Ho ascoltato tanti tipi di punti di vista nel corso degli anni. Un mio amico appoggia l'invasione perché, "Dobbiamo farlo per salvare Israele". Un altro ha detto: "Io non credo nemmeno a Israele e al suo diritto di esistere. Non posso sostenere un paese la cui costituzione si basa sulla genetica. Hanno anche messo un simbolo religioso sulla loro bandiera ...e le persone che lottano per ottenere la loro terra sono giustificate in quello che fanno." Entrambi questi amici, sono ebrei.
Bruxelles. Ora che è l'Isis a tenere banco nelle prime pagine dei media dedicate agli esteri, e la vigliaccata del parlamento italiano che non ha riconosciuto lo stato palestinese, ci pensa il Tribunale Russell ad accusare Israele per le offensive contro la Striscia: armi proibite e civili colpiti deliberatamente, esecuzioni sommarie e inutili devastazioni. Onu, Ue e Usa complici. Anche se in ritardo, è meglio che le conclusioni vengano ricordate, contro la totale impunità degli israeliani e per tenere alta l'attenzione nelle eventuali riproduzioni delle atrocità, continuamente minacciate dal governo di Tel Aviv, che anzi, ha confermato che non ci sarà mai uno stato della Palestina e annunciato ancora colonie nelle terre a ridosso di Gerusalemme.
Ken Loach, Roger Waters, Christiane Hessel, Vandana Shiva, Rom Kasrlil, Richard Falk, sono solo alcuni dei nomi digiuristi, intellettuali e difensori dei diritti dell’uomo di prestigio mondiale che compongono la giuria del Russell Tribunal on Palestine, che ha presentato al Parlamento europeo le conclusioni del Tribunale che si è tenuto a Bruxeles sull’operazione israeliana «Margine Protettivo» nella Striscia di Gaza.
Bruxelles. Ora che è l'Isis a tenere banco nelle prime pagine dei media dedicate agli esteri, e la vigliaccata del parlamento italiano che non ha riconosciuto lo stato palestinese, ci pensa il Tribunale Russell ad accusare Israele per le offensive contro la Striscia: armi proibite e civili colpiti deliberatamente, esecuzioni sommarie e inutili devastazioni. Onu, Ue e Usa complici. Anche se in ritardo, è meglio che le conclusioni vengano ricordate, contro la totale impunità degli israeliani e per tenere alta l'attenzione nelle eventuali riproduzioni delle atrocità, continuamente minacciate dal governo di Tel Aviv, che anzi, ha confermato che non ci sarà mai uno stato della Palestina e annunciato ancora colonie nelle terre a ridosso di Gerusalemme.
Ken Loach, Roger Waters, Christiane Hessel, Vandana Shiva, Rom Kasrlil, Richard Falk, sono solo alcuni dei nomi digiuristi, intellettuali e difensori dei diritti dell’uomo di prestigio mondiale che compongono la giuria del Russell Tribunal on Palestine, che ha presentato al Parlamento europeo le conclusioni del Tribunale che si è tenuto a Bruxeles sull’operazione israeliana «Margine Protettivo» nella Striscia di Gaza.
In una gremita audizione dalla sessione è emersa la descrizione documentata della più feroce offensiva subita dalla Palestina dal 1967 ad oggi. Complessivamente sono state scagliate sulla striscia — sottolinea la giuria — 700 tonnellate di artiglieria pesante: «Circa due tonnellate di ordigni per chilometro quadrato».
I testimoni hanno provato che l’esercito israeliano non solo ha utilizzato ogni sorta di arma proibita dalle Convenzioni di Ginevra (inclusi proiettili a frammentazione, bombe a grappolo e uranio impoverito), ma ha deliberatamente diretto attacchi contro obiettivi e strutture civili, in totale disprezzo dei principi cardine del diritto internazionale umanitario. Le conclusioni della giuria dimostrano che le violazioni perpetrate non sono limitate all’illiceità internazionale dell’occupazione e dell’offensiva israeliane, ma corrispondono a diversi crimini di massa codificati nello Statuto di Roma della Corte Penale Internazionale, di cui il Tribunale ha raccolto numerose evidenze.
Israele é risultata colpevole di gravi crimini di guerra. Tra essi spiccano «l’esecuzione sommaria di civili palestinesi da parte delle truppe di terra israeliane; la devastazione non giustificata da necessità militari, inclusa la distruzione di servizi essenziali e rifornimenti idrici ed energetici; il bombardamento massiccio e arbitrario di aree civili densamente popolate; l’uso sproporzionato della forza, esplicitamente previsto e adottato come metodo di guerra dall’esercito israeliano (la Dahiya doctrine, punizione collettiva) e l’attacco intenzionale contro ospedali, unità e personale medico».
Alla luce delle testimonianze, il Tribunale ha concluso che un vero e proprio attacco sistematico contro la popolazione civile vi è stato e che, relativamente alle condotte di omicidio, sterminio e persecuzione, vi sono indizi di crimini contro l’umanità, quali «l’inflizione intenzionale di condizioni di vita dirette a cagionare la distruzione di parte della popolazione, come impedire l’accesso al cibo, all’acqua e alle cure mediche».
Le crudeltà dell’offensiva, insieme alle prove di un progressivo, allarmante processo di fanatizzazione razziale dell’opinione pubblica, sono risultate così gravi da porre una spinosa questione: possono, tutte queste condotte, unite in unico disegno volto a distruggere un popolo, integrare il crimine di genocidio? La giuria, considerando il requisito specifico del crimine — ovvero l’intento di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico o religioso – ritiene che alcune condotte tipiche della fattispecie si siano effettivamente verificate, ma avverte che «le politiche di occupazione israeliane sembrano orientate, più che alla distruzione fisica, al controllo e al soggiogamento del popolo palestinese». La questione in punto di diritto è controversa.
Certamente, però, il principio ideologico di questi attacchi è evidente: cosa significa attaccare una scuola se non distruggere il diritto all’educazione? Cosa significa attaccare un ospedale se non impedire in partenza ai cittadini di accedere alle cure e agli aiuti umanitari? Cosa significa attaccare sistematicamente la popolazione civile se non terrorizzarla, spezzando ogni sogno di libertà e autodeterminazione?
Come dovrebbe reagire, allora, di fronte a tutto questo, la comunità internazionale? Il Tribunale pone richieste concrete ai diversi attori della situazione.
A Israele, “imputato” principale di questo processo, si chiede di porre fine all’occupazione, rispettare l’autodeterminazione dei palestinesi, la legalità internazionale e, insieme all’Egitto, di cessare l’assedio di Gaza. Tuttavia anche le responsabilità di Onu, Ue e Stati membri sono risultate tutt’altro che secondarie. A essi si chiede di cessare ogni sostegno economico e scientifico all’industria militare israeliana, di esigere risarcimenti per la distruzione delle infrastrutture realizzate con aiuti internazionali, di imporre un severo embargo militare a Israele e inasprire le relazioni diplomatiche e commerciali, a pena di incorrere in una complice e mortificante acquiescenza. A entrambe le parti ferma esortazione ad aderire alla Corte Penale Internazionale e alle istituzioni internazionali, in modo particolare agli Usa, di porre fine a pressioni e ricatti sull’Ap affinché non acceda allo Statuto della Corte.
Ci si trova, in sostanza, di fronte non solo alla lotta del militarismo israeliano contro i diritti di un intero popolo e la sua sopravvivenza come tale, ma a un’offensiva frontale dei governi occidentali contro l’eguaglianza nell’accesso alla giustizia. In questo modo, tutelando l’impunità, si tutela, in realtà, la riproduzione delle atrocità.
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