Una nota battuta haitiana dice che gli haitiani sono al 99% cattolici e al 100% vodouisti.
L’ironia dell’affermazione dovrebbe far riflettere su come il vodou rappresenti un aspetto di Haiti tutt’altro che ovvio e scontato. Il termine stesso cela in sé un sottile paradosso. In senso stretto si dovrebbe infatti dire che il vodou non esiste. Si tratta di un’espressione coniata dai vari osservatori coloniali delle religioni per indicare in modo generico un insieme solo parzialmente omogeneo di pratiche culturali alle quali gli haitiani si riferiscono invece con l'espressione informale di sevì lwa (servire gli spiriti). Questi spiriti sono entità antropomorfe ritenute risiedere nel mondo di Guinen, una specie di Africa «ideale» localizzata anbadlò (sotto Yacqua), e ritenute interagire coi propri servitori attraverso sogni, divinazioni, possessioni.
Per ben comprendere la logica di questa pratica magico-religiosa è necessario dunque aver presente la sua lunga storia socio-culturale. Le origini del vodou haitiano risalgono al XVIII secolo. È in piena epoca coloniale che ha infatti luogo l'incrocio dei vari culti magico religiosi importati in Haiti dagli schiavi africani con il cattolicesimo popolare dei padroni francesi. La prima testimonianza scritta risale al 1693 e consiste in alcune righe contenute nel libro Voyage aux Isles de l’Amerique di padre Labat dedicate alle oscure» pratiche magico-rituali che gli schiavi officiavano di notte e in segreto nelle piantagioni. In questo periodo a causa dell’isolamento , dell’esperienza individualizzante della tratta schiavistica e delle difficoltà di comunicazione all’interno delle piantagioni, non sembra però esistere ancora nulla che possa essere identificato come un’istituzione culturale a pieno titolo. Si può tutt’al più parlare di alcuni gruppi di individui centrati attorno a leader carismatici, localizzati con esiti e forme differenziali nei ghetti urbani, nelle piantagioni e nei campi degli schiavi fuggitivi, operanti in segreto in base a usi e costumi in vario modo ricordati e intrecciati tra loro per far fronte a richieste di ordine non strettamente culturale ma (un ordine pratico e quotidiano: dispute, complotti, assistenza. Non a caso, in questi anni il vodou opererà come una vera e propria strategia di lotta e sovversione anticoloniale rappresentando uno dei più forti fattori di coesione e aggregazione politica nella rivolta vittoriosa contro il regime coloniale francese.
La reale fase «espansiva» e di consolidamento del vodou haitiano ha luogo soprattutto nel corso dell’800 durante il lungo periodo post-rivoluzionario. Isolata tra le valli e le campagne dell'interno, il 90% circa della popolazione è libero di esplicitare quanto in vario modo era emerso e sopravvissuto al periodo precedente. Nonostante la messa in atto di alcune violente ma poco efficaci «campagne anti-superstizione» sul finire del secolo (in larga parte come atto di deferenza verso le potenze europee e la chiesa romano-cattolica), in questa fase il vodou si organizza in tre modi. In primo luogo, vi sono gli esperti, mambo (al femminile) e houngan (al maschile), operanti all’interno della vita e del mondo quotidiano delle campagne a scopo di cura, consiglio, sortilegio e cerimonie sociali. Ad essi si aggiungono varie «società segrete» conosciute come bizango, san-pwel, cochon gfis operanti in parte come organo di interesse personale e in parte come ente di amministrazione della giustizia. Infine, alla base di tutto continua a restare centrale il ruolo svolto dal nucleo familiare legato ai lakou sorti dalle ceneri delle grandi piantagioni coloniali. Questi consistono in nuclei residenziali allargati composti da un terreno, un «pater farnilias» e un nucleo di famiglie legate tra loro a livello parentale, operanti come unità di culto dei lwa e dei mort familiari nello spazio del demembrè (lett. smembrato) e come nucleo di trasmissione del possedimento secondo un principio di heritaj bilaterale basato sull’ inalienabilità familiare del possedimento sia fondiario che spirituale. Sull'onda delle modifiche introdotte dalla invasione Usa del 1915-1934 nella vita e nelle istituzioni di Haiti, il vodou entra nella sua epoca «moderna». In primo luogo, ciò avviene con un incremento della sua presenza nel mondo urbano (a causa delle sempre più pesanti migrazioni interne verso Port-au-Prince) e con il relativo espandersi del vodou legato alle sosietè: nuclei di serviteurs che ruotano attorno alla figura di una mambo o di un houngan operanti a loro volta come centro di riferimento in un contesto di rapida urbanizzazione e di parziale rottura dei legami tra lwa, antenati, terra, e gruppi familiari.
