Ci sono diverse <<cose>> che rappresentano l’America, le sue origini e i suoi miti. Il rapace che simboleggia la libertà dei grandi spazi é stato preso come simbolo da quella che - molto controversamente – era all’epoca forse la band americana più popolare, gli Eagles. In tempi più moderni, cos’altro poteva rappresentare meglio della macchina lo stile di vita americano? Nonostante le file ai distributori, le targhe pari e dispari e i razionamenti in memorabili tempi di crisi abbiamo messo le automobili se non fra le <<specie>> in estinzioni, almeno fra quelle da ridiscutere. La macchina rimane un pilastro inabbandonabile. Da American Graffiti a James Dean, da Kerouac a Springsteen, intorno a questo ambiente mobile é stata vissuta e scritta cronaca e poesia dei nostri tempi. Immagini di fuga, di trionfo, di alcova, di seconda casa. Questo per quanto riguarda il mito.
I Cars, il quintetto di new wave-pop di Boston che raggiunsero la tacca dei due milioni di copie del primo album in poco più di un anno, non si spingevano, peraltro così nell’intellettuale: <<guidavamo giù per le strade e vedevamo la parola ‘macchina’ 15 volte al giorno. Immaginavamo che ogni sedicenne americano ne volesse possedere una. Mi piaceva l’idea della macchina: è tutta americana. Il tuo ambiente cambia quando c’entri dentro, sei tagliato fuori. Per la musica hai la radio. Cominciammo a pensare alle macchine in termini di musica: le macchine sono meccanizzate, vanno veloci. La musica è costruita in più fasi, come le macchine. Devi mettere a punto una macchina devi farlo con un gruppo. Il nome non è tipo Jesus, che ha un significato profondo. Non significava nulla, sembrava solo andare su misura..>>
Forse non erano esattamente new wave, ma la scena aveva bisogno di loro. Colmarono il divario tra i Ramones e Elvis Costello con la loro modalità di un pop semplice ma orecchiabile, un pò strano con quegli effetti di moog spastici.
I Cars sono stati grandi nel loro tempo, ma ai nostri giorni, sono ricordati più come i precursori della musichetta di marca dei Weezer. Noi possiamo ricordare solo che Rick Ocasek, leader dal volto scavato, magrissimo e pallido come un cencio è noto oltre per essere stato il fondatore del gruppo per il quale ha scritto la maggior parte del materiale, oltre a cantare e suonare la chitarra, la tastiera e occasionalmente il basso, è stato un ottimo produttore, spaziando dal pop al punk, gruppi storici come i Suicide, Hole, Bebe Buell, No Doubt, The Killers, Nada Surf, Black 47, Bad Religion, Johnny Bravo, Martin Rev e Jonathan Richman.
La musica dei Cars sembrava vivere su questo concetto di “starci bene, di essere su misura.” Tanto per cominciare la connessione più precisa col loro nome è quell’aggeggio che ogni macchina possiede (all’epoca, siamo negli ’80, finchè non te lo rubavano..ndr), la radio. Una specie di juke box su scala industriale che sforna una dopo l’altra le facili melodie che tengono compagnia, fanno canticchiare tutto il tempo come se fossi tu dall’altra parte dell’altoparlante, finiscono in ultimo per rendere periodi indimenticabili e inscindibili dalla loro colonna sonora. Riportare un po’ di arte è la loro raison detre. Nobile e isolato scopo che sia i Cars ci riuscirono. Le loro canzoni di tre quattro minuti sono tutte come automobiline in miniatura, giocattoli perfettamente congeniati, rifinite nei minimi dettagli, sempre pronti a dare qualche minuto di divertissement. Infilate in mezzo ad altre melodie easy listening, le loro vecchie e quelle più recenti canzoni hanno ancora la stessa gradevole essenza commerciale e in più non sono né stucchevoli né un fenomeno portante totalmente fuori proporzione, il che ancora di questi tempi non guasta. Canzoni quindi quasi su misura, per il formato americano d’eccellenza, quello radiofonico: un suono ben costruito, pulsante e sempre in continuo movimento, parole facili, che si incastrano benissimo fra batteria e piroette di sintetizzatori e chitarre, una progressioni di accordi che tengono in sospeso e creano l’attesa per the hook, che inevitabilmente arriva e ti si stampa in testa per sempre. Quando si considera che nell’album di debutto c’erano almeno 5 canzoni con potenziali di orecchiabilità super non meraviglia che in quegli anni diventò un classico radiofonico, The Cars, proprio per la sua disponibilità ad essere messo in una playlist in ogni stazione. Fu il disco che pian piano si avvicinò al doppio platino, che in termini di cifre significa che i Cars furono il gruppo New Wave americano più commerciale in assoluto. All’epoca c’erano Elvis Costello e Blondie che arrivò al disco d’oro. The Cars è uno di quei tipici album di canzoni che ancora, di tanto in tanto, si risentono volentieri e che hanno venduto costantemente per lunghi periodi.
Dopo oltre vent'anni il gruppo si è riformato senza Benjamin Orr, morto nel 2000 e ha pubblicato un nuovo album nel 2011, Move like this.
Nella primavera del 99 uscì una versione deluxe di The Cars, evento surclassato solo dalla programmazione nelle sale dell'attesissimo remake di .. Star Wars, la minaccia fantasma!