
In questi tempi,essere assolutamente normali,che non vuol dire essere conformisti. Aggressività ridotta al minimo
Apprendere e ballare lo skank-rock
Three_Minute_Heroes
Feel Like Jumping
Easy Snappin Hits
INTERVISTA ■ LA VOCALIST DELLA BAND INGLESE THE SELECTER ■
Esce ad agosto «Black By Design», attesa autobiografia dell’artista di origini africane.
(S.Frasca, da ALIAS)
Bilanciare le braccia avanti e indietro, ma penzolanti e alzatele il più alto possibile, come la danza 'skank' dei rasta giamaicani. Lanciare le gambe, appoggiandovi alternativamente sulla punta o sul tallone del vostro piede. Piegare il busto in avanti. Stop. Indietro. Stop. Poi riprendete senza lasciarvi andare, conservando una certa rigidità robotica, inspirata a Psycho Killer dei Talking Heads. Gambe febbrili, corpo rigido, braccia sciolte: ballate lo skank-rock. Colonna sonora? Semplice: Specials, Beat (English Beat), Selecter, Madness..
"Coventry era una cittadina oscura al centro del paese. Tutto è cominciato lì. Il brano The Selecter è stato inciso prima che tutta questa storia iniziasse. Quando gli Specials incisero Gangster avevano i soldi solo per fare un lato. Qualcuno ci chiese se volevamo mettere il nastro di The Selecter sulla side B e tutto è iniziato così. Fu il 45 giri che inaugurava la 2Tone Records ed entrò in classifica, cosa impensabile per una piccolissima etichetta, tanto che la Crysalis si fece avanti e si prese l'esclusiva inglese della 2Tone. nel contratto firmato dagli Specials c'era la clausola che potevano scritturare altri gruppi di loro scelta e far incidere loro dei dischi. Cosi i Madness ebbero l'opportinità di pubblicare The Prince, i l loro primo singolo e dar vita all'ondata dello ska mod revival.."
P. Black
Tre dischi live sul piatto (o nel IPod) , per comprendere ancora di più quel misto di bianco e di nero, di antico e moderno che la 2Tone seppe cosi bene rappresentare. Specials, Beat, Selecter, Bad Manners, Desmond Dekker a celebrare la storica etichetta, la Motown dello ska revival e uno stile sonoro, estetico e politico immediatamente riconoscibile, tre raccolte piene di gioia di vivere, un pò di cinismo e malinconia e dal sapore aspro di birra..
Three_Minute_Heroes
Feel Like Jumping
Easy Snappin Hits
INTERVISTA ■ LA VOCALIST DELLA BAND INGLESE THE SELECTER ■
Esce ad agosto «Black By Design», attesa autobiografia dell’artista di origini africane.
(S.Frasca, da ALIAS)
Nel 1979 nella città in-glese di Coventry nacque il colletti-vo musicale 2-Tone che univa in-sieme le anime ska e punk rock del suo fondatore Jerry Dammers, tastierista degli Specials, una delle band seminali del movimento. Il collettivo era impegnato a ridise-gnare un sistema sociale e culturale nel quale i principi della tolleranza interraziale costituissero il fondamento per una sana convi-venza civile in un paese prostrato dalle rivolte etniche. Pauline Black fu la prima donna di razza mista a partecipare al dibattito sollevato dalla 2-Tone che nacque come etichetta discografica ma che in breve tempo divenne uno dei simboli più efficaci per la promozione dei diritti civili. «Una volta vomitai tutta la colazione su una pila di lenzuola bianche che mia madre aveva appena finito di stirare, sembrava un quadro di Pollock. Lei non si divertì affatto, ma ancora una volta era per colpa sua, non avrebbe dovuto dirmi che ero stata adottata». Scrive Pauline in Black By Design. Oggi la cantante e attrice inglese di origine africana ha 57 anni e ha da poco terminato un fortunato tour italiano con la sua band storica The Selecter in attesa di ritornarvi a settembre. Il prossimo 4 agosto la Serpent’s Tail, una piccola casa editrice che ha pubblicato molti autori del Rinascimento nero di Harlem, pubblicherà la sua autobiografia. A giudicare dal tono dell’intervista che segue il libro si preannuncia di formidabile lucidità politica anche per lo sguardo acuto che l’autrice rivolge ai giorni nostri.
Qual è la genesi di «Black By Design»?
