Guardatevi questo strano ma assolutamente originale corto di David Cronrmberg, datato 1976 e che il grande Enrico Ghezzi ha recensito e definito come " il più bello e il più geniale di tutti i cortometraggi televisivi di David Cronenberg" […]
25 minuti, scritto, sceneggiato e diretto da lui, è decisamente il più eccentrico di tutta la sua filmografia. È infatti sostanzialmente una commedia, con momenti esileranti di comicità e humor e in cui non vi è un finale tragico, come in altri film del regista canadese.
"The Italian Machine", La macchina italiana, è la storia di Lionel, appassionato di motociclette, che scopre dall'odiato rivenditore Reinhardt che questi ha venduto una rara Ducati 900 Desmo Supersport al collezionista d'arte Mouette, che intende conservarla come un oggetto d'arte fra tanti, invece di utilizzarla, decide di "liberarla".
Con gli amici Fred e Bug, Lionel si finge inviato della rivista d'arte Tecno Art e riesce a farsi accogliere in casa da Mouette, dove trova insopportabile la vita di quella splendida moto italiana condannata all'immobilità in un salotto, con il suo potente motore a far la ruggine. Di quell'insolita collezione d'arte contemporanea fa parte anche un pezzo assolutamente unico, un essere umano vivente, Ricardo, che non deve far nulla, se non fungere da opera d'arte. Fred nota che il giovane mantenuto ha un vizio dispendioso, la cocaina, e gli offre un'ampia fornitura di droga in cambio del suo aiuto per impossessarsi della moto. Alla richiesta di Ricardo di poter avere la Ducati, con il pretesto di compiere un estremo gesto creativo, un'opera d'arte che possiede un'opera d'arte, Mouette si dimostra ben disposto a cedergliela in regalo, come una sorta di buonuscita, perché si è stancato di lui ed ha già trovato un altro giovane che ne prenda il posto nella propria collezione...
La macchina italiana è una coinvolgente meditazione sfumata, senza fronzoli, sulla tecnologia, l'arte, la decadenza. L'arte già allora vista come pura ideologia dell’esposizione, e la nostra vita quotidiana come un museo. La macchina italiana più in particolare ricorda molto di JG Ballard, il che non è poi così strano se si considera che Cronenberg traspose Crash al cinema un paio di decenni più tardi. I riferimenti ballardiani della storia risiedono principalmente in Mouette e nelle sue coorti, esteti e filosofi (quando non assumono la cocaina): la bellezza, la bellezza di un oggetto, la bellezza di una persona che è esposto insieme alla macchina, allora diventa solo una sfida tra diverse follie, diverse ossessioni; vincerà l’ossessione più libera, più folle in qualche modo. Tutto in linea con i tanti oscuri capolavori che Cronenberg farà negli anni a venire.
"The Italian Machine", La macchina italiana, è la storia di Lionel, appassionato di motociclette, che scopre dall'odiato rivenditore Reinhardt che questi ha venduto una rara Ducati 900 Desmo Supersport al collezionista d'arte Mouette, che intende conservarla come un oggetto d'arte fra tanti, invece di utilizzarla, decide di "liberarla".
Con gli amici Fred e Bug, Lionel si finge inviato della rivista d'arte Tecno Art e riesce a farsi accogliere in casa da Mouette, dove trova insopportabile la vita di quella splendida moto italiana condannata all'immobilità in un salotto, con il suo potente motore a far la ruggine. Di quell'insolita collezione d'arte contemporanea fa parte anche un pezzo assolutamente unico, un essere umano vivente, Ricardo, che non deve far nulla, se non fungere da opera d'arte. Fred nota che il giovane mantenuto ha un vizio dispendioso, la cocaina, e gli offre un'ampia fornitura di droga in cambio del suo aiuto per impossessarsi della moto. Alla richiesta di Ricardo di poter avere la Ducati, con il pretesto di compiere un estremo gesto creativo, un'opera d'arte che possiede un'opera d'arte, Mouette si dimostra ben disposto a cedergliela in regalo, come una sorta di buonuscita, perché si è stancato di lui ed ha già trovato un altro giovane che ne prenda il posto nella propria collezione...
La macchina italiana è una coinvolgente meditazione sfumata, senza fronzoli, sulla tecnologia, l'arte, la decadenza. L'arte già allora vista come pura ideologia dell’esposizione, e la nostra vita quotidiana come un museo. La macchina italiana più in particolare ricorda molto di JG Ballard, il che non è poi così strano se si considera che Cronenberg traspose Crash al cinema un paio di decenni più tardi. I riferimenti ballardiani della storia risiedono principalmente in Mouette e nelle sue coorti, esteti e filosofi (quando non assumono la cocaina): la bellezza, la bellezza di un oggetto, la bellezza di una persona che è esposto insieme alla macchina, allora diventa solo una sfida tra diverse follie, diverse ossessioni; vincerà l’ossessione più libera, più folle in qualche modo. Tutto in linea con i tanti oscuri capolavori che Cronenberg farà negli anni a venire.
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