Intervista al conduttore Alessio Bertallot
Wired.it
Non siete i primi a utilizzare il web come supporto per una trasmissione radio., Cosa c'è di diverso nel vostro approccio?
Ma usate il web anche per dialogare con chi vi ascolta.
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È iniziata da poco la seconda stagione di RaiTunes, trasmissione radiofonica in onda dal lunedì al venerdì dalle 22,40 sulle frequenze di Rai Radio 2. Al microfono c'è Alessio Bertallot, storico conduttore che in tanti anni di radio ci ha abituato ad arditi esperimenti di commistione tra linguaggi. Insieme a Fabrizia Brunati, Stefania Garibaldi, Marco Ligabue e FrankyB sta operando una rivoluzione tecnologica di un media. Vediamo come.
Non siete i primi a utilizzare il web come supporto per una trasmissione radio., Cosa c'è di diverso nel vostro approccio?
RaiTunes non considera il web in relazione allo Spazio, come un magazzino dove riporre dei contenuti, ma al Tempo. La radio accade mentre la ascolti. Per cui: come applicare il web alla trasmissione in tempo reale? Ogni giorno tentiamo di inventarci qualcosa di nuovo, utilizzando soprattutto i social network, che ultimamente hanno creato un netto spostamento dell'asse. La cosa più immediata è riprendere e rimandare in webcam qualcosa che succede mentre c'è la musica. Abbiamo illustratori che fanno le copertine dei dischi, artisti che improvvisano esperimenti di calligrafia, fino a momenti di suggestione tra Musica e Arte, in cui riprendiamo quadri famosi - come abbiamo fatto con i murales di Banksy – e li associamo alla musica. È un esperimento di multilinguaggio.
Ma usate il web anche per dialogare con chi vi ascolta.
Sì, passiamo dal multlinguaggio alla crossmedialità. Spesso a RaiTunes decidiamo di non fare la trasmissione con i dischi che porto io, ma con i link a youtube che gli ascoltatori ci postano sulla pagina di facebook. In base a una suggestione che io do loro – banalmente “la città di notte” - loro postano la canzone che gli è venuta in mente ed alcune vengono suonate in onda. L'ascoltatore diventa “ascoltautore”. La cosa interessante è ciò che rimane sulla nostra pagina facebook: una raccolta fatta in crowdsourcing di quello che può essere il rumore di fondo della musica secondo la prospettiva del pubblico. È un qualcosa che racconta tanto della nostra società. Per me il social network è una piazza e Rai Tunes è il locale che ti piace frequentare di più. Stiamo tentando di applicare la crossmedialità ad altri flussi di contenuti, come la fotografia: la settimana scorsa abbiamo avuto ospite Guido Harari, che ha fatto il direttore delle fotografie che mandavano gli ascoltatori. Noi le elaboravamo come copertine di dischi e le mandavamo in video, in concomitanza con i pezzi che suonavamo. Stiamo già cambiando però: l'idea è di non avere più qui fisicamente gli artisti, ma di averli da remoto. Ci piacerebbe soprattutto collaborare in questo senso con artisti legati alla net art. Lo abbiamo già fatto con il greco Angelo Plessas e il tedesco Rafaël Rozendaal che erano a casa loro, ascoltavano la trasmissione e ci mandavano le loro immagini via Skype.
Il linguaggio radiofonico rimane autonomo. Puoi sentire RaiTunes senza guardare cosa rimanda la webcam o consultare la pagina facebook. La radio continua ad essere indipendente. Noi diamo però dei valori aggiunti. Il web ci cambia la vita e se non tentiamo di sfruttare le occasioni che ci offre per migliorare il nostro lavoro, probabilmente la radio morirà. Non dobbiamo però utilizzare la tecnologia che abbiamo a disposizione oggi per imitare cose già esistenti. Dobbiamo tentare di fare altro. Quello che stiamo facendo noi è una cosa nuova, non è più solo radio: non ha ancora un nome, non so cosa sia esattamente ma lo stiamo facendo lo stesso. Stiamo facendo una cosa che per certi versi è talmente avanti che forse stiamo sbagliando. Noi stiamo aprendo delle strade che non sono ancora state battute. Qualcuno dopo di noi forse troverà la direzione giusta. C'è una cosa che non potrà mai mancare: l'apporto umano, anzi umanistico.
Il linguaggio radiofonico rimane autonomo. Puoi sentire RaiTunes senza guardare cosa rimanda la webcam o consultare la pagina facebook. La radio continua ad essere indipendente. Noi diamo però dei valori aggiunti. Il web ci cambia la vita e se non tentiamo di sfruttare le occasioni che ci offre per migliorare il nostro lavoro, probabilmente la radio morirà. Non dobbiamo però utilizzare la tecnologia che abbiamo a disposizione oggi per imitare cose già esistenti. Dobbiamo tentare di fare altro. Quello che stiamo facendo noi è una cosa nuova, non è più solo radio: non ha ancora un nome, non so cosa sia esattamente ma lo stiamo facendo lo stesso. Stiamo facendo una cosa che per certi versi è talmente avanti che forse stiamo sbagliando. Noi stiamo aprendo delle strade che non sono ancora state battute. Qualcuno dopo di noi forse troverà la direzione giusta. C'è una cosa che non potrà mai mancare: l'apporto umano, anzi umanistico.
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