Il libro racconta di una ragazza di colore che insoddisfatta della sua educazione da bianca decide di ridisegnare la sua storia fino al punto di farla combaciare perfettamente con il colore reale della sua pelle. Sono cresciuta a Romford e inizialmente ero convinta che avrei dovuto enfatizzare il fatto di essere una ragazza dell’Essex che parla cockney, così l’idea originaria per il titolo era A Bird’s Eye View (Uno sguardo dall’alto, ndr),solo a metà del lavoro ho scelto quello definitivo. Non mi interessava citare il mio cognome nel titolo ma mi piaceva il fatto che in appena tre parole riassumeva il viaggio che ho percorso nel mezzo secolo passato. Si è lavorato molto in questi anni in Inghilterra sull’inserimento dei ragazzi di colore al l’interno di famiglie di bianchi. Oggi si tende a incoraggiare il contatto tra i genitori naturali e quelli adottivi per mantenere vive nella memoria dei ragazzi le proprie origini etniche. Tutto questo non accadeva quando io sono nata. Il mio nome, la mia nascita, la mia stessa identità sono emersi da un archivio che si trova a St. Catherine’s House (l’ufficio dove si conservano gli atti di nascita e morte,ndr) e che rimanda a una nuova identità, a un nuovo nome. La famiglia operaia che mi adottò man-teneva alcuni atteggiamenti razzisti diffusissimi in Gran Bretagna negli anni Cinquanta e dei quali non era nemmeno consapevole. Furono quegli atteggiamenti che contribuirono allo scoppio delle rivolte razziali di Notting Hill. In un ambiente così ostile la mia famiglia adottiva desiderava cancellare il mio colore così mi facevano crescere come una ragazza bianca. Non ce l’ho con i miei genitori, non sapevano fare di meglio.
Qual è la genesi di «Black By Design»?
Il libro racconta di una ragazza di colore che insoddisfatta della sua educazione da bianca decide di ridisegnare la sua storia fino al punto di farla combaciare perfettamente con il colore reale della sua pelle. Sono cresciuta a Romford e inizialmente ero convinta che avrei dovuto enfatizzare il fatto di essere una ragazza dell’Essex che parla cockney, così l’idea originaria per il titolo era A Bird’s Eye View (Uno sguardo dall’alto, ndr),solo a metà del lavoro ho scelto quello definitivo. Non mi interessava citare il mio cognome nel titolo ma mi piaceva il fatto che in appena tre parole riassumeva il viaggio che ho percorso nel mezzo secolo passato. Si è lavorato molto in questi anni in Inghilterra sull’inserimento dei ragazzi di colore al l’interno di famiglie di bianchi. Oggi si tende a incoraggiare il contatto tra i genitori naturali e quelli adottivi per mantenere vive nella memoria dei ragazzi le proprie origini etniche. Tutto questo non accadeva quando io sono nata. Il mio nome, la mia nascita, la mia stessa identità sono emersi da un archivio che si trova a St. Catherine’s House (l’ufficio dove si conservano gli atti di nascita e morte,ndr) e che rimanda a una nuova identità, a un nuovo nome. La famiglia operaia che mi adottò man-teneva alcuni atteggiamenti razzisti diffusissimi in Gran Bretagna negli anni Cinquanta e dei quali non era nemmeno consapevole. Furono quegli atteggiamenti che contribuirono allo scoppio delle rivolte razziali di Notting Hill. In un ambiente così ostile la mia famiglia adottiva desiderava cancellare il mio colore così mi facevano crescere come una ragazza bianca. Non ce l’ho con i miei genitori, non sapevano fare di meglio.
Quanto tempo hai impiegato a scrivere il libro e che difficoltà hai incontrato nella fase di preparazione?