Come usuale nell' instabile storia di Haiti, anche questa fase si esaurisce presto. A seguito del ritiro delle truppe Usa e dopo un breve periodo di governi fantoccio retti a distanza da Washington, il vodou entra nel 1957 nel suo periodo duualielista. Se di queste pratiche afro-caraibiche le epoche precedenti avevano enfatizzato prima il lato rivoluzionario, poi quello familiare-comunitario, e infine quello esotico-spettacolare (e in modo idealizzato quello etnico-nazionalista), il nuovo regime porta a galla adesso il suo aspetto più ideologico e manipolatorio. Grazie agli agganci e alla conocenza del vodou acquistata nel corso del proprio lavoro come medico e etnologo nelle campagne haitiane, una volta al potere, Papa Doc inizia infatti un intensa attività di reclutamento di mambo, houngan e serviteurs finalizzata al loro uso come rete di contatti, pressione e sorveglianza grazie alla profonda influenza e radicamento nel mondo popolare del vodou (più dell’80% della popolazione).
Queste sosietè si localizzano attorno agli houmfor, luoghi al confine tra casa, tempio e aree di incontro. In questi anni il vodou fa anche il suo ingresso nel dibattito politico nazionale come elemento retorico centrale delle politiche noiriste e dei movimenti indigeniste della nascente piccola borghesia urbana in quanto esempio delle radici africane di Haiti da opporre alle vecchie elite mulatte al potere e al nuovo, razzista e arrogante dominatore nord-americano. Si tratta di un rilancio pubblico che, nonostante un'ultima violenta campagna anti - superstiziosa bandita nel 1941, porrà il vodou al centro anche dell’emergente turismo artistico - intellettuale focalizzatosi su Haiti neitardi anni'40: l'esposizione nazionale del '49, gli intellettuali europei di passaggio all'Hotel Oloffson (Maya Deren, Khaterine Dunharn, Harold Courlander), la nascita di varie troupe folk e l'esplosione della pittura naif grazie al Centre d’Art fondato da De Witt-Peters.
L’ironia dell’affermazione dovrebbe far riflettere su come il vodou rappresenti un aspetto di Haiti tutt’altro che ovvio e scontato. Il termine stesso cela in sé un sottile paradosso. In senso stretto si dovrebbe infatti dire che il vodou non esiste. Si tratta di un’espressione coniata dai vari osservatori coloniali delle religioni per indicare in modo generico un insieme solo parzialmente omogeneo di pratiche culturali alle quali gli haitiani si riferiscono invece con l'espressione informale di sevì lwa (servire gli spiriti). Questi spiriti sono entità antropomorfe ritenute risiedere nel mondo di Guinen, una specie di Africa «ideale» localizzata anbadlò (sotto Yacqua), e ritenute interagire coi propri servitori attraverso sogni, divinazioni, possessioni.
Per ben comprendere la logica di questa pratica magico-religiosa è necessario dunque aver presente la sua lunga storia socio-culturale. Le origini del vodou haitiano risalgono al XVIII secolo. È in piena epoca coloniale che ha infatti luogo l'incrocio dei vari culti magico religiosi importati in Haiti dagli schiavi africani con il cattolicesimo popolare dei padroni francesi. La prima testimonianza scritta risale al 1693 e consiste in alcune righe contenute nel libro Voyage aux Isles de l’Amerique di padre Labat dedicate alle oscure» pratiche magico-rituali che gli schiavi officiavano di notte e in segreto nelle piantagioni. In questo periodo a causa dell’isolamento , dell’esperienza individualizzante della tratta schiavistica e delle difficoltà di comunicazione all’interno delle piantagioni, non sembra però esistere ancora nulla che possa essere identificato come un’istituzione culturale a pieno titolo. Si può tutt’al più parlare di alcuni gruppi di individui centrati attorno a leader carismatici, localizzati con esiti e forme differenziali nei ghetti urbani, nelle piantagioni e nei campi degli schiavi fuggitivi, operanti in segreto in base a usi e costumi in vario modo ricordati e intrecciati tra loro per far fronte a richieste di ordine non strettamente culturale ma (un ordine pratico e quotidiano: dispute, complotti, assistenza. Non a caso, in questi anni il vodou opererà come una vera e propria strategia di lotta e sovversione anticoloniale rappresentando uno dei più forti fattori di coesione e aggregazione politica nella rivolta vittoriosa contro il regime coloniale francese.
