Questo blog deve molto ad Antonio Caronia. Tanto. Lo incontrai per la prima volta leggendo la prefazione a Mirror Shades, bellissima antologia della fantascienza Cyberpunk, scritta insieme a Daniele Brolli e curata da Bruce Sterling. Il volume era in edicola, edito dalla Fabbri, nella Biblioteca del Brivido: nei primi anni novanta, del movimento Cyberpunk si sapeva ancora ben poco in Italia, e dopo Mirror Shades Caronia lo ritrovai costantemente nelle mie letture future e nella mia passione per la fantascienza e in particolare nell'approfondimento del rapporto tra tecnologia e società, delle contradizioni generate dalle nuove tecnologie, le"influenze"dei nuovi mezzi tecnologici sull'aggregazione e dissoluzione dei rapporti umani. E poi..cinema, fumetti, musica: avevo appena comprato il mio primo computer, il "nuovissimo" 486 e fu proprio con il collegamento tra il Cyberpunk (corrente colta della fantascienza)e la street culture che Caronia contribuì ad inoltrarmi in un mondo completamente nuovo, per certi versi per me sconvolgente. Un mondo nuovo di scrittori come Gibson, Ballard, Dick, Rucker. Oltre al tema del Cyborg, la sua vera 'ossessione', (l'integrazione delle macchine con l'uomo attraverso innesti chirurgici) , era l'analisi del Cyberpunk come fenomeno sociale, del nuovo underground, rappresentato dal movimento degli hacker, che insieme ai rocker sono stati i simboli e gli eroi di una certa cultura pop, e del rapporto tra i poteri istituzionali e la nuova società informatizzata a fare di A. Caronia un vero esploratore disincantato dell'immaginario. Ma molto meglio di me ne scrive Nando Vitale sul il Manifesto del 31/01.
Ciao Antonio e buona lettura a tutti.
Studioso e traduttore di James Ballard e Philip Dick aveva visto nel cyberpunk una felice attitudine sovversiva
Il cyborg disincantato dell’immaginario
Antonio Caronia è stato uno degli ultimi intellettuali «rinascimentali» nel lungo passaggio da un’era attardatamente moderna all’era digitale. Irregolare, curioso, bulimico, acuto, riusciva a trasformare la sua propensione all’universale in uno specialismo che lo trasformava, di volta in volta, in un punto di riferimento ineludibile per comprendere il tema, l’ossessione, l’autore, il movimento a cui dedicava la sua riflessione, sempre un passo avanti rispetto al sapere accademico e sempre un po’ laterale rispetto agli studiosi «ufficiali». Da lui ottenevi sempre una versione inedita, una chiave di lettura originale, con la quale, anche in disaccordo, eri obbligato a confrontarti. Nato a Genova nel 1944, era laureato in matematica con una tesi su Noam Chomsky. Fu un militante trotskista per buona parte degli anni Settanta. Nel 1978 fonda a Milano il collettivo di «Un’ambigua utopia», che diede vita a una rivista e a numerose iniziative che avevano per oggetto una visione della fantascienza tutta politica, uno strumento utile a decifrare le mutazione contemporanee e a volte ad anticiparle. Con questa premessa iniziò una attività di ricerca e di scrittura che, a partire dal tema del cyborg, lo ha condotto per circa un trentennio ad occuparsi progressivamente di alcuni degli autori e dei movimenti che con maggiore efficacia interpretavano la mutazione tecnologica in atto. Dopo una Guida alla fantascienza pubblicata per Feltrinelli, fu il volume dedicato al Cyborg, recentemente ristampato dalla Shake a impegnare la sua riflessione. Il metodo di Caronia non disgiungeva gli aspetti scientifici dalle ricadute politiche e dalla trasformazione dell’immaginario collettivo. Così l’organismo cibernetico, pur nutrendo le produzioni di cinema, narrativa e fumetti, transitava nei territori più concreti delle forme di produzione di un capitalismo avanzato, dove la produzione materiale e immateriale tendevano sempre più a rendersi non facilmente distinguibili. Il costante rapporto fra reale e immaginario diventa un elemento costante della sua riflessione, fornendo spunti a studiosi più giovani e informando i settori più avanzati del mondo accademico.
Nei suoi scritti viene evidenziata dunque la trasformazione della produzione di fiction, nei vari segmenti di un sistema dell’informazione diventato macchina planetaria, in elemento direttamente produttivo di quelle «forme di vita» su cui si è esercitata anche la riflessione più esplicitamente politica di alcuni segmenti neo-marxisti. Il tema del cyborg diviene elemento centrale nell’implosione di una visione monolitica e moderna del corpo. Trasformata inmacchina produttiva, sottraendole tempi e relazioni soggettive con i luoghi, il cyborg si ritrova nella disseminazione dei corpi multipli, nelle reti telematiche, nelle derive dell’identità individuale, nelle nuove aggregazioni collettive mediate dai nuovi media. Diventa un transito tra necessità e desiderio, fino a diventare, come propone Donna Haraway, un terreno di conflitto sociale, una delle nuove figure in cui si incarna la prospettiva della biopolitica. Fu con l’esplosione della culturacyberpunk, di cui Antonio Caronia fu uno dei principali studiosi in Italia, che la dimensione politica dell’informazione e delle reti telematiche assunse connotazioni politiche sempre più evidenti. In questa fase gli autori dominanti nella riflessione di Caronia divenneroscrittori come James G. Ballard,di cui fu straordinario traduttore e Philip K. Dick, autore a cui si è dedicato fino alla fine e nel quale intravedeva possibili nuovi chiavi di lettura in relazione a filosofi come Michel Foucault, Gilles Deleuze, non trascurando possibili relazioni con la riflessione di Ludwig Wittgenstein. Analisi meticolose furono dedicate ad autori cyberpunk come William Gibson e al suo libro più noto Neuromante, riconoscendo che con esso nasceva il movimento più innovativo e rivoluzionario che la fantascienza avesse conosciuto negli ultimi decenni. Tuttavia con il movimento cyberpunk ebbe talvolta un rapporto controverso, non condividendo totalmente l’euforia con il quale venne accolto.Per Caronia ciò che restava centrale, al di là dell’aspetto di costume o di moda, era comunque la figura del cyborg, l’organismo cibernetico risultante dall’ibridazione fra uomo e macchina, fra carne e circuiti. Da qui nasce l’importanza di comprenderne la genealogia, gli antecedenti. In primo luogo l’amato Ballard: basti pensare all’accoppiamento invasivo e violento di uomo e macchina in Crash, alla violenza con la quale l’immaginario si struttura attorno all’accoppiata di tecnologia e morte in The Atrocity Exhibition. Ma sullo sfondo stanno due altre grandi figure di maestri, Philip K. Dick, William S. Burroughs e Thomas Pynchon, i simboli di quella integrazione di alta tecnologia e vita quotidiana che non poteva restare semplicemente una questione alla moda ma investiva potentemente ricerca politica e resistenza ai nuovi incombenti domini.
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