Due anni, fortunatamente avevo i miei diari a darmi una mano e molti ritagli di giornale. Il libro comincia con i miei primi giorni di scuola quando mia madre ebbe il compito oneroso di dare delle spiegazioni sulle mie origini. Era ovvio anche per lei che tutte le mie compagne di scuola bianche avrebbero focalizzato tutta la loro attenzione su quell’“elefante in classe” e avrebbero notato che ero nera e mi avrebbero chiesto perché ambe due i miei genitori erano bianchi. Dal momento in cui realizzai la condizione “alterata” della mia famiglia ho cominciato a rinnegare la mia vera identità. Da quando avevo 4 anni e mezzo ho visto il mondo in monocromia, poi negli anni dell’adolescenza ho deciso di ridefinire la mia identità che è nera.Sono andata fino in fondo ribattezzandomi con il cognome di Black e la cosa è riuscita bene.La prima parte del libro si intitola White to Black (Dal bianco al nero) e racconta gli anni dall’infanzia all’università, i miei primi tentativi di entrare nel mondo della musica a Coventry. Gli anni Sessanta furono importanti e belli per noi grazie a slogan come Black is Beautiful o alla nascita di movimenti come il Black Power negli States. A 15 anni ero affascinata dal movimento americano per i diritti civili. Le parole di Malcolm X mi incendiarono e in breve creai un piccolo avamposto nell’Essex in sostegno a quel movimento.Quando ero ragazza in Inghilterra la gente di colore era assente dai programmi in tv e fu nel decennio successivo che i neri cominciarono a manifestare la loro esistenza attraverso la musica. Grazie a Bob Marley mi avvicinai a un certo tipo di musica. Mi buttai a suonare la chitarra nei pub di Coventry. Uno degli Specials mi presentò a una band nascente che si chiamava The Selecter, cominciai subito a cantare con loro. La seconda parte del libro si intitola Black and White (Nero e bianco) e racconta la storia del movimento 2-Tone e del mio coinvolgimento in quel progetto. Con i Madness, gli Specials e soprattutto i Selecter cercavamo di costruire un crossover ska punk nel mondo del pop. Nel giro di 6 mesi ci ritrovammo nella top ten e con un disco d’oro per l’album di debutto. Il progetto 2-Tone era diventato realtà. Neri e bianchi per la prima volta erano uniti grazie a una musica altamente energetica, il nostro movimento stava disegnando il futuro del multiculturalismo in Inghilterra in una maniera ignota prima di allora. Era nato a Coventry ma si diffuse in tutto il mondo come subcultura. Un gran traguardo considerato che la nostra musica stette in classifica solo due anni ma che ha sparso la sua eredità nei trent’anni successivi e brilla ancora come simbolo di armonia razziale. Io ero l’unica donna all’interno del movimento e questo mi ha dato la possibilità di esprimermi pubblicamente come rappresentante della mia generazione. Ho continuato a suonare da sola dopo lo scioglimento dei Selecter nel 1981 (la band si è ricostituita varie volte nel corso degli anni,ndr), volevo essere una “voce nera” anche attraverso altri media come la tv. Ricordo l’entusiasmo di partecipare alla convention del partito democratico a San Francisco nel 1984 quando il reverendo Jesse Jackson fu candidato alle elezioni presidenziali. La terza e ultima parte del libro si intitola Back to Black (Ritorno al nero) e racconta la mia ricerca dei miei genitori naturali. Un’esperienza di indescrivibile intensità. Mia madre era in Australia e mio padre in Nigeria. Oggi i bambini di razza mista sono ovunque, è giusto così perché la mescolanza etnica è l’unica soluzione capace di curarci dal razzismo. Spero davvero che la mia testimonianza ricca di zone d’ombra possa guidare verso una società multiculturale sana.
Cosa ha significato essere una musicista di colore negli anni Ottanta? Penso a Poly Styrene anche lei di razza mista che ci ha lasciato da poco.