La reale fase «espansiva» e di consolidamento del vodou haitiano ha luogo soprattutto nel corso dell’800 durante il lungo periodo post-rivoluzionario. Isolata tra le valli e le campagne dell'interno, il 90% circa della popolazione è libero di esplicitare quanto in vario modo era emerso e sopravvissuto al periodo precedente. Nonostante la messa in atto di alcune violente ma poco efficaci «campagne anti-superstizione» sul finire del secolo (in larga parte come atto di deferenza verso le potenze europee e la chiesa romano-cattolica), in questa fase il vodou si organizza in tre modi. In primo luogo, vi sono gli esperti, mambo (al femminile) e houngan (al maschile), operanti all’interno della vita e del mondo quotidiano delle campagne a scopo di cura, consiglio, sortilegio e cerimonie sociali. Ad essi si aggiungono varie «società segrete» conosciute come bizango, san-pwel, cochon gfis operanti in parte come organo di interesse personale e in parte come ente di amministrazione della giustizia. Infine, alla base di tutto continua a restare centrale il ruolo svolto dal nucleo familiare legato ai lakou sorti dalle ceneri delle grandi piantagioni coloniali. Questi consistono in nuclei residenziali allargati composti da un terreno, un «pater farnilias» e un nucleo di famiglie legate tra loro a livello parentale, operanti come unità di culto dei lwa e dei mort familiari nello spazio del demembrè (lett. smembrato) e come nucleo di trasmissione del possedimento secondo un principio di heritaj bilaterale basato sull’ inalienabilità familiare del possedimento sia fondiario che spirituale. Sull'onda delle modifiche introdotte dalla invasione Usa del 1915-1934 nella vita e nelle istituzioni di Haiti, il vodou entra nella sua epoca «moderna». In primo luogo, ciò avviene con un incremento della sua presenza nel mondo urbano (a causa delle sempre più pesanti migrazioni interne verso Port-au-Prince) e con il relativo espandersi del vodou legato alle sosietè: nuclei di serviteurs che ruotano attorno alla figura di una mambo o di un houngan operanti a loro volta come centro di riferimento in un contesto di rapida urbanizzazione e di parziale rottura dei legami tra lwa, antenati, terra, e gruppi familiari.
Come usuale nell' instabile storia di Haiti, anche questa fase si esaurisce presto. A seguito del ritiro delle truppe Usa e dopo un breve periodo di governi fantoccio retti a distanza da Washington, il vodou entra nel 1957 nel suo periodo duualielista. Se di queste pratiche afro-caraibiche le epoche precedenti avevano enfatizzato prima il lato rivoluzionario, poi quello familiare-comunitario, e infine quello esotico-spettacolare (e in modo idealizzato quello etnico-nazionalista), il nuovo regime porta a galla adesso il suo aspetto più ideologico e manipolatorio. Grazie agli agganci e alla conocenza del vodou acquistata nel corso del proprio lavoro come medico e etnologo nelle campagne haitiane, una volta al potere, Papa Doc inizia infatti un intensa attività di reclutamento di mambo, houngan e serviteurs finalizzata al loro uso come rete di contatti, pressione e sorveglianza grazie alla profonda influenza e radicamento nel mondo popolare del vodou (più dell’80% della popolazione).
Queste sosietè si localizzano attorno agli houmfor, luoghi al confine tra casa, tempio e aree di incontro. In questi anni il vodou fa anche il suo ingresso nel dibattito politico nazionale come elemento retorico centrale delle politiche noiriste e dei movimenti indigeniste della nascente piccola borghesia urbana in quanto esempio delle radici africane di Haiti da opporre alle vecchie elite mulatte al potere e al nuovo, razzista e arrogante dominatore nord-americano. Si tratta di un rilancio pubblico che, nonostante un'ultima violenta campagna anti - superstiziosa bandita nel 1941, porrà il vodou al centro anche dell’emergente turismo artistico - intellettuale focalizzatosi su Haiti neitardi anni'40: l'esposizione nazionale del '49, gli intellettuali europei di passaggio all'Hotel Oloffson (Maya Deren, Khaterine Dunharn, Harold Courlander), la nascita di varie troupe folk e l'esplosione della pittura naif grazie al Centre d’Art fondato da De Witt-Peters.
