In Cile sono passati appena due mesi dal tragico golpe di Augusto Pinochet e dalla morte di Salvador Allende. L’Estadio Nacional per un giorno cessa di essere un lager, si sospendono gli "interrogatori" e le torture sui "nemici" del regime e si pensa al calcio. La Roja entra in Campo, dagli spalti - invero pieni solo a metà - giunge qualche applauso e viene suonato l’inno nazionale. Tutto è pronto per il calcio di inizio, che tocca ai ragazzotti in maglia rossa e pantaloncini blu. Una serie di rapidi passaggi e la palla finisce in porta. Che però è incustodita. Si, perché gli avversari dei cileni non si sono presentati, ma il regime ha voluto lo, stesso che si tenesse questa farsa. <<Il match più patetico di sempre>>, ebbe a definirlo Eduardo Galeano. Come dargli torto. Per l’ennesima volta, il football si era scontrato con la politica, uscendone con le ossa rotte. Quella partita da teatro dell’assurdo valeva addirittura la qualificazione ai Mondiali di Germania (allora solo Ovest) del 1974. Per uno strano scherzo del destino lo spareggio tra un’esponente europea e una sudamericana mise di fronte l’Urss e il Cile, dall’11 settembre del 1973 in mano a Pinochet e ai suoi sgherri. La gara d'andata, in programma a Mosca il 26 settembre, si disputò nonostante i dubbi della giunta cilena. Nessuno doveva lasciare il Paese, ma per la nazionale si fece un’eccezione. Certo, ai giocatori, in particolare a Carlos Caszely e Leonardo Veliz, di dichiarate simpatie socialiste, fu intimato di tenere la bocca chiusa. Altrimenti i loro familiari ne avrebbero pagato le conseguenze in patria. In una freddissima serata di settembre, allo stadio Lenin la Roja riuscì a strappare un pareggio a reti inviolate grazie alla fantastica prestazione dei due centrali difensivi Alberto Quintano e Elias Figueroa. Tutto era così rimandato alla partita di ritorno, la cui sede designata era il Nacional. Un’arena realizzata nel 1938 sul modello dello stadio Olimpico di Berlino di hitleriana memoria e che nel 1962 aveva addirittura ospitato la finale del mondiale vinto dal Brasile di Garrincha. Quali fossero le attività extra-calcistiche che si svolgevano nell’impianto era cosa ormai risaputa, tanto che la stampa internazionale iniziava a diffondere resoconti al proposito. Non a caso la federazione cilena provò timidamente a proporre di spostare l'incontro a Vina del Mar. Ma Pinochet fu irremovibile. La reazione dei sovietici non si fece attendere. <<Chiediamo alla Fifa di organizzare il match in un Paese terzo, dal momento che non intendiamo giocare in uno stadio macchiato dal sangue del popolo cileno>>. Il massimo organismo calcistico internazionale tenne un sopralluogo e finì per rigettare la richiesta dei russi, poiché aveva riscontrato che la situazione a Santiago <<era del tutto calma>>. Se si siano fatti influenzare dalle operazioni di "cosmesi" momentanea apportate dalla giunta militare, oppure se le motivazioni furono ancor più profonde (e forse inconfessabili), non è dato sapere. Fatto sta che su decisione dello stesso Leonid Bréznev l’Urss si rifiutò di volare in Cile, lasciando strada agli avversari per l’approdo alla fase finale della Coppa del Mondo. In realtà quel giorno di novembre, esauritasi la commedia iniziale, la Roja una partita di calcio la disputò. Fu però umiliata dal grande Santos per ben 5-0. Quanto al Mondiale, terminò con una ingloriosa eliminazione al primo turno per mano delle due Germanie.
I. M.
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