Presto l'Agcom cancellerà i vostri file senza chiedere permesso
Se passerà un nuovo regolamento dell’Agcom, all’authority sarà permesso cancellare file protetti da copyright. Caso unico al mondo, si potrà procedere in pochi giorni e senza nemmeno avvisare la magistratura.
Il web italiano si prepara ad una nuova battaglia. Ma stavolta si tratta di ripararsi dal fuoco amico. Il governo non c'entra. La minaccia viene dall'Agcom. L'authority per le comunicazioni sta per approvare una delibera 668/2010 per tutelare il diritto d'autore in rete.
Se il testo verrà approvato senza ulteriori modifiche, per cancellare un file protetto da copyright ci vorranno al massimo sette giorni, senza bisogno di indagini e senza coinvolgere la magistratura neanche per un istante. La delibera non ha bisogno di essere approvata dal Parlamento e recepisce – almeno in parte – il decreto Romani. Se l'Italia adottasse questo regolamento, però, diventerebbe un caso raro nel mondo occidentale. Francia, Spagna e Usa prevedono procedure molto simili, che non vengono comunque applicate senza il parere finale di un giudice. In Italia non sarà così.
La procedura avverrà infatti in cinque passaggi:
1) il titolare dei diritti di autore, per esempio una casa discografica o una software house, segnalerà al gestore del sito un contenuto pubblicato illegalmente. Da questo momento il gestore avrà 48 ore per cancellare il corpo del reato
2) se dopo 48 ore il file è ancora online, il proprietario può rivolgersi all'Agcom
3) L'Agcom avvia un contraddittorio che dovrà durare al massimo cinque giorni. In questo periodo l'authority informa il gestore (o l'hosting) della presunta violazione, ma non è chiaro in che modo questi si possa difendere
4) Passati i 5 giorni, se l'Agcom ritiene che si debba procedere, parte l'ordine di cancellare immediatamente il file
5) L'Agcom verifica che il file sia stato davvero cancellato e, in caso negativo, ripete l'ordine
L'avvocato Fulvio Sarzana, ideatore della campagna “Sito non raggiungibile”, è uno dei leader della rivolta online e disegna un quadro a tinte fosche: “I titolari di diritti manderanno segnalazioni a martello. Video, canzoni, testi e software condivisi in rete verranno cancellati a ritmo industriale. L'Agcom sa che non avrà tempo per verificare ogni singola denuncia, quindi mette le mani avanti”.
Anche se in altri termini, la 668 dice qualcosa di molto simile: “L’Autorità ritiene che dopo un iniziale periodo di rodaggio la procedura possa operare in maniera pressoché automatica essendo fondata su un accertamento della violazione di tipo puramente oggettivo”. Insomma, se il file pirata c'è, perché affidarsi alle lungaggini della giustizia italiana? Se l'intento è nobilissimo, quello che si contesta è il metodo. “In alcuni tribunali sono state istituite addirittura sezioni specializzate, proprio per verificare le presunte violazioni del copyright – continua l'avvocato Sarzana - Ora tutto finisce in mano a una autorità amministrativa che non ha neanche i mezzi per gestire un flusso che si preannuncia enorme. La verità? Questo regolamento ha una sola logica: difendere i diritti dei proprietari, anche a scapito del cittadino”.
L'altra grande questione è quella sulle competenze. Secondo i critici, l'Agcom si è arrogata un diritto che non le spetta. Il papà della delibera 668 è il decreto Romani, che legifera sui “fornitori di servizi media audiovisivi”, quindi, nell'ambito della rete, anche web-tv, Iptv e videoblog di grandi dimensioni. “Ma quel testo ha anche attribuito all'Agcom il compito di occuparsi di diritto di autore in rete – spiega Guido Scorza, avvocato esperto di copyright – quindi la copertura normativa, almeno in parte, c'è”. Già, solo in parte, perché il decreto Romani non ha mai parlato di siti privati, cioè pagine web senza scopo di lucro con l'unico fine della condivisione. “Non si capisce come l'Agcom possa ampliare così tanto il proprio raggio d'azione. Il punto debole della delibera è questo” conclude Scorza.