L'ultimo periodo del vodou emerge infine dalla serie di rivolte, restaurazioni e negoziazioni internazionali seguite alla fuga del dittatore Jean-Claude Duvalier nel 1986 e al braccio di ferro tra la popolazione e i restanti elementi della struttura duvalierista, ancora largamente insediati nei luoghi del potere politico, militare e economico. È in questo modo che il vodou entra in quella che potremmo definire la sua fase «post-moderna. All’inizio, infatti, questo periodo si apre all'insegna di una crisi profonda legata al dechoukaj (sradicarnento) seguito alla fine della dittatura (la caccia e il linciaggio degli individui implicati nelle violenze perpetrate dai Duvalier). Data la passata connessione tra vodou e dittatura, questo intervento di «pulizia» politica implica, infatti, a pieno titolo anche le mambo e gli houngan cooptati dai Duvalier durante i 30 anni di dittatura. Secondo quanto riportato (per difetto), sembra che tra l'86 e l'87 siano stati uccisi circa 400 sacerdoti vodou (in parte anche a seguito di errori di persona).
Con il ritorno di Aristide in Haiti nel 1994, gli eventi si evolvono in direzione di una sua esplicita riabilitazione pubblica. In primo luogo, molti serviteurs e simpatizzanti enfatizzano i lati più mistici, ecumenici e contemplativi del vodou per bilanciare e distanziarsi dal lato oscuro enfatizzato invece durante il periodo duvalierista. In secondo luogo, si conta più di un intervento ufficiale in sua difesa e protezione. Alcuni preti cattolici denunciano le violenze contro i praticanti vodou e le letture riduttive del medesimo come pratica esclusivamente magica e criminale. Esponenti delle elite e della klas moyen di Port-au-Prince vengono allo scoperto proclamando il proprio coinvolgimento nel mondo vodou. Nascono le organizzazioni nazionali in difesa del vodou, Zantraj e Bode National. Infine, il vodou trova il suo primo riconoscimento ufficiale nella nuova costituzione popolare del 1987. Il nuovo status sociale sarà poi sanzionato nel 1991 da Jean-Bertrand Aristide, prete salesiano e primo presidente liberamente eletto di Haiti, con il ricevimento ufficiale al palazzo nazionale di Champ de Mars di una delegazione di mambo e houngan.
F. Ronzon
*Professore di Antropologia Culturale al Politecnico di Milano e all'Accademia di Belle Arti di Verona
VODOU E ZOMBIE AL CINEMA Nel '900 il cinema si afferma come una delle arti più popolari. L'inizio dell’interesse cinematografico per il vodou si lega alla letteratura esotica e sensazionalista prodotta durante l'invasione americana del 1915-1934. In breve tempo questi romanzi entrano infatti in contatto con la nascente industria di Hollywood offrendo un interessante repertorio di materiali per nutrire il suo immaginario. Anche se si tratta di un aspetto laterale del vodou, il tema più utilizzato dal cinema sara quello degli zombie, la credenza che rubando l’anima di una persona morta sia possibile resuscitarla e asservirla ai propri voleri. Insieme a Dracula e all’Uomo Lupo, i primi lavori di successo del cinema muto d'orrore saranno White Zombie di Victor Halperin con Bela Lugosi (1932) e I Walked with a Zombie (1943) di Jacques Tourneur con Frances Dee. Nel corso degli anni, numerosi saranno i film su questo tema anche se in La notte dei morti viventi il cineasta nordamericano George A. Romero (1968) astrae la figura dello zombie dal suo contesto culturale haitiano sino a trasformarla in una creatura dell'orrore sui generis che inaugurerà un nuovo filone. Per aspettare un riferimento più fedele e filologico alla questione, a parte Divine Horseman di Maya Deren (1985), girato dal 1947 al 1951 ma montato senza l’autorizzazione della cineasta dopo la sua morte, bisognerà aspettare Serpent and the Rainbow di Wes Craven (1987). La genesi del film e interessante. La trama si basa infatti su un romanzo di Wade Davis, autore di una discussa ricerca etnobotanica nell’isola. Inoltre, il film viene girato in Haiti subito dopo la caduta di Baby Doc, in luoghi reali e avvalendosi di consulenze antropologiche per la ricostruzione degli eventi e delle ambientazioni. Ciò che ne risulta é dunque una curiosa mescolanza