Due anni, fortunatamente avevo i miei diari a darmi una mano e molti ritagli di giornale. Il libro comincia con i miei primi giorni di scuola quando mia madre ebbe il compito oneroso di dare delle spiegazioni sulle mie origini. Era ovvio anche per lei che tutte le mie compagne di scuola bianche avrebbero focalizzato tutta la loro attenzione su quell’“elefante in classe” e avrebbero notato che ero nera e mi avrebbero chiesto perché ambe due i miei genitori erano bianchi. Dal momento in cui realizzai la condizione “alterata” della mia famiglia ho cominciato a rinnegare la mia vera identità. Da quando avevo 4 anni e mezzo ho visto il mondo in monocromia, poi negli anni dell’adolescenza ho deciso di ridefinire la mia identità che è nera.Sono andata fino in fondo ribattezzandomi con il cognome di Black e la cosa è riuscita bene.La prima parte del libro si intitola White to Black (Dal bianco al nero) e racconta gli anni dall’infanzia all’università, i miei primi tentativi di entrare nel mondo della musica a Coventry. Gli anni Sessanta furono importanti e belli per noi grazie a slogan come Black is Beautiful o alla nascita di movimenti come il Black Power negli States. A 15 anni ero affascinata dal movimento americano per i diritti civili. Le parole di Malcolm X mi incendiarono e in breve creai un piccolo avamposto nell’Essex in sostegno a quel movimento.Quando ero ragazza in Inghilterra la gente di colore era assente dai programmi in tv e fu nel decennio successivo che i neri cominciarono a manifestare la loro esistenza attraverso la musica. Grazie a Bob Marley mi avvicinai a un certo tipo di musica. Mi buttai a suonare la chitarra nei pub di Coventry. Uno degli Specials mi presentò a una band nascente che si chiamava The Selecter, cominciai subito a cantare con loro. La seconda parte del libro si intitola Black and White (Nero e bianco) e racconta la storia del movimento 2-Tone e del mio coinvolgimento in quel progetto. Con i Madness, gli Specials e soprattutto i Selecter cercavamo di costruire un crossover ska punk nel mondo del pop. Nel giro di 6 mesi ci ritrovammo nella top ten e con un disco d’oro per l’album di debutto. Il progetto 2-Tone era diventato realtà. Neri e bianchi per la prima volta erano uniti grazie a una musica altamente energetica, il nostro movimento stava disegnando il futuro del multiculturalismo in Inghilterra in una maniera ignota prima di allora. Era nato a Coventry ma si diffuse in tutto il mondo come subcultura. Un gran traguardo considerato che la nostra musica stette in classifica solo due anni ma che ha sparso la sua eredità nei trent’anni successivi e brilla ancora come simbolo di armonia razziale. Io ero l’unica donna all’interno del movimento e questo mi ha dato la possibilità di esprimermi pubblicamente come rappresentante della mia generazione. Ho continuato a suonare da sola dopo lo scioglimento dei Selecter nel 1981 (la band si è ricostituita varie volte nel corso degli anni,ndr), volevo essere una “voce nera” anche attraverso altri media come la tv. Ricordo l’entusiasmo di partecipare alla convention del partito democratico a San Francisco nel 1984 quando il reverendo Jesse Jackson fu candidato alle elezioni presidenziali. La terza e ultima parte del libro si intitola Back to Black (Ritorno al nero) e racconta la mia ricerca dei miei genitori naturali. Un’esperienza di indescrivibile intensità. Mia madre era in Australia e mio padre in Nigeria. Oggi i bambini di razza mista sono ovunque, è giusto così perché la mescolanza etnica è l’unica soluzione capace di curarci dal razzismo. Spero davvero che la mia testimonianza ricca di zone d’ombra possa guidare verso una società multiculturale sana.
Cosa ha significato essere una musicista di colore negli anni Ottanta? Penso a Poly Styrene anche lei di razza mista che ci ha lasciato da poco.
Era molto difficile farsi sentire all’epoca, specialmente se eri un’artista nera, sono contenta di dire che tutto questo è cambiato nel nuovo millennio. Volevo scrivere canzoni che parlassero di razzismo e sessismo ma senza utilizzare un’immagine sexy, perciò combinai la mia f emminilità con un’attitudine da ragazzo rude. Adoravo Poly Styrene. Era un’artista formidabile con uno sguardo unico sul mondo, la conoscevo e la sua morte mi ha provocato un dolore immenso.
Dopo trent’anni di militanza qual è la tua opinione sulla musica di oggi? Cosa ti manca dei tuoi esordi?
Ho visto tanta musica salire e scendere dai palchi ma ho sempre amato la cultura ska e l’esperienza 2-Tone che mi ha insegnato innanzitutto a mantenere una prospettiva politica del mio lavoro. Mi piacciono molto Ami Winehouse, Lily Allen, The Kills, Paloma Faith e Beyoncé. Apprezzo la loro energia. La mia generazione ha lottato per raggiungere questa forza, loro hanno raccolto la palla e giocano la partita a un livello paritario rispetto alla contro parte maschile.
Ho visto tanta musica salire e scendere dai palchi ma ho sempre amato la cultura ska e l’esperienza 2-Tone che mi ha insegnato innanzitutto a mantenere una prospettiva politica del mio lavoro. Mi piacciono molto Ami Winehouse, Lily Allen, The Kills, Paloma Faith e Beyoncé. Apprezzo la loro energia. La mia generazione ha lottato per raggiungere questa forza, loro hanno raccolto la palla e giocano la partita a un livello paritario rispetto alla contro parte maschile.
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