Il coro di proteste è stato liquidato dai consiglieri Agcom Antonio Martusciello e Stefano Mannoni con frasi durissime. In un articolo pubblicato su Milano Finanza, i due parlano di “elogio del furto e dell'anarchia”, “sbornia di demagogia e pressapochismo”, “argomenti che farebbero arrossire uno studente al secondo anno di Giurisprudenza”. Nell'articolo, però, non si scende mai nel merito della questione. I due consiglieri dell'authority si limitano a dire che “chiunque avrà la possibilità di impugnare i provvedimenti davanti al giudice amministrativo”.
L'avvocato Scorza, come diversi suoi colleghi, ci crede poco: “In teoria è vero, nella pratica non avverrà mai. Ce lo vedete un normale cittadino che spende una barca di soldi per rivolgersi al Tar per un video o qualche canzone? Senza contare che i giudici del Tar non hanno molte competenze in ambito di diritto d'autore online. Si darà pace e abbasserà il capo”.
Intanto il tempo stringe. La delibera verrà approvata nel giro di pochi giorni. In autunno dovrebbe entrare in vigore. “La rete ha già dimostrato una forza incredibile mandando a votare milioni di persone al referendum – spera Mauro Vergari dell'associazione Adiconsum – sono sicuro che vinceremo anche questa battaglia”.
Il fronte del no è deciso a non mollare, ma nel frattempo ha già pronta una via alternativa. A spiegarla è sempre Vergari, che da anni difende i diritti dei consumatori da compagnie telefoniche e televisioni: “Continueremo a litigare sul copyright fin quando il Parlamento non varerà una nuova legge. Oggi ci stiamo basando su un testo del 1941. Nel frattempo qualcuno ha inventato le creative commons e mille altri strumenti che consentono di condividere materiale protetto senza lasciare a secco i proprietari, ma anche senza stangare gli utenti”.
Federico Formica (linkiesta)
Se passerà un nuovo regolamento dell’Agcom, all’authority sarà permesso cancellare file protetti da copyright. Caso unico al mondo, si potrà procedere in pochi giorni e senza nemmeno avvisare la magistratura.
Il web italiano si prepara ad una nuova battaglia. Ma stavolta si tratta di ripararsi dal fuoco amico. Il governo non c'entra. La minaccia viene dall'Agcom. L'authority per le comunicazioni sta per approvare una delibera 668/2010 per tutelare il diritto d'autore in rete.
Se il testo verrà approvato senza ulteriori modifiche, per cancellare un file protetto da copyright ci vorranno al massimo sette giorni, senza bisogno di indagini e senza coinvolgere la magistratura neanche per un istante. La delibera non ha bisogno di essere approvata dal Parlamento e recepisce – almeno in parte – il decreto Romani. Se l'Italia adottasse questo regolamento, però, diventerebbe un caso raro nel mondo occidentale. Francia, Spagna e Usa prevedono procedure molto simili, che non vengono comunque applicate senza il parere finale di un giudice. In Italia non sarà così.
La procedura avverrà infatti in cinque passaggi:
1) il titolare dei diritti di autore, per esempio una casa discografica o una software house, segnalerà al gestore del sito un contenuto pubblicato illegalmente. Da questo momento il gestore avrà 48 ore per cancellare il corpo del reato
2) se dopo 48 ore il file è ancora online, il proprietario può rivolgersi all'Agcom
3) L'Agcom avvia un contraddittorio che dovrà durare al massimo cinque giorni. In questo periodo l'authority informa il gestore (o l'hosting) della presunta violazione, ma non è chiaro in che modo questi si possa difendere
4) Passati i 5 giorni, se l'Agcom ritiene che si debba procedere, parte l'ordine di cancellare immediatamente il file
5) L'Agcom verifica che il file sia stato davvero cancellato e, in caso negativo, ripete l'ordine
L'avvocato Fulvio Sarzana, ideatore della campagna “Sito non raggiungibile”, è uno dei leader della rivolta online e disegna un quadro a tinte fosche: “I titolari di diritti manderanno segnalazioni a martello. Video, canzoni, testi e software condivisi in rete verranno cancellati a ritmo industriale. L'Agcom sa che non avrà tempo per verificare ogni singola denuncia, quindi mette le mani avanti”.
Anche se in altri termini, la 668 dice qualcosa di molto simile: “L’Autorità ritiene che dopo un iniziale periodo di rodaggio la procedura possa operare in maniera pressoché automatica essendo fondata su un accertamento della violazione di tipo puramente oggettivo”. Insomma, se il file pirata c'è, perché affidarsi alle lungaggini della giustizia italiana? Se l'intento è nobilissimo, quello che si contesta è il metodo. “In alcuni tribunali sono state istituite addirittura sezioni specializzate, proprio per verificare le presunte violazioni del copyright – continua l'avvocato Sarzana - Ora tutto finisce in mano a una autorità amministrativa che non ha neanche i mezzi per gestire un flusso che si preannuncia enorme. La verità? Questo regolamento ha una sola logica: difendere i diritti dei proprietari, anche a scapito del cittadino”.
L'altra grande questione è quella sulle competenze. Secondo i critici, l'Agcom si è arrogata un diritto che non le spetta. Il papà della delibera 668 è il decreto Romani, che legifera sui “fornitori di servizi media audiovisivi”, quindi, nell'ambito della rete, anche web-tv, Iptv e videoblog di grandi dimensioni. “Ma quel testo ha anche attribuito all'Agcom il compito di occuparsi di diritto di autore in rete – spiega Guido Scorza, avvocato esperto di copyright – quindi la copertura normativa, almeno in parte, c'è”. Già, solo in parte, perché il decreto Romani non ha mai parlato di siti privati, cioè pagine web senza scopo di lucro con l'unico fine della condivisione. “Non si capisce come l'Agcom possa ampliare così tanto il proprio raggio d'azione. Il punto debole della delibera è questo” conclude Scorza.
Il coro di proteste è stato liquidato dai consiglieri Agcom Antonio Martusciello e Stefano Mannoni con frasi durissime. In un articolo pubblicato su Milano Finanza, i due parlano di “elogio del furto e dell'anarchia”, “sbornia di demagogia e pressapochismo”, “argomenti che farebbero arrossire uno studente al secondo anno di Giurisprudenza”. Nell'articolo, però, non si scende mai nel merito della questione. I due consiglieri dell'authority si limitano a dire che “chiunque avrà la possibilità di impugnare i provvedimenti davanti al giudice amministrativo”.
L'avvocato Scorza, come diversi suoi colleghi, ci crede poco: “In teoria è vero, nella pratica non avverrà mai. Ce lo vedete un normale cittadino che spende una barca di soldi per rivolgersi al Tar per un video o qualche canzone? Senza contare che i giudici del Tar non hanno molte competenze in ambito di diritto d'autore online. Si darà pace e abbasserà il capo”.
Intanto il tempo stringe. La delibera verrà approvata nel giro di pochi giorni. In autunno dovrebbe entrare in vigore. “La rete ha già dimostrato una forza incredibile mandando a votare milioni di persone al referendum – spera Mauro Vergari dell'associazione Adiconsum – sono sicuro che vinceremo anche questa battaglia”.
Il fronte del no è deciso a non mollare, ma nel frattempo ha già pronta una via alternativa. A spiegarla è sempre Vergari, che da anni difende i diritti dei consumatori da compagnie telefoniche e televisioni: “Continueremo a litigare sul copyright fin quando il Parlamento non varerà una nuova legge. Oggi ci stiamo basando su un testo del 1941. Nel frattempo qualcuno ha inventato le creative commons e mille altri strumenti che consentono di condividere materiale protetto senza lasciare a secco i proprietari, ma anche senza stangare gli utenti”.
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