di dati etnografici reali inseriti all’interno di una più ampia fiction in stile horror-splatter. L’immaginario cinematografico abbonda però anche di numerosi altri riferimenti - spesso brevi ma precisi - al mondo del vodou. Ad esempio, in Vivi e lascia morire (1973), James Bond e alle prese con un dittatore caraibico (molto simile a Duvalier padre) che terrorizza la popolazione usando e facendo ricorso al vodou. Per quanto iguarda il presente, si può evidenziare invece L’avvocato del diavolo (1997). Anche se non esplicitato, il primo cliente difeso da Keanu Reeves a New York e un haitiano arrestato per frode alimentare nel corso di una cerimonia vodou in cui si officiava un sacrificio animale. In Italia ciò é poco noto, ma si tratta di una situazione che negli Stati Uniti, ove vi sono numerosi immigrati haitiani, e stata realmente al centro di numerose e note cause legali. In ultima battuta, é interessante notare come a partire dagli anni ’80 l’immaginario vodou sia stato preso in prestito anche dal mondo dei videoclip e dei serial tv. Ad esempio, se si osserva il video realizzato dai Rolling Stones per il brano Vodou Lounge, si può notare Mick Jagger vestito da Baron Samedi, signore vodou del ciclo vita-morte. In egual modo, la trama dell’episodio Fresh Bones (1995) del noto serial tv X—Files e interamente basata sull'idea di una maledizione vodou lanciata su alcuni militari Usa dagli immigrati haitiani da loro maltrattati nei campi di detenzione per clandestini. Dopo un lungo periodo di esilio e illegalità, il vodou entra infine all’interno del salotto buono di casa attraverso il piccolo schermo.
(f.ronzon.)
Ayiti, parola Tainos..
Gli studiosi chiamano voodoo (in francese voudou, in italiano vudù) i riti religiosi di origine africana dell'area New Orleans; vodoun quelli «originali» dell'area Benin-Togo e vodou quelli di Haiti, un luogo davvero speciale della nostra geografia dello. 350 mila morti, non è da terremoto qualunque. Povertà, fame e miseria massima si addicono a Haiti, preda nei secoli di cristiani azzanna Tainos e Caraibes, schiavisti francesi, famelici incendi, uragani e inondazioni, diabolici dittatori (Lescot, Magloire...) burattini di multinazionali straniere: bauxite e alluminio ovvero Reynolds Mining; oro ovvero Sedrem (Usa); agricoltura vuol dire, per il 99%, Canada e Francia... Eppure ad Haiti avvenne il miracolo della prima ricomposizione proletaria rivoluzionaria vincente. Niente Marx, e neppure Hegel, senza Toussaint Louverture, il «leninista» ante-litteram che fece di Haiti la prima repubblica nera libera e indipendente del mondo, come ci ha spiegato prima C.L.R. James (I giacobini neri) e poi Susan Buck-Morss in Spettri di Haiti (ed. Ombre corte). Non sono queste le e terre più povere del mondo, anzi. Certo dal 1804, da quando lo spettro della rivolta nera si aggirò per tutto il mondo, sono le più sadicamente «impoverite». Peccato, come racconta The agronomist Jean Dominique nel film omonimo di Jonathan Demme del 2003, che sia stato impedito a qualunque agronomo valorizzarle, quelle terre per gli haitiani, renderle la base di una economia di mercato non perversa invece che motivo di diaspora biblica (in Usa, Bahamas, Canada, Antille, Europa...). Già. C'è qualcosa di intimo e profondo che ci lega a Haiti dal 1804, da quando l'esercito di schiavi protelarizzati della canna da zucchero, organizzati e guidati dagli ex schiavi neri e più che giacobini, al grido di «libertà, eguaglianza e fraternità» per tutti gli esseri umani (non solo per i bianchi), sconfissero gli eserciti francesi, spagnoli e inglesi, uno dopo l'altro strappando dalla bandiera rivoluzionaria quel codardo colore bianco. Fu uno scandalo per il capitalismo, che o è razzista o non è (Rosarno, no,?).
Cosi l'ordine fu cancellare tutto dalla Storia: non riconoscere Haiti per decenni; far processare Duvalier, ma da Lelio Basso; impedire a Eisenstein e Huston il film su Re Christophe e a Danny Glover quello su Toussaint. E silenzio totale sul cinema haitiano, su Rassoul Labuchin, Antonin Arnaud, Raoul Peck, Patricia Benoit, Elsie Haaas...
(r.